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Autore: reesejordan    28/06/2018    13 recensioni
Oscar è partita per la Normandia senza André. Vuole dimenticare le sue delusioni causate da un amore respinto e un'amicizia perduta. André, invece, non può starle lontano. Certe abitudini sono dure a morire.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oggi il vento si è calmato. C'è solo una brezza leggera che smuove i miei capelli. Anche oggi cammino sulla sabbia. Non faccio altro che pensare agli eventi di questi ultimi mesi. Sono qui da tre giorni, da sola, lontana da tutto e da tutti. Lontana da lui, lontana da te. Sono fuggita. Scappo di fronte all'amore, di fronte al dolore che mi procura, ma non posso evitare né l'uno, né l'altro.

Devo dimenticare, ma non è un compito facile. Dimenticare il suo rifiuto, un marchio a fuoco sul mio cuore. Ha pianto anche lui, mentre tenevo la faccia rivolta verso la porta delle scuderie e ci siamo scambiati i nostri addii. Mi ha ridato la mia libertà. Quella che non volevo. Non potevo guardarlo in faccia. Codarda.

Piangevo e pensavo di aver perso un'amicizia costante, una presenza forte da quando ci siamo incontrati a quel ballo in maschera. Che strana la vita. Un ballo ha segnato l'inizio della nostra amicizia. Un ballo ha determinato la sua fine. 

Amicizia. È ciò di che si tratta, così mi ha detto e così mi ha mostrato in tutti questi anni in cui ci conosciamo. Amico. Avrei preferito chiamarlo altro. Amore. Ma l'amore, per lui è un'altra donna. 

Non potrò mai essere sua. Non potrà esserlo completamente nemmeno lei, ma lui è suo. L'ho capito solo adesso. Mi sono innamorata di un uomo che non può amarmi, di uno che si reputa il mio amico. Allora non voglio più essere una donna. Ho cercato di nascondere la mia natura come mi è stato insegnato, ma è stato tutto inutile. L'amore ha bussato sul mio cuore e, senza aspettare il permesso, è entrato, sconvolgendo la mia vita. 

Devo dimenticare, ma non è un compito facile. Dimenticare le tue parole, un marchio a fuoco sul mio cuore. Hai reagito anche tu, mentre tenevo la faccia rivolta verso la porta della mia stanza e ti ho sputato il mio addio. Ti ho ridato la tua libertà. Quella che non volevi. Non potevo guardarti in faccia. Codarda. 

Non hai accettato di essere allontanato. Non hai accettato il fatto che ci sia un altro dentro il mio cuore. Hai voluto farmi capire che mi conosci da una vita, che vivo una finzione da una vita. Hai letto dentro di me la paura, la rabbia, la disperazione alle tue parole. Sono una rosa, una donna. Mi hai detto che non potrò mai essere un uomo. Me l'hai fatto vedere. Rimbomba nelle orecchie, sopra l'infrangersi delle onde, lo strappo della stoffa. Assaporo sulle labbra, increspate dall'aria fresca, la tua bocca morbida, la tua lingua audace. Sento sui polsi, come una morsa invisibile, le tue mani stringermi con la vera forza di un uomo. Vedo nei tuoi occhi lo sgomento per aver osato, per aver perso la ragione, colpa della mia insensibilità. 

Ti ho riservato un trattamento peggiore di quello che lui ha riservato a me. Lui mi ha detto che è un mio amico. Io ti ho detto che non vali più nemmeno come un amico. Lui mi ha detto che terrà sempre la nostra amicizia nel cuore. Io ti ho detto che la tua presenza accanto a me non è più desiderata. Lui mi ha detto che, nonostante tutto, ci sarà per me. Io ti ho detto che non ho più bisogno di te. 

Piangevo e pensavo di aver perso un'amicizia costante, una presenza forte da quando ci siamo incontrati un giorno nell'atrio di palazzo. Che strana la vita. Da piccoli, ti puntavo la spada contro il petto. 

- Che cosa vuoi farmi, Oscar? Che cosa vuoi provare?

- Che sono forte. Che sono più forte di te. Che non sono una femmina debole, ma un maschio.

Allora duellavamo e vincevo sempre. Le stesse parole te le ho rivolte io, nella penombra della mia stanza, dove mi hai mostrato di essere più forte di me. Mi hai colpito con le lacrime che sono cadute sul mio petto scoperto di donna.

- Che cosa vuoi farmi, André? Che cosa vuoi provare?

Ma non è uscita la risposta dalla tua bocca. I miei occhi, prima disperati, poi sgomenti, si sono riempiti di lacrime. 

- Vuoi farmi vedere che sei forte? Che sei forte più di me? Che sono una donna debole? Che non potrò mai essere un uomo?

- Perdonami, Oscar. Non volevo farti del male.

- Che cosa volevi farmi, André? Dimmelo!

- Volevo mostrarti... darti, tutto il mio amore. Ti amo da una vita, Oscar. 
 
Amore. È ciò di che si tratta, così mi hai detto e così mi hai mostrato in tutti questi anni in cui ci conosciamo. Amore. E io che ti chiamavo altro. Amico. 

Sono ancora sulla spiaggia. Cammino verso la villa. Sono confusa. Penso a come abbia vissuto da uomo, allontanando ogni dubbio sulla mia natura di donna e come adesso mi trovi in balia di due uomini, uno che amo, uno che mi ama. Non ho smesso di pensare a lui. Non ho smesso di pensare a te. A te con cui ho corso a piedi scalzi, o a cavallo su questa spiaggia. Trascorrevamo giornate piene di scoperte e di allegria. Ed eccomi qui, sola senza te, con un vuoto dentro pieno di perdita e tristezza. I coniugi Blanc, custodi della villa, mi hanno chiesto di te. Ci hanno visti sempre insieme. Credo avrebbero voluto farti sposare con loro figlia, ma non hanno mai osato chedere, non l'avrei mai permesso. Che direbbero se sapessero che ti ho lasciato libero?

Vedo un cavaliere galoppare nella mia direzione. Rallenta mentre si avvicina. Non ci posso credere. Sei qui. Ti osservo come non avevo mai fatto prima. Le mani grandi, le spalle larghe, la schiena, i capelli che da un po' di tempo porti lunghi fino al collo, lo sguardo profondo, le cosce muscolose che si muovono sotto i pantaloni mentre scendi piano da cavallo. Mi vieni incontro.

- André, cosa ci fai qui?

- Non potevo starti lontano, Oscar.

- Non ho bisogno di te. Te l'ho già detto.

- Non mi cacciare via, Oscar. Io ho bisogno di te.

Ci guardiamo per un po'. Ti avvicini. Sono bloccata. Tornano in mente i polsi stretti, il bacio rubato, il peso del tuo corpo, lo strappo.

- Voglio solo esserti vicino, Oscar.

- Non potrò mai darti quello che vuoi... non potrò mai... amarti come una donna ama un uomo.

- Non importa, Oscar. 

Occhi negli occhi. La brezza muove la ciocca di capelli sul tuo volto, scoprendo l'occhio ferito. Un dolore al cuore. Il tuo amore immenso in quello sfregio subito per me. Un amore che non posso ricambiare. Uno sfregio che ti colpisce al cuore.

- Mi sono arruolato nei soldati della guardia.

- Cosa hai fatto? Perché? Non hai capito per caso? Non ho più bisogno di te.

Ti urlo in faccia la mia disapprovazione, la mia disperazione. È la seconda volta che te lo dico in pochi minuti ed è la seconda volta che vedo una piccola smorfia di dolore, che cerchi di nascondere, sul tuo viso. Ti avvicini di più. La tua fronte tocca la mia. Una mano che raggiunge la mia, adagiata a pugno vicino al fianco. Ne accarezzi il dorso con il pollice. Schiudo il pugno e accolgo la tua mano, intrecciando le dita insieme. Sussurri, di nuovo.

- Sei tu che non hai ancora capito. Sono io ad aver bisogno di te.

Immobili. Fronte contro fronte. Mano nella mano. Era questo il modo in cui mi consolavi da piccola quando cadevo, quando subivo le botte di mio padre, quando mi chiedevi perdono per qualche affronto. E tutte le volte mi sentivo bene. 

- Perdonami.

Non ci muoviamo. Il vento leggero trova strada tra la stoffa dei nostri vestiti, tra i capelli, sussurrandomi una verità nascosta. La consapevolezza mi assale. Hai fatto bene a venire. Non ho il coraggio di dirtelo. Codarda. Tu lo sai, l'hai sempre saputo. Ora lo so anch'io. Ho bisogno di te.
   
 
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