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Autore: Old Fashioned    24/06/2018    14 recensioni
Alla fine del XIV secolo le navi della Lega Anseatica subivano la costante minaccia dei pirati, tanto che per scacciarli dal Baltico dovette intervenire persino l'Ordine Teutonico. Il più famoso e temuto di essi era Klaus Störtebeker, il cui motto dà il titolo a questa storia.
Attraverso gli occhi di un giovane prigioniero, seguiremo l'ultima avventura del leggendario pirata.
Prima classificata al contest "In Medio Stat Virtus" indetto da mystery_koopa sul forum di Efp, premio speciale "Quo vadis?" per la migliore ambientazione storico/geografica.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Salve a tutti^^
ecco un altro capitolo dell’avventura marittima. Un grande ringraziamento a chi mi legge, e in particolare a chi mi ha lasciato un suo parere, ovvero alessandroago_94, Saelde_und_Ehre, John Spangler, TheWalkingNerd, queenjane, innominetuo, Yonoi, Enchalott, Syila, fiore di girasole, Rose Ardes e ovviamente mystery_koopa, senza il quale questa storia non sarebbe mai esistita!^^
Grazie a tutti!







Parte terza

A nulla valsero i pianti e le preghiere di mio padre. Gli furono concessi la più piccola delle sue Kogge, ovvero la Zäh, tutti i superstiti che accettarono di imbarcarsi con lui e provviste sufficienti a raggiungere il porto più vicino, poi fu lasciato andare.
Io rimasi a bordo della Mädchen, che in virtù del suo fasciame solido era stata promossa dai pirati ammiraglia della loro flotta.
Ricordo la luce lattiginosa dell’alba, e un leggero strato di nebbia che copriva il mare liscio come olio. Dritto in piedi sul castello di poppa, l’espressione corrucciata e grave, mio padre sembrava un’anima in procinto di essere traghettata da Caronte.
Quando il genitore non fu altro che una figura indistinta all’orizzonte, abbandonai l’impavesata e mi accorsi che le lacrime mi stavano scendendo lungo le guance. Me le asciugai col dorso della mano, ma più le tergevo, più sembravano sgorgarne.
Con lo sguardo annebbiato mi guardai intorno: nessuno sembrava fare caso a me, i pirati erano assorti nelle loro occupazioni. Scesi sottocoperta e la familiare stiva della Kogge non mi sembrò più tale. C’erano uomini che non conoscevo intenti a spostare barili tra risate e imprecazioni, qua e là erano disseminati oggetti e armi. Da una parte era stato ricavato una specie di lazzaretto, in cui erano stati ricoverati i feriti. Notai che tra essi c’erano anche alcuni dei marinai di mio padre.
Raggiunsi la mia cabina. Mio fratello giaceva incosciente nella cuccetta, sotto le coltri c’era un archetto onde evitare che esse poggiassero direttamente sulla gamba. Preso dal terrore, sollevai un lembo di stoffa, e sospirai di sollievo nel vedere che l’arto era ancora al suo posto. La ferita aveva smesso di sanguinare ed era chiusa da un impacco che odorava di erbe medicinali.
Albrecht?” mormorai, ma non ottenni nessuna risposta. Presi il panno che aveva sulla fronte, lo inumidii e glielo applicai nuovamente.
Mi sedetti accanto a lui, poggiai i gomiti sule ginocchia e piegai la testa in avanti. “Siamo nelle mani dei pirati,” dissi poi, come parlando fra me e me, con lo sguardo fisso su un punto imprecisato. “Vogliono che nostro padre porti dell’oro, poi ci libereranno.” Emisi un sospiro. “O almeno questo è ciò che dicono.”
In quel momento la porta si aprì facendomi sussultare. Nel riquadro comparve l’uomo alto e allampanato con l’abito talare. “Lo diciamo perché è così,” mi informò. “Noi manteniamo la parola data.”
Avvampai, e subito dopo impallidii di paura. “Io… scusate, non volevo...” balbettai, poi mi zittii confuso.
L’altro mi oltrepassò e si chinò sul letto di mio fratello. Scostò la coperta come avevo fatto io, tastò tutt’intorno alla ferita, la osservò e disse: “Non va male.” Si rialzò e si voltò verso di me. “Non va male,” ripeté in tono rassicurante.
Siete voi che l’avete curato?” osai chiedere.
Curo un po’ tutti, qui. Ho studiato la medicina e la filosofia.”
Ricordai che aveva preso il mio libro. “Davvero?”
Sic est. Ho studiato a Oxford e a Parigi, ma le competenze mediche, ragazzo mio, sono nulla rispetto alla conoscenza dell’uomo. È più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona[1].”
Rimise a posto il panno che copriva la gamba di mio fratello, poi disse: “Qui va tutto bene, ora il paziente deve solo riposare.” Mi sospinse fuori dal cubicolo e su per la scala che portava in coperta. Nonostante la sua bonomia, io ero spaventato e non osai opporre resistenza.
Fuori c’era la luce calda del tardo pomeriggio. Vidi che era stato aperto un barile di aringhe, e da esso tutti attingevano liberamente. I pirati erano seduti a gruppetti qua e là e consumavano il pasto.
Mi voltai verso il mio accompagnatore.
Vuoi mangiare?” chiese questi.
Il mio stomaco rispose per me con un brontolio.
L’altro sorrise. “Ma certo che vuoi mangiare.” Mi indicò il barile: “Prendi.”
Mi avvicinai piano, aspettandomi di essere scacciato da un momento all’altro, pronto a rifugiarmi in un angolo come un cane randagio se ciò fosse accaduto, ma nessuno sembrava fare caso a me. Estrassi un pesce dalla salamoia, poi mi sedetti in un angolo riparato e cominciai a spolparlo.
Poco dopo, un ragazzo che poteva avere la mia età mi si avvicinò e con naturalezza si sedette accanto a me. “Io sono Hein,” si presentò. Spinse nella mia direzione un boccale.
Riconobbi la nostra birra.
Buona, eh?” disse il ragazzo. Poi, dopo una pausa: “Sei dei nostri?”
Non pochi dei nostri marinai erano passati con i pirati, alcuni li vedevo anche seduti poco lontano, intenti a scambiarsi battute con i precedenti nemici.
Veramente no,” sospirai.
L'altro mi fissò sollevando le sopracciglia, come se non si capacitasse della cosa. “Allora sei un... quelli che poi si restituiscono in cambio di soldi?”
Istintivamente precisai: “Ostaggio.”
Hein parve ancora più stupito. “Hai studiato?”
Un po'.”
Anche noi abbiamo uno che ha studiato. È un gran dottore, sai? Parla persino il latino dei preti.”
Per caso è Magister Wigbold?”
Lo conosci?”
È quello che ha stabilito il prezzo mio e di mio fratello.”
Il risentimento di cui era intrisa frase scivolò addosso al ragazzo come acqua sulle piume di un uccello. Annuì e disse: “Per queste cose, Störtebeker si fida solo di lui.”
All'udire quel nome, terrore di ogni mercante dell'Hansa da Wiborg a Rotterdam, un brivido ghiacciato mi percorse la schiena. “È davvero lui il vostro capo?”
Per tutta risposta, il ragazzo mi indicò l'uomo erculeo che la sera prima aveva guidato l'assalto alle nostre navi. “Störtebeker è quello là,” annunciò, fiero come se si fosse trattato di un suo parente.
Lo fissai in silenzio. Con la luce del giorno perdeva un po’ dell’aria truce che mi aveva spaventato. Appariva fiero e spavaldo, la sua massa di capelli fulvi ricordava la criniera di un leone. Lo sguardo era penetrante, imperioso, non scevro di una profondità ardente da rapace.
La cotta di maglia si tendeva sulle sue spalle ampie come un abito troppo stretto.
Egli non faceva caso a noi, naturalmente. Passeggiava lento sorseggiando da un boccale, di quando in quando rivolgendo la parola a quelli che dovevano essere suoi compagni da più lunga data. A un certo punto si fermò davanti a un uomo coi capelli bianchi, privo di una gamba e con una benda nera che gli copriva un occhio, scambiò con lui qualche parola, gli porse il boccale e gli diede una pacca sulla spalla. Il vecchio rispose con una risata chioccia.
Poi Störtebeker riprese la sua lenta passeggiata. Lo raggiunse un uomo che poteva avere la sua età, ma più snello e con corti capelli neri.
Mi voltai verso Hein, il quale con fierezza mi disse: “Quello è Gödeke Michels. Sei fortunato: oggi li vedi proprio tutti.”
Chi è?”
L’aiutante di Störtebeker. Si consultano sempre, prima di un assalto. O subito dopo.”
Capisco.”
Rimasi in silenzio a fissarli. Essi parlavano fra loro, e il moro sembrava infervorato da qualcosa. Continuava a insistere, mentre Störtebeker di tanto in tanto annuiva con l’aria di chi ha già sentito le stesse parole decine di volte. “Sì, si,” lo sentii dire.
Ce la faranno pagare,” colsi da parte dell’altro. “Hai voluto metterti proprio sotto il loro naso.”
Störtebeker sollevò la testa baldanzoso, quindi esclamò: “Impareranno a temermi. Io sono l’amico di Dio e il nemico di tutto il mondo!”
Michels represse un sospiro. “Sì, ma Helgoland è troppo vicino ad Amburgo. Andrà a finire come a Gotland.”
Parlando si spostarono, e il resto della discussione si perse nel vociare della coperta.

§

Albrecht sedeva sul letto con la schiena appoggiata al cuscino. Seduto su uno sgabello, lo aiutavo a sorbire una tazza di brodo che il cuoco aveva preparato per lui su istruzioni di Magister Wigbold.
È buono?” gli domandai porgendogli il cucchiaio.
Ti lasciano girare da solo?” chiese lui per tutta risposta.
Io annuii. “Hanno detto che tanto non potrei andare da nessuna parte.”
Ma puoi sempre vedere dove tengono le armi.”
Lo guardai stupito. “A cosa mi servirebbe?”
Albrecht mi fissò con le sopracciglia aggrottate, poi mi chiese: “Vuoi startene qui ad aspettare che questi cani ti ammazzino appena non servi più?”
Non risposi. Ripensai a Hein, alle discussioni di filosofia che ogni tanto intavolavo con il Magister, all’aspetto spavaldo e franco di Störtebeker. Non gli avevo mai rivolto la parola, ma non l’avevo mai nemmeno visto colpire un uomo senza motivo, o compiere atti crudeli.
Non credo che ci vogliano ammazzare,” buttai lì infine. Gli porsi di nuovo il cucchiaio pieno.
Lui lo allontanò. “Lascia stare, mi è passata la fame. Quanti giorni sono ormai che siamo nelle loro mani?”
Quattro.”
Dove hai detto che ci stanno portando?”
A Helgoland.”
A Helgoland? È lì che hanno il loro covo, quegli sfrontati senza Dio?”
Io rievocai il motto di Störtebeker e pensai che Dio era come il pepe: ognuno lo metteva dove più gli piaceva. “Mangia un altro po’,” suggerii a mio fratello.
Egli fece per rifiutare, ma poi mi prese dalle mani la tazza e disse: “Hai ragione: è meglio essere in forze, per quando organizzeremo la fuga.”
In quel momento, percepimmo una variazione nell'assetto della Kogge. Albrecht alzò la testa e strinse gli occhi. “Stiamo virando,” constatò.
Ormai conoscevo a sufficienza i movimenti della Mädchen da capire che aveva ragione. “Vado a vedere,” gli dissi, poi abbandonai la cabina e salii in coperta.
Mi accorsi che ci stavamo dirigendo verso la costa. Mi schermai gli occhi con la mano per vedere meglio, ma non notai altro che sabbia, canne palustri e qualche stretto sentiero che si perdeva nella vegetazione. Notai da una parte anche un vecchio molo rattoppato, al quale erano ormeggiate delle piccole imbarcazioni a remi.
Poi vidi spuntare una testa. A essa se ne aggiunsero subito dopo altre due, poi ancora altre. Dalle canne emerse un braccio che salutava con ampi gesti. Notai che dalla coperta della Kogge qualcuno rispondeva al saluto.
Cercai con lo sguardo Hein, e una volta trovatolo gli chiesi: “Perché non scappano? Non si sono accorti che siete pirati?”
Frattanto mi chiedevo quale motivo potesse mai avere Störtebeker, che depredava solo i Pfeffersack[2] dell'Hansa, per prendersela con quello che aveva tutta l'aria di essere un povero villaggio di pescatori.
Festa grande, stasera,” disse Hein per tutta risposta. Mi strizzò l'occhio.
Lo fissai perplesso. “Che significa?”
Lui sorrise. “Lo vedrai.”
La Kogge avanzò fino a che la carena non strisciò sulla sabbia del fondale, le altre la imitarono. A quel punto, era già sciamata fuori dai canneti un'autentica folla: c'erano uomini, donne, bambini vocianti, addirittura qualche vecchio che camminava aiutandosi col bastone. Si fece avanti un personaggio più autorevole degli altri, con addosso una sdrucita cappa bordata di pelliccia, e rivolse un inchino alle navi in avvicinamento. Störtebeker rispose dalla coperta con un cenno di saluto.
Io ci capivo sempre meno.
Furono calate delle passerelle, i pirati scesero a terra. Invece di disperdersi in preda al terrore, la gente si affollò intorno a loro. Tutti allungavano il collo alla ricerca di volti conosciuti, e trovatili, parevano più felici che mai.
Rotolò giù la prima botte, in un coro di grida di giubilo. Altre furono portate in coperta, e imbracate con i paranchi. Un giovanotto tirò fuori dalla tasca un piffero e improvvisò un'allegra melodia. La gente rideva, una ragazza fece qualche passo di danza.
Di nuovo fissai Hein.
Störtebeker ruba ai ricchi per dare ai poveri,” mi spiegò, ergendosi con fierezza.

Fu improvvisata una grande festa. Venne acceso un fuoco nella piazza del paese, e mentre pesce secco e aringhe cuocevano in ogni modo possibile, la gente cantava e ballava.
Le ragazze avevano indossato i loro abiti migliori, e avevano fiori intrecciati fra i capelli. Notati che di quando in quando una di esse usciva dal cerchio di luce del falò in compagnia di uno dei pirati, e faceva ritorno tempo dopo, con gli occhi accesi e le guance arrossate.
Poi udii i clamori cessare bruscamente, e subito dopo rimbombare in una selvaggia acclamazione. Mi guardai intorno per scoprire il motivo di tale entusiasmo, e vidi sopraggiungere Störtebeker. Egli aveva abiti di broccato, e al collo portava una catena d'oro che gli arrivava fino alla cintura. I capelli fulvi gli ricadevano sulle spalle, gli occhi avevano la consueta espressione spavalda. Stringeva in pugno un boccale di stagno colmo di birra.
Störtebeker! Störtebeker!” gridava la gente.
Egli passeggiò un po' su e giù, quindi sollevò il boccale alto sopra la testa. Il gesto suscitò un'autentica ovazione. “ Störtebeker!” presero a urlare tutti a più non posso.
L'uomo inclinò il boccale, e un fiotto di birra cominciò a riversarglisi in gola. Io immaginavo che si sarebbe soffocato, ma lui continuava a bere con la massima disinvoltura, e nemmeno una goccia andava persa. Man mano che il recipiente si vuotava, le acclamazioni della gente si intensificavano, tanto che alla fine ebbi l'impressione di essere capitato in mezzo a una ridda di demoni.
Di nuovo venne in mio soccorso Hein, che sembrava provare una soddisfazione particolare nel descrivermi tutte le virtù di Störtebeker. Si piegò verso di me, e alzando la voce per sovrastare il frastuono, disse: “Un boccale intero, senza mai fermarsi. Solo lui ci riesce[3].”

Pian piano l'entusiasmo si placò. Gli abitanti del villaggio rientrarono nelle rispettive abitazioni, il fuoco ruggente si trasformò in un ammasso di braci.
La maggior parte dei pirati si stese a terra per dormire.
Solo Störtebeker vegliava. Egli si guardò intorno, poi si accorse di me. “Vieni qui, ragazzo,” mi ordinò.
Mi avvicinai titubante. Nonostante i giorni di navigazione trascorsi a stretto contatto con lui, non avevo ancora superato la soggezione che mi incuteva.
Egli mi appoggiò una mano sulla spalla. “Vedi questa gente?” mi disse. “Per un mercante come tuo padre un barile di aringhe non è niente, per loro può fare la differenza tra vivere e morire.”
Non risposi. Senza abbandonare la mia spalla, Störtebeker prese a camminare in direzione delle Kogge. Dopo un po' proseguì: “Tutti hanno il diritto di nutrire i loro figli, non è giusto che sia concesso solo ad alcuni, mentre altri devono rassegnarsi a vederli morire di fame.”
Ancora una volta, non osai contraddirlo. Un po' perché temevo che fosse ubriaco, e un po' perché in effetti nelle sue parole non trovavo nulla da eccepire.
Non rispondi?” mi chiese lui dopo un po'. “Hai paura di me, per caso?”
Deglutii. “Ecco...”
In tono vagamente deluso, egli replicò: “Eppure non ti ho mai fatto del male, non è vero?”
Stavo per parlare quando dalla coperta si udì la voce di Gödeke Michel che chiedeva: “Klaus, sei tu?”
Chi vuoi che sia?” brontolò il pirata.
Lo aiutai a salire a bordo e lo accompagnai verso la scala che conduceva sottocoperta, ma lui volle fermarsi sul ponte. “Lascia,” mi disse, la voce stranamente distante, come persa in pensieri remoti. “Lascia, voglio guardare questo bel cielo stellato, finché ne ho la possibilità.”
Si sedette su una gomena arrotolata e appoggiò la schiena contro l'albero, poi emise un sospiro.
Io gli rivolsi un inchino, che lui probabilmente nel buio non vide, e poi mi allontanai.
Avevo fatto pochi passi quando sentii la voce di Gödeke Michel dire: “C'è una cosa che devi sapere.” Il tono era grave, cupo. Mi fece serpeggiare giù per la schiena un brivido freddo.
Che cosa?” chiese Störtebeker.
Uno degli uomini del villaggio è appena tornato da Amburgo e dice che hanno approntato una grande flotta per combatterci.”
Di nuovo l'Ordine?”
No, stavolta Simon van Utrecht.”
Quello stupido batavo non mi preoccupa,” fu la sprezzante risposta.
Si presenterà davanti a Helgoland con decine di navi. Ci impedirà di entrare in porto.”
Che ci provi. Ne troverà altrettante ad attenderlo.”
La discussione proseguì per un po'. Di nuovo, non riuscivo a capire se Störtebeker parlasse in quel modo perché era ubriaco o se veramente pensasse che le navi dell'Hansa non avrebbero rappresentato un problema.
Scesi pensoso sottocoperta. Mi accolse la voce brusca di mio fratello: “Sei tu, Eike?”
Entrai nella cuccetta. Albrecht era come al solito seduto con la schiena appoggiata al cuscino. Notai che qualcuno gli aveva acceso un lume e aveva appoggiato sullo sgabello accanto al letto una scodella con dentro qualcosa da mangiare.
Mi fissò con riprovazione, quindi chiese: “Dov'eri sparito?”
Gli raccontai quello che era successo nel villaggio.
Lui ascoltò con attenzione, quindi proferì: “È logico che quella gentaglia aiuti i poveracci delle coste, ha il suo tornaconto nel farlo, così come i poveracci hanno tutto da guadagnare nell'aiutare i pirati.”
Che intendi dire?”
Albrecht parve stupito della mia ingenuità. “Suvvia,” mi disse asciutto, “Mi hai parlato tu stesso di orge e festini.”
Veramente non ho parlato di orge.”
Ragazze del villaggio che si appartano con i pirati mentre gli uomini si ubriacano con la birra di nostro padre. Se non è un'orgia questa, non so davvero cosa lo sia.”
I pirati portano da mangiare ai poveri.”
Ma certo che lo fanno: vorranno essere sicuri di avere gente dalla loro parte lungo le coste.”
Non risposi. Sollevai un lembo di coperta e osservai la fasciatura alla gamba. “Ormai la ferita è quasi chiusa,” buttai lì.
È quello spilungone che parla mezzo in latino. Viene tutti i giorni a medicarla.”
Mi sedetti, e per un po' rimasi con i gomiti puntati sulle cosce e il viso fra le mani. Infine dissi: “Ci sarà una grande battaglia.”
Albrecht, che aveva raccolto il piatto e aveva cominciato a mangiare, abbandonò il pasto e mi chiese: “Che stai dicendo?”
Da Amburgo è in partenza una flotta dell’Hansa diretta a Helgoland.”
Questa è una magnifica notizia,” apprezzò lui, “finalmente qualcuno che si occuperà di estirpare per sempre l’immonda peste della pirateria.” Fece una pausa meditativa, poi si guardò rapido intorno, come per accertarsi che nessuno fosse in ascolto, infine abbassò la voce e disse: “Dobbiamo fare qualcosa.”
Che cosa intendi?” chiesi stupito.
Albrecht spiegò: “Dobbiamo fare la nostra parte. Tu vai sempre in mezzo a loro, non sospetteranno certo di te.”
E cosa dovrei fare?”
Non lo so. Qualche danno di cui non possano accorgersi immediatamente, ma che li ponga in condizione di svantaggio in battaglia.”
Rimasi in silenzio. Solo dieci giorni prima avrei accolto quella proposta senza alcuna obiezione, ma a quel punto non ero più così pronto a tradire chi mi aveva così spontaneamente offerto la sua fiducia.
Mio fratello sembrò intuirlo, perché si protese ad afferrarmi per le spalle e in tono brusco disse: “Ti sei già dimenticato cos’hanno fatto? Ti sei dimenticato i marinai uccisi, le navi rubate, nostro padre depredato e costretto a procacciare soldi per riscattarci?”
Scossi la testa. “No, certo che no.”
E allora, come puoi esitare?”
Rimasi in silenzio per lunghi istanti. Infine chinai la testa, emisi un sospiro e risposi: “Non posso esitare. Hai ragione, fratello.”
Bravo, non dubitavo di te.”

§

Quando vidi le navi all'orizzonte, mi sentii gelare il sangue nelle vene: il mare ne era pieno. Dappertutto vele rosse, blu, verdi, bianche o rigate. Intorno alle massicce Vredekogge guizzavano rapide le Schnigge[4], e già le vedevo manovrare di bolina, per portarsi sopravento alle nostre Kogge.
Davanti a tutte procedeva veloce la celeberrima Bunte Kuh, una Vredekogge poderosa, dalla vela immensa, e anche senza vederlo con chiarezza, immaginavo Simon van Utrecht dritto sul castello di poppa, che scrutava il mare con sguardo predace.
Corsi giù da mio fratello e gli descrissi la situazione.
Alla notizia che il mare era coperto di vele, egli sorrise soddisfatto. “I pirati avranno quel che si meritano,” sentenziò.
Ci siamo anche noi a bordo,” gli ricordai.
Infatti. Faremo quel che c'è da fare.”
Rimasi in silenzio. La ragione capiva tutto ciò che mio fratello stava dicendo, capiva che i pirati rubavano e uccidevano, che distruggevano famiglie e mandavano a monte commerci, privando altre famiglie del loro sostentamento, ma il cuore non poteva fare altro che rievocare la luce che era comparsa negli occhi dei poveri pescatori quando si erano trovati di fronte i barili di aringhe, o il modo in cui Störtebeker, il terrore dell'Hansa, si era avvicinato al vecchio marinaio sciancato, gli aveva rivolto parole gentili e gli aveva offerto la birra dal suo boccale.
Tanti uomini del nostro equipaggio erano passati con i pirati, del resto, ed ero certo che il motivo non fosse solo l'ipotetica prospettiva di lauti guadagni.
La voce di Albrecht mi distolse dalle mie meditazioni: “Il nostro vantaggio è che conosciamo la Mädchen meglio di loro.”
A che servirebbe?” gli chiesi.
Albrecht mi rivolse uno sguardo di degnazione e rispose: “Ma è ovvio: saremo in grado di procurare un danno che la immobilizzi. Se tagli i cavi del timone, ad esempio, la Mädchen diventerà ingovernabile.”
E questo cosa comporterà?”
Dai, Eike, non fare lo stupido. Con la nave in quelle condizioni, quel maledetto senza Dio sarà catturato e farà la fine che merita.”
In fondo cerca solo di aiutare la povera gente.”
A quelle parole, Albrecht rispose con una fragorosa risata, poi disse: “Svegliati, Eike. A lui non importa nulla della povera gente, distribuisce cibo solo per avere degli alleati lungo le coste in caso di bisogno. Ma ora smetti di dire queste scempiaggini, dobbiamo decidere cosa fare.”

Salii in coperta. Gli uomini si stavano preparando al combattimento, le armi venivano distribuite, i posti di combattimento raggiunti. Nonostante la quantità di nemici, la gente sembrava fiduciosa, tutti guardavano verso Störtebeker, che sul castello di poppa stava parlando con Gödeke Michel e Magister Wigbold.
Raccolsi un’ascia. Uno dei pirati mi vide mentre lo facevo e mi rivolse un sorriso come di incoraggiamento. Io mi limitai a chinare lo sguardo.
Sbirciai il timone, e i cavi che al momento giusto avrei dovuto tranciare.
Mi ripetei di nuovo tutte le argomentazioni di Albrecht: delinquenti, assassini, ladri…
La voce possente di Sörtebeker mi distrasse da quei pensieri angosciosi: “Non abbiate paura, uomini! Ne siamo usciti tante volte, ne usciremo anche questa!”
Gli risposero veementi acclamazioni, poi la Kogge mise tutta la vela al vento e balzò in avanti.
Raggiunse la prima delle Vredekogge, un massiccio vascello dalla vela rossa, carico di uomini armati. Prima che essa potesse abbozzare una manovra, la Mädchen virò portandole via il vento. La vela rossa si sgonfiò come un otre bucato. Störtebeker virò di nuovo, e mentre gli arcieri e i balestrieri costringevano gli uomini dell’Hansa a stare al coperto, fece lanciare dei grappini d’abbordaggio, che si piantarono nell’impavesata della Vredekogge.
Quando essa giunse alla distanza giusta, i pirati si riversarono sulla nave come lupi rabbiosi.
Aggrappato a una sartia, la mia inutile ascia stretta in pugno, vidi altre navi uscire dall’insenatura del porto di Helgoland e correre a dare man forte a quelle di Störtebeker.
Cominciavano a brillare qua e là i primi focolai d’incendio, l’aria si era fatta caliginosa e opaca. Ovunque vibravano le urla di guerra, i lamenti dei feriti e il crepitare secco del legno squarciato.
Vidi passare una Schnigge con tutte le vele al vento. Da una delle navi pirata, un uomo la puntò con un cannoncino. Ci fu uno schianto così forte che mi fece dolere le orecchie, poi comparve uno squarcio sul fianco della leggera imbarcazione, che un attimo dopo s’inabissò. Sulla nave da cui era partito il colpo esplosero selvagge acclamazioni.
La Mädchen frattanto si stava disimpegnando dalla prima nave, ne raggiunse una seconda, per un po’ si inseguirono sulle onde ribollenti cercando di rubarsi il vento a vicenda, poi Störtebeker riuscì a virare più stretto della Vredekogge, che subito perse l’abbrivio. Di nuovo partirono i grappini d’abbordaggio.
Ce la possiamo fare, uomini!” urlò il pirata. “Il vento sta cambiando, presto non riusciranno più ad inseguirci, resistete ancora un po’!” Saltò sulla nave avversaria e cominciò a mulinare la spada, facendo il vuoto intorno a sé.

Passarono molte ore. Non ero in grado di quantificarle, dal momento che l’aria opaca rendeva impossibile seguire il corso del sole. Ovunque c’era una foschia grigia, che puzzava di fumo e sangue. La battaglia, per quel che potevo vedere, si era frantumata in decine di scontri fra singole navi, i cui equipaggi si arrembavano a vicenda e combattevano poi ferocemente all’arma bianca. L’acqua era grigiastra, disseminata di detriti. Qua e là affioravano le schiene dei morti che fluttuavano a faccia in giù.
In mezzo a quell’orrore, la Mädchen filava veloce, e già le Vredekogge che la inseguivano, la Bunte Kuh in testa, stavano cominciando a perdere terreno.
Una voce irata alle mie spalle mi fece girare bruscamente: “Ma si può sapere cosa stai aspettando?” Pallido, lo sguardo spiritato, mio fratello claudicò faticosamente verso di me e cercò di strapparmi di mano l’accetta. “Cosa stai aspettando?” ripeté. “Ti sei già dimenticato cos’ha fatto questa gente a nostro padre?”
Io mi feci indietro, ma inciampai in un mucchio di cordame e caddi. Lesto, lui fu sopra di me. “Dammi quell’ascia!” urlò. “Se non vuoi farlo tu, lo farò io!”
No!”
Dammela!”
Qualcosa colpì la Mädchen, che vibrò fino alla stiva, scricchiolando paurosamente. Colsi nel fragore la voce di Störtebeker: “Animo,uomini! Io sono l’amico di Dio e il nemico di tutto il mondo, e voi siete i Likedeeler! Facciamo vedere a questa gente di che pasta siamo fatti!”
Mi voltai in quella direzione e lo vidi ergersi fiero e buttare indietro i capelli con un orgoglioso scatto del capo.
Mio fratello approfittò di quel momento e mi sfilò l’accetta di mano. Si allontanò zoppicando, cadendo, strisciando sul sangue che invadeva la coperta. Io mi rialzai, mi aggrappai all’impavesata, cercai di inseguirlo.
Egli raggiunse il primo dei cavi, alzò l’arma, la cui lama scintillò sinistra.
No!” urlai.
Si udì un colpo secco, poi la Mädchen sussultò come un animale ferito e si torse su se stessa. Feci in tempo a cogliere l’espressione di rabbia e sgomento che attraversò i lineamenti di Störtebeker, poi fui sbalzato fuori bordo.




[1] Ippocrate.
[2] Letteralmente: sacco di pepe. Era un nome dispregiativo che indicava i mercanti più ricchi.
[3] Tradizionalmente, si fa risalire il nome “Störtebeker” alla versione in basso tedesco di “Stürz den Becher” (scola il boccale), perché il pirata era celebre per la sua capacità di vuotare un boccale di birra con un solo sorso.
[4] Imbarcazione a vela leggera, caratterizzata da velocità e manovrabilità.



   
 
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