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Autore: gigliofucsia    12/06/2018    1 recensioni
Io mi chiamo Eco Rondòn, è la prima volta che ti scrivo in tutti i vent'anni della mia vita e sono molto nervoso. Qualche mese fa non avrei potuto nemmeno provandoci. Vedi; è proprio di questo che vorrei scriverti. Vorrei confidarti cosa è cambiato in un mese. So che forse non mi crederai visto quanto è incredibile; ma so che non mi negherai la tua attenzione. Sono felice di parlare con te, o meglio, di scriverti in questo caso.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi fermai davanti alla porta di casa mia vidi che era più grande del resto delle case. Aveva addirittura due piani. Bussai alla porta e la porta si aprì e i miei genitori apparirono sulla soglia. chiedendo dove fossi stato. Io li guardai e vidi i loro visi per a prima volta e vidi che erano molto più malinconici di ciò che mi aspettavo. Mi ritrovai per la prima volta, molto in difficoltà perché non potevo parlare e non potevo scrivere. Come raccontare? Entrai in casa pensandoci con intensità e mi sedetti al tavolo. Il mio respiro si fece pesante. Mio padre mi guardò con le sopracciglia cespugliose piatte mentre mia mamma mantenne un certo contegno.

–dove sei andato all'alba senza dirci niente? – chiese mio padre.

Io cercai di fargli capire ciò che mi era successo. Mi indicai la gola con il dito e poi incrociai le braccia in una X.

Quei gesti erano semplici, ma il messaggio arrivò subito e con prepotenza. Loro spalancarono gli occhi come presi da un fulmine.

– Non puoi parlare? – chiese mia mamma

– Cosa è successo? Perché non puoi parlare? – borbottò mio padre

Io raccolsi le idee, adesso arrivava la parte difficile. Indicai i miei occhi e poi loro. Loro aguzzarono gli occhi con fare confuso.Non avevano capito. Io appoggiai entrambe le mie mani sul petto e poi indicai i miei occhi e loro.

I loro sguardi tradirono sconcerto.

– non... non capisco, – mormorò con tono neutro mia mamma, ma quando la vedevo in faccia vedevo i suoi occhi luccicare.

Dovevo dimostrare che ci vedevo bene in qualche modo. Anni fa, c'era un solo gioco in cui non sarei mai riuscito a vincere, a causa della cecità. Mi alzai e presi tre bicchieri e una moneta che trovai nell'ingresso. Senza dire niente, loro capirono: li sfidavo a mettere la moneta in uno dei bicchieri e a scambiarli.

– Continuo a non capire – mormorò sua madre. Guardava i bicchieri con una mano sul fianco.

Mio padre aveva uno sguardo molto concentrato quando si mise a scambiare i bicchieri. Non si scambiò in modo lento, come a volermi facilitare il gioco. Io non esitai ad indovinare e a quel punto spalancarono gli occhi. Sembravano aver capito.

Ci fu un momento in cui ognuno rimase sbigottito, poi mia madre si avvicinò e chiese se ci vedevo davvero. Io annuii e a quel punto gli abbracci e le risate rimbombarono nella casa. Fu difficile per mio padre capire se era meglio insegnarmi prima le lettere o il linguaggio dei muti. Non vedeva l'ora di sapere tutto. Io allungai due dita tese per dire che preferivo imparare la lingua. Quel punto si doveva trovare qualcuno che la conoscesse e che potesse insegnarmela, il che non era facile. Fu allora che il mio amico mercante tornò in città.

  
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