Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: _RockEver_    20/06/2018    3 recensioni
Erin è una ragazza misteriosa e molto intelligente che da anni si nasconde dal governo mondiale.
Un giorno, per fuggire dai marines che intendono catturarla, si imbatte in una nave con la polena a forma di balenottera azzurra: la nave di Barbabianca.
Si ritroverà contro ogni aspettativa a bordo del veliero e, inizialmente non sopportata da tutti, si ritroverà a scoprire il valore dell'amicizia e conoscerà delle persone che le cambieranno la vita, in particolare lo stesso Barbabianca e un ragazzo moro dal viso tempestato di lentiggini.
Almeno fin quando la verità sul suo passato non verrà alla luce...
______________
Dal capitolo #22:
|
- E tu da quanto tempo sei lì?! – chiese basito rivolgendosi al ragazzino, il quale sorrise sornione e lo fissò con aria di sfida.
- Da un po’… - rispose – So essere molto silenzioso.
- Vedo… - commentò Ace seccato, facendo qualche passo in avanti per andar via prima che Xan saltò dalla cassa sul parapetto di poppa – in modo decisamente pericoloso – e gli si parò davanti.
- Senti un po’ – riprese, avvicinando il viso a quello del moro e fissandolo negli occhi – Tu fai cose con mia sorella?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aokiji, Barba bianca, Ciurma di Barbabianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Una volta che Erin ebbe messo giù la cornetta del lumacofono riuscì a percepire chiaramente un gigantesco macigno che le si sollevava dallo stomaco.
Trasse un profondo respiro e si asciugò gli occhi, provati e arrossati dall’enorme stress che rivelare completamente il suo passato aveva comportato.
Si era ormai fatto mezzogiorno: il suo lunghissimo racconto aveva portato via l’intera mattinata.
 -  E’ meglio che tu vada a riposare ora – disse Halta, prendendola per un braccio e aiutandola ad alzarsi.
 -  Grazie Halta, ma sto bene – ribattè la mora, senza tuttavia opporsi realmente.
 -  Devi risposare Erin, non hai dormito per tutta la notte e hai un aspetto terribile. Non preoccuparti, ci penseremo noi a spiegare la situazione al resto dell’equipaggio! – disse infine rivolgendosi al moro – Ace, va’ con lei.
Il ragazzo spostò lo sguardo dall’una all’altra, prima che Halta gli si avvicinasse e si sporgesse in punta di piedi: -  Ho l’impressione che anche voi due dobbiate parlare un po’…
Il ragazzo fissò per qualche secondo Erin, provando solo a immaginare cosa avesse voluto dire vivere nei suoi panni. Era sicuro che non avrebbe più permesso che rivivesse cose del genere, avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedirlo. Sperò solo di riuscire a mantenere la promessa.
Erin si avvicinò alla porta della cambusa prima che una grossa mano la bloccasse per il braccio. Si voltò e trovò l’enorme viso di Barbabianca a un palmo dal suo. Dopo qualche secondo il vecchio le sorrise bonario e le porse in mano la sua radio snail:  -  Non vorrai dimenticare questa, il tuo adorabile fratellino potrebbe richiamare, gurararara!
 -  Oh, grazie Ed.
 -  Ora va’, riparleremo meglio della faccenda dell’incontro quando avrai ripreso un po' di forze. Sono stati giorni molto faticosi per te, ti meriti un po’ di riposo in un letto più comodo del pagliericcio di una fredda cella. Ti farò portare qualcosa da mangiare.
La ragazza si rigirò l’oggetto tra le mani, percependo chiaramente la stanchezza e il peso della nottata gravare sulla sua testa. Si congedò con un leggero inchino e lasciò la stanza, seguita da Ace.
 -  Anche noi dovremmo tornare alle nostre occupazioni! – proruppe Marco richiamando l’attenzione generale – Questa bagnarola non si manda avanti da sola. Lasciamo il cuoco a fare il suo mestiere in santa pace.
Qualcuno lanciò qualche imprecazione, ma alla fine tutti i comandanti fecero per uscire dalla cambusa. Il capitano, invece, restò comodamente seduto con le braccia incrociate e un piede poggiato al bordo della gigantesca panca di legno.
Pronunciò una sola parola, sufficiente  a far ghiacciare sul posto un certo pirata che cercava di rimandare quella conversazione il più tardi possibile.
 -  Izo.
L’uomo vestito da geisha si irrigidì sul posto e sollevò gli occhi al cielo, conscio però che la ramanzina gli toccava eccome. Sospirò e chiuse la porta della cambusa, avvicinandosi a Barbabianca.
 -  Avanti papà, dillo.
 -  Io ti conosco, figliolo. Non ho bisogno di dirti proprio niente che tu non capisca da solo. Sai quello che devi fare – disse soltanto, con una fierezza e austerità che era propria solo di un grande uomo come lui.
Izo annuì a testa bassa e si diresse verso la cucina, sperando quanto meno che un buon piatto di bistecca e patate lo aiutasse a farsi perdonare.
 
Quando Erin ed Ace giunsero nella cabina di quest’ultimo, la ragazza si sedette a peso morto sul letto, beandosi della sua morbidezza.
 - Nulla a che fare con la mia ultima sistemazione provvisoria – commentò ironica rivolta verso il ragazzo, il quale si appoggiò col bacino alla scrivania e la fissò impassibile.
Erin si guardò le ginocchia e si torturò per un po' le mani, non sapendo esattamente come il moro avesse reagito realmente per quella vicenda, non sapendo cosa dirgli e non riuscendo a reggere il suo sguardo.
 -  Ace, senti… Io –
 -  Sei stata molto coraggiosa – la interruppe Ace, cambiando repentinamente espressione  e allungando gli angoli della bocca in uno straordinario sorriso che le fece girare la testa – Ecco, non solo per tutto quello che hai fatto finora, perché posso solo immaginare quanto sia stata dura vivere in una situazione del genere. Ma parlo anche di quello che hai fatto oggi. Sei stata molto coraggiosa a parlarne, si vedeva che la cosa ti ha messo addosso delle difficoltà – concluse avvicinandosi di più. Quando fu a un passo da lei le accarezzò la guancia con le dita ed Erin chiuse gli occhi per qualche secondo, beandosi del calore che solo la vicinanza del moro riusciva a infonderle.
-  Mi dispiace, Ace – disse poi alzandosi dal letto – Il fatto che io non te l’abbia detto prima… Non era una mancanza di fiducia, credimi. E’ solo che, ecco, non ce l’ho fatta… - tentennò evasiva, abbassando lo sguardo.
A quel punto Ace le sollevò delicatamente il mento, obbligandola a fissarlo:  - Sono io che dovrei chiederti scusa per non averti creduta – sussurrò fissandola dritto negli occhi, notando le pupille della ragazza che si dilatavano sempre di più, pur essendo ancora lucidi e arrossati per l’impegnativa giornata trascorsa.
Erin scosse il capo, sollevando il braccio per accarezzargli una guancia, prima che lui la stringesse a sé. In un attimo il ragazzo azzerò la distanza tra le loro bocche, inabissandosi finalmente in quel bacio che entrambi bramavano come ossigeno.
La ragazza fece scorrere la mano dietro la nuca del moro, passando quelle ciocche corvine tra le dita mentre le loro lingue si divertivano in un famelico gioco di incastri.
Solo allora si resero davvero conto di quanto quei contatti fossero stati desiderati da entrambi, che non ne avrebbero mai potuto fare a meno. Ace, accaldato ancora di più del suo solito, indietreggiò verso il suo letto e vi si sedette attirando Erin a cavalcioni su di sé. Senza interrompere il bacio, posò entrambi i palmi delle mani sui suoi fianchi, risalendo sotto la maglietta per lambire interamente la schiena della giovane, resa ruvida a causa di tutti i solchi che le cicatrici le avevano lasciato.
Erin storse il naso a quel contatto. Aveva appena condiviso con tutti i suoi più intimi segreti, aveva ricordato tutto in una volta i momenti più brutti della sua vita come non faceva da anni. Ace continuava a baciarla con passione, le sue dita insistevano su ogni cicatrice, lentamente percorrevano quella rosea mappa marchiata sulla sua pelle, proprio come era solito fare qualcun’altro non molti anni prima.
Aprì gli occhi e fu lì, per una frazione di secondo, che davanti a lei vide Akahito.
Ace sentì Erin cacciare un grido e alzarsi di scatto dalle sue ginocchia, arretrando fino a sbattere violentemente con la schiena al muro:  - Erin!
La ragazza si limitò a fissarlo tremante, le gambe non la ressero più e si lasciò scivolare lungo la parete mentre il moro le si accovacciava vicino.
 - M-mi dispiace! – balbettò Erin, cercando disperatamente lo sguardo di Ace, del suo Ace – Scusami, non volevo! E’ solo che anche lui faceva così! A lui piaceva guardarmi e toccarmi la schiena mentre mi violentava, mi faceva sentire inferiore e gli dava l’idea che fossi una sua proprietà! – disse di getto, con la voce tremante e impastata dalle lacrime. Il momento dopo si sentì inondata dal calore del corpo di Ace che la strinse forte a sé, accarezzandole i capelli e la schiena:  - Shh, va tutto bene! Tu adesso sei qui, con me, e  sei al sicuro. Nessuno ti farà più del male Erin, te lo prometto, ci sarò io a proteggerti!
Erin si sciolse a quelle parole: affondò il viso nel collo di Ace,  respirando a fondo il suo odore di salsedine e di libertà e si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Nonostante tutto, non si era mai sentita così bene. Tra le braccia dell’uomo che amava, protetta e al sicuro, senza più segreti, senza più macigni. Finalmente, con tutte quelle lacrime riuscì ad eliminare molto di più.
Ace, dal canto suo, strinse ancora più forte quell’esile corpo, continuando ad accarezzarlo e baciandole i capelli, la fronte, le guance. Solo quando la sentì calmarsi la prese tra le sue forti braccia e la adagiò sul letto, stendendosi accanto a lei: -  Per oggi direi che questa testolina abbia già lavorato abbastanza – disse, picchiettando con l’indice sulla fronte di Erin, la quale arricciò il naso stizzita.
 -  Guarda che la mia testolina non smette di lavorare a comando, come sembra che faccia quella di voi uomini – ribattè, incrociando le braccia sotto il seno.
 - Sarà, - rispose il moro, stendendosi con le braccia dietro la testa – ma a voi donne a un certo punto comincia a fare brutti scherzi. Vedi adesso, per esempio. Sei addirittura riuscita a resistermi – affermò orgoglioso gonfiando il petto, prima che un cuscino gli si spiaccicò sulla faccia.
 -  Di’ un po',  Portgas D. Ace, da dove esce tutta questa vanità? – chiese la giovane con un sorrisetto divertito, osservando il moro che si puntellava con i gomiti sul materasso -  Cosa ti fa credere di essere così irresistibile?
Ace si passò una mano tra i capelli, con un movimento che evidenziò il suo collo, le braccia muscolose e il fisico statuario:  - Diciamo che ho una certa esperienza – si gongolò, sottintendendo con quei gesti un chiarissimo “Devo davvero risponderti?”.
Erin, tuttavia, pensò bene di rispondere nuovamente con la sua nuova arma, quindi scagliò il cuscino su di Ace che però riuscì a parare il colpo. Con il braccio con cui aveva deviato il cuscino, afferrò il polso della ragazza con una mano e il fianco con l’altra e la spinse sul letto, mettendosi a quattro zampe sopra di lei.
 -  Se andiamo avanti così questo diventerà un vero e proprio campo di battaglia – disse lui con una vena di malizia nella voce, guardandola con occhi languidi e vogliosi. Erin rispose allo sguardo col lo stesso desiderio, conscia di avere davanti a sé Ace e lui soltanto, che mai avrebbe fatto quello che le aveva fatto Akhaito. Che l’avrebbe protetta e amata, che non l’avrebbe mai lasciata sola.
 - Nel caso non lo avessi capito ti ho appena dato una cuscinata, ti ho ufficialmente sfidato a duello – disse fiera, sorridendo.
Ace guardò per un attimo i polsi della ragazza, bloccati dalla sua ferrea presa,  dopodichè le si rivolse nuovamente dicendo:  -  E come intendi fare in questo stato, sentiamo.
 -  Mi pare ovvio, – lo canzonò lei, imitando la sua voce  - ti farò cadere ai mie piedi, abbagliato dallo sfavillante splendore del fascino piratesco del grande Ace Pugno di Fuoc-
Prima che potesse concludere la frase, il moro la interruppe con un bacio appassionato. La ragazza ridacchiò di tanto ardore e rispose, incatenando nuovamente la sua lingua a quella del moro. Quando Ace le ebbe lasciato liberi i polsi, Erin posò delicatamente le mani sulle quelle guance tempestate di efelidi, attirandolo ancora di più verso di sé. Sentiva di desiderarlo da impazzire, almeno quanto lui desiderava lei: c’era però qualcosa che ancora non andava. La sua mente era concentrata su Ace, ma il suo corpo non stava collaborando. Si sentiva rigida, il suo basso ventre pareva non provare in quel momento lo stesso della sua mente.  Tuttavia percepiva chiaramente l’eccitazione del moro contro la sua coscia, e fu per questo che fece una smorfia di disappunto quando percepì l’intensità del bacio diminuire e le labbra di Ace allontanarsi pian piano dalle sue.
La ragazza aprì gli occhi, trovando il moro, ancora sopra di lei, che le sorrideva con uno sguardo adorabile, lontano da quello malizioso che aveva assunto solo pochi minuti prima.
 -  E’ tutto ok? – sussurrò Erin, con un leggero affanno dovuto alla foga dei loro baci.
Di tutta risposta, il sorriso di Ace si allargò ancora di più e, prima che lei potesse protestare, quest’ultimo si spostò da sopra di lei sedendosi al bordo del letto.
 - Certo, è tutto ok – disse dolcemente, accarezzandole una gamba – Solo voglio che tu sappia che ero serio prima. Non voglio che tu ti senta obbligata a fare qualcosa che non hai voglia di fare, mai più. E ora mi sembra che sia così.
Erin si bloccò di sasso di fronte  a tanta premura. Non potè che abbassare lo sguardo:  -  Mi dispiace… E’ solo che…
-  Oggi è stata una giornata difficile per te. Ti abbiamo fatto rivivere cose a cui non avresti mai voluto ripensare, lo capisco. E lo rispetto -  concluse, sporgendosi verso di lei per baciarla nuovamente, stavolta con rinnovata dolcezza.
 -  Grazie, Ace – sussurrò Erin abbracciandolo stretto, prima che fossero interrotti dal bussare di qualcuno alla porta.
Il moro si staccò di malavoglia da quell’abbraccio e aprì la porta della cabina, trovandosi davanti un rammaricato e visibilmente imbarazzato Izo con in mano un vassoio colmo di cibo.
 -  E tu che diavolo ci fai qui? – chiese irritato il moro, appoggiandosi allo stipite.
 -  I-io pensavo c-che Erin avesse fame, ecco, così ho pensato di portare la cena – balbettò l’uomo in preda alla vergogna, trovando quell’impresa più difficile del previsto.
 -  Beh, grazie – mormorò atono Ace, strappando il vassoio dalle mani di Izo -  Ora che l’hai fatto puoi anche andare.
 -  Ace! – lo rimproverò Erin, comparendo alle sue spalle e spostandolo dalla porta con poca grazia  - E’ tutto apposto qui, anche Ace stava giusto andando a cenare, vero?  – osservò infine, facendo al moro un palese cenno con gli occhi e prendendogli il vassoio.
Il ragazzo scosse la testa e uscì dalla stanza, fissando Izo con degli occhi ridotti a una fessura:  -  Ti tengo d’occhio, fratello – lo minacciò con uno sguardo di fuoco, prima di allontanarsi verso la cambusa.
 -  Devi scusarlo, - aggiunse Erin, rivolta all’uomo vestito da geisha – lo conosci meglio di me, è molto protettivo.
 - Lo so, è così con le persone a cui tiene – ammise Izo, entrando nella cabina una volta che lei gli ebbe fatto cenno di accomodarsi. La seguì con lo guardo, osservandola posare il vassoio sulla scrivania e quasi leccarsi le labbra alla vista di tutto quel cibo: - Wow, mi ci voleva proprio! Sto morendo di fame! Ti ringrazio del pensiero, Izo!
L’uomo si stupì della reazione della giovane: l’aveva fatta rinchiudere in una cella disgustosa, accusata di tradimento e le aveva fatto rivivere un passato terrificante. Ma, nonostante tutto, lei si comportava come se nulla fosse. Lo aveva ringraziato per il cibo e stava mangiando con gusto un onigiri più grande di lei, lo aveva invitato a entrare nella cabina nonostante suo fratello avesse voluto dargli un pugno in faccia e aveva quello straordinario dono di mettere tutti a proprio agio con lei, sempre.
 - So cosa stai pensando – mormorò la ragazza, mandando giù un boccone di carne -  Ma vedi, il rancore non mi appartiene.
 -  Io sono terribilmente dispiaciuto -  confessò Izo, facendo un inchino con le braccia tese lungo i fianchi -  Non avevo idea di come stessero le cose. Temevo solo che potesse esserci pericolo per la mia famiglia. Ti chiedo scusa, Erin, spero sinceramente che tu possa perdonarmi.
Di tutta risposta, Erin gli tirò una coppetta da sakè che lui afferrò al volo. Dopodichè la giovane si alzò afferrando la bottiglia di sakè dal vassoio e gli si avvicinò sorridente, riempiendo la coppa che teneva in mano.
 -  Anni fa sono stata su un isola dove un tale mi disse che tutti i malintesi si possono risolvere bevendo sakè dalla stessa coppa – spiegò, dopodichè prese la coppa dalle mani di Izo e bevve tutto d’un fiato metà del suo contenuto, tossicchiando con una smorfia subito dopo.
 - Dio, questo sakè sembra fuoco liquido! – commentò leggermente schifata, porgendo il contenuto all’uomo.
Izo non parve pensarci due volte, e con un sorriso divertito bevve l’altra metà del liquido chiaro, schioccando poi la lingua in segno di apprezzamento.
 -  Halta sarebbe stata capace di scolarsi la bottiglia in un sorso solo!
Erin rise di gusto al pensiero, sorridendo poi soddisfatta in direzione dell’amico:  - Visto? Ti ho già perdonato, Izo. L’hai fatto per il bene della tua famiglia! Questo non può che farti onore, ai miei occhi.
Restarono in silenzio per un po'. Erin si sedette alla scrivania, continuando a mangiare affamata, Izo si poggiò contro l’armadio a braccia conserte, pensieroso.
 -  Cosa hai intenzione di fare una volta arrivati a Tars? – domandò una volta che la ragazza ebbe finito di mangiare – Non pensi possa trattarsi di una trappola?
Erin si lasciò scivolare contro lo schienale, incrociando le braccia al petto mentre rifletteva sulla domanda che le era stata posta.
 -  Sinceramente, non lo so – ammise, prendendo a giocare con una ciocca di capelli – Ci avevo pensato in effetti. D’altra parte, però, se Sore si è affidato a Dragon per aiutarlo nella fuga non credo abbiamo molto di cui preoccuparci. Tuttavia, io credo che Akahito stia cominciando a nutrire sospetti su Kuzan. Se così fosse, non c’è molto altro da poter fare se non fuggire e nascondersi – spiegò la mora, non mascherando la sua preoccupazione a riguardo – Tempo fa stabilimmo che se Akahito lo avesse incriminato, Kuzan avrebbe rivelato l’ubicazione esatta del registratore, in modo da alleviare la gravità delle azioni commesse. E’ giusto così.
Izo annuì, sospirando per la complessità di quella ingarbugliata situazione.
 - Dunque, per rispondere alla tua domanda, – puntualizzò lei -  sarà meglio che io scenda da sola. Non voglio mettere in pericolo nessuno di voi.
 -  Non esiste! – sbottò Izo – Io sicuramente scenderò con te, è il minimo che possa fare. Ace verrà per forza e di sicuro anche qualcun altro!
 -  Avanti non fate così! – protestò Erin parandoglisi di fronte  - E’ la cosa più ragionevole da fare! Tanto è me che vogliono! Voi non le conoscete quelle persone!
 -  Ho detto che non se ne parla! – ribadì Izo, irremovibile nella sua decisione.
 -  Ha ragione lui – si intromise Ace, facendoli voltare verso l’uscio -  Tu non sei un pirata, Erin. Tu sei calma e logica e razionale. Noi no, siamo impulsivi e testardi – affermò avvicinandosi a lei – Per cui non c’è montagna che tu possa smuovere che mi impedirà di scendere con te, qualsiasi cosa succeda.
Erin sopirò sconsolata, conscia che non avrebbe mai potuto dissuadere quei pazzi da una decisione già presa. Nonostante tutto, però, quella scelta non le dispiacque affatto.
 
 
 
Tre giorni dopo, la notte prima di approdare sull’isola di Tars, Erin non riusciva proprio a prendere sonno.
Dal giorno in cui aveva rivelato il suo passato alla ciurma, il suo rapporto con loro era migliorato ancora di più. Tutti contavano su di lei, le si affidavano come medico e come compagna. Il suo rapporto con Ace, inoltre, era finalmente sincero, privo di segreti e senza la minaccia incombente che la ragazza sparisse da un momento all’altro.
Erin si rigirò più volte nel letto, ormai sull’orlo di una crisi di nervi nell’attendere le braccia di Morfeo che tardavano ad abbracciarla. Si voltò verso l’oblò e scorse la luna piena che brillava in un cielo senza nemmeno una nuvola. Stanca di stare senza far nulla e per non svegliare Ace che dormiva accanto a lei, si alzò dal letto e decise di uscire sopra coperta, per godere quanto meno della meravigliosa visione del mare.
Una volta giunta sul ponte di comando si diresse a poppa e si sedette sul pavimento con la schiena contro la balaustra, scrutando le onde scure infrangersi contro lo scafo. In verità, il motivo per la quale la giovane non riusciva a prendere sonno era quella sensazione di avere un nodo allo stomaco dovuto a un misto di adrenalina, ansia e alte aspettative per la mattina seguente. Non stava più nella pelle di rivedere due delle persone al mondo che più amava: si chiedeva quanto fosse cresciuto Xan, se l’avesse superata in altezza, se Sore avrebbe apprezzato come era diventata, se avrebbero potuto essere felici da quel momento in poi. D’altra parte però non poteva fare a meno di pensare che fosse tutto troppo bello per essere vero: la verità era che aveva terribilmente paura. Paura di essere catturata dal governo, senza poter più rivedere suo fratello, i suoi amici e l’uomo che amava, paura che potesse essere fatto loro del male.
Estrasse la vivre card di suo fratello dal ciondolo che portava costantemente al collo, assicurandosi che puntasse proprio verso la prua della nave. Allisciò con le dita il pezzo di carta e sorrise, mentre la brezza notturna le provocò un brivido lungo la schiena. Era uscita sul ponte indossando solo una maglia che le arrivava fin sotto il sedere e gli slip, senza curarsi molto della possibilità di trovare qualche membro della ciurma, dopotutto era notte fonda. Cercò di coprirsi un po' di più le gambe con la maglietta prima che qualcuno le mise addosso una camicia a fiori.
Erin lanciò un grido, rendendosi subito conto che Ace era salito con lei sul ponte a tenerle compagnia.
 -  Shh! Non vorrai mica svegliare tutti! – disse il moro, sedendosi con la schiena appoggiata ad uno degli alberi della nave.
 -  Merda, mi hai spaventata! – ribattè piccata la ragazza, stringendosi di più nella camicia.
 -  Che ci fai qui da sola? Avresti quanto meno potuto coprirti un po'.
 -  Non riesco a dormire. E poi non credevo fosse così fresco – ammise, gattonando poi verso di lui posandogli la testa sulla spalla.
 -  Si vede proprio che non sei abituata alla vita in mare – osservò Ace con una risata, beccandosi un leggero pugno sul fianco -  Che c’è? Guarda che è vero!
Erin chiuse gli occhi e non disse nulla per un po', persa com’era nei suoi pensieri. Il moro le prese una mano nella propria, decidendo che quel silenzio era ormai diventato più di quanto lui fosse in grado di tollerare.
 -  Allora, me lo dici che hai? – chiese gentilmente, spostandosi un poco per guardarla negli occhi.
 -  Io ho paura, Ace. – confessò la giovane con un sospiro.
 -  Di che cosa hai paura?
 -  Di tutto. Che sia tutto una stupida illusione. Domani potrebbe succedere qualsiasi cosa, potrei mettervi in pericolo.
 -  Erin, - disse lui serio, prendendole il viso tra le mani – non ti succederà niente. Né a te, né a Xan e Sore, né tantomeno a noi. Ci penserò io a proteggerti, te lo prometto.
La ragazza annuì distrattamente, sperando che il moro avesse ragione. Cullata dal suono delle onde, dal calore e dall’aura protettiva che Ace emanava, dopo qualche minuto si addormentò profondamente.
 
Fu svegliata all’alba dal viavai di gente che transitava sul ponte, intenta a compiere le manovre per l’attracco sull’isola. Aprì gli occhi del tutto quando sentì qualcuno bussare con insistenza alla porta: - Erin! Erin, svegliati, siamo arrivati!  - la voce familiare di Halta le arrivò così ovattata da farle credere che stesse sognando. Si mise a sedere rendendosi conto di essere nel letto di Ace, benché lui non ci fosse. Doveva averla accompagnata in camera una volta addormentata.
 - Ma che…? – mormorò distrattamente, alzandosi per raggiungere la porta della cabina.
Halta reggeva un mantello nero lungo fino ai piedi e glielo porse: -  Ace si sta preparando, abbiamo attraccato proprio adesso. Sei pronta?
La mora annuì decisa:  -  Certo, arrivo subito.
Si vestì velocemente con una maglietta verde e dei pantaloncini bianchi e indossò il mantello, dirigendosi poi dagli altri sul ponte. Marco e Jaws erano intenti ad abbassare la passerella , mentre Barbabianca e Izo, anch’esso coperto dalla stoffa nera, discutevano di qualcosa che il comandante teneva in mano.
La ragazza si avvicinò al capitano e fu subito raggiunta da Ace, il quale si avvolse nel mantello. Diede uno sguardo all’isola e si rese conto che era abbastanza piccola, con una sottile lingua di spiaggia che sembrava circondare una fittissima vegetazione. In particolare, si trovavano in una zona dalla quale la porzione di spiaggia a vista era molto poca, di conseguenza anche la nave sarebbe stata nascosta dagli alberi fino a che non le si fosse andati sufficientemente vicino.
 -  Oh, Erin, eccoti qui – la chiamò Newgate, mostrandole l’oggetto che aveva in mano – Abbiamo attraccato in questa zona in modo da essere il meno visibili possibile. Tu, Izo ed Ace scenderete a terra e andrete alla ricerca della tua famiglia, loro ti proteggeranno in caso di necessità. Questo è un razzo di segnalazione, voglio che lo tenga tu nel caso le cose dovessero mettersi male. Noi vedremo il segnale  e accorreremo subito, è tutto chiaro?
 -  Chiarissimo – rispose Erin, infilando il razzo nella cintura e sistemandosi il cappuccio sulla testa.
Si avviò subito  verso la passerella seguita da Ace e Izo, i quali si guardarono intorno titubanti prima di dare l’ok per mettere piede sulla terraferma.
Decisero di percorrere il perimetro dell’isola: il luogo dell’appuntamento non era stato definito in modo preciso, di conseguenza sembrava ragionevole credere che si sarebbero incontrati lungo il litorale, di certo non nell’entroterra.
Erin estrasse la vivre card e la appoggiò sul palmo della sua mano, notando che questa si spostava verso sinistra:  - Per di qua – annunciò, indicando la strada.
-  Resta dietro di noi, è più sicuro – si raccomandarono entrambi i due uomini precedendola.
Proseguirono per una dozzina di minuti, in silenzio, seguendo gli spostamenti del pezzetto di carta. Nonostante non sembrava esserci anima viva su quell’isola apparentemente disabitata, la ragazza sentiva una strana sensazione. Non riusciva a fare a meno di guardarsi alle spalle, sentendosi osservata. Si trattava solo di sesto senso, forse dovuto alle poche ore di sonno, ma non riusciva proprio a stare tranquilla. Inoltre i due ragazzi davanti a lei sembravano non avere gli stessi dubbi, continuavano a chiederle se la direzione fosse giusta e osservavano i dintorni guardinghi: Izo camminava con la mano sulla pistola che teneva legata alla cintola, Ace era pronto a sputare lingue di fuoco da ogni parte del corpo.
Dopo aver fatto un altro po’ di strada, Erin sentì un fruscio tra gli alberi e fu abbastanza sicura di non esserselo solo immaginato. Si bloccò di colpo e si voltò del tutto in direzione degli alberi, assottigliando gli occhi per vedere meglio attraverso quelle fittissime fronde. Si avvicinò lentamente alla vegetazione e, nel momento in cui stava per entrarvi, sobbalzò spaventata nel sentire Ace chiamarla a gran voce: - Erin! Erin, ci sono delle persone laggiù!
La ragazza si sporse in direzione dei due, lanciando un’ultima occhiata agli alberi prima di correre verso di loro e constatare che, a circa 500 metri, si intravedevano due sagome sfuocate dal sole che cominciava a farsi più cocente.
 - Xan… - mormorò Erin con gli occhi lucidi – Xan! – urlò successivamente a gran voce, togliendosi il cappuccio dal capo e cominciando a correre con quanta più forza potesse verso quelle due figure.
 - Erin! Aspetta! – gridarono in coro Ace e Izo correndole dietro:  -  Merda, è impazzita?!
La ragazza non ne volle sapere di fermarsi. Più si avvicinava e più riusciva a distinguere chiaramente le fattezze di suo fratello e del suo tutore, i quali cominciarono anch’essi a correre in loro direzione.
 - Xan! Sore! Sono io! Sono Erin! – urlò ancora a squarciagola, asciugandosi le lacrime che le scivolavano lungo le tempie per il troppo correre. Le facevano malissimo la milza e i polpacci, ma non le importava affatto: ancora poche decine di metri e li avrebbe finalmente riabbracciati.
Ace, alla volta di Erin, riuscì poco dopo a distinguere una ragazzino e un uomo decisamente possente e abbronzato venire verso di loro: intuendo dalle loro espressioni che si trattasse delle persone che cercavano, fece cenno a Izo di rallentare:  - Sembra che siano loro,  ma stai all’erta – ordinò il moro, osservando finalmente la ragazza buttarsi a terra in ginocchio, stringendo a se un ragazzino che piangeva disperatamente. L’altro uomo li raggiunse pochi secondi dopo, e anche lui con uno sguardo carico di commozione si lasciò cadere in ginocchio, stringendo con affetto i due fratelli ritrovati.
Izo sorrise a quella scena, mettendo una mano sulla spalla di Ace per intimarlo ad avvicinarsi, sicuro che anche Erin desiderasse la sua vicinanza in un momento così importante.
 
 
Poco distante, tra le fitte fronde degli alberi, un uomo ridacchiò mestamente e prese un lumacofono dalla tasca della lunga giacca bianca che teneva appoggiata sulle spalle. Dopo aver composto il numero, attese qualche secondo prima che la voce di un giovane uomo rispondesse.
-  E’ proprio come pensava lei, signore. E’ in compagnia di Ace Pugno di Fuoco e della ciurma di Barbabianca. Proprio ora si è ricongiunta con il fratello e il tutore – spiegò con aria impigrita l’uomo sollevando poi il dito indice, il quale si illuminò di una intensa luce gialla, in direzione di Ace -  Ce li ho sotto tiro.
Dall’altra parte della cornetta, il suo interlocutore sorrise irritato e si ravviò i lunghi capelli biondi. Camminò con il lumacofono in una mano verso l’ampia vetrata della stanza, la quale era affacciata in un gigantesco giardino ricco di fiori di ogni specie e colore. Poggiò il pugno chiuso contro il vetro e strinse i denti, metabolizzando l’informazione ricevuta: -  Con Pugno di Fuoco, eh? No, lascia perdere. Continua a seguirli come hai fatto finora, ho in mente qualcosa di meglio per riprendermi quello che mi appartiene.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
___________
 
Eeeehhh sono tornata!
In ritardo imbarazzante come sempre, ma ormai penso ci abbiate preso l’abitudine ^-^’’ Spero vivamente che nel valga la pena per voi aspettare i miei capitoli! Ringrazio come di consueto i miei lettori, recensori e… ìnsersori? Insomma, ogni volta mi riempite il cuore di felicità e mi fate capire che vale la pena, almeno per me, continuare a scrivere questa storia! *.*
A presto!
 
P.S. Mi sono presa la libertà di provare a disegnare Erin per come la immagino nella mia testa e… bho, a voi i commenti xD  Fatemi sapere nelle recensioni cosa ne pensate, voi cosa avreste immaginato di diverso? O di uguale? (Siate clementi, i manga non sono il mio forte, gulp >.<)
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: _RockEver_