Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: blackjessamine    01/07/2018    7 recensioni
Dudley Dursley non si è mai ritenuto un uomo particolarmente intelligente, ma quando si ritrova legato come un salame in quella che è evidentemente una stanza per gli interrogatori, si rende conto che qualcosa, nel suo piano, deve essere andato storto. Soprattutto perché le stelle dipinte sul soffitto sembrano pulsare e risplendere di luce propria, e i suoi aguzzini attraversano indenni fiamme violette.
A trentacinque anni, Dudley Dursley non è un uomo particolarmente intelligente, ma non è nemmeno il ragazzino arrogante e viziato che per anni aveva chiuso gli occhi davanti alle ingiustizie perpetrate sotto il suo stesso tetto.
Dopo dieci anni di vita perfettamente normale, e tante grazie, Dudley Dursley non avrebbe mai pensato di dover affrontare di nuovo quelle persone armate di bacchette e parole buffe, ma sembra che la vita gli abbia giocato un meschino scherzo del destino, costringendolo ad affrontare i suoi rimorsi e i silenzi che minacciano di soffocare la sua coscienza.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dudley Dursley, Ginny Weasley, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quel pomeriggio Dudley Dursley non morì sull'asfalto bagnato di pioggia nel parcheggio del centro sportivo di Buckfastleight.
Se ne rese conto quando un vociare sordo e concitato cominciò a riempire le sue orecchie, e lui si accorse che poteva respirare senza difficoltà. C'era solo un pulsare cupo e costante al centro del suo petto, dove quel lampo di luce rossa lo aveva colpito, ma per il resto sembrava stare bene. Si sentiva gli occhi impastati, e quando mosse una mano per andare a massaggiarseli, si accorse con sommo orrore che non poteva muoversi. Era seduto su qualche cosa dallo schienale alto e rigido, e le sue braccia erano strettamente legate ai braccioli di quello scranno con qualcosa di spesso e resistente, che tintinnava debolmente ogni volta che si muoveva. Con crescente terrore si rese conto che anche le sue gambe erano saldamente immobilizzate, e quando finalmente si decise ad aprire gli occhi, quasi rimase senza fiato.
Si trovava all'estremità di un massiccio tavolo di legno scuro, e a pochi passi da lui una lunga piuma d'oca stava tracciando rapidi ghirigori d'inchiostro su un foglio di pergamena. Senza che nessuno la tenesse fra le mani.
L'ambiente era ampiamente illuminato da tutta una serie di torce appese alle pareti, e il fuoco di quelle torce aveva dei riflessi innegabilmente violetti. Non c'erano finestre in quella piccola stanza, ma Dudley era certo che ci fosse troppa luce: evidentemente, un fuoco violetto illuminava meglio di una lampadina da venti Watt. Si trovavano in una stanza dalle pareti di pietra chiara, con un basso soffitto dipinto dello stesso blu polvere della divisa degli uomini che lo avevano attaccato. Sulla vernice blu del soffitto brillavano minuscole stelle dorate, che sembravano disposte secondo un ordine ben preciso: Dudley non si era mai interessato molto all'astronomia, ma durante le scorse vacanze di Natale aveva portato Rachel al planetario, ed era quasi certo di poter riconoscere la cintura di Orione proprio sopra la sua testa. Inoltre, Dudley era quasi certo che quelle stelle, al contrario di quelle che aveva osservato ascoltando le esclamazioni entusiaste e stupite di Rachel, pulsassero.
In fondo alla stanza c'era un immenso camino animato da un fuoco vivace: il camino era alto e stretto, sembrava avere le stesse dimensioni di una porta, ma per lo meno le sue fiamme avevano una tonalità del tutto normale.
Di fronte a Dudley, l'uomo coi capelli rossi e la donna dallo sguardo glaciale stavano svuotando con fare metodico il suo zaino, toccando con la punta delle loro bacchette ogni indumento e mormorando qualcosa di impercettibile. Ad ogni loro parola, gli oggetti che sfioravano sembravano per un attimo illuminarsi di una luce più calda, per poi tornare ad essere oggetti comunissimi. Tutto attorno al tavolo si muovevano altri individui abbigliati con gli stessi abiti blu polvere corredati da un lungo mantello, parlottando concitatamente tra di loro. Nessuno sembrava prestare attenzione a Dudley, anzi, pareva quasi che nessuno si fosse accorto che aveva ripreso i sensi.
Improvvisamente, lo sguardo dell'uomo fu attratto da una donna alta e dal portamento distinto che parlava a bassa voce con un uomo tarchiato e dalla lunga barba intrecciata. I lineamenti del suo viso, l'espressione curiosa dei suoi occhi chiari sembravano ricordare qualcosa a Dudley... fu solo quando si voltò verso uno scaffale di legno scuro alle sue spalle per afferrare una boccetta d'inchiostro, e Dudley poté vedere i suoi capelli scuri raccolti in un'acconciatura severa e rigida che qualcosa scattò nella sua mente: era la donna del pub, quella elegante che era rimasta a bere tè e ad osservarlo per tutta la sera. Allora aveva ragione, lei era davvero una di loro, e lo stava tenendo d'occhio per un motivo ben specifico! Per qualche motivo, questa rivelazione sembrò riempirlo di rabbia, e gli diede il coraggio di gettare alle ortiche tutta la sua prudenza e il suo spavento. Agitando i pugni contro le catene che lo tenevano legato a quello scranno di legno, Dudley aprì la bocca per prorompere in chissà quale invettiva, ma tutto ciò che riuscì a fare fu essere scosso da un tremendo conato di vomito. Con la poca libertà di movimento che le catene gli concedevano, riuscì per lo meno a sporgersi un po' di lato, così da non impiastricciarsi gli abiti.
Mentre cercava di riprendere il controllo del suo stomaco, avvertì chiaramente tutti gli uomini presenti nella stanza fermarsi e puntare su di lui i loro sguardi - e, si rese conto, anche qualche bacchetta.
Davanti a quegli sguardi allarmati, il poco ardore che era rimasto in petto a Dudley parve sciogliersi completamente, e l'unica cosa che riuscì a fare fu emettere uno squittio spaventato. Non aveva contatti con gente armata di bacchette da almeno quindici anni, eppure il terrore atavico e cieco che quei pezzettini di legno riuscivano a suscitargli, anche solo al primo sguardo, era a dir poco esagerato. Certo, il fatto di essere appena stato colpito al petto da un raggio di luce che lo aveva lasciato senza fiato, aver perso i sensi credendo di essere in punto di morte e l'essersi risvegliato incatenato non contribuivano sicuramente a tranquillizzarlo maggiormente.
La prima persona a reagire fu la donna con gli occhi scuri, che, senza degnarlo uno sguardo, si avvicinò alla pozza di vomito accanto alla sedia di Dudley, e con un movimento della sua bacchetta fece sparire tutta quella schifezza.
“Mi sa che avevi proprio ragione, Penny. I babbani non reggono molto bene la Materializzazione Congiunta.”
La donna dagli occhi chiari, quella che aveva spiato Dudley la sera precedente, si avvicinò al tavolo dove era sparso il contenuto del suo zaino, e finalmente fissò i suoi occhi sul viso di Dudley. C'era ancora quell'espressione curiosa della sera precedente, ma Dudley era sollevato nel vedere che quello sguardo sembrava in qualche modo aperto, di certo non minaccioso come quello della sua collega.
“Vero è che l'hai anche schiantato, prima. Magari ha retto male la Materializzazione Congiunta per questo”
L'uomo dai capelli rossi si era avvicinato alle due donne, e fissava con sguardo penetrante e leggermente guardingo Dudley. La donna dagli occhi scuri, Penny, si voltò verso il suo collega dai capelli rossi, ed esclamò:
“Però non abbiamo trovato nessuna bacchetta fra le sue cose. Quale mago se ne andrebbe in giro senza bacchetta, Weasley?”
Dudley smise di ascoltare le parole che i tre si stavano scambiando, perché quel nome era andato a sfiorare qualcosa nella sua memoria. Weasley... era certo di aver già sentito quel nome, ed era certo di averlo fatto tanti anni prima, quando era solo un ragazzo e viveva ancora nel Surrey. Osservò confuso l'uomo che stava di fronte a lui, il suo lungo naso e i suoi occhi chiari. Possibile che, alla fine, si fosse fatto trovare proprio da una delle persone che stava cercando?
Weasley doveva essersi accorto che Dudley aveva puntato tutta la sua attenzione su di lui, perché si mosse a disagio, spostandosi all'altro capo della stanza per mormorare qualcosa all'orecchio di un uomo piuttosto anziano.
Le due donne avevano ricominciato a frugare tra le sue cose, ma fu solo quando Penny, la donna con gli occhi scuri e lo sguardo glaciale, estrasse dal sacchetto colorato il grosso delfino di peluches che aveva comprato per Rachel e puntò la sua bacchetta contro la biglia di vetro lucido che costituiva il suo occhio destro che Dudley non riuscì a trattenersi, ed esclamò:
“Che cosa crede di fare?”
La donna si immobilizzò, lanciò un'occhiata alla sua collega dagli occhi chiari, come incerta su come proseguire. Quella le fece un cenno di assenso, poi scostò dal tavolo una sedia, spostò malamente gli indumenti di Dudley e si accomodò davanti a lui, fissandolo negli occhi.
“Allora, forse è il caso di cominciare questa chiacchierata, che dice?”
Aveva un sorriso cordiale sulle labbra, ma dai suoi occhi era sparita ogni traccia di gentilezza. In ogni caso, Dudley fu grato di notare che aveva posato la bacchetta sul tavolo. Certo, c'erano almeno altre quattro persone che continuavano a tenerlo casualmente sotto tiro, ma sembravano tutti aspettare un cenno dalla donna seduta di fronte a lui.
Dudley non rispose, si limitò a fissare quel volto regolare cercando di non apparire tropo spaventato.
“Va bene. Io sono l'Auror Marìas, la responsabile della squadra che ha davanti agli occhi, e non ho intenzione di fare troppi straordinari, non oggi. Quindi, le consiglio di rispondere rapidamente e con sincerità alle prossime domande, altrimenti considererò il suo atteggiamento sospetto, e passeremo ad un tipo di interrogatorio più... convincente.” Dicendo quest'ultima parola, le sue lunghe dita dalle unghie appuntite e laccate di nero sfiorarono casualmente l'impugnatura della sua bacchetta. Dudley deglutì rumorosamente, cercando di mantenere un'aria calma. Improvvisamente, non era più certo che questa signora Marìas fosse tanto meno spaventosa della donna con gli occhi scuri, che nel frattempo aveva smesso di occuparsi del delfino di peluches, ma era piuttosto intenta a scrutare con attenzione i documenti di Dudley, sussurrando qualcosa alla piuma che non aveva smesso un secondo di tracciare lettere d'inchiostro sul foglio di pergamena.
Dudley non voleva restarsene zitto a fare la figura dell'imbecille, voleva solamente spiegare la sua situazione e tornarsene a casa, ma non era certo di poterlo fare. Del resto, non sapeva nemmeno perché quegli uomini lo tenessero rinchiuso in una stanza senza finestre, legato come un salame che evidentemente stava per essere interrogato e torturato. Non aveva fatto nulla di male, maledizione!
“Cominciamo dall'inizio: chi è lei?” domandò la donna, fissandolo con uno sguardo così penetrante che sembrava capace di attraversargli la fronte da parte a parte.
“Mi chiamo... mi chiamo Dudley Dursley, lavoro in un'agenzia assicurativa a Salisbury, e...”
Dudley si interruppe quando Weasley, con un'esclamazione poco contenuta, si fece avanti, non riuscendo a togliergli gli occhi di dosso. Sembrava che il suo nome avesse risvegliato qualcosa anche nella memoria dell'uomo, che si chinò a bisbigliare qualcosa nell'orecchio di Marìas. I lineamenti della donna si irrigidirono appena, e dopo un attimo lei balzò in piedi, facendo cenno a Weasley di seguirla. Quando furono in fondo alla stanza, a pochi passi di distanza da quel camino esagerato, i due confabularono per un po' assieme, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata a Dudley. Se quell'uomo dai capelli rossi era davvero chi Dudley credeva che fosse, e se lo aveva riconosciuto, non poteva certo essere troppo benevolo nei suoi confronti.
La tensione nella stanza era aumentata tangibilmente, e Dudley aveva avvertito tutti gli uomini presenti serrare maggiormente la presa sulle proprie bacchette, aggiustando impercettibilmente il tiro contro di lui. Proprio quando era certo che le cose non avrebbero fatto altro che precipitare, Marìas sorrise impercettibilmente, fece un gesto pacato con la mano verso i suoi sottoposti, e tornò a sedersi di fronte a Dudley, con un sorriso ancora più curioso dipinto in viso.
Dudley, però, non riuscì a trattenere un'espressione di scioccato spavento: Weasley aveva camminato con passo rapido verso le fiamme del camino, e ci si era gettato dentro! Le fiamme si accesero di una brillante sfumatura violacea, e un secondo dopo Weasley era scomparso. Oh, santo cielo, Dudley non si sarebbe mai potuto abituare ad una cosa del genere. Seguendo il suo sguardo allucinato, Marìas sorrise, e disse:
“Non si preoccupi, signor Dursley. Quelle fiamme sono incantate in modo che possano essere attraversate solamente da chi ne ha l'autorizzazione. Al signor Weasley non è successo niente. E' così che teniamo isolate le stanze per gli interrogatori.”
Dudley annuì, fingendo che per lui fosse del tutto normale essere rinchiuso in una stanza per gli interrogatori a cui si poteva accedere attraversando delle fiamme.
“Bene, abbiamo saputo che da diversi giorni lei si aggira per il Devon chiedendo informazioni su di un certo Harry Potter. E' la verità?”
Dudley annuì brevemente, con un sospiro. Non era esattamente questo il modo in cui sperava di risolvere la cosa, ma per lo meno Marìas non sembrava essere particolarmente adirata dopo che Weasley le aveva parlato.
“Dice a tutti che quando era bambino aveva un amico di nome Harry Potter che viveva da quelle parti, un amico con cui aveva perso i contatti da anni, ma che gli sarebbe piaciuto ritrovare. E' vero anche questo?”
Dudley annuì di nuovo: ora che usciva dalle labbra di qualcun altro, il suo piano gli sembrava a dir poco patetico.
“E' la verità? Lei e Harry Potter eravate amici, da bambini?”
Dudley scosse la testa, amareggiato. Il sopracciglio pericolosamente inarcato della donna di fronte a lui lo costrinse a trovare il coraggio di aggiungere:
“Non eravamo propriamente amici, ma ci conoscevamo. Io... io sono suo cugino.”
Nella stanza si diffusero mormorii soffusi, che morirono non appena Marìas voltò il capo a fissare gli altri uomini presenti.
“Quando è stata l'ultima volta che ha visto Harry Potter, signor Dursley?”
Dudley sospirò, cercando di non ripensare a quel periodo. Per anni aveva cercato di dimenticare quell'anno vissuto nel terrore, l'anno in cui aveva imparato a temere ogni giorno per la sua vita e per quella dei suoi genitori, senza poter far niente per difendersi, dovendo imparare ad affidarsi a persone che non conosceva e che gli facevano paura.
“Durante l'estate del 1997” rispose, e altri borbottii si diffusero di bocca in bocca. Questa volta Marìas non si prese la briga di zittirli, limitandosi a fissare con curiosità Dudley.
“Sono passati tanti anni. Come mai dopo così tanto tempo lei si è deciso a cercare il signor Potter?”
Dudley riuscì a stento a trattenere una smorfia. Non sarebbe stato facile spiegare perché, dopo quindici anni, lui avesse guidato ore ed ore per cercare di ritrovare Harry Potter. Non sarebbe stato facile spiegarlo ad Harry, e meno che mai lo sarebbe stato spiegarlo a queste figure vestite di blu che lo fissavano con tanto sospetto. E del resto, che diritto avevano di tenerlo rinchiuso in quella stanza e di interrogarlo a quel modo? Dudley sapeva di non essere mai stato una persona particolarmente perspicace, ma non c'era bisogno di Sherlock Holmes per capire che quelle persone, quegli Autor, o quello che era, dovevano essere il loro equivalente del corpo di polizia. Corpo di polizia che aveva aggredito fisicamente un cittadino indifeso e disarmato, lo aveva trasportato con la forza in una sala interrogatori, lo aveva legato ad una sedia e lo aveva minacciato di ritorsioni e torture, nel caso non si fosse mostrato collaborativo. Dudley cercò di fare dei respiri profondi, calmandosi: sospettava che sbottare e mettersi ad urlare non lo avrebbe certo aiutato ad uscire da quella situazione assurda. Oltretutto, temeva che sarebbe risultato poco credibile se fosse sbottato con una vocetta acuta e tremula, chiaramente terrorizzato.
Rendendosi conto che gli occhi di Marìas non lo avevano lasciato nemmeno un secondo, e che la donna evidentemente stava ancora aspettando una spiegazione, si affrettò a balbettare:
“E' una questione... una questione di famiglia, diciamo.”
La donna lo guardò a lungo, sempre con quello sguardo che sembrava voler andare oltre la pelle arrossata della sua fronte per leggere i suoi pensieri. Improvvisamente, Dudley trasalì: e se loro fossero stati in grado anche di leggere il pensiero? C'erano così tante cose che non sapeva di loro, forse in questo momento Marìas stava solo giocando con lui, si stava divertendo a terrorizzarlo ed umiliarlo, ma nel frattempo aveva già letto nella sua mente tutto quello che voleva sapere. Ma no, si disse, in qualche modo si sarebbe accorto se quella donna dallo sguardo tanto intenso di fosse insinuata nei suoi pensieri. E in ogni caso, se anche fosse, Marìas avrebbe semplicemente scoperto che Dudley aveva detto la verità: stava cercando di mettersi in contatto con Harry per una questione di famiglia. E si sarebbe resa conto che non aveva fatto nulla di male, che le sue motivazioni erano del tutto lecite e legittime, mosse solo dalla più completa buona fede.
“Non sapevo che il signor Potter avesse ancora delle questioni in sospeso con questo ramo della sua famiglia” bisbigliò la donna, come fra sé e sé, e così, spinto da chissà quale motivo, Dudley si ritrovò a rispondere:
“Non lo sa nemmeno lui, temo. E non sono sicuro che voglia saperne qualcosa, ma non avevo altra scelta.”
Qualcosa nel suo tono accorato doveva aver smosso lo sguardo impassibile della donna che aveva di fronte, perché improvvisamente i suoi occhi si fecero più luminosi, quasi... quasi compassionevoli, osò sperare Dudley, che così si ritrovò a chiedere:
“Io non ho fatto niente di male. Che cosa mi volete fare?”
La donna sorrise appena, dando un'occhiata vagamente colpevole alle catene che ancora lo tenevano immobilizzato, e rispose:
“Oh, nulla, non si preoccupi. Vogliamo solo chiarire questa situazione. Non appena avremo le prove che ciò che dice è vero, la lasceremo andare, e se la cosa la turba tanto, faremo in modo che non abbia nessun ricordo di quanto successo qui. E' pur sempre un babbano, anche se ha dimostrato di non essere del tutto estraneo al nostro mondo.”
Dudley era più confuso che mai: che cosa, esattamente, volevano chiarire? E che cosa intendevano dire, che non avrebbe ricordato assolutamente nulla? Gli avrebbero fatto quello che avevano fatto a zia Marge tanti anni prima?
“Ma io non ho fatto niente. Vi ho detto chi sono, perché non mi lasciate andare?” si ritrovò a bisbigliare, disgustato dall'inflessione implorante e vagamente spaventata che aveva assunto la sua voce.
Marìas si scambiò un lungo sguardo con un uomo a cui Dudley non aveva prestato attenzione, un uomo alto e possente, che si muoveva con la sicurezza di chi aveva un posto di comando. L'uomo fece un cenno impercettibile con il capo, e così la donna riprese:
“Se non parla con suo cugino dal 1997, immagino che non sappia molto di lui. Comunque, sembra che il signor Potter abbia una particolare propensione per trovarsi sempre al centro di situazioni non del tutto piacevoli. Negli anni si è fatto moltissimi amici, ma conserva ancora qualche nemico, che proprio in questo periodo ci sta dando qualche fastidio. Capirà bene che se uno sconosciuto si presenta in ogni pub del Devon e comincia a fare domande su di lui, noi abbiamo il dovere di indagare.”
Dudley annuì, anche se non era certo di aver capito tutto. Oh, sì, non era stupido: sapeva che Harry era stato preso di mira nientemeno che da una specie di Hitler armato di bacchetta quando andava ancora a scuola, anni prima, ma per quel che ne sapeva, in qualche modo era riuscito a spedirlo al creatore. Possibile che invece di sparire dalla circolazione e godersi finalmente qualche anno tranquillo, suo cugino fosse ancora nei guai? E davvero qualcuno pensava che Dudley potesse rappresentare una minaccia per un... un mago adulto? Cielo, quella situazione era assurda. Quando era partito per il Devon era certo che l'unica cosa che avrebbe potuto ottenere sarebbe stata una situazione scomoda e assurda, ma non immaginava certo che sarebbe finita a quel modo. E del resto, che cosa poteva fare per provare a quella donna che non era uno squilibrato che stava dando la caccia a Harry Potter solo per cercare di farlo fuori?
“Senta, a me dispiace di avervi messo in allarme, ma davvero, non ho fatto nulla di male. Cosa devo fare per convincerla?”
La donna davanti a lui gli lanciò un'occhiata piena di compassione, poi si voltò a guardare il muro di fiamme che ardeva scoppiettando allegramente alle sue spalle, e poi, con un movimento rapido, afferrò il delfino di peluches che giaceva ancora sul tavolo. Come a voler cambiare discorso, la donna chiese:
“Come mai si è agitato tanto quando abbiamo esaminato questo oggetto?”
Un delfino di peluches? Questi maghi che potevano uccidere, torturare e incendiare case con un semplice movimento della mano sospettavano davvero di un delfino di peluches?
“Non sapevo che cosa volevate fargli”, si limitò a rispondere Dudley, sperando che quella donna si decidesse a fargli le domande necessarie per appurare la sua innocenza e poi lasciarlo andare. Non riusciva nemmeno a vedesi l'orologio, non aveva idea di che ore fossero, ma di certo aveva perso ogni speranza di raggiungere Rachel a Londra, quella sera. Probabilmente non lo avrebbero lasciato andare nemmeno il giorno successivo, e se non si fosse presentato in ufficio il signor Palmer si sarebbe occupato personalmente di ucciderlo in maniera lenta ed estremamente dolorosa. Forse sarebbe stato meglio restare prigioniero di queste persone armate di bacchetta, piuttosto che non presentarsi in ufficio dopo una settimana di ferie non programmate.
“Volevamo solo accertarci che questo delfino fosse esattamente quello che appare. Però non si è agitato tanto, quando abbiamo fatto lo stesso con il resto del contenuto del suo zaino.”
Dudley fissò con irritazione quella donna: sembrava che stesse cercando un pretesto qualsiasi per tenerlo lì a parlare di cose inutili, invece che cercare di approfondire e chiarire realmente la situazione.
“Perché questo è un regalo, e non voglio rischiare di regalare qualcosa di pericoloso” sibilò Dudley, a denti stretti.
Marìas scoppiò in una risata squillante, così fuori luogo davanti ad un uomo letteralmente in catene, che Dudley avrebbe sicuramente imprecato, se non fosse stato per il lampo violaceo che tinse le fiamme del grande caminetto di fronte a lui. Un secondo dopo Weasley, l'uomo dai capelli rossi, fece il suo ingresso nella stanza, regalando a Dudley un'altra occhiata di fuoco. Alle sue spalle avanzava un'altra figura, che con il suo maglione e i suoi jeans scoloriti faceva uno strano contrasto con l'ambiente e le altre persone che riempivano la stanza.
Dudley trasalì: erano passati quindici anni, ma l'aspetto di Harry Potter non era cambiato poi molto.

Note: 
Bene, in realtà non credo di aver molto da aggiungere a questo capitolo: siete dei segugi, tutto il mio tentativo di creare qualche falso indizio sul tema centrale della storia è servito a pochissimo, perché quasi tutti avete capito dove voglio andare a parare. 
Tranquilli, non scriverò mai gialli, questo è poco ma sicuro. 
E sì, ecco a voi il signor Potter. Pur avendo sempre scritto solo nel fandom di Harry Potter, raramente ho dato voce al suo personaggio, quindi sto cercando di rivedere al meglio i prossimi capitoli. 
Di nuovo, sentitevi liberi di farmi sapere quello che pensate della storia, nel bene e nel male.
 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: blackjessamine