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Autore: queenjane    29/06/2018    2 recensioni
Qualche capitolo su Andres Felipe León dei Fuentes, il principe, l'eroe, amato marito di Catherine Raulov, dal primo capitolo " Gli occhi verdi di mia madre, aperti, quando le ho detto addio, un ragazzino di 13 anni che prendeva a pugni i tronchi degli alberi, il dolore alle nocche per non pensare al dolore dentro, lei era morta da poco e non sarebbe più tornata. Un sorriso nelle foto, ricordi, e poco altro.
MAMMA.. dove sei..E so che non pronuncerò più questa parola, intima e segreta, da ora in poi Sofia Funtes sarà “madre”, “Mia madre..” Immutabile come i Pirenei, le punte acute e nevose, contro lo sfondo di cieli di zaffiro e ametista.
La prima e tenace perdita, senza ritorno, le sue spoglie mortali avrebbero riposato nella cappella dei Fuentes, accogliendo pochi anni dopo quelle di mia moglie e mio figlio, in attesa della resurrezione della carne.
Se esisteva un paradiso, vi erano di sicuro, per loro e non per me.
Ero un mortale, anche se mio padre era il principe Fuentes, non certo Achille od Ulisse, avevo bisogno di amare, non ero perfetto, non ero un santo, od un asceta.
Ero solamente io."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“ E tu cosa mi insegni?” Aleksey strinse il gomito di Andres, un attimo veloce, il principe Fuentes restò basito e commosso, lo zarevic cercava la sua COMPAGNIA, al solito e nonostante tutto “Geografia, europea, se volete” “Sei ferrato, no, magari sai il nome di quasi ogni torrente, dai Pirenei alle Alpi e via così” “Certo “ senza falsa modestia, o almeno non troppa “Mi mancano i tutori..Papa e mia madre” Andres annotò che secondo uso, se non era presente,  chiamava Alessandra Feodorvona madre, Mamma era epiteto che riservava solo a Catherine, Olga e Tata, le sue vere mamme, che lo curavano e giocavano tutto il tempo con lui, mentre Alessandra, appunto, già zarina di tutte le Russie pregava e piangeva, e via così, perdendo ben poco tempo nelle attività pratiche e giornaliere di suo figlio, urlando che tutto doveva essere come au fait. Un affetto senza misura, che gelava suo figlio, che a sua volta l’amava e teneva la distanza  Alessio si sentiva più a suo agio con Catherine, Olga o Tata,appunto,  adorava suo padre.. Con Alix era sempre cauto, circospetto, sapeva che era la sua ragione di vita. E non si abbandonava a quel suo affetto goloso e ingordo. Una madre come una guida ed un faro, peccato che lui volesse, come tutti i bambini una MAMMA che giocava con lui, gli raccontava le cose e.. non stesse tutto il tempo con un santone e una devota amica. Tranne che quando aveva sentito gli insulti era andato fuori controllo. L'affetto esclusivo di Alix, oltre a scatenare la gelosia delle sue sorelle, le dicerie e via così,  aveva avuto l'effetto di allontanare Alessio, in una data misura, senza rimedio.
“Sì, che hanno detto? La nuova moda sarà per caso trovare insegnanti in chi non lo fa di professione” affondò la zappa nel terreno, un netto e fluido movimento, ora potevano  coltivare un angolo del grande parco di Alessandro come un orto, o far crescere le rose “Con Gilliard .. sai ci insegna il francese, lui che è svizzero, va bene,  comunque hanno fatto il punto della situazione, mio padre mi insegnerà storia e geografia, mia madre religione, la Buxhoeveden inglese, aritmetica la Schneider e Russo il Dr Botkin, Gibbes l’inglese” saltellava sulle gambe, si fermò un momento “  Catalina Fuentes espagnol y latin” Aleksey cacciò una smorfia, quindi sorrise, la consegna era parlare in russo e Andres la evadeva con nonchalance  “Traducete, intanto” “Catherine Fuentes spagnolo e latino e .. varie altre,”una piccola chiosa “A voi e alle vostre sorelle più piccole”  “I miti, Iliade, Odissea ed Eneide, non mi annoio, sai” “Buon per noi e in caso lo direste senza indugio“ “Perché mi dai del Voi, comunque” “Per rispetto, no?”  “E io ti do del tu..” “Come credete più opportuno” E si inchinava, un cenno leggero della testa, una deferenza e un rispetto che non erano mai venuti meno, oltre che forma era sostanza. “Comunque Andres non vi è nulla di male a imparare, anche da chi non fa l’insegnante per professione” lo rintuzzò. “Eccomi..EccoVi”

Ti voglio bene Alessio, anche quando scocci a giornate e ore intere, peggio di tua sorella.. e tanto da qualcuno hai preso.

..dall’Inghilterra, dopo l’iniziale offerta di ospitalità, non era pervenuto più nulla, tutto pareva fermo e sospeso, mentre quel mese di maggio declinava. Le lezioni, l’orto, le passeggiate, le letture la sera ad alta voce, cercando di ignorare angherie e umiliazioni, le rare messe.

“Maestà, per voi” chinai la testa e le porsi un ramo di lillà dalle bianche sfumature, con delle piccole rose raccolte a caso “Catherine” una pausa “Principessa Fuentes, grazie” mi  sfiorò il polso, le lacrime le scorrevano sul viso, era il Veronal, pensai, a base di arsenico, che la rendeva così emotiva, erano passati troppi affanni e secoli da quando mi voleva bene, una semplice bambina che cresceva e la adorava

"Tu?" una sola sillaba di disprezzo. La  zarina mi scrutava più inquisitoria del solito,appurando che ero cresciuta e la somiglianza con mia madre, a quando era una ragazza come me.
Le evidenze sempre più suntuose e marcate, i capelli castani che nel sole vibravano di ramati riflessi, ero  alta e snella, senza goffaggini apparenti.
La copia della giovane principessa Ella, che, in segreto, aveva conquistato principi e granduchi, che l’allora zarevic Nicola l’avrebbe voluta sposare, essendosene innamorato, tranne che non era possibile,che le regole dinastiche erano precise.. Uno zar, un erede al trono dovevano sposare una straniera, per evitare conflitti e diatribe nel Paese.. E mia madre Ella, secondo i pettegoli, lo aveva ricambiato, tranne che si era sposata presto e male, nel 1890 con Pietr Raulov. Tranne che Nicola II aveva voluto che io e le sue figlie fossimo amiche, festeggiando la gioiosa congiuntura che io e Olga eravamo nate nello stesso anno. Lui stesso, come mio zio Sasha e Pietr Raulov, erano cresciuti insieme, amici, compagni d’armi e avventure. E mia madre Ella era tra le dame preferite dell’arcinemica di Alix, ovvero la zarina vedova. Non poteva farla riscontare ad Ella, aguzzò le armi contro di me, inventando un plausibile pretesto.
Si convinse, infatti, che fossi io a istigare Olga ed essere intrigante e malevola, a discutere di Rasputin, nessuno doveva creare attriti o ingerenze tra lei e il sant’uomo giunto dalla Siberia, nemmeno l’amica di sua figlia.
Fu un esilio, una dura stagione, la nostalgia così forte da chiudermi la bocca dello stomaco.  Poi passata ed era stato uno stillicidio, il primo atto, ora..
“Scusatemi, so che amate i fiori e..” nessuno glieli portava più, mi ero premurata in buona fede, credo, una sfida alle meschinerie del governo provvisorio, su “inutili lussi” Mi sorrise, appoggiai la fronte sulle sue ginocchia, mi sfiorò i capelli “Grazie per tutto”, un lieve sussurro. “Mi spiace, ho sbagliato..” nessun rilievo, forse pensava alla lunga guerra che la aveva opposta a mia madre Ella, a sua suocera, al mondo intero, alla ragazzina rompiscatole che ero stata, sempre nel mezzo, prediletta da suo figlio e Olga, portata in palmo di mano dalle altre granduchesse, vituperata dalla Vyribova .. Non lo sapevo,  era una tregua reciproca.. I bambini non hanno colpa Alessio, non scelgono di nascere da una nubile o una sposata, tranne che io ero la bastarda dello zar, che amava i suoi fratelli fino allo sfinimento, eravamo insieme, mi imponevo di non contare solo su quello

Le serrai una mano, forse ero meno cattiva di quanto pensassi, chissà che avrei combinato io a parti invertite, a gestire una situazione difficile, sul filo del rasoio, con il senno del dopo siamo tutti bravi “ Scusatemi..” “Catherine, sei sempre nel mezzo da quando sei piccola.” Zittì la mia replica, le dita sulle mie labbra “Dammi del tu, “ un momento di silenzio “ E bada ad Alessio, lui ti vuole bene sul serio” uno strazio reciproco “Lui è il tuo bambino” insomma, me lo volevano appioppare tutti.LO SAPEVO CHE ERA IL MIO BAMBINO.“E..” “Lasciami sola, grazie..” Mi inchinai e lasciai la stanza, la sua mauve room, il suo rifugio contro il mondo, mondo che aveva abbattuto ogni barriera.  Era invecchiata, giorno per giorno, una icona della tragedia, le ciocche sempre più grigie, magra e le rughe marcate, pareva più vecchia dello zar, anche se aveva quattro anni meno di lui..
 
“Come è stato?” Aleksey  gli servì la  domanda mentre controllava un esercizio di inglese, nessuno li sentiva  “Lunga, lunghissima  ..”rispose Andres cauto, gli occhi verdi socchiusi “Che ti hanno fatto?” riferendosi al mese di soggiorno in galera, mio marito valutò l’opzione più congrua, nessuna bugia e nemmeno voleva agitarlo “.. principalmente mi provocavano” lo avevano definito un traditore, un figlio di puttana e un cornuto, sputato nei piatti dove mangiava e tanto .. Non aveva reagito. “Confessa e te la cavi” “Non ho nulla da confessare..” la replica. Minacce e blandizie, si era finto idiota .. “Le spie sono punite con la morte” “Ma non hanno abolito la pena capitale..di recente, che ho perso” “Potresti testimoniare che lo zar è un traditore..” 
Tornò ad Alessio “Non rispondevo, cercavo di passarci sopra”
“Ah.. “
“Pensavo a qualcosa di divertente. A una calamità naturale”
“Bella definizione per Catherine”  (ALESSIOO!!)
“E chi dice che era lei..?” sardonico.
“Andres, chi era?” un sorriso “Io no davvero..” una pausa “Giusto?”
“Negli anni recenti sono stato a pesca, con quella persona..”
Si riferiva a lui, decodificò lo zarevic, ridacchiando, in effetti si erano divertiti e lo aveva fatto diventare verde, tra domande e chiacchiere, cacciandolo in imbarazzo, impresa epica che era riuscita a ben pochi “Che comunque sa sempre il fatto suo, intelligente, spiritoso, con una parlantina infinita” Alessio arrossì “E tornando al discorso di prima, se rispondevo alle provocazioni avrei fatto il loro gioco e non mi conveniva. Non che fosse facile, bada, cercavo di estraniarmi, tra virgolette, alla fine l’ho spuntata.. Non solo per merito mio”
“Ci hanno messo le zampe i tuoi fratelli e Cat”un cenno di assenso. Alessio non lo fregavi, poteva fingersi ingenuo e non lo era.  
“E anche tu, sapevo che era in buone mani, mia moglie, che avevi cura di lei”
“Si e no, alcune volte l’ho trattata male” chinò la testa, mortificato, Andres bandì l’etichetta e lo toccò, sulla spalla “Era in ottime mani, sempre, grazie”
“Prego, tornando al compito, vi sono errori?”
“No, bravo Aleksej”
Erano nella stanza degli studi di Alessio, la sua classe, sulla poltrona d’angolo la zarina sferruzzava, ascoltava lì le sue lezioni come lo zar. Osservando lo spagnolo e suo figlio alle scrivanie, sopra di loro mappe geografiche, sulla Russia e l’Europa continentale. Per non tacere delle teche che contenevano le collezioni di insetti, farfalle e uccellini, per le lezioni di scienze, tutte curiosità per mantenere viva l’attenzione di Alksey, che si annoiava spesso e facilmente, un poco come Catherine, prima che sua madre sostituisse il tradizionale percorso di studi (ricamo, economia domestica e via così) con sessioni impegnative di lingue, letteratura e storia dell’arte straniere.. E storia.. Come con Alessio, se lo interessavi si divertiva e ti faceva divertire a tua volta nello spiegare e imparare.
“Nessun errore, sicuro”
“Sicuro”e non discutevano della lezione, quanto della sostanza.
“E se uno sbaglia?”
“Si corregge”
“Tu hai mai sbagliato?”
“Spesso .. e ho cercato di imparare”
“Sarai un bravo PAPA’, fidati”
Aleksey voleva bene ad Andres, in un dato senso era il suo eroe, un campione da cui trarre esempio, parlavano ben poco di sentimenti, ma si apprezzavano, il cameratismo maschile, credo.
Preferiva l’eroe irruento, il picador alla serena abnegazione dello zar, era meno umiliante, per lui.  E Andres non era pirite, il luccicante ed apparente oro degli stolti, era forma E sostanza.

I partiti estremisti domandavano intanto che Francia e Inghilterra dovevano proseguire da soli la guerra, che la Russia di doveva ritirare, per lo zar uno strazio, il governo provvisorio avrebbe resistito?
Allora i bolscevichi erano ben pochi, una sparuta legione che proclamava “Pane, terra e libertà”, con agguerriti agenti.. sarebbero saliti al governo, un “rimpasto” e non si sarebbero fermati nella loro scalata al potere.

E il 15 maggio 1917 arrivò un plico per “Sua Eccellenza, il Principe Andres Fuentes “ da Elisabetta de Castro, da Copenaghen, una lettera di banali saluti e una foto, riprodotta in tre esemplari, di una bambina dagli scuri capelli che stringeva una bambola, sul retro “20 aprile 1917, grazie Andres, Sophie” caratteri grandi e infantili, Sophie scriveva a suo padre, il cuore gli si frantumò come una macina. Elisabetta de Castro, lo pseudonimo di Erszi reggeva, era così vaga da passare la censura “…una foto di mia figlia, Sophie, con la bambola giunta per il suo compleanno. I nostri ringraziamenti,  caro parente

“Marmellata di mirtilli, cioccolato, patatine fritte e torta di mele, e una insalata, pane fresco”
Enunciò Alessio, a casaccio, la mano sul mio gomito, facendo strada a me e al mio pancione, dietro Olga, Tata, Marie e Anastasia, cenavamo tra noi, nella stanza da pranzo delle ragazze, con il tavolo rotondo, le sedie di betulla, il cordino per chiamare i domestici era in disuso, come il bianco piano verticale non era stato più toccato. Mangiammo in fretta, al diavolo le guardie e le preoccupazioni, una serata dolce e amara, come quando ero una bambina, scrutando le nuvole e aspettavo un principe.
Uno mi atterrò sulle ginocchia  e sussultai, sospesa dalle mie fantasticherie “ Che c’è. Aleksey? “ “Nulla, stai bene?” “Certo, ce la caviamo” lo raccolsi per un momento, un bacio a caso.
Dai quaderni di Olga alla principessa Catherine “ ..Alessio ti si era attaccato a dismisura, in quelle infinite settimane, e viceversa. E da prima, alla Stavka, stare con te era probabilmente i tre quarti della gioia e del divertimento. Un nuovo esperimento, ti era stato affezionatissimo fin da piccolo, poi ti eri sposata ed eri andata via, da giugno 1913 ricomparisti qualche giorno in agosto, rientrando l’anno dopo per un paio di mesi. Sentì la tua mancanza, più cresceva e più ti si affezionava, sapessi quante volte si è svegliato, chiedendo di te, rimanendo deluso, perché non c’eri, ti inventavi una nuova vita a Parigi, giusto, ma gli mancavi e mi mancavi..Scoppiò la guerra, rimanesti vedova e sparisti di nuovo, ti ha rivisto a rate e il 1916 al Quartiere Generale, con te, con Andres, è stato tra i periodi più belli. Adesso, in quella lunga primavera del 1917 ti rispondeva spesso male, un poco come eravamo noi alla sua età, era l’adolescenza, non la malattia, ti provocava e sfidava, cocciuto e sfibrante. E avevi la sua fiducia, ti diceva se gli faceva male il braccio o la testa, lo confortavi, poche e secche battute, lo spronavi a reagire.. Senza compatirlo o trattarlo da malato, hai sempre cercato di farlo, sorvoliamo che lo hai viziato in maniera esponenziale. Logico che ti “preferisse”, e tu gli eri attaccatissima a tua volta, guai a chi te lo toccava. E ora.. Cat, da quanto è magro pare fatto di seta e cera, così pallido da essere trasparente, l’unica cosa di vivo sono gli occhi, brillanti e curiosi, a ogni rumore si tende, spera di vederti, anche se la ragione dice che non ci vedremo mai più, lo abbraccio, reagisco per me e noi, l’ultimo attacco di emofilia lo ha quasi ammazzato, ha delirato per ore e ti voleva “Arriva, Aleksey.. quando potrà..” “Bugiarda, io non la vedrò mai più e nemmeno te” “ E che ne sai”.. baciando i suoi pugni chiusi, era la rabbia, la frustrazione, io come lui” e arrivai alla casa a destinazione speciale, un diavolo disperato. Non certo l’ultima volta che lo stupivo, e non era per lui, quanto per me. Tra me e Andres eravamo due matti allo sbaraglio, e Olga ha saputo, anche quando è morta, che l’ho amata fino all’ultimo, fosse servito avrei barattato la mia vita per la sua. “Stupida coraggiosa” l’amabile esordio, stringendomi così forte che mi era mancata l’aria “Come al solito, a proposito, ti voglio bene..” “Perché..” “Perché sì..” e non vi era nulla da aggiungere, su quello.
 
Intanto, i bolscevichi prendevano piede, in maggio il governo provvisorio venne “rimpastato” con l’aggiunta di alcuni membri che rappresentavano i lavoratori ed i soldati. “Pane, terra, libertà” questo lo slogan, che trovò svariati proseliti. Il capo, Lenin, era giunto in aprile su un treno tedesco e si era acquartierato nella dimora di Matilda K., un tempo suntuosa abitazione, adesso devastata dai saccheggi, Matilde K., un tempo amante dello zar e prima etoile del balletto imperiale. 
 “Qui era il 1896, “ mi raccontò Olga “Quando Mamma e Papa visitavano Balmoral e la bisnonna Vittoria” Scrutai le foto in bianco e nero “C’eri anche tu, noto, rotonda e sorridente, in braccio alla regina inglese nonché imperatrice delle Indie”  Deliziosa, con i capelli chiari, le guance paffute e un sorriso splendido, che incantava.
Dato che avevamo un mucchio di tempo da occupare, ci eravamo messe a riordinare le foto, stavo creando un mio album con i loro doppioni e, in verità, chiacchieravamo per ore, anzi era Olga a parlare, e non la solita logorroica, ovvero io. Altro che segreti di Stato od orge, era un tipico chiacchiericcio femminile che non andava disturbato, e mille parole non dette passavano nell’aria, le guardie si annoiavano sentendo parlare di vestiti e cronache di cibi, per quello eravamo accorte. Il suo era un sereno mormorio, era tutta presa a narrare, io a chiedere, la mia Olenka. 
“Il loro primo viaggio ufficiale all’estero”
Nel mese di maggio 1896 si era svolta la solenne incoronazione a Mosca, la cerimonia dentro il Cremlino era di superba bellezza e lusso. Io non c’ero, tranne che mia madre e mio zio me ne avevano ben raccontato, sia le parti liete che quelle tristi. Glissai il pensiero di mia madre Ella e di suo fratello,per non rattristarmi. 
Era la completa assunzione al trono, l’investitura di forma, dopo quella di sostanza al momento della morte di Alessandro III.
La cattedrale dell’Assunzione rutilava di ori e icone, di una folla abbigliata in modo splendido, che resistette circa cinque ore, il tempo dell’elaborata celebrazione, tra salmi e prediche, le fiammelle delle candele vorticavano sospinte dai palpiti d’aria come l’incenso che saliva dai turiboli, gli zar erano commossi mentre venivano cinti della sacra corona.
Erano  i signori della Russia, incoronati, gli unti del Signore, solo Dio e gli angeli erano loro superiori, avvolti da porpora e ermellino parevano divinità, ieratiche e perfetti nei volti e le espressioni. Tale sensazione si era avuta la sera prima, quando Alix, affacciatisi al balcone per salutare la folla, ricevette un mazzo di fiori dai notabili. Quando lo aveva preso in mano, un congegno nascosto aveva inviato un messaggio alla centrale elettrica di Mosca, che rispose inviando la corrente a tutte le lampadine, rosse, verdi, viola e blu, poste su ogni albero, cupola e cornicione, così che tutte le luci si accesero, stelle palpitanti, la città a festa illuminata solo per LEI, Alessandra.
Venne tenuto un imponente banchetto per i nobili e i dignitari, mentre quello per il popolo era stato organizzato nei pressi della spianata di Chodynka, usata come luogo di esercitazioni militari, quindi ricco di buche e fossati.
Erano stati allestiti teatri, grandi buffet per recare i cibi e i doni dell’incoronazione, 20 spacci pubblici per le bevande, insomma una grande fiera,  ma la sera che precedeva il banchetto per il pubblico era circolata nel popolo la voce che i doni commemorativi non sarebbero bastati per tutti, quindi la folla cominciò a radunarsi per essere in prima fila fin dai primi bagliori dell’alba.
Da una cronaca di quei giorni "Una forza di polizia composta da circa 1800 persone non riuscì a mantenere l'ordine pubblico e sfollare quanti si erano radunati. L'ondata di panico che si verificò non durò più di quindici minuti nei quali 1 389 persone furono calpestate a morte e all'incirca 1 300 furono ferite.”
Lo  zar dichiarò che non si sarebbe presentato al ballo organizzato per quella sera presso l’ambasciata francese, ma gli zii paterni, lo convinsero a parteciparvi ugualmente per non offendere il diplomatico di Parigi. Alla fine,Nicola II si arrese.
Il commento di Witte, ministro di lungo corso: «Noi ci aspettavamo che la festa venisse annullata. Invece essa ebbe luogo come se nulla fosse accaduto e le danze vennero aperte dalle Loro Maestà ballando una quadriglia. Fu una serata infausta: l'imperatrice appariva sofferente e l'ambasciatore britannico ne informò la regina Vittoria.”
Molti russi ritennero che il disastro del campo di Chodynka fosse un presagio del fatto che il regno sarebbe stato infelice; altri, usarono la tragedia per rimarcare la spietatezza dell'autocrazia e  la superficialità del giovane zar e della sua "consorte tedesca", la Nemka giunta dietro alla bara del suocero.
Principiarono a chiamare l’imperatore "Nicholas the Bloody", ovvero Nicola il Sanguinario.
Un regno cominciato nel sangue si sarebbe concluso nel martirio e nella tragedia, riecheggiando un luogo comune, ed in effetti vi era poco da essere allegri, dato che aveva abdicato ed eravamo prigionieri.
“Papa era sequestrato da Bertie, l’erede di Vittoria, che lo portava sempre a caccia, il tempo era orribile, non presero nulla, invece Mamma stava al caldo..” una pausa “Si sono fatti anche riprendere da una telecamera, passeggiando avanti e indietro nel terrazzo, con la Regina, che era seguita dal suo maggiordomo indiano e camminava molto poco”
“Una matrona” a 77 anni, nel 1896, era ben pingue, mi consolai per me, prima di ingrassare a quel modo ne avevo di strada, strinsi il mio pancione, una carezza al mio bambino “ E si tenne il Ballo dei Ghillies, per il personale e i dipendenti di Balmoral, e vi partecipò tutta la famiglia reale, mio padre racconta ancora che lo imbarazzò ballare con le mogli dei guardiacaccia e indossare il kilt..” 
“Immagino, deve essere stato buffo, poi siete a stati a Parigi, la folla gridava evviva anche per te, avvano messo finti fiori di ippocastano negli alberi per creare la primavera, anche se era autunno” 
“Forse andremo là, quando ci daranno il permesso.. In Inghilterra, dico, oppure in Norvegia o Danimarca” la zarina vedova madre, Marie, era di origini danesi, quindi .. il paese poteva concedere accoglienza per i legami famigliari, quando Albione non li dava in base alle alleanze politiche“Tuo padre vorrebbe mettere su una fattoria..Ma il granduca Paolo ha una casa nella Francia del Sud, di appoggi ve ne sono”
“Un tipico gentiluomo inglese, il suo sogno” la voce di Olga era neutra, evitai di inerpicarmi sulla loro partenza, le settimane passavano, appunto,  e non arrivava alcuna notizia.“Ma la prima parte del viaggio era a Vienna, giusto?” cambiai volutamente argomento e apparve .. “Elisabetta d’Asburgo, alias Erszi, che mi tiene in braccio” 
“Molto graziosa” ammisi, scrutando una ragazzina di 13 anni, i capelli che piovevano sulle spalle, l’espressione netta e decisa, altera come una regina invernale che cammina nei suoi giardini, una bellezza in fieri. Forse non bella nel senso convenzionale e classico del termine, almeno allora, tranne che era serena, determinata, una combattente. Anche Andres nel 1896 aveva 13 anni, si sarebbero incontrati un abbondante decennio dopo facendo scintille e faville“Carismatica, credo” non andava compatita o commiserata, si era ripresa in qualche modo dai colpi che le aveva appioppato la vita, il padre morto, la madre assente, era suntuosa, superba. Ripeto, non avesse spartito un legame importante con mio marito, mi sarebbe rimasta molto più simpatica, Dio che pensieri annodati. 
“Penso di sì, che poi l’abbiamo trovata anni dopo.. la conosci, Cat..?  il nomignolo me lo raccontò lei in occasione di..” La conosce mio marito, talmente bene che ci ha fatto una figlia, volevo dire, ma tacqui, rilevando che mi guardava da sotto in su, dovevo sembrarle una bella allocca da quanto ero attonita “Comunque, a Vienna fecero cena alle 5 di pomeriggio” sottointeso, per le peculiari abitudini dell’imperatore Francesco Giuseppe, che si alzava alle quattro di mattina e non aveva derogato i suoi orari.
“Che occasione?” appoggiai il mento alla mano, io avevo fantasia per le storie, Olga era una squisita poetessa, una narratrice, le sue composizioni erano sempre una meraviglia.
“Settembre 1903, a Darmstadt” la località tedesca capitale dell’Assia e del Reno, dove era nata Alix “Per le nozze di Alice di Battemberg con Andrea di Grecia,  lei era la prima nipote di Mamma” nel 1903 era noto che fosse fallito  il matrimonio tra Ernie, suo zio, con Ducky, avevano divorziato nel 1901 ed era presente anche la sua cugina preferita, Elisabetta d’Assia, nata nel 1895 come noi. Ernesto von Hesse era alla lunga un omosessuale, i suoi gusti particolari erano venuti fuori nei pettegolezzi, sua moglie annotava che nessun garzone di stalla era al riparo dai suoi tentativi “Era la riunione delle Elisabette, vi era pure LEI, disse di chiamarla Erszi per differenziare da Elisabetta, mia cugina,  che chiamavamo Ella, come mia zia.. Suo marito e lei venivano in rappresentanza del vecchio..”imperatore Francesco Giuseppe, decodificai, ignorando se erano imparentati in qualche modo o era un dovere di società nobiliare..
“Alice è sorda, da quando era piccola, per le celebrazioni vi furono delle comiche..”Ridacchiò “ Lui seguiva il credo  greco ortodosso, lei quello protestante. Quindi, vi furono due cerimonie religiose e una civile, lei seguiva appunto i movimenti delle labbra, per comprendere i discorsi,  e per la lingua greca non era facile. Quando il sacerdote chiese se sposava Andrea per sua libera scelta, rispose di no, il prelato, fingendo che nulla fosse, domandò se si era promessa a qualche altro, e lei rispose di sì..Ridemmo fino alle lacrime” lo stress delle triple celebrazioni, quando avevo sposato Luois le nozze erano state celebrate con rito cattolico, ortodosso, oltre che in modo civile, con Andres mi ero convertita al cattolicesimo e vi era stato un solo matrimonio “Guarda che non è una frecciata nei tuoi confronti”
“Figuriamoci,  non sono permalosa a questi livelli, ANCORA...non ti fidare degli umori di una donna in gravidanza, peraltro, e passando oltre mi scrivesti che il ricevimento fu uno spasso, Vera di Wuttemberg si era fissata la tiara di brillanti in testa con l’elastico, giusto, ma non gli occhiali, che le caddero, risi fino allo sfinimento leggendo le tue parole “
“Era vecchia, non ci vedeva più, non sai quanti prese a borsettate, paventando scherzi e contumelie” E vennero lanciate pantofole di raso, riso e petali di rose, lo zar e altri, dopo i saluti agli sposi che percorrevano il centro cittadino in auto scoperta e salutavano la folla, spiccarono la corsa e li raggiunsero. Alice si prese in faccia un intero pacco di riso e una pantofola, a opera dello zar, che in cambio venne raggiunto dalla detta pantofola, lanciata da Alice, che si sporgeva dal sedile posteriore dell’auto gridando”Sei un vecchio stupido” quando Olga aveva raggiunto suo padre lo aveva trovato piegato in due dalle risate, seguito da un epico squadrone di poliziotti, che temevano un attentato, insomma ..
“Il profumo di rose stordiva e c’era una piccola graziosa fontana.. Erszi si divertiva a contare, era grande, vent’anni, sposata e pareva lei stessa una bambina, mia cugina Ella la trovava divertentissima, come noi, si nascondeva, diceva che giocare può essere un lavoro serio, Erszi, dico”
“Penso di sì” Erszi era simpatica a tutti, me compresa, in linea generale, nello specifico speravo che non si verificasse un ritorno di fiamma con Andres. E sbagliavo, sapendo di sbagliare, Andres mi amava, avevo la sua parola, davanti a Dio e al mondo, e lui aveva la mia, che ci sarebbe stato lui solo, e viceversa. E di sicuro andava meglio a me che a Elisabetta von Hesse, la cugina di Olga, nata nel 1895 come me e lei. Io avevo una vita, nel bene e nel male, lei ..

Povera Ella, era tanto che non pensavo a lei. Era dolce, un raggio di sole divertente e birichino, che a  quattro anni aveva implorato gli zar di far adottare ai suoi genitori Tatiana o Marie, che voleva una sorellina, Olga era d’accordo nel fornirle quella gioia, inutile osservare che non erano state prese in considerazione. La regina Vittoria la chiamava “my precious”, quando compì 80 anni nel 1899 Ella fu la prima che volle ricevere per avere le congratulazioni e gli auguri, l’appellava “Granny Gan”… Dopo le nozze greche, Ella aveva raggiunto le sue imperiali cuginette in Polonia, spartivano passeggiate e pic-nic, e tanto divertimento.  Olga diceva che trasformava ogni cosa in una festa, fosse anche prendere il tè il pomeriggio. 
 “ E ci raccontava che aveva detto a suo padre, mio zio Ernie, che aveva sognato su un piccolo cottage, dove tutto era della sua misura. Sai che le fece, mentre era assente? Lo disegnò e lo fece costruire da alcuni  architetti di cui era amico, patrocinava quelle cose. Quando ritornò, glielo fece vedere con la scusa di portarla a fare una passeggiata nei boschi. E tanto a Wolfsfgarden ci avevamo giocato, era tutto a nostra misura, cioè alla nostra misura di bambine” 
“Che dolce, lo farebbe pure Andres.. credo. Con le donne ci sa fare, con una figlia ..non farebbe pari a viziarla, la sua piccola principessa” come chiamava Sophie, peraltro, solo una voce per telefono, un regalo, due occhi di fumo, in attesa, che non erano stati delusi. Invece, Ella, in quel della Polonia si era ammalata da un giorno all’altro, una violenta febbre tifoide se la era portata via, nel novembre 1903. Un funerale in bianco, bianco invece del nero, candidi gli ornamenti funebri, i fiori, i cavalli che recavano la piccola bara d’argento alla sua ultima dimora, sulla tomba venne poi messo un angelo di marmo che la vegliava. 
DUE PRINCIPESSE DELLE ASSENZE.

“Eri gelosa, eh, Cat?”meno male che dribblava sulla cugina e non su Erszi, avevo voglia di sfogarmi e la avrei caricata di un altro peso.
“Un poco, parecchio, rettifico.. lei era buona, un vero angelo, io una peste ambulante” era la verità, combinavo un guaio dietro un altro, ero una ribelle, una gramigna e le buone qualità sorpassavano i miei difetti, anche se era dura, con il senno attuale era in quel modo.
“E io ero gelosa di te, quindi siamo pari, Ella diceva che eravamo due sceme, che ci volevamo bene,  parevamo io e te due vere sorelle, altro che io e Tata, due impiastri impertinenti. Anzi eravamo due sorelle.. E che avevi una grande fantasia, giusto te sostenevi che i bricchi della panna, la zuccheriera  e un piattino con le fette di limone non erano semplici oggetti per il tè quanto variazioni su tema dello “Schiaccianoci”, potevamo farli danzare sul tavolino ..”  
“Ci aveva indovinato”senza specificare su cosa, come carattere forse mi intendevo più con Anastasia, tranne che con Olga il legame era stato profondo, poliedrico, da sempre. Una intesa  ben rara, che aveva resistito, inossidabile, alla fine, se non avevo passato una infanzia da incubo, sotto il segno delle violenze era un suo merito.  Sapere che mi voleva bene era un lenitivo, un talismano contro il buio, la notte che avevo abitato così a lungo. La mia sorellina. 
“Di Erszi me lo riferirai quando avrai voglia” 
“Olga, sei irritante, indovini sempre quello che penso” mi massaggiò le mani gonfie, ero stanca a livello fisico, non ne potevo più e ancora era poco rispetto alle ultime settimane che mi attendevano.
“Abbastanza, sorellina” E quelle parole erano una musica, sorrisi senza altro aggiungere su quello.
“Olga, avete parenti e case a iosa, ma se capitasse.. Ultima ipotesi, io ho un castello, Ahumada , in Spagna, una rocca millenaria, sarete sempre i benvenuti, sempre, ci devo tornare ma..”
“Ci sei già stata, e io sempre con te, che vi era una radura con  i melograni, raro per il clima e hai inciso le iniziali, le nostre” vero “Catherine, noi siamo sempre assieme” 
“Sempre” ripeté, un lenitivo contro il buio.
Ahora y por siempre” il mio motto, preceduto da Fuentes, eco di millenarie battaglie, dentro e fuori di noi.  Felipe il magico bastardo, il pirata, il discendente di un re,  tornava dopo secoli.   E io con lui e Olga, sempre. 
Ripescai i ricordi, della Spagna. E prima ancora, altre foto, pose informali con Aleksey, non aveva nemmeno 18 mesi e ci eravamo eletti a reciproco, vivo e personale giocattolo. “Che buffi, lui principiava a camminare, te eri una specie di camminatoio, la tua schiena come un appoggio, pulivi i pavimenti con mani e ginocchia e appena faceva “Ahi” o che lo prendevi in braccio e sancivi che era solo tuo, una bambola, guarda come siete teneri” “Eh mica scherzavo, lui è mio” In un certo senso e per sempre. “ E viceversa, ti ha sempre amato” “Io lo ho adorato, sempre, quando diceva “Cat” scattavo subito, il mio birichino, il mio ometto, il mio piccolo principe” “E ora no?” indulgente “Anche ora… ma è cresciuto, non farei il suo bene a coccolarlo tutto il tempo” “Tralasciando che lui adora le tue coccole, anche se si finge ritroso” 

E il 18 maggio 1917 le ci-devant zar compì 49 anni, vi fu una messa e solenni auguri, letture a voce alta e uno scambio di doni “Auguri” Andres recò un set di pipe e pregiato vino spagnolo, stappò,  brindando alla nostra. Nel mio grembo Felipe (ormai il pronostico era per un maschio) si agitò a tutto spiano, in senso traslato era presente pure lui alla festa. Tata disse solo che non vedeva l’ora di farne conoscenza “E dai, dopo il tuo compleanno, in giugno, anche lui non vede l’ora di conoscerti” ironica, ridente “Io .. che bellezza”  le sfiorai il gomito, se tutto fosse stato come doveva essere lei e Olga avrebbero avuto un figlio a testa, almeno, da un pezzo, invece attendevano a gloria, in un dato senso, il mio. 

La solita, trionfante egocentrica.
E mancava poco, la mia gravidanza era agli sgoccioli.
   
 
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