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Autore: CassandraBlackZone    11/06/2018    3 recensioni
Raccolto tutto il suo coraggio, Maria uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò al grosso cilindro di vetro. All’interno di quest’ultimo, il corpo del riccio antropomorfo nero e rosso galleggiava nel liquido verde fluorescente con gli occhi chiusi e un’espressione serena sul volto. Improvvisamente, non le fece più così paura. Provava più pena, vedendo tutte quelle ventose e fili attaccati su diverse parti del corpo.
«Ti ricordi come si chiama?»
Maria si voltò verso il nonno. «Shadow, giusto?» riportò l’attenzione sulla Forma di vita Definitiva. «Shadow… the Hedgehog.»
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Gerald Robotnik, Maria Robotnik, Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Presidente non si scompose davanti alle immagini dell'incidente avvenuto nella palestra dell'ARK, non sbatté nemmeno le palpebre quando una lingua di energia caotica si avvicinò improvvisamente alla telecamera come una frusta. L'uomo era più concentrato sulla figura minuta del riccio nero che si ribellava in mezzo alla stanza, che sull'enorme quantità di energia presente in quest'ultima, lasciando quindi il compito di annotare il suo livello ad uno scienziato al suo fianco. «A che punto è?» chiese grave.
«Nel giro di una decina di minuti ha raggiunto il livello critico» rispose allarmato lo scienziato. «Ed è sempre più in crescita.»
«Queste sono tutte le immagini che ci hanno inviato dall'ARK?»
«Sissignore.»
«E questo... è davvero accaduto ieri?»
«Confermo di nuovo, signore.»
Il Presidente si portò una mano sulla fronte, mostrando finalmente un'emozione: era indignato e al tempo stesso deluso da ciò che aveva appena visto. «Va bene. Ho visto abbastanza.»
Al cenno con la mano dell'alta autorità, lo scienziato tolse subito gli ologrammi, lasciando che il primo sospirasse pesantemente. «Professor Robotnik. Che cosa sta facendo?» bisbigliò scuotendo la testa.
«Direi che la situazione ormai è chiara» il Presidente alzò lo sguardo dalla scrivania per rivolgerlo verso la figura che stava appoggiata alla porta d'ingresso con le braccia conserte: il camice che indossava era un segno evidente che fosse sempre uno scienziato, ma la toppa a forma di G cucita sulla spalla destra indicava che era di una certa importanza.
«Oh sei qui. Hai fatto presto.»
«Mi era stato detto che era urgente, perciò non ho potuto fare altro» rispose l'uomo avvicinandosi al Presidente. «Allora avevo ragione?»
«Sarò sincero. Avrei preferito che non fosse vero. Quel... progetto Shadow sembra essere una bomba pronta ad esplodere e...» sospirò di nuovo. «Perché il professor Robotnik non me ne ha parlato subito?»
«Be' mi sembra palese, no? Il professore pensava di passarla liscia non comunicandole l'accaduto. È ammirevole che volesse prima risolvere tutto lui stesso, ma con un progetto così pericoloso è... inaccettabile. Non trova?»
«Avrà avuto i suoi motivi» ribatté subito il Presidente. «Non voleva farmi preoccupare. Ma alla fine è riuscito a fermarlo, no? È questo l'importante.»
«Comprendo fin troppo bene il motivo per cui lei sta difendendo un illustre scienziato come Gerald Robotnik. Lei ha molta stima di lui, come io e il mio collega qui presente, del resto» lo scienziato superò la scrivania facendo scivolare la mano su di essa, come un serpente pronto ad attaccare, per potersi avvicinare all'orecchio del Presidente e dire persuasivo: «Ormai sono anni che glielo dico, signore. Questa volta Robotnik non ha in mente nulla di buono.»
Il Presidente rifletté a lungo sulle parole dello scienziato, che finora non aveva mai avuto torto da quando aveva cominciato a lavorare per lui diversi anni fa.
L'uomo aveva dimostrato fin da subito una grande abilità e un'intelligenza tale da poter monitorare, pur essendo sulla Terra, i progetti in corso sulla colonia spaziale ARK. Era anche diventato suo assistente personale in quanto dava ottimi consigli che lo portavano a prendere sempre le decisioni giuste, ma in quel momento stavano parlando di Gerald Robotnik: l'uomo che fino ad allora aveva sempre agito per il bene del prossimo e a cui gli sono stati conferiti svariati meriti anche da lui stesso, ma nonostante sapesse che la natura di quelle ricerche sull'ARK fossero per una malattia altamente infettiva e incurabile, il leader mondiale non riusciva ancora a capire l'impiego di tutta quella fonte di energia.
«Dunque? Che cosa ha deciso?»
«I-io...» il Presidente strinse con forza i pugni, come se volesse rifiutare quelle parole con tutte le sue forze. Doveva davvero perdere la fiducia in Gerald? Perché mai dovrebbe sabotare la ricerca?
«Se posso permettermi, vorrei dirle qualcosa che potrebbe aiutarla a prendere la decisione giusta. Rammenta il progetto Biolizard?»
L'uomo rilassò i muscoli delle braccia: come poteva dimenticarlo? È stato il primo fallimento delle ricerche, la prima volta che il professor Robotnik provò ad impiegare su un essere vivente quella energia tanto nuova quanto pericolosa. Era soprattutto la prima volta in cui l'intera squadra di scienziati aveva rischiato di perdere la vita.
Lo scienziato tentatore sogghignava soddisfatto davanti all'incertezza del leader. Lo trovava quasi divertente e non voleva di certo fermarsi; ormai era certo di averlo convinto a prendere il suo provvedimento. «Sappia, signore, che Shadow è nettamente più pericoloso di Biolizard.»
La paura e l'angoscia di quel giorno aveva fatto sì che il Presidente prendesse finalmente la decisione giusta da fare e, chiamata la segretaria attraverso il telefono, ordinò:«Ho urgentemente bisogno di parlare con il comandante della GUN.»

Il delicato odore di rose aveva solleticato il naso di Shadow e quindi invitato ad aprire gli occhi lentamente. Sentiva ancora le palpebre molto pesanti, ma si sforzò di aprirle per poter capire dove fosse, ma soprattutto da dove provenisse quel buon profumo. Tutto ciò che riusciva a vedere era un soffitto blu notte, sulla sua pelle percepiva un piacevole tepore e morbidezza inconfondibili: si trovava sul letto di Maria.
«Ma...cosa?» provò a chiedere, ma l'unica risposta che ricevette fu una piccola stretta di mano.
Il riccio nero si rivolse a fatica verso destra e non poté fare a meno di sgranare gli occhi dalla sorpresa: a fianco al letto c'era la sua Maria addormentata, che gli stringeva la mano destra con la sua. «Ma...ria?»
La ragazzina di nuovo reagì ma con una piccola smorfia e un lamento, finché non si decise a svegliarsi e quindi ad alzare il suo sguardo azzurro per incrociare quello cremisi di Shadow. «Shadow?»
L'Ultimante Lifeform si alzò con cautela per sedersi, allargando un sorriso. «Buongiorno, Maria.»
«Shadow!» Maria non si trattenne e subito saltò tra le braccia del suo fratellino, affondando il viso sulla sua morbida pelliccia. «Finalmente ti sei svegliato! Shadow!»
«Ahia! Maria ti prego! Non stringere troppo forte!» disse il riccio contorto dal dolore, ma stranamente... felice. Sì, era felice. Finalmente era di nuovo vicino alla sua Maria.
«Mi hai fatto preoccupare. Avevo paura che... non ti saresti svegliato più!» singhiozzò lei, per nulla intenzionata a lasciare l'altro.
«Perché dici questo? Io sono qui! Io sono...» per quanto si sforzasse Shadow non riusciva proprio a ricordare cosa avesse fatto prima di finire a letto, ma sopratutto perché si sentisse così stanco e dolorante. L'unica cosa che ricordava era di aver ripreso gli allenamenti con Morris, ma nulla di ciò che successe dopo.
«Ah! Scusami Shadow! Ti ho fatto male?» Maria si staccò subito da Shadow che intanto aveva smesso di lamentarsi, poiché assorto nei suoi pensieri. «Shadow, va tutto bene?»
Shadow iniziò a tastarsi il corpo e si accorse delle diverse medicazioni e bende. «Maria, che cosa mi è successo?»
Maria allargò gli occhi quanto Shadow. «Mi stai dicendo che non ti ricordi?»
Scosse piano la testa.
«Tu... ecco... » cercò di iniziare la ragazzina. Non sapeva proprio come dirlo. «Ti stavi allenando e...»
«Sei svenuto per lo sforzo.»
«M-Morris?!»
Al richiamo atterrito della giovane Robotnik lo scienziato alzò un sopracciglio. «Ragazzina, sicura di non avere la febbre? Finora non sono mai riuscito a spaventarti e ora sussulti così?»
«N-non mi hai affatto spaventata! Mi hai solo... sorpresa.»
L'uomo sogghignò avanzando verso la scrivania. Tra le mani aveva un vassoio con sopra un piatto di riso in bianco, del brodo di pollo e un bicchiere di succo d'arancia. «Sì, certo. E io ci credo. Eccoti la colazione, topastro.»
«G-grazie» Shadow abbassò lo sguardo, cercando di evitare ogni contatto visivo con lo scienziato.
«Guarda che hai fatto, principessina. Hai contagiato anche il tuo amichetto. Si può sapere che avete?»
«Che ne hai fatto del vero Morris? Lui non verrebbe mai qui a portare la colazione a Shadow» cambiò subito argomento Maria.
«Ah ah. Molto spiritosa. Appena avrai finito il professor Robotnik vuole visitarti. Sono stato chiaro?»
Shadow annuì, sempre con la testa bassa.
«Ragazzina, almeno degnati di venirmi ad aiutare con questi» Maria fece roteare gli occhi e si avvicinò alla scrivania imbronciata. «Ti sei forse dimenticata di quello che ti ha detto tuo nonno?» mormorò Morris.
«Ma che...» iniziò lei. «Di che parli?»
L'uomo la zittì indicando con lo sguardo Shadow di nuovo assorto nei suoi pensieri. «Il professore ti ha chiesto di non dire nulla riguardo all'incidente di ieri e questo includeva anche Shadow. È un bene che non riesca a ricordare.»
«Davvero non deve saperlo?»
«Shadow è instabile non solo fisicamente ma anche mentalmente. Sapere quello che è successo lo distruggerebbe. Mi hai capito?»
Maria annuì decisa e per una volta non poteva non essere d'accordo con Morris.
«Bene. Allora ti lascio in buone mani. Topastro» l'uomo lanciò un'ultima occhiataccia alla piccola Robotnik prima di uscire dalla stanza.
«Antipatico come sempre» disse Maria cercando di apparire la più acida possibile. «Lascialo perdere, Shadow. Ora devi solo pensare a mangiare. Ce la fai ad alzarti?»
«Sì, tranquilla» sebbene facesse ancora un po' fatica, il dolore ai muscoli era diventato sopportabile, affinché Shadow potesse scendere dal letto e raggiungere la scrivania senza alcun problema. «Visto?»
Maria annuì felice, mentre il riccio venne attirato dal profumino che emanava il risotto immerso nella zuppa di pollo. «Coraggio, vieni a sederti.»
Shadow accolse l'invito di Maria e si sedette sulla sedia accanto a lei. Unito un po' di brodo al riso, il riccio poté finalmente mangiare la sua colazione che, già al primo boccone, era un'esplosione di sapori pur essendo un piatto semplice. «È molto buono.»
Maria era pronta a versare dell'altro brodo di pollo quando si accorse che sotto al bicchiere di succo di frutta c'era un bigliettino. «Ma questo cosa....»
Accortosi anche lui del foglietto di carta, Shadow lo prese. Il pennarello nero recitava: Per Shadow. Un risotto speciale fatto da me che ti rimetterà in sesto in men che non si dica. Guarisci presto! «È firmato da... Janet.»
«Che meraviglia! L'ha preparato Janet per te!» urlò entusiasta Maria.
Il riccio nero accolse la felicità della ragazzina impassibile «Lei... è sempre stata gentile con me» disse incerto la Forma di Vita Definitiva, ma anche stranamente felice e forse anche... commosso. Ci pensò due volte per essere sicuro che fosse il termine giusto, poiché lo aveva letto sui libri ma mai provato di persona; o almeno fino a quel momento.
«E lo sarà sempre. Janet è la migliore.»
Shadow riprese a mangiare e le cucchiaiate che seguirono all'improvviso diventarono sempre più buoni. «Sì. È buonissimo» il profumo lo invitava a continuare a mangiare, fino a finirlo del tutto in poche cucchiaiate e pulendo il piatto con il pane. Anche il succo di frutta non ebbe scampo, poiché scivolò liscio in gola in un sorso. Era così dolce che il riccio si leccò le labbra per non lasciarsi sfuggire nemmeno una goccia.
«Caspita! Avevi proprio fame!» ridacchiò Maria.
«Oh altroché. Immagino... che ieri l'allenamento mi avesse stremato davvero molto.»
La ragazzina rise nervosamente. «Sì, può essere.»
Riposte le posate nel piatto, Shadow cambiò espressione e si rivolse alla sorella maggiore preoccupato. «Shadow? C'è qualche problema?» chiese subito Maria.
«Ti prego, Maria. Sento che c'è qualcosa che non va e l'ho capito da come hai reagito al mio risveglio. Cos'è successo veramente ieri?»
Anche il volto della giovane Robotnik cambiò a sua volta emozione, che rimase pietrificata alla domanda. Purtroppo ne era consapevole, si era tradita da sola reagendo a quel modo e ora era costretta a trovare una scusa valida e convincente. «È... come ha detto Morris. Ti stavi allenando, ma hai voluto esagerare. E sei svenuto.»
Shadow non disse nulla e continuò a fissare Maria impassibile, mentre quest'ultima strinse i pugni per darsi coraggio e affrontare il suo sguardo a testa alta. «Quindi... è vero» dopo secondi che parevano interminabili, il riccio nero sospirò per poi riportare la sua attenzione sul vassoio. «Credevo... di aver fatto di nuovo qualcosa di sbagliato.»
«No! Tu non hai mai fatto nulla di sbagliato!» urlò Maria alterata, sorprendendo non poco il fratellino, che non l'aveva mai vista arrabbiata. «Devi smetterla di pensarlo, hai capito? Io ti conosco Shadow, più di chiunque altro qui dentro. Forse persino più del nonno.»
«Maria io... non volevo farti arrabbiare. Scusami.»
«Io non sono arrabbiata» la ragazzina si inginocchiò davanti a Shadow e appoggiò entrambe le mani sulle sue. «Solo... non voglio vederti così triste per qualcosa che tu non hai fatto. Tu sei più di questo.»
«Dici... davvero?» domandò lui incerto.
«Shadow, ti fidi così poco di me?» Maria si rivolse al suo letto e vi si avvicinò per frugare sotto di esso, incuriosendo l'altro.
«Maria?»
La ragazzina si avvicinò nuovamente alla scrivania con in mano la videocamera che le aveva regalato il nonno e come l'accese l'ologramma di Shadow, assopito sul letto, si materializzò sul muro.
«Ma questo...»
«Sì, Shadow. Sei tu» Maria fece scorrere altre immagini che lei aveva registrato, mentre Shadow aggrottava la fronte perplesso, ma piacevolmente sorpreso.
«Aspetta. Ma quello... è successo l'anno scorso. Quello due anni fa!» disse il riccio nero rivolgendosi verso una Maria immersa nei ricordi. Ad ogni immagine lei allargava sempre di più il sorriso, rivivendo nella sua mente tutti i momenti passati insieme a Shadow. Dalle pause con la cioccolata calda agli gli allenamenti in palestra. Dai pomeriggi passati nella libreria alle reazioni esagerate di Shadow quando veniva ripreso e non potevano di certo mancare le scappatelle notturne con le dovute conseguenze. Quando arrivò l'indigestione di dolci Maria si lasciò scappare una risata seguita da Shadow. Ogni singolo video rappresentava un prezioso ricordo che i due fratelli rimembravano con molto piacere e nostalgia. «Non ci posso credere. Quindi hai davvero ripreso tutto quanto?»
«Certamente! Non volevo lasciarmi sfuggire nulla! Ieri, mentre dormivi, Kelly mi ha aiutato a mettere i video più belli in uno solo. Ed è tutto per te, Shadow.»
Il riccio nero accolse gli occhi ridenti della sorella più confuso di prima.«Che significa?»
Maria abbassò lo sguardo mortificata. «So che non è molto, ma spero che lo accetterai. Questo è il tuo regalo di compleanno.»
«Il mio... regalo di compleanno?»
Maria annuì sorridendo. «Ieri abbiamo parlato del fatto che siamo cambiati entrambi, ricordi?»
Shadow abbassò lo sguardo intristendosi. «Sì. Me lo ricordo.»
«Ma la sai cosa una cosa? Non è affatto vero» annunciò lei decisa. «Ieri l'ho capito.»
«Che cosa hai capito?»
Maria spense gli ologrammi, tirò fuori il dischetto e la pose tra le mani di Shadow. « Sono passati quattro anni, questo non lo possiamo negare. Io sono cresciuta molto e tu hai imparato a fare sempre più cose e forse è vero che ci siamo allontanati, ma nonostante tutto abbiamo sempre trovato il tempo per stare insieme. Il nostro rapporto e ciò che siamo noi non sono cambiati affatto e questi ricordi ne sono la prova.»
Shadow lasciò che la ragazzina strinse le sue mani con dolcezza, ma non passo molto tempo prima che lui la abbracciasse stretta forte a sé, sorprendendola. «Tu dici che non è molto, ma per me questo è il miglior regalo che potessi ricevere. Io... ti ringrazio Maria. Grazie... di esistere.»
Maria abbracciò a sua volta il fratellino, si lasciò trasportare dal tepore del corpo del fratellino e le lacrime rigarono inevitabilmente le guance: era lo stesso calore che aveva provato al risveglio di Shadow. «No, Shadow. Grazie a te di esistere.»
Sia umana e creatura artificiale speravano che quell'abbraccio non finisse mai e che rimassero in quella posizione fino al giorno dopo, ma il primo a staccarsi fu il riccio ebano che avvertì subito una strana vibrazione. «Che cosa sta succedendo?»
«Di che parli Sha-...» un forte terremoto fece cadere dalla sedia Maria.
«Maria! Stai bene?!» Shadow le si avvicinò per aiutarla a rialzarsi, mentre i tremori si intensificavano sempre di più.
«S-sì. Sto bene. Ma che succede? Perché trema tutto?»
«Non ne ho idea. Maria, vai sotto la scrivania.»
Maria obbedì subito seguita da Shadow che non staccò gli occhi dal soffitto, pregando che il lampadario non cadesse rovinosamente a terra e dopo qualche secondo le sue preghiere vennero esaudite. Finalmente il terremoto era cessato. « È... finito?» chiese insicura la ragazzina con le mani sulle orecchie.
«Credo di sì» i due uscirono da sotto la scrivania ancora all'erta, ma più sollevati.
«Secondo te che cos'era?»
«Non lo so proprio. Forse hanno testato qualcosa di nuovo o...»
«Abitanti della colonia spaziale ARK. Chiedo a tutti voi la vostra attenzione» improvvisamente la voce profonda di un uomo riecheggiò all'interno della stanza attraverso gli altoparlanti di emergenza. «Qui è il comandante della Guardian Units of the Nation che vi parla.»
« È... la GUN» disse spaventata Maria. «Ma cosa vogliono?»
«La GUN? L'organizzazione militare?»
«Per ordine del Presidente il professor Gerald Robotnik è tenuto a ricevermi seduta stante, per discutere in merito alle sue ricerche, ritenute dalla nostra equipe di scienziati altamente pericolose. Se si dovesse rifiutare o cercare di fuggire, allora saremo autorizzati a fare irruzione nell'ARK e a utilizzare le armi.»

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Finalmente (e aggiungerei purtroppo) entra in scena anche la GUN. La fine è davvero vicina, così come lo sono anche i miei esami finali. Sono veramente sotto pressione in questo periodo e non vedo davvero l'ora che finisca. Ci ho messo due mesi per scrivere questo capitolo, perché come sempre il blocco dello scrittore mi ha colpita puntualmente. Ma ho voluto accantonare lo studio almeno per questa sera e mi sono decisa a finirlo. Spero che sia stato un capitolo almeno decente.
Ero anche contenta di poter finalmente a riprendere a leggere delle storie in arretrato, ma l'arrivo degli esami mi ha impedito di continuare... Forza, devo resistere ancora un altro po'.
Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ci vediamo alla prossima.

Cassandra
   
 
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