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Autore: Shade Owl    02/07/2018    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Neanche quella notte fu molto piacevole per Orlaith, che continuò a sognare Homunculi, stregoni e bui tunnel sotterranei. Si svegliò almeno due volte, e in entrambe le occasioni ci mise molto tempo prima di riaddormentarsi. Alla fine, comunque, riuscì a trovare il giusto feeling con il materasso e, verso le quattro, smise di fare brutti sogni, dormendo come un ghiro per il resto della notte.
Quando riaprì gli occhi il mattino dopo scoprì dall'orologio appeso alla parete che erano già le nove passate, e nonostante gli incubi si sentiva meglio: per la prima volta non doveva correre da nessuna parte, seguendo chissà quale tabella di marcia forzatamente imposta da un produttore pazzo e da un (potenziale) stregone miliardario in corsa per il senato.
Al piano di sotto sentiva delle voci, ma esitò a uscire dalla stanza: piuttosto, si sedette sul letto e prese la custodia dal pavimento dove l'aveva lasciata, per poi aprirla e controllare il violino.
Il giorno prima le era caduto di mano quando l'Homunculus l'aveva colpita alla gola. L'impatto non era stato tremendo, certo (dopotutto non era molto in alto quando aveva mollato la presa), ma voleva assicurarsi che non ci fossero danni di sorta.
Si rigirò attentamente tra le mani lo strumento, controllandone ogni centimetro; pizzicò le corde, saggiò con delicatezza la solidità della cordiera, del ponticello e del fondo; il bottone, il manico e le cuspidi parevano intatte, e non c'erano crepe o graffi da nessun'altra parte. Prese l'archetto, assicurandosi che anche quello fosse integro, e provò a suonare una piccola parte di un movimento che ricordava da uno degli spartiti di Mozart, precisamente dal Concerto per Violino e Orchestra Numero Tre.

Qui il brano

Eseguì l'Allegro iniziale, riscoprendo dopo tanto tempo il piacere di suonare solo perché le andava: negli ultimi quattro anni aveva preso in mano il violino per incisioni, prove, concerti ed esibizioni di vario tipo, ma mai, mai una volta per divertirsi e basta. Aveva smesso di considerarlo il suo migliore amico, vedendolo solo come un oggetto costoso da conservare con cura nella sua custodia e sfoggiare di tanto in tanto.
Aveva perso molte cose in quegli anni, e da tanto non suonava della musica classica. Non si era resa neanche conto di quanto ne avesse realmente bisogno, tutta concentrata com'era sulla musica elettronica e dubstep che sì, le piacevano, e molto anche, ma non aveva mai disprezzato i pezzi di Mozart, Beethoven, Vivaldi, Bach... grazie a loro si era innamorata del violino, e sempre con i loro spartiti aveva fatto i primi esercizi.
- Mi sembrava che fossi sveglia.-
La voce di Allwood la colse talmente di sorpresa che l'archetto le sgusciò via dalle corde, producendo un suono stridente e sgradevole sulle corde. Lui sorrise, appoggiato allo stipite della porta, e sollevò una tazza di coccio verde.
- Caffè?-

- Oggi McGrath ti riporterà a casa tua.- disse Allwood, mentre si infilava un frusto cappotto color antracite - Io ho alcune cose da fare. Ci rivedremo presto.-
Seduta su uno dei gradini più bassi della scala, Orlaith annuì.
- Va bene.- disse - Quindi non c'è pericolo?-
- Non credo, no.- rispose lui - Secondo le mie informazioni non ha collegato la scomparsa degli Homunculi a me. Forse li aveva addirittura "programmati" per autodistruggersi una volta finito con te. Ti crederà rannicchiata in un angolo a piangere.-
Beh... non è una cosa così lontana dal vero...
- E a Dave che gli dico?- chiese, soppesando il telefono ancora spento - Non ho più riacceso il cellulare... avrà chiamato la polizia, a quest'ora.-
- Inventati qualcosa. Sono certo che ti verrà un'idea.- rispose Allwood - Appena potrò ricontattarti lo farò. Fino a quel momento comportati in modo normale.-
- Va bene.- disse lei, chiedendosi cosa potesse ancora essere "normale" dopo quanto successo - Non ti ho ancora detto grazie.-
- No, non l'hai fatto.- concordò lui - Bene, buona giornata.-
Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle McGrath scese dal piano superiore, reggendo tra le braccia il suo parka e la giacca che aveva dimenticato lì l'ultima volta.
- La signorina è pronta ad andare?- chiese - O preferisce prima fare colazione? Il signor Allwood ha già mangiato, ma ho tenuto da parte...-
Orlaith si alzò, scuotendo la testa.
- No, ti ringrazio, McGrath.- rispose. In quel momento si rese conto di non sapere il suo nome - Non mi hai mai detto come ti chiami.- osservò.
- Certo che l'ho fatto.- replicò lui, educatamente perplesso - Mi chiamo McGrath.-
- No... il tuo nome. Anche Allwood ti chiama solo "McGrath", nonostante lavori per lui da tanto tempo.-
Il maggiordomo scosse la testa.
- McGrath è sufficiente.- rispose - Ora, desidera che la riaccompagni personalmente o preferisce chiamare un taxi?-
Orlaith esitò, incerta su come rispondere: non voleva arrecargli ulteriore disturbo, e meno tempo avessero passato insieme meno possibilità c'erano che Vaněk lo venisse a sapere. D'altra parte la presenza di McGrath aveva un che di rassicurante, coi suoi modi e la sua statura non proprio minuta.
- Ecco... preferirei che mi accompagnassi.- disse alla fine - Se non... se non ti dispiace, ovvio.-
Lui sorrise di nuovo.
- Naturalmente no.- rispose, tendendole il parka - Ecco, tenga. Il signor Allwood lo ha sistemato personalmente questa mattina, mentre lei dormiva. Troverà che il suo Cerchio Magico ha rimosso ogni traccia di sporcizia e gli strappi.-
Orlaith prese la giacca e la guardò con tanto d'occhi: doveva imparare assolutamente a usare il Cerchio Magico anche lei: era meglio di una lavatrice.

Durante il tragitto riaccese il telefono e chiamò Dave, quantomeno per fargli sapere che non era scomparsa dalla faccia del pianeta. Il produttore rispose dopo appena due squilli, e dire che lo trovò agitato sarebbe stato riduttivo.
Orlaith!- gridò - Dònde has estada? Porque no llamaste? Estàs loca? O eres solo perra?-
- David... David... DAVID!- esclamò Orlaith, cercando disperatamente di zittirlo - Vuoi chiudere il becco per un secondo e starmi a sentire? E poi, vuoi capirlo o no che non so una parola di spagnolo?-
Già... meno male, perché non ho detto cose molto carine...- rispose lui, tornando all'inglese - Porca miseria, Orlaith, lo sai quanto mi hai fatto preoccupare? Ti ho cercata tutta la notte! Pensavo che Vaněk ti avesse mangiata!-
- Beh, c'è andato vicino...- sbuffò lei - Ha avuto da ridire sul numero di album che ho pubblicato... per lui era insufficiente.-
Cosa? Tutto qui?-
- Sì, se per "tutto qui" intendi che si è comportato da bastardo arrogante e che mi ha trattata peggio di come avrebbe fatto un Pooka.-
- Sì, ehm... fai finta che sappia cos'è un... puca.- disse David - Ma dov'eri finita, si può sapere?-
- Sono andata in albergo per una notte. Mi serviva un po' di tempo da sola.-
Hai saltato le cover, e stamani dovevi essere a lezione di canto!-
- Beh, non perderò la voce se salto una volta.- rispose - E poi anche io ho il diritto di prendermi un po' di tempo per me, no? Non esiste solo il lavoro.-
Certo che no... ma lo sai che ci tengo a lanciarti sempre più su. Non possiamo rallentare adesso, la tua carriera...-
- Sì, ne sono consapevole. Ora richiama i mastini, va bene? Sto tornando a casa mia, ci sentiamo stasera.-
Stasera? Ma l'incontro con le ballerine...-
- Mandagli dei fiori e salutamele!- disse, un attimo prima di riattaccare.
- Ben fatto, miss Alexander.- commentò McGrath, guardandola dallo specchietto retrovisore.
Lei sorrise, strizzandogli l'occhio.

- Il signor Allwood mi ha chiesto di darle questo.- disse McGrath, mentre le teneva aperta la portiera.
Nella mano teneva un cellulare vecchio stile, con la tastiera e lo schermo piccolo. Somigliava a quelli che si trovavano dai rivenditori per strada, che potevi portare via a pochi dollari il pezzo. Anche meno se sapevi trattare.
- Grazie, ma ho il mio.- disse con un sorrisetto, agitandolo in aria - E credo sia un po' più recente.-
- Non giudichi i libri dalla copertina, miss Alexander.- replicò McGrath - Questo ha un aspetto antiquato per evitare di attirare troppo l'attenzione. Non può essere rintracciato, a differenza del suo. Potrà usarlo per contattare me o il signor Allwood in caso di necessità. Anche noi ci faremo sentire attraverso questa linea.-
Orlaith prese il piccolo cellulare, rigirandolo tra le dita: aveva un'aria triste, grigia e poco interessante. Nemmeno un borseggiatore avrebbe guardato due volte un gingillo simile. Probabilmente era per questo che aveva quell'aspetto.
- Grazie.- disse, intascandolo - Anche per tutto quello che avete fatto per me fino ad ora.-
- Dovere, miss.- rispose con uno dei suoi inchini McGrath, chiudendo la portiera - Ora, se non le dispiace, prendo congedo. Le auguro una buona giornata.-
Lo guardò allontanarsi, sparendo nel traffico di New York, e quando lo ebbe perso di vista entrò nella Beekman Tower dopo più di ventiquattr'ore di assenza.

Una volta tanto la povera Orlaith può rilassarsi qualche minuto. La settimana prossima vedremo qualcosa in più sulle sue abilità, ve lo dico...
A presto!

 

   
 
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