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Autore: ThestralDawn    28/06/2018    1 recensioni
Sono passati alcuni mesi dalla scomparsa di Clara Guant dalla scuola di Hogwarts e la vita di coloro che la circondavano continua a scorrere tra alti e bassi.
Le situazioni stanno per invertirsi una volta per tutte, Albus arriverà a scoprire cosa nasconde il suo passato e prenderà importanti decisioni per il suo futuro, mentre Adrien sarà costretto ad affrontare non solo la separazione dalla ragazza, ma anche la critica condizione dei suoi genitori e le ripercussioni che questo avrà dentro di lui.
Tutto ciò è coronato dalla presenza sempre vigile del preside Piton, portato al limite della sopportazione da entrambi i ragazzi e costretto ad agire di conseguenza.
Una nuova presenza si aggirerà per i corridoi di Hogwarts e indisturbato darà del filo da torcere a tutti i nostri protagonisti.
*
Se volete sapere cosa abbiamo in serbo, non vi resta che continuare la lettura di questa seconda parte della storia, raccomandandovi di leggere la prima parte The Dark Side of Slytherins per poter comprendere fino in fondo il senso di ogni cosa.
Come sempre, nulla sarà lasciato al caso e questa volta, niente potrà far tornare tutto come prima.
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Chiudo violentemente l’anta dell’armadio, mettendo fine ad un’inutile ricerca delle mie casacche; ho appena sprecato minuti essenziali della mia fin troppo fortunata esistenza frugando tra biancheria intima, vestiti e scarpe, per giungere alla frustrante conclusione che mia moglie, così come solo mentalmente ancora mi appresto ad appellarla, ha trasferito i miei soprabiti in qualche meandro della casa, lontano dai suoi occhi. L’intera stanza non mi appartiene da due mesi appena e lei si è già amabilmente premurata di eliminare ogni traccia del mio passaggio. Le mie più sentite congratulazioni, Miss Granger.
Stringo tra le mani degli unitili pezzi di stoffa, tutto quello che sono riuscito a trovare, prima di decidere di andarmene da quella stanza, dall’intera casa e non farci ritorno, indisturbato, come un ladro quale sembro. Quale sono.
Mi concedo uno sguardo in direzione del letto, rendendomi conto all’istante di non riposare come si deve da diverse settimane; viaggi, ricerche, nuove pozioni, nuovi professori, affari all’estero, il ministero, tutto è lecito pur di non dover affrontare i problemi familiari. Per una volta, una singola volta, potrei cedere e lasciarmi andare tra le braccia di Morfeo, il profumo che aleggia nella stanza mi riporta indietro nel tempo, una fragranza femminile soffocante e altrettanto avvolgente mi rimanda ad una familiare sensazione di appartenenza; sfioro appena le lenzuola morbide, il loro candore così in contrasto con i miei pensieri impuri, ricordi ormai lontani di mani delicate che mi sfiorano il viso, labbra carnose che mi baciano le cicatrici, cercando di rimediare alle ferite di cui il mio corpo è ormai abituato.
Una porta sbatte al piano di sotto e io mi allontano velocemente dal passato tentatore, maledicendomi l’ennesima volta per aver ceduto ed essere stato sopraffatto dalla debolezza. Ancora una volta aveva ragione quel vecchio quadro: mi sto rammollendo.
Sbuffo e rivesto i panni dell’uomo codardo che sono diventato per la Granger, restando convinto nelle mie intenzioni, di non voler incontrare nessuno quest’oggi, né nei mesi a venire.
Uno spiraglio nella porta mi permette di scorgere due spalle curve, ad un passo dal pavimento, ondeggiare qualche metro, prima di fermarsi in prossimità della propria stanza ed esitare. Deduco che il pranzo non dev’essere stato entusiasmante nemmeno oggi. Vorrei lasciarlo a se stesso e andarmene, prima che altri al di fuori di lui mi possano vedere, eppure ogni aspetto del suo essere sembra richiamare la mia attenzione. Persino gli inferi hanno più vitalità di quel pezzo di straccio che si tira avanti per forza d’inerzia.
Esco dalla stanza e contro ogni previsione, lo seguo, schiarendomi la gola per palesare la mia presenza. Ciò che mi si presenta davanti è solo una corazza vuota, un corpo maturo abbandonato a se stesso, un ragazzo cresciuto che ha perso la luce nei suoi occhi. Darei una parte di me, all’istante, per rivedere un briciolo di quell’Adrien infervorito nel mio studio, beffardo per i corridoi, sorridente tra i compagni, soddisfatto di se stesso. Poche inutili parole, il sarcasmo come unica arma di difesa, mi chiariscono il suo stato, peccato questo non sia il momento per una simile conversazione, né io sono l’uomo giusto in grado di portare serenità nel suo animo tormentato. “Adrien, sei di sopra?”
Chiudo gli occhi e sospiro rassegnato. Salazar non ho sofferto a sufficienza, ora anche la Sua presenza mi devi imporre?
“Papà!”
L’eco entusiasta che segue quelle quattro lettere, capace di piegare anche il più vile dei codardi in un sorriso, segue al tonfo sordo di una porta sbattuta, segno che anche la quarta presenza in quella casa è ora consapevole della mia presenza.
A differenza del meditabondo fratello, Eileen risulta salda nel suo seppur esile corpo, mentre la stringo tra le mie braccia e per un istante ogni problema sembra dileguarsi dalla mia testa; inspiro a pieni polmoni il suo profumo di lavanda e mi sazio più che posso della sua euforia, prima di rendermi conto del danno che lo sto causando, consapevole che la dovrò lasciare a breve e con ciò, non potendole offrire che una carezza su quel volto innocente, la lascio a se stessa. Abbandono entrambi in quel corridoio che ormai buio non lascia spazio a pensieri felici, risultando una chiara testimonianza di quanto io non sia capace a prendermi cura di loro. Ne lo sarò mai.

Scendo velocemente i gradini raggiungendo il pianerottolo, marcando ogni passo con un battito nel petto, ora intento ad accelerare, consapevole che il patibolo è ormai inevitabile a qualche metro di distanza da me. Getto uno sguardo in direzione del soggiorno, soffermandomi ad osservarla mentre, dandomi le spalle, rassetta la stanza, concedendosi una distrazione che potrebbe tranquillamente evitare con un colpo di bacchetta.
Approfitto della sua mancanza di interesse nei miei confronti e stringo la maniglia della porta d’ingresso, non ho intenzione di concederle le attenzioni di cui solo una prima donna egocentrica quale è, ne sarebbe capace.
“Non c’era bisogno di venire fin qui solo per quelli. Te li avrei fatti recapitare nel giro di qualche giorno.”
Ed ecco le mie speranze andare vanificate in due esuli frasi. Crede davvero che mi importi cosa vuole o meno sua signoria, quando Io ho tutto il diritto di.. Ma i miei pensieri si perdono, per un istante. Quell’esatto istante che mi è stato sufficiente per voltarmi nella sua direzione e cogliere, involontariamente, con la coda dell’occhio, alcune fotografie poste sopra la credenza, accanto all’ingresso.
Taccio, ma la mia mente ricomincia a lavorare vorticosa e più tento di placare la rabbia che si sprigiona lentamente nel petto, più le mie mani vanno velocemente alla ricerca della bacchetta. Una chioma rossiccia ha fatto capolino tra i ritratti di famiglia e l’ignobile vicinanza della suddetta con Mia figlia, fa insorgere in me la frustrazione che quell’intera giornata mi ha provocato.
“Questa è casa Mia, ti è chiaro? E non solo mi limito a venire fin qui quando più mi aggrada, ma mi permetto anche di eliminare soprammobili discutibili.”
Concludo con un rapido tocco di bacchetta, facendo sparire una volta per tutte la cornice tirata in causa.
“Diamine Severus, quella fotografia mi appartiene!”
“Allora tienila stretta o visibile solo a te.”
“In questa casa ci vivo e faccio ciò che desidero.”
“No se i tuoi desideri vanno in contrasto con il quieto vivere della casa.”
“E tu cosa ne vuoi sapere di come viviamo noi? Non ci sei mai, non vivi più qua da settimane, non hai alcun diritto di imporre le tue condizioni.”
Se anche solo per un momento avevo creduto di riuscire a mantenere la calma, il tono accusatorio della Granger mi sta facendo ricredere all’istante. I toni si sono infervoriti e la discussione si è spostata in cucina, data la mia testarda idea di seguirla e non dargliela vinta anche questa volta.
“Diritto? Granger io ho diritto di entrare in questa casa tanto quanto lo hai tu. Se per evitare di incontrarti non la frequento, questo è affar mio.”
Le mie parole sono come lame per la donna che ho di fronte. Mi guarda furente di rabbia, nascondendo la delusione che inevitabile l’accompagna, nonostante sia stata proprio lei a provocarmi.
“Saresti tu, ora, a fare di tutto per evitarmi? Non credere che dopo quello che mi hai detto, ti avrei permesso di rimanere qua come se nulla fosse.”
“L’idea non mi ha nemmeno sfiorato.” 
“Allora vattene, se la mia presenza è oltremodo soffocante per te, quella è la porta!”
Indico velocemente le fotografie accanto all’ingresso, cercando di rendere chiara la mia posizione in merito, facendole capire il perché del mio disturbo.
“Ah. Tu e la tua sopravvalutata intelligenza. Proverò a fartelo capire una sola volta ancora, Granger.”
Continuo a parlare, mentre inconsapevolmente mi avvicino a lei.
“Che razza di madre è quella che tra le fotografie di famiglia, inserisce la presenza di un suo ex compagno, a scuola e nella vita?”
Il suo sguardo colpevole vaga per la stanza, ormai posso percepire ogni suo pensiero, rimorso, angoscia nel trovarsi sola con me, posta davanti all’evidenza dei fatti. “Non so a cosa ti stai riferendo. Io e Ron abbiamo scattato quella foto secoli fa, non capisco come poss-”
“Esattamente, Granger. Tu. Non. Capisci. Per una singola volta hai espresso una frase sensata. Tu non capisci e nemmeno ti sforzi di capire. Il nostro matrimonio va in frantumi e tu sfoghi la tua frustrazione sui ragazzi, li obblighi a frequentazioni che non desiderano, imponendogli uno stile di vita che li sta deteriorando. Ti imponi di essere qualcuno che non sarai mai, ritornando a frequentare i tuoi vecchi compagni, agli occhi dei quali non tornerai mai più ad essere la spensierata grifondoro di un tempo.”
“Ron e Harry non sono vecchi compagni.”
“Sei rivoltante, Granger. Non ti rendi più nemmeno conto quando apri bocca e ti lasci andare a sproloqui. Ti parlo dei tuoi figli e tutto ciò che ti riesce pensare sono maghi che non ti devono nulla. Non ti smentisci mai.”
Resta in silenzio, finalmente. Colpevole, si stringe le braccia al petto e apre la bocca, ma non un singolo suono fuoriesce, chiaramente alla ricerca di parole giuste per contraddirmi.
Decido di lasciarla a se stessa, mentre il sorrisetto che mi increspava le labbra si fa più cupo, la maniglia della porta si serra sotto la mia stretta e l’unica vi di fuga mi viene preclusa. Chino il capo percependo la sua magia, la bacchetta stretta con eccessiva forza tra le mani.
“Non resterò in silenzio mentre mi accusi di.. di agire come una sregolata.”
Sospiro. Potrei semplicemente affidarmi alla smaterializzazione, ma nei meandri del mio animo percepisco quell’innato bisogno di fargliela pagare, quell’istinto primordiale che sbrigativamente mi riporta indietro, a pochi passi dal suo volto, ora fiducioso, tipicamente grifondoro.
“Non hai nemmeno il coraggio di pronunciarlo.”
“Cosa vuoi sentirmi dire, Severus? No, non ti ho tradito con Weasley.”
“Credi che in questo istante mi interessi minimamente della tua parola?”
“Non accetto di essere accusata, specialmente da te. Ora che sei in vena di presunzione, potresti ammettere tu stesso le tue colpe.”
Sono basito, credevo che il suo stato mentale non potesse peggiorare, invece mi ritrovo davanti una strega totalmente pazza.
“La vicinanza con il prescelto e la sua combriccola ti ha fatto perdere il senno, donna. È bene che ti rammenti che quando ho lasciato il San Mungo sei stata proprio tu a schiaffeggiarmi e sempre tu mi hai accusato di mettere in pericolo la vita dei nostri figli. Chi potrebbe dimenticare poi la soffiata alla Gazzetta del Profeta.”
Scuote la testa e a peso morto si lascia andare sulla poltrona che quotidianamente era solita allietare le mie serate. I suoi occhi lucidi la tradiscono e prima che io possa anche solo pensare di alleviare il suo dolore, apre bocca giustificando le sue parole.
“Harry ti ha visto prostrato sulla tomba di sua madre.”
“Potter e la sua incompetenza nel farsi i fatti suoi ha raggiunto livelli indefiniti.”
Il lamento mi sorge spontaneo, ma intuisco immediatamente l’errore commesso: non erano quelle le parole che la Granger avrebbe voluto sentire.
Sospira, stanca, come dopo una lunga corsa, come chi sa di aver trascorso un’intera vita a combattere una battaglia persa.
“Da quanto va avanti?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
Non sono l’unico ad avere delle colpe, dopotutto.
“Severus smettila. Tra me e Weasley non c’è niente, abbiamo avuto dei trascorsi tempo fa ed ora siamo rimasti buoni amici, esattamente come tu e Lily. Ora, però, io so qual è il mio posto, so con chi ho trascorso i migliori anni della mia vita e so chi mi ha donato quelle due creature per cui ogni giorno combatto. Quello che non sa cosa vuole, qua dentro, sei tu. Lo hai sempre fatto, non è così? Alla minima difficoltà ricadi nel baratro profondo dei tuoi ricordi, ti abbandoni ad un amore che non ti ha mai dato niente in cambio e invece che cercare Me, parlare con Me, affrontare i tuoi problemi con Me, preferisci chiuderti in te stesso e concederti a Lei. Perciò non stupirti se vado alla ricerca di altre persone, se trascorro il tempo con i miei amici, perché tanto tu non ci sei e nemmeno mi vuoi.”
Sputa le ultime parole con una rabbia incontrollata, sentenze schiaccianti che mi opprimono il petto, la palese delusione in ogni movimento del corpo. Appoggia il capo all’ingresso della cucina, il duro marmo a sorreggere la sua figura.
Mi permette di osservarla un istante ancora, prima che le sue ultime parole si perdano in un sussurro, lasciandomi un vuoto attorno e nel petto, l’aria pesante a schiacciarmi a terra, incapace anche solo di stringere la maniglia della porta e andarmene.
“Credevo di aver smesso di lottare contro di Lei tempo fa e invece.. Ecco l’ennesimo mio errore. Hai ragione tu, ultimamente mi sto sbagliando su tutto.”
  
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