Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Saigo il SenzaVolto    08/07/2018    2 recensioni
AU, CROSSOVER.
Prequel de 'La Battaglia di Eldia'
Boruto Uzumaki, il figlio del Settimo Hokage di Konoha. Un prodigio, un genio. Un ragazzo unico nel suo genere.
Un ragazzo il cui sogno verrà infranto.
Una famiglia spezzata. Una situazione ingestibile. Un dolore indomabile. Una depressione profonda. Un cuore trafitto.
Ma, anche alla fine di un tunnel di oscurità, c'è sempre una luce che brilla nel buio.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. La sua crescita, la sua famiglia, il suo credo, i suoi valori.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. Un prodigio. Un ninja. Un traditore. Un Guerriero.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

UNA REALTÀ DIVERSA



 23 Maggio, 0015 AIT
Foresta Senza Nome, 25 Km a Est di Konoha
Terra del Fuoco
09:46

Boruto starnutì, strofinandosi assieme le mani e tendendole verso le braci rimaste del fuoco che aveva acceso la notte precedente. Erano passati due giorni interi da quando lui e i suoi due inseparabili amici avevano preso a dirigersi verso Est, percorrendo ininterrottamente la foresta senza mai fermarsi se non per dormire la notte. Non avevano potuto fare altrimenti. I ninja della Foglia erano sempre e costantemente alle loro calcagna, e non accennavano minimamente a desistere dalla loro ricerca.

Solamente in questi due giorni, Boruto, Mikasa e Sora avevano incrociato nella foresta ben tre gruppi diversi di ANBU e Jonin. Il loro obiettivo era palese: trovarli per ricondurli forzatamente al Villaggio. I tre amici erano fortunatamente riusciti a non farsi individuare grazie al Sigillo che Urahara aveva impresso su ciascuno di loro e nascondendosi con moltissima cura da ogni forma di vita, ma anche nonostante queste loro precauzioni non potevano permettersi di abbassare la guardia. I loro inseguitori erano persistenti. Talmente tanto persistenti da averli costretti a non accendere nessun falò per due notti di fila. Solamente ieri si erano potuti concedere questo lusso. Questo aveva portato per i tre amici a due notti lunghissime e insonni fatte di freddo e di agitazione. La Terra del Fuoco, contrariamente a quanto faceva intendere il nome, non era per niente calda di notte, e nessuno di loro aveva avuto modo di portarsi da casa un sacco a pelo per riscaldarsi, a causa della loro fuga inaspettata da tutti.

Boruto starnutì di nuovo. Con le sopracciglia aggrottate, il biondino protese la mano verso un piccolo bicchiere di tè messo a scaldare sopra la brace e sospirò di sollievo mentre lo sorseggiò. Non era nulla di speciale o di gradevole, solo un miscuglio di acqua di fiume bollita e alcune erbe locali, ma almeno lo aiutava a riscaldare le membra dopo una notte gelida. Accanto a lui, Mikasa e Sora bevevano a loro volta con avidità, senza dire nulla.

Era da quando si erano svegliati che nessuno parlava.

La loro nuova vita da ricercati non si stava svolgendo per niente nel modo in cui si erano immaginati potesse svolgersi. Il viaggio verso la costa era ancora lungo e pieno di pericoli, e nessuno di loro sapeva bene come affrontarlo appieno. Specie contando il fatto che sopravvivere nella natura selvaggia senza provviste si stava rivelando sempre più faticoso. Se non fosse stato per il cervo che Mikasa era riuscita a cacciare il giorno prima, probabilmente i tre giovani avrebbero davvero patito la fame.

La cruda realtà della situazione in cui erano finiti si stava rivelando sempre più angosciante per tutti loro. E adesso che Boruto e gli altri avevano cominciato a intravederla, tutti e tre avevano davvero preso a sentire la mancanza delle comodità che la vita moderna aveva offerto loro mentre vivevano nel Villaggio. L’acqua corrente. L’acqua calda per farsi un bagno. L’elettricità. Un letto morbido. Un pasto caldo. Un tetto che non gli faceva piovere addosso, “…a differenza di questi maledetti rami degli alberi!” urlò mentalmente il biondino.

Finora, Boruto e gli altri erano riusciti ad evitare il Villaggio della Foglia e i suoi ninja dirigendosi a Sud, molto lontano dai confini di Konoha, e riprendendo la marcia verso Est con rapidità. Ed erano rimasti davvero colpiti da quanto fosse risultato facile celarsi alla vista di tutti. Nessuno di quelli che avevano intravisto lungo il tragitto si era davvero accorto di loro fino ad oggi, anche se questo non significava niente. Un segugio del clan Hinuzuka sarebbe potuto essere sempre sulle loro tracce, oppure un insetto microscopico del clan Aburame avrebbe potuto spiarli a loro insaputa. Non ne avevano idea, e proprio per questo non potevano permettersi di abbassare la guardia.

Finendo di bere il proprio tè in fretta, Boruto si rimise in piedi. “Coraggio ragazzi,” disse, rivolgendosi a Mikasa e Sora. “Non perdiamo altro tempo. Dobbiamo riprendere la marcia.”

I due giovani si limitarono ad annuire in silenzio, alzandosi a loro volta e cominciando di nuovo a correre per la foresta alla massima velocità.

E così, i tre Nukenin corsero tra gli alberi senza fermarsi mai, tutti e tre decisi a darsi una mossa per non farsi scoprire da nessuno. Il loro viaggio si protrasse senza intoppi per circa un’ora, fino a quando poi accadde qualcosa all’improvviso.

“WHOAAAA!”

Boruto e Mikasa arrestarono la corsa di scatto, voltandosi con gli occhi sgranati all’indietro. Quello che videro sembrava una scena comica.

Sora era misteriosamente finito all’aria, a penzoloni e a testa in giù, legato da una gamba ad una corda spessa che si protraeva fino ad un grosso albero. Il moro penzolava e oscillava dalla corda come un pagliaccio in maniera patetica, la sua espressioni sconvolta e confusa come se non si fosse reso conto di quello che era successo.

Boruto lo guardò con incredulità. “Non ci posso credere!” esclamò, la sua voce un misto di esasperazione e ilarità. “Sora, sei finito come un allocco in una trappola posta nel mezzo della foresta! Come diavolo hai fatto a non vederla? Era una trappola semplicissima e banale!”

“Che diavolo ne so!” ribatté quello, tentando invano di divincolarsi furiosamente con le gambe e le braccia. “L’hai detto anche tu: non l’ho vista proprio!”

Mikasa si passò una mano sulla faccia. “Che bell’inizio di giornata…” Boruto scoppiò a ridere dinanzi a quella scena.

“Invece di ridere, venite qui e DATEMI UNA MANO A LIBERARMI!” urlò quello, ancora più imbarazzato e furioso. Boruto e Mikasa fecero per avvicinarsi a lui, quando però all’improvviso una voce sconosciuta si sentì riecheggiare nell’aria non troppo distante da loro.

“Che cos’è questo frastuono?”

I tre giovani si voltarono si scatto con la testa verso la direzione della voce, sconvolti.

“Dannazione, qualcuno ci ha sentiti!” imprecò Mikasa, la sua faccia tesa.

“Presto,” esclamò Boruto con enfasi e fretta. “Attivate subito una Tecnica della Trasformazione! Nessuno deve capire chi siamo!”

Detto ciò, Mikasa, Boruto e Sora (quest’ultimo sempre a penzoloni all’aria) fecero immediatamente un Sigillo con le mani e sussurrarono il nome della Tecnica.

Henge no Jutsu!” (Tecnica della Trasformazione).

Subito dopo, con un leggero scoppio di fumo, tutti e tre i giovani cambiarono all’istante il loro aspetto originario grazie alla Tecnica, assumendo le sembianze di tre viandanti dall’aspetto comune e innocuo.

Boruto aveva assunto l’aspetto di un giovane adolescente sui diciotto anni coi capelli castani, una corporatura snella ed un volto piuttosto comune. Mikasa si era mutata in una giovane ragazza della medesima età di Boruto dai lunghi capelli dorati, il viso ovale e gli abiti da paesana. Sora infine aveva preso le sembianze di un quindicenne dai capelli neri e spigolosissimi, vestito come un monello di strada.

Fecero appena in tempo ad assumere quell’aspetto falso che, dopo nemmeno tre secondi, da una fitta coltre di siepi in mezzo agli alberi spuntarono fuori due figure inaspettate. Il primo era un anziano dalla testa calva e una lunga barba bianca, mentre l’altro un ragazzo moro più giovane vestito come un comune lavoratore con gli abiti macchiati di sudore e terra. Nessuno dei due aveva l’aspetto di un ninja, con loro sommo sollievo.

L’anziano li squadrò uno ad uno con uno sguardo confuso e attento, inarcando un sopracciglio appena posò gli occhi sulla figura penzolante di Sora. “Santo cielo, come hai fatto a finire in quella trappola, giovanotto?” chiese con un tono incredulo.

Sora ridacchiò nervosamente, grattandosi la nuca a testa in giù. “Ahahah… S-Stavo camminando e non ho guardato dove mettevo i piedi…” si giustificò pateticamente. Detto ciò, il ragazzo si issò in alto col busto, evocando un kunai nella mano e usandolo per recidere la corda che lo legava dalla gamba. Crollò a terra di sedere, gemendo sommessamente per il dolore.

Boruto sospirò con rassegnazione. “Vi prego di scusarlo,” disse. “Il nostro amico tende sempre a stare con la testa tra le nuvole.”

“Oh, non fa nulla. Sono cose che capitano.” lo rassicurò subito l’anziano, guardandolo con uno sguardo sereno. “Però, non ho potuto fare a meno di notare il modo in cui il tuo amico ha evocato quel kunai. Siete per caso dei ninja?”

“Non proprio,” mentì subito Boruto, cercando di inventare una scusa che fosse abbastanza credibile. “Io e i miei amici siamo solo dei contadini. Ci siamo messi in viaggio per raggiungere la Terra dell’Acqua in cerca di fortuna. Ma abbiamo qualche rudimentale conoscenza delle arti Ninja, se è questo quello che volevate sapere.”

Rudimentale è dirla grossa,” esclamò ironicamente il ragazzo accanto all’anziano. “Nessun ninja sarebbe mai potuto cadere in una trappola così banale.”

Boruto per poco non scoppiò a ridere appena vide l’imbarazzo e la rabbia che ardevano nel volto del suo amico, tuttavia riuscì a mantenere la calma e a non farlo notare. Mikasa rimase impassibile come sempre. Sora decise saggiamente di non ribattere all’insulto ricevuto, limitandosi ad incrociare le braccia con un’espressione imbronciata.

“Certo però che è un bel guaio questo,” riprese a dire l’anziano dopo un paio di secondi di silenzio, posando lo sguardo sulla trappola ormai scattata. “Adesso non riusciremo più a catturare l’Orso Demone senza quella trappola.”

Mikasa lo guardò con un sopracciglio incurvato. “Orso demone?” ripeté, confusa.

L’anziano assunse un’espressione cupa. “Oh, si tratta di una creatura orrenda e spaventosa che si aggira in questa parte della foresta da diverso tempo ormai,” spiegò solennemente a tutti e tre. “Un orso gigante alto quasi come una montagna e grosso quanto un macigno! Un vero e proprio demone della foresta!”

Boruto sbruffò mentalmente. “Un orso demone, come no…”

Sora guardò i due nuovi arrivati con serietà. “Comunque sia, possiamo aiutarvi?” chiese con educazione.

Gli occhi del vecchio e del giovane si sgranarono. “Lo fareste davvero?” esclamò il più giovane, incredulo.

“Er, no, volevo dire-” tentò subito di spiegare Sora vedendo che avevano frainteso la sua domanda, ma non fece in tempo a dire nulla.

L’anziano gli corse addosso con una rapidità comica, afferrandogli le mani e scuotendole vigorosamente. “Avete detto di possedere delle abilità ninja, giusto?” gracchiò con enfasi.  “Allora sono certo che potreste darci una mano! Vi prego, venite nel nostro villaggio! Abbiamo un disperato bisogno di aiuto, vi supplico!”

Sora e gli altri si lanciarono un’occhiata di sottecchi all’udire la supplica, incerti su cosa fare. Accettare di aiutare quelle persone sarebbe stato rischioso. Con i ninja della Foglia alle loro calcagna, qualcuno avrebbe potuto trovarli se si fossero fermati a lungo. Rifiutare era senza ombra di dubbio la scelta più saggia e conveniente.

Tuttavia, vedendo la disperazione negli occhi dell’anziano e del giovane, nessuno di loro tre riuscì a trovare la forza di dire di no. Non potevano restare impassibili quando qualcuno chiedeva una mano con così tanta necessità. Nemmeno dei traditori come loro.

Boruto sospirò. “Va bene,” concesse alla fine. Avrebbero colto quest’occasione per concedersi una breve pausa dalla fuga ininterrotta. E poi, in fin dei conti andare in un villaggio avrebbe avuto dei vantaggi anche per loro. Vantaggi come un letto morbido o provviste. Inoltre, i loro vestiti erano sudici e sporchi come non mai, e tutti e tre avevano assolutamente bisogno di farsi un bagno. Una visitina in un centro abitato non sarebbe stata sgradita, dunque.

L’anziano e il ragazzo presero ad esultare appena udirono la loro risposta, cominciando a saltellare con gioia all’aria. Boruto, Mikasa e Sora li guardarono con esasperazione. “Fate strada,” disse Boruto.

E così, loro cinque presero a dirigersi tutti insieme sempre più ad Est, uscendo dalla foresta e proseguendo verso delle valli e delle gole rocciose che separavano la Terra del Fuoco dall’oceano.
 

Il villaggio che raggiunsero era a malapena definibile come villaggio. Era un ammasso di baracche costruite sul fianco di una montagna rocciosa e deserta, lontana miglia e miglia da ogni tipo di civilizzazione. Non c’erano alberi in quella zona della montagna. E non c’era nemmeno una strada che conduceva verso o fuori dal villaggio. Boruto non era neppure sicuro che questo posto fosse segnato sulle mappe, visto che non aveva neanche un nome. L’anziano e il giovane che li avevano condotti qui si erano sempre limitati a chiamarlo ‘casa’.

C’erano forse un centinaio di persone che componevano questo villaggio, abitando in piccole baracche di legno e in grossolane capanne dai tetti di paglia. Tutte le persone che vivevano lì erano più grandi di Boruto e dei suoi amici, nei loro ultimi anni di adolescenza o persino più grandi. Non c’erano bambini. Erano tutti magri, e gli abiti della gente erano vecchi e logori. Vedendo ciò, i tre amici dedussero subito che tutti gli abitanti di quel posto dovevano essere molto poveri.

“Per di qua,” disse l’anziano, guidando Boruto e gli altri verso la capanna più grande e più ben messa del villaggio. Era più grande e ampia rispetto alle altre baracche, e sembrava essere stata costruita anche con una certa abilità di manodopera. Il legno era dipinto e trattato per resistere alle intemperie, e il tetto di paglia intrecciato e compresso con cura per non far passare l’acqua piovana.

L’interno era ampio e semplice con una sola stanza. Al centro c’era una piccola buca al cui interno ardeva un fuoco attorno a cui erano radunati diversi uomini e donne, tutti molto anziani. Appena Boruto e gli altri entrarono, tutti i presenti si voltarono verso di loro. I loro sguardi si soffermarono sui tre nuovi arrivati, scrutandoli dalla testa ai piedi.

Poi, uno degli anziani si sollevò in piedi lentamente. “E loro chi sono?” chiese.

L’anziano che li aveva accompagnati ridacchiò. “Sono dei viaggiatori diretti verso la Terra dell’Acqua. Mi hanno detto che possiedono delle conoscenze nelle arti dei ninja, e quindi li ho condotti qui sperando che possano darci una mano.”

I volti degli anziani si illuminarono visibilmente all’udire quelle parole.

“Eccellente, eccellente,” dichiarò l’anziano di prima, portandosi davanti ai tre giovani. “Benvenuti! Io sono Satoshi, il capo di questo umile villaggio. Io e la mia gente veniamo dalla Terra del Gelo.” disse, accennando un inchino.

Boruto si portò davanti ai suoi amici e ricambiò l’inchino. “Piacere,” disse, cercando di pensare rapidamente ad un nome falso con cui presentare sé stesso e i suoi amici.  Non era per niente saggio usare i loro veri nomi, e anche se non gli piaceva mentire non c’erano altre soluzioni. “Io sono, ehm… Saigo! E loro due sono i miei compagni di viaggio: Nede e Riku.”

“Il vostro aspetto non mi ricorda dei ninja,” disse Satoshi, osservandoli curiosamente. “Come fate a conoscere le arti degli Shinobi?”

“Ecco, diciamo che abbiamo avuto modo di imparare qualcosa in passato,” rispose Boruto, aggirando la domanda. “Hai detto che siete originari della Terra del Gelo. Ma allora che cosa ci fate così a Sud?”

Satoshi e gli altri anziani nella stanza lo guardarono con tristezza. “La nostra terra natia è stata devastata durante la Quarta Guerra Mondiale, e il Paese del Gelo deve ancora riprendersi parecchio prima di poter permettere a noi di ritornare a vivere lì.”

“Ah…” fece Boruto, mortificato. Secondo quanto aveva letto nei libri di scuola, la Terra del Gelo, quella delle Terme e quella del Suono erano Paesi che avevano subito gravissimi danni durante gli scontri dell’ultima Guerra. In quei punti le mappe stavano ancora venendo ridisegnate per delineare i confini dove Madara Uchiha e i Demoni Codati si erano scontrati. Ancora oggi si diceva che durante quegli eventi intere montagne erano state distrutte, foreste immense erano state rase al suolo e i fiumi si erano tinti di rosso col sangue dei caduti in battaglia. Molti degli abitanti erano stati costretti a levare le tende e vivere da rifugiati.

“Non compatiteci, giovanotti,” disse Satoshi vedendo l’esitazione nei loro volti. “La nostra gente è diventata molto più forte e unita grazie alle difficoltà che abbiamo affrontato. E anche se a tutti noi manca moltissimo la nostra terra natia, siamo pur sempre riusciti a sopravvivere alla Guerra. Questa è l’unica cosa che conta.”

Boruto, Mikasa e Sora si limitarono ad annuire. La Terra del Fuoco era rimasta quasi interamente intoccata dalla Guerra, tranne che nel confine più settentrionale. Per questo nessuno di loro sapeva cosa si provasse nel perdere per sempre la propria casa, anche se la situazione in cui si trovavano adesso era molto simile.

“Ma non dilunghiamoci con questi discorsi tristi. Venite, suvvia. Vi offriremo un po' di zuppa,” disse ancora l’anziano capo, esortandoli a sedersi accanto al fuoco.

Boruto e gli altri non se lo fecero ripetere due volte a causa della fame. Una donna anziana, la moglie di Satoshi, raccolse tre mestolate di una strana zuppa bianca da un grosso pentolone posto sul fuoco, versando poi la brodaglia dentro a delle piccole ciotole ed offrendole ai giovani con un sorriso, per poi cominciare a servire anche gli altri. Boruto osservò la zuppa, mescolandola con un cucchiaio. Era una sorta di minestra di riso che conteneva più acqua che riso. E a giudicare delle occhiate invidiose che tutti e tre stavano ricevendo da alcuni dei presenti, lui e i suoi amici ne avevano appena ricevuta più della porzione che gli altri erano soliti ricevere. Vedendo ciò, Boruto dedusse che il motivo per cui tutti erano così magri in quel villaggio era la mancanza di cibo. La quantità che loro tre avevano appena ricevuto doveva essere probabilmente maggiore rispetto a quella che gli altri prendevano ogni giorno.

Non volendo apparire rude o scortese, il giovane Uzumaki prese a mangiare in silenzio. La zuppa era blanda e senza sapore, fatta di mera acqua calda con qualche occasionale pezzetto di riso dolciastro. Eppure, questo era tutto ciò che quella gente possedeva. L’atmosfera attorno al fuoco si fece silenziosa e depressa, e tutti presero a rimanere in silenzio durante quel pasto misero.

Sora alla fine ruppe il silenzio, incapace di sopportare tutta quella tensione. “Allora,” cominciò a dire, cercando di rallegrare l’aria. “A cosa vi serve il nostro aiuto? Prima avete accennato a una specie di orso… Un… Un orso demone, giusto?”

All’udire ciò, la tensione nell’aria sembrò farsi ancora più pesante di prima. “È da diverso tempo che siamo perennemente attaccati da una grossa creatura,” spiegò allora Satoshi, schiarendosi la gola. “Dall’aspetto ricorda un orso, ma è molto, molto più grande. Un uomo adulto potrebbe passare in mezzo alle sue gambe senza nemmeno dover piegare le ginocchia o il busto. Esso sbuca fuori dalla foresta durante la notte e distrugge i nostri campi, divorando quel poco che riusciamo a coltivare. Se non lo fermiamo, presto la nostra gente morirà di fame.”

Boruto e gli altri due assottigliarono gli occhi, credendo che gli abitanti del villaggio stessero esagerando. Non poteva esistere un animale talmente grosso. “E perché non avete chiesto aiuto ad un Villaggio Ninja?” chiese ancora Sora.

All’udire ciò, tutti i presenti abbassarono lo sguardo a terra con vergogna e amarezza. “Non possiamo permettercelo,” rispose l’anziano che li aveva condotti lì. “La nostra gente non ha soldi. Non saremmo in grado di pagare un servizio simile in nessun Villaggio.”

“Oh,” fece Sora, rimproverandosi mentalmente. Boruto e Mikasa li osservarono con uno sguardo triste. Se questa gente non poteva permettersi un pasto decente, era ovvio che non avrebbero mai potuto chiedere aiuto a dei Ninja.

Vedendo le facce depresse degli anziani, Boruto cercò istintivamente di rallegrarli con un ghigno. “Beh, non temete!” disse ad alta voce. “Adesso io e i miei amici siamo qui, e noi tre faremo di tutto per liberarvi da questo orso demone! Avete la mia parola!”

Il suo ghigno si allargò appena vide dei piccoli sorrisi e delle lacrime di gioia comparire sui volti degli anziani. E in quel momento, Boruto comprese per la prima volta una cosa. Anche se adesso non era più un ninja, anche se adesso lui e i suoi amici erano diventati dei traditori e dei Nukenin, questo non poteva impedire loro di fare del bene. Non poteva impedire loro di fare l’unica cosa che contava più di tutte, anche per gli Shinobi.

Aiutare la gente.

Appena tutti ebbero finito di mangiare, Satoshi condusse i tre giovani in una piccola capanna vicino al centro del villaggio, offrendola loro come luogo dove poter passare la notte. Era delle stesse dimensioni della baracca in cui avevano mangiato, palesemente fatta per essere l’abitazione del capo del villaggio. La gente stava offrendo loro il loro miglior abitacolo solo perché avevano deciso di aiutarli. Una volta dentro, Boruto e i suoi amici videro con fin troppa chiarezza che la capanna era stata precedentemente abitata da qualcuno. Qualcuno che si era trasferito momentaneamente solo per ospitare loro tre.

Perciò, toccati profondamente da quel gesto di ospitalità e gratitudine, Boruto, Mikasa e Sora passarono la notte ripromettendosi di aiutare ad ogni costo questa gente e discutendo un piano per abbattere quel fantomatico orso demone.
 


24 Maggio, 0015 AIT
Villaggio senza nome, Terra del Fuoco
37 Km a Sud-Est di Konoha
06:00

Boruto, Mikasa e Sora non presero molto sonno durante quella notte. Si svegliarono molto presto all’alba, attivando segretamente di nuovo le loro Tecniche per assumere un aspetto falso e cominciando a passeggiare per le vie del minuscolo villaggio in silenzio. Rimasero stupiti da quante persone fossero sveglie già a quell’ora. Uomini e donne di diverse età si aggiravano per le strade con rapidità, intente a portare in spalla dei grossi secchi vuoti e dirigendosi lentamente fuori dal villaggio. Qualcuno, di tanto in tanto, faceva loro un gesto di saluto appena posava gli occhi su di loro.

I tre giovani osservarono la scena con attenzione e serietà, intenti a carpire le particolarità della vita degli abitanti di quel luogo.

“Ehi!” fece Sora ad una donna che si stava dirigendo verso l’uscita del villaggio. “Dove state andando tutti a quest’ora?”

La donna lo guardò con un sorriso stanco. “Andiamo a raccogliere l’acqua da un fiume,” rispose. “È l’unico modo che abbiamo per procurarci da bere per la giornata.”

Mikasa aggrottò le sopracciglia all’udire ciò. “Non avete un pozzo qui nel villaggio?”

“No, purtroppo,” rispose quella. “Il terreno secco e arido di questa montagna non possiede nessuna fonte. L’unica acqua disponibile è quella del fiume.”

“E quanto dista questo fiume da qui?” domandò ancora Boruto.

“Circa sei chilometri.”

I tre ragazzini sgranarono gli occhi, allibiti. Questa gente era costretta a farsi ogni mattina sei chilometri a piedi solo per andare a raccogliere l’acqua! E come se non bastasse, la quantità di cibo che avevano a disposizione era scarsa e insufficiente a causa delle devastazioni e degli attacchi di questo fantomatico orso. La loro situazione era davvero critica.

Sora abbassò lo sguardo a terra. “Non posso credere che questa gente riesca a vivere in queste condizioni,” disse sommessamente. “Non hanno né cibo né acqua, e adesso anche questo orso demone ha preso di mira il villaggio.”

Mikasa annuì, il suo sguardo monotono un po' più triste del solito. “Se la passano davvero brutta.”

“Purtroppo è così che stanno le cose,” fece una voce alle loro spalle.

I tre giovani si voltarono, trovandosi faccia a faccia con il volto rugoso di Satoshi.

Boruto fece un passo verso di lui. “Perché continuate a vivere così?” gli chiese, incredulo. “Potreste cercare di chiedere un aiuto a qualche Villaggio. Sono certo che Konoha vi darebbe sostegno vedendo le vostre condizioni critiche.”

Satoshi scosse la testa. “Il Villaggio della Foglia non può darci nessun aiuto,” ribatté con rassegnazione. “Abbiamo già provato a chiedere un sostegno finanziario all’Hokage molti anni fa. Ma non abbiamo mai ottenuto successo.”

Gli occhi dell’Uzumaki si assottigliarono. “Come mai?”

L’espressione del capo del villaggio si fece pesante. “All’epoca della carica del Sesto Hokage, io e alcuni della mia gente andammo a Konoha a chiedere aiuto alla Foglia a nome di tutto il nostro villaggio,” spiegò lentamente. “Ma già allora l’Hokage non poté fare nulla per noi. L’eccessivo e costante sviluppo che il Villaggio della Foglia stava avendo in quegli anni occupava tutte le risorse finanziarie e gli investimenti della gente. Non c’erano abbastanza soldi per venire incontro alla nostra gente.”

“Ma adesso le cose potrebbero essere cambiate,” insisté Mikasa. “Adesso potrebbero darvi una mano!”

“Non credo proprio. In questi ultimi anni i Villaggi ninja e le Capitali dei vari Paesi si stanno arricchendo notevolmente, lo ammetto, me è proprio per questo che gli investimenti calano.”

“Che vuoi dire?” domandò Boruto, confuso.

Satoshi lo guardò con un sorriso rassegnato. “Voglio dire, mio giovane Saigo, che la gente che dalle periferie si trasferisce nel Villaggio sta aumentando a dismisura. Ormai, tutti villaggi che si trovano fuori dai confini di Konoha o degli altri Villaggi ninja stanno scomparendo. La vita si fa sempre più difficile fuori dai centri moderni, e nessuno preferisce vivere fuori dalla civilizzazione come un tempo. I Villaggi stanno investendo tutte le loro risorse per accogliere quanta più gente possibile sfruttando ogni tipo di risorsa a loro disposizione, e questo di conseguenza impoverisce noi, gente esterna, che in passato eravamo in grado di autosostenerci grazie alle risorse che possedevamo.”

“Vuoi dire,” lo interruppe Boruto, sospettoso. “Che a causa dell’insostenibile crescita dei Villaggi Ninja e del loro continuo sfruttamento di risorse naturali, le vostre risorse stanno diminuendo a loro volta?”

“Esatto,” confermò l’anziano. “Dovete sapere, cari giovani, che un tempo questa zona non era secca e deserta come la vedete adesso. Qui una volta scorreva un fiume molto ampio, molti anni fa. Lo stesso fiume da cui attingiamo ogni mattina l’acqua facendoci sei chilometri a piedi.”

Sora inarcò un sopracciglio. “E allora come mai adesso non c’è più acqua?” chiese. “Perché il fiume non scorre più qui?”

“Semplice, Riku. Perché il Villaggio della Foglia ha deviato il corso del fiume per costruirci una centrale idroelettrica diversi anni fa,” spiegò, sconvolgendoli enormemente con quella rivelazione.

“Che cosa?!” esclamò Sora, incredulo. “Perché lo hanno fatto? Vi hanno tolto letteralmente tutta l’acqua! Come ha potuto l’Hokage permettere una cosa del genere?”

Satoshi sospirò. “Perché così facendo avrebbe garantito agli abitanti del Villaggio l’energia elettrica necessaria per la vita,” rispose semplicemente l’anziano capo. “Io non me ne intendo certo di economia, ma non ci vuole un genio per intuire la mostruosa quantità di energia necessaria al fabbisogno di un’intera metropoli come Konoha.”

“Ma allora, perché non vi trasferite al Villaggio anche voi?” chiese Boruto. “Perché restate qui nonostante tutte queste difficoltà?”

L’anziano lo guardò con un sorriso triste. “Oh mio giovane amico, lo faremmo se potessimo. Ma la maggior parte della gente qui è anziana. Non saremmo in grado di sostenere un viaggio simile. Io in primis.”

Boruto, Mikasa e Sora abbassarono lo sguardo a terra appena registrarono quelle parole. Era evidente per loro che la situazione di questa gente fosse davvero misera. Non potevano abbandonare questo luogo, ed erano costretti a vivere miseramente nella povertà senza poterci fare nulla. Una vera e propria ingiustizia sociale e morale.

Boruto sentì uno strano senso di impotenza e frustrazione nascergli dentro. Non era giusto. Non era giusto che questa gente fosse costretta a subire una situazione così opprimente e difficile. Possibile che non ci fosse una soluzione? Possibile che non ci fosse un modo per aiutarli?

I suoi pugni si serrarono con forza.

La cruda realtà delle cose prese a farsi sempre più nitida nella sua testa. Fino a qualche giorno fa, lui non avrebbe mai pensato che potesse esserci della gente al mondo che viveva in una situazione così misera. Non lo aveva mai pensato. Non lo aveva mai visto coi suoi occhi. La comodità e la vita di lusso che aveva sempre vissuto nel Villaggio lo avevano reso cieco. Gli avevano fatto credere che il mondo si fosse evoluto, si fosse stabilizzato. Gli avevano fatto credere che la povertà fosse stata sconfitta da tempo. Ma oggi aveva visto per la prima volta che le cose non stavano così. Per niente. La miseria, la fame, la povertà… tutti questi mali esistevano ancora. Erano sempre presenti, oggi più che mai.

Perché mentre la gente del Villaggio viveva nel lusso e nella comodità, qui fuori la gente pativa la fame e la sete.

Era ingiusto, da un certo punto di vista. Nessuno meritava di vivere in condizioni così disastrate e difficili quando molti altri potevano avere una vita comoda e pacifica all’interno delle città e dei Villaggi ninja. L’unica differenza tra un abitante di Konoha e uno di questo piccolo villaggio era la fortuna. Uno aveva avuto la fortuna di nascere e crescere nel lusso. L’altro… non era stato così fortunato.

Fu in quel momento che Boruto realizzò per la prima volta quanto fosse stato fortunato ad essere nato a Konoha. Lui non era stupido. Dopotutto, dalla vita aveva avuto tutto. Una bella casa. Una vita comoda. Tanti amici. Un letto. Cibo in abbondanza.

Eppure, adesso lui aveva rinnegato tutto questo.

Boruto però non rimpiangeva la sua scelta. Dopotutto, in realtà, non era vero che aveva avuto tutto dalla vita. Anche quando viveva nel Villaggio si era sempre reso conto che gli mancava qualcosa. Aveva sempre saputo di essere incompleto. Di non avere ogni cosa che desiderasse.

Perché lui aveva perso la sua famiglia. Era stato abbandonato. Era stato scartato come un rifiuto.

In poche parole, aveva perso l’unica cosa che aveva sempre desiderato veramente.

La famiglia.

Per questo riusciva ad immedesimarsi e a provare compassione per questa gente. Perché anche lui, anche Mikasa e anche Sora avevano vissuto nella povertà. Nel dolore. Nella fatica. L’unica differenza era che loro tre si erano uniti assieme per crearsi da soli la loro felicità, mentre questa gente era costretta a sopportare ogni fatica senza poterci fare nulla.

Una realtà davvero crudele, in fin dei conti.

Satoshi lo riscosse da quei pensieri schiarendosi la gola. “Suvvia, basta con questi discorsi. Dopotutto, abbiamo un compito da svolgere oggi. L’Orso Demone è ancora là fuori, ricordate?”

I tre giovani annuirono. “Già, cosa dobbiamo fare?” domandò Mikasa, seria come sempre.

“Alcuni di noi hanno formato un gruppo di caccia,” spiegò loro l’anziano capo, facendo un cenno col capo verso un gruppo di dieci persone alle sue spalle. “Se ve la sentite, essi vi accompagneranno quanto prima fino alla foresta e vi aiuteranno ad uccidere quel mostro che la infesta.”

Boruto, Mikasa e Sora annuirono, fissando con uno sguardo deciso le persone che li avrebbero accompagnati dall’orso demone. Erano principalmente contadini e uomini comuni, tutti armati con delle zappe, dei forconi e qualche arco malandato. Eppure, questo era il meglio che quella gente poteva offrire loro.

Perciò, nessuno di loro avrebbe rifiutato quell’offerta.

“Molto bene,” disse allora Boruto. “Andiamo.”

Satoshi fece un cenno col capo, sorridendo con preoccupazione. “Vi auguro buona fortuna allora,” li salutò, accennando un inchino. “Spero che possiate tornare vittoriosi, Saigo, Nede, Riku.”

I tre giovani si limitarono ad annuire di nuovo.
 


Camminarono per due ore intere. Gli uomini del villaggio condussero Boruto e gli altri due ragazzi lungo un sentiero aspro e grezzo nel mezzo del sottobosco. Inizialmente esso sembrava essere un sentiero formatosi dal passaggio di qualche animale, ma era stato successivamente adattato per l’uomo. Il sentiero li condusse nel mezzo di una gola crescente in mezzo a due montagne. Un piccolo ruscello pioveva giù da una delle gole, creando una piccola fonte d’acqua per coloro che passavano da quel punto della foresta. Boruto notò che mano a mano che continuavano a salire la gola, gli animali che vedeva iniziavano a diminuire. Non si vedevano più gli scoiattoli saltare tra i rami degli alberi, e il cinguettio degli uccelli si faceva sempre più lontano. Era tutto stranamente silenzioso.

Quando il sole fu alto nel cielo, il gruppo fece finalmente una pausa. Riposando vicino al ruscello, gli uomini posarono le armi e unirono assieme le mani, prendendo a bere lunghi sorsi di acqua. Boruto, Mikasa e Sora fecero lo stesso, approfittandone per lavarsi il sudore dal volto.

Poi, l’improvviso suono di cespugli in movimento attirò l’attenzione di tutti. Un grosso naso nero spuntò fuori da un cespuglio di rovi, attaccato ad un muso animalesco pieno di peli brunastri.

“Eccolo! È l’Orso Demone!” gridò uno degli uomini, raccogliendo il suo arco. Un altro uomo, più abile ed esperto di quello, fece prima ad incoccare una freccia, scagliandola con precisione verso il bersaglio. Boruto e gli altri la osservarono sfrecciare nell’aria fino a centrare il cespuglio di rovi con un sibilo.

Si udì un guaito di dolore seguito subito dopo da un ruggito fragoroso, e poi un orso sbucò fuori dalle fronde dei rovi con un balzo, correndo verso gli assalitori con un ruggito di dolore e rabbia. Boruto lo osservò con un sopracciglio incurvato. Era un orso molto grosso, poteva ammetterlo, ma non era affatto un ‘mostro demoniaco’ come lo avevano descritto al villaggio. Non superava nemmeno i tre metri di dimensioni, e non era neppure lontanamente una creatura che lui da solo o i suoi amici non avrebbero potuto gestire.

Gli uomini scagliarono una scia di frecce addosso all’animale, molte delle quali lo mancarono del tutto e andarono a rimbalzare addosso a rocce e tronchi di alberi. Mikasa invece non perse tempo, scattando in avanti con una rapidità felina e scagliando con una precisone impareggiabile due serie di shuriken verso l’animale. La prima raffica colpì l’orso su una spalla, forzandolo a voltarsi verso quella direzione. La seconda lo centrò nel petto, colpendolo nella pelle.

L’orso guaì di dolore, mentre gli uomini esultarono. Boruto agì a sua volta in quel momento, usando l’agilità che aveva ottenuto dopo anni e anni di addestramenti con suo nonno e Urahara per portarsi davanti alla creatura. Lo raggiunse in un istante e lo centrò in pieno collo con un colpo di palmo, canalizzando il chakra nel suo attacco tramite la Tecnica del Pugno Gentile. Si sentì un suono di ossa rompersi, e poi l’orso crollò a terra, morto.

Gli uomini esultarono di nuovo. In molti si portarono accanto ai giovani e li tempestarono di complimenti, ringraziandoli e dando loro pacche sulle spalle. Boruto, Mikasa e Sora si limitarono a dire che non era stato nulla di che. “Dobbiamo portarlo al villaggio,” disse uno degli uomini con enfasi. “Questa è la prima volta da molto tempo che abbiamo la possibilità di magiare carne!”

Boruto e gli altri due sorrisero con tristezza all’udire ciò. Il giovane Uzumaki fece un sigillo con le mani, sussurrando il nome della Tecnica. “Kage Bushin no Jutsu” (Tecnica della Moltiplicazione del Corpo). Due cloni emersero subito dopo da una nuvola di fumo, e poi procedettero a caricare l’animale morto sopra un tronco di un albero mozzato per trascinarlo fino al villaggio.

“Siamo pronti ad andare?” chiese Boruto, mentre tutti gli altri uomini lo guardavano con gli occhi sgranati. Seriamente, non sarebbero dovuti rimanere così stupiti da un Jutsu banale come la Tecnica della Moltiplicazione. Dopotutto, il Settimo Hokage era in grado di evocare un vero e proprio esercito di cloni. Questo a confronto era un niente. Era tutta roba basilare.

L’intero gruppo prese ad esultare un’ultima volta prima di riprendere la marcia verso il villaggio. Per tutto il tragitto, i pensieri di Boruto, Mikasa e Sora continuarono a posarsi sull’orso che avevano ucciso. C’era qualcosa che non tornava. Non era per niente grosso come si aspettavano, e non era in nessun modo degno di potersi definire come ‘orso demone’.

E avevano ragione.

Ritornarono al villaggio dopo quattro ore di marcia, accolti da una folla di gente e anziani tra cui riconobbero subito Satoshi. Quest’ultimo, appena vide l’orso morto trasportato dai cloni di Boruto, prese subito ad inveire verso il gruppo di caccia che li aveva accompagnati. “Sciocchi!” urlò. “Questo non è l’Orso Demone! Quest’orso è un cucciolo paragonato a quel mostro!”

Uno degli anziani si fece avanti, lo stesso che il giorno prima aveva trovato i tre giovani nella foresta. “Calmati, Satoshi. Non arrabbiarti. Quest’orso basterà per sfamare la nostra gente almeno per una settimana. Non è stato un viaggio inutile. Domani potremo rimandare di nuovo un gruppo di caccia per ritentare di nuovo.” Sentendo ciò Boruto sospirò di sollievo, dissolvendo i suoi cloni col pensiero.

Un macellaio e due dei suoi figli si fecero avanti e presero a trascinare l’orso verso la loro baracca, quando poi all’improvviso un ruggito mostruoso perforò il silenzio del pomeriggio. Riecheggiò nell’aria come un tuono, facendo addirittura tremare le fondamenta di legno di alcune capanne di paglia.

Boruto e Mikasa si guardarono attorno con gli occhi sgranati. “C-Che diavolo era quello?” esclamò Sora.

“È lui!” fece una donna, terrorizzata. “È l’Orso Demone!”

Tutti si voltarono nella direzione da cui credevano provenisse quel suono. Boruto osservò la foresta in lontananza. Riusciva a vedere da lontano le fronde degli alberi che oscillavano con forza al vento, facendo volare all’aria decine e decine di uccelli spaventati. Il problema di ciò? Non c’era nemmeno un filo di vento nell’aria. Poi, dopo una decina di secondi, dalle fronde degli alberi e piante della foresta sbucò fuori l’animale più grosso e mostruoso che il biondino avesse mai visto prima d’ora.

Questo era un orso demone.

Era più alto di una casa, largo come un macigno e grosso come una montagna. Anche da lontano, Boruto riusciva chiaramente a intuire di non raggiungere nemmeno il suo ginocchio con la sua attuale statura. Il suo pelo era ruvido, grezzo e nero come la notte, proprio come i suoi occhi bestiali che mostravano un’intelligenza animalesca mentre scrutavano uno ad uno tutti i presenti alla ricerca di qualcosa.

Gli occhi della bestia si posarono sull’orso che Boruto e i suoi amici avevano ucciso nelle mani del macellaio e dei suoi figli. Poi, issandosi sulle zampe posteriori, l’animale gigantesco ruggì con una furia bestiale e prese a caricare follemente verso di loro. Coloro che erano vicini alla carcassa dell’orso morto si dileguarono a gambe levate.

“Uomini, alle armi!” ordinò Satoshi, raccogliendo un arco abbandonato a terra da qualcuno per il panico. Altri fecero lo stesso, caricando e scagliando frecce addosso alla bestia. Le frecce sibilarono all’aria come insetti, conficcandosi nel pelo dell’animale senza però fare danni.

L’orso demone si limitò a ruggire con rabbia. “Il suo pelo è troppo folto, è come un’armatura naturale!” esclamò Boruto, fissando la bestia con attenzione e stupore. Accanto a lui, Sora prese a formulare diversi sigilli con le mani.

SUITON: Suiryudan no Jutsu!” (Tecnica del Drago Acquatico) esclamò.

Dalla terra secca e arida, Sora riuscì ad evocare un ammasso d’acqua improvviso, generando lo stupore e la meraviglia di tutti i presenti. Poi, dalla massa scrosciante sbucata dal terreno, un possente drago d’acqua eruttò dal liquido trasparente, mosso e controllato dal chakra del ragazzo. Il suo corpo sinuoso si contorse nell’aria, raddrizzandosi e caricando verso la bestia. L’orso demone si fermò di scatto nel vedere ciò, fissando Sora con uno sguardo ricolmo di una furia che nessun animale dovrebbe mai possedere. Il drago d’acqua si schiantò sul fianco dell’orso e prese a scontrarsi furiosamente con l’animale gigante mentre Sora continuava ad immettere sempre più chakra nella Tecnica.

Tuttavia l’attacco servì solo a far infuriare ancora di più l’orso. Dissolvendo il drago con una zampata e scrollandosi di dosso la pressione dell’acqua, l’animale prese a caricare verso Sora, pronto a vendicarsi. Vedendo che il jutsu non aveva avuto effetto, il ragazzo annullò la Tecnica. Allora Mikasa scattò verso di esso, formulando dei sigilli con rapidità.

RAITON: Sandabolt!” (Fulmine) sussurrò, portando avanti il suo braccio destro.

Archi scattanti di elettricità si generarono dalle sue mani, investendo tutto ciò che si ritrovarono davanti e procedendo verso l’animale alla carica.

La bestia ululò di dolore mentre i fulmini presero a investirlo per tutto il corpo, ma non fermarono lo stesso la sua folle carica. Mikasa aumentò ancora la pressione della Tecnica infondendoci altro chakra e aumentando la tensione elettrica, ma l’orso non si fermò nemmeno stavolta.

Vedendo che era inutile, Boruto si portò all’attacco a sua volta, evocando con un sigillo due cloni ed assumendo una posa d’attacco della Tecnica del Pugno Gentile assieme ad essi. L’orso caricò contro di loro, issandosi all’indietro e sferrandogli una zampata micidiale con un arto più lungo e più spesso di un tronco d’albero. Il primo clone non riuscì a calcolare per bene il raggio d’attacco della bestia e fu centrato in pieno dall’attacco, il secondo invece caricò a sua volta, colpendo l’animale tre volte con dei colpi precisi di palmo sulla spalla e pompandoci chakra nel tentativo di azzopparlo. L’orso ruggì e fece scattare la testa verso di lui, dischiudendo le fauci e azzannando la testa del giovane. Il clone si dissolse all’istante.

Boruto aggrottò le sopracciglia, evocando una manciata di shuriken e scagliandoli addosso alla bestia, mirando agli occhi. Dietro di lui, il ragazzo vide con la coda dell’occhio la gente del villaggio cominciare a scagliare di nuovo delle frecce addosso all’orso.

La bestia non si curò della raffica di frecce, fissando il ragazzo davanti a sé con una rabbia a malapena contenibile. Poi ruggì di nuovo, riprendendo a caricare addosso a lui come se non fosse stato neppure ferito. Anzi, se non altro adesso era più deciso di prima ad ucciderlo.

Assumendo una posa del Pugno Gentile, Boruto si preparò allo scontro imminente. Grazie ai ricordi dei cloni, sapeva che il raggio d’attacco dell’orso era maggiore di quel che appariva, e aveva compreso anche la distanza di sicurezza che avrebbe dovuto mantenere per evitare di essere colpito. Questo era tutto ciò che gli serviva. Evitando una prima zampata con grazia e rapidità, il giovane sferrò un palmo contro il gomito dell’orso, sferrando quanto più chakra poteva nell’articolazione della bestia. L’orso fece un passo indietro e ruggì di dolore, prima di scattare nuovamente in avanti e azzannare l’aria nel punto dove fino a un attimo prima si trovava la testa del giovane.

Abbassandosi a terra, Boruto evitò un'altra zampata e fece una capriola in avanti. Poi si alzò di scatto, evocando un kunai e infilzandolo con foga nella pancia dell’animale. Tuttavia, l’unica cosa che colpì fu il suo pelo. Il manto della bestia era troppo spesso. L’orso caricò contro di lui con una velocità inaudita per le sue dimensioni e sferrò un altro colpo di zampa. Boruto lo evitò e scattò in avanti, cercando di mantenersi il più vicino possibile all’animale per minimizzare il vantaggio del suo raggio d’attacco.

In quel momento, Mikasa apparve alle spalle dell’orso come una saetta, le sue mani unite assieme in un sigillo. “RAITON: Sandabolt!” (Fulmine) ripeté, utilizzando la stessa Tecnica di prima. Stavolta, la scia di fulmini colpì di nuovo il possente animale, investendolo con prepotenza e foga. Un disgustoso odore di pelo carbonizzato investì Boruto in quel momento, facendogli reprimere un conato di vomito. L’orso demone ringhiò di dolore, sbattendo con le zampe avanti e indietro per far allontanare Boruto.

L’Uzumaki sgranò gli occhi dalla sorpresa e trattenne il fiato appena vide una delle possenti zampe della bestia sfrecciare verso di lui all’improvviso. Cercò di scartare di lato il più rapidamente possibile, ma non fu abbastanza veloce. L’orso lo centrò in pieno con la zampa sul torace, scagliandolo all’indietro con la potenza di un treno in corsa. Il biondino rotolò a terra per diversi metri con un urlo acuto, fermandosi dopo ben dieci iarde di volo ininterrotto.

Si rimise in ginocchio con un gemito sommesso, palpandosi dolorosamente l’addome con una mano. Sentiva tutto il torace che gli doleva indescrivibilmente. Per fortuna non era rimasto ferito dagli artigli, ma il dolore fu amplificato dal fatto che il suo addome risentiva ancora del pugno che Sakura gli aveva sferrato giorni prima.

Mikasa gli apparve vicino dopo un paio di secondi, visibilmente preoccupata. “Boruto!” sussurrò, sconcertata. “Stai bene?”

Il ragazzo annuì, i suoi denti serrati per il dolore. “S-Sto bene Mikasa,” sibilò, rimettendosi in piedi a fatica. “Posso ancora combattere!”

“Aspetta!” lo fermò subito lei, il suo volto teso. “L-La tua trasformazione…”

Boruto ammiccò, fissandosi subito dopo il corpo con uno sguardo confuso. Quello che notò non gli piacque per niente.

La sua Tecnica di Trasformazione era stata annullata dal colpo subìto. Adesso era ritornato alle sue sembianze originarie.

Il biondino imprecò mentalmente.

Ma né lui né Mikasa ebbero il tempo di fare nulla. L’orso attirò la loro attenzione con un ruggito possente, caricando contro di loro ad una velocità inaudita. I due ragazzi trattennero il fiato, vedendolo avvicinarsi a loro con una rapidità che tradiva la sua stazza immensa. Arrivò talmente vicino a loro che i due riuscirono a sentire persino l’alito putrido della bestia, marcescente di carogna e putrefazione.

“No!” urlò Sora, attirando l’attenzione di Boruto e Mikasa. Nemmeno un secondo dopo, l’orso ringhiò di dolore appena una roccia si scontrò sul suo cranio. La bestia si voltò verso Sora, ruggendo e cominciando a caricare poi contro di lui.

Il tempo si fermò per Boruto appena vide l’orso avvicinarsi al suo amico, la cui faccia era colma di terrore e sgomento. In quel momento, con una chiarezza mentale che non aveva mai sperimentato prima d’ora, il biondino si rialzò e si mosse con una velocità che non pensava di possedere. Il suo corpo prese a sprigionare un’energia immensa di colpo senza preavviso, e Boruto cominciò ad agire d’istinto, seguendo l’impulso che gli era balenato all’improvviso nella mente.

Mosse il braccio destro in avanti, la sua mano semiaperta in un pugno serrato che mostrava il palmo mentre cominciava ad infonderlo di chakra. L’energia dentro di lui si concentrò tutta nelle sue dita, crescendo e condensandosi per poi prendere a ruotare ad una velocità pazzesca.

Poi, di getto, un potente ronzio acuto di vento ed energia perforò tutto il campo di battaglia, attirando l’attenzione della bestia che stava caricando addosso a Sora. L’orso si voltò di scatto, ma ebbe solo un momento per vedere Boruto comparirgli di lato e protendere la sua mano verso di lui.

E poi, con un ruggito di guerra, il biondino attaccò.

RASENGAN!”

La sfera di energia si schiantò con prepotenza e fragore sul fianco della bestia, generando un boato immenso a cui si unì il ruggito straziante dell’animale. Boruto chiuse gli occhi e serrò i denti appena tutto il suo mondo esplose in un vortice di luce e pressione. Piantò i piedi per terra e tenne la posizione, cercando di ignorare il suono della carne che veniva lacerata e delle ossa che si polverizzavano.

Gli abitanti del villaggio guardarono con meraviglia la scena, osservando l’Orso Demone, più grosso della loro baracca più grande, mentre veniva scagliato lontano da Boruto grazie alla Tecnica che aveva usato; tutto il suo corpo che veniva dilaniato e contorto dal potere enorme del Jutsu. L’orso venne scaraventato prepotentemente nella foresta, lontano dal villaggio, sfondando e sradicando piante e alberi per decine e decine di metri prima di schiantarsi contro una pietra, completamente privo di vita.

E poi, il silenzio prese a regnare sovrano per tutta l’aria.

La gente esultò e urlò di vittoria nemmeno due secondi dopo. Boruto vide uomini e donne cominciare a piangere per la gioia, abbracciandosi a vicenda e scambiandosi effusioni d’affetto e enfasi reciprocamente. Vide gli anziani esultare e saltellare in aria con gioia. Vide Satoshi e la sua gente alzare al cielo le mani, ringraziando le divinità e il cielo per il successo della missione.

Un piccolo sorriso si formò sulle sue labbra appena vide la felicità di quelle persone.

Il biondino fece un lungo e spezzato respiro appena si rese conto di quello che aveva fatto. “Ce l’ho fatta,” pensò. “Ho ucciso la bestia…”

Mikasa e Sora si portarono accanto a lui subito dopo, guardandolo con attenzione. “Boruto, come hai fatto?” gli chiese Sora, il suo sguardo teso. “Tu non eri mai stato in grado di usare il Rasengan in maniera completa fino al giorno dello scontro con Momoshiki! Eppure adesso sei riuscito a usarlo alla perfezione, e lo hai fatto anche quella volta contro Konohamaru-sensei! Com’è possibile?”

Il biondino fissò i suoi amici con attenzione. “N-Non lo so,” rispose con sincerità. “Non so come ho fatto ma… credo che mi sia venuto spontaneo. Ho sentito una grossa energia scorrere in me all’improvviso… e poi ho agito d’impulso. Il resto è accaduto da sé.”

I suoi amici lo guardarono con apprensione. “Il Potere di Momoshiki,” sussurrò Mikasa. “Deve essere stato quello a darti questa capacità. Non credo che ci siano dubbi al riguardo.”

Boruto assunse uno sguardo teso all’udire ciò. In effetti la deduzione di Mikasa aveva senso. La sensazione che aveva provato prima era molto simile a quella che aveva sperimentato anche il giorno della loro fuga dal Villaggio, quando aveva attaccato brutalmente tutti gli ANBU. Possibile che tutto quello che stava succedendo in lui fosse opera del Potere che quell’Otsutsuki gli aveva ceduto?

Il biondino non sapeva davvero cosa pensare di tutta questa faccenda.

Tuttavia non fece in tempo a dire o fare nulla. Satoshi e gli abitanti del villaggio si avvicinarono a loro in quel momento, guardandoli con dei sorrisi di gioia e trionfo.

“Ce l’avete fatta!” fece l’anziano capo. “Avete sconfitto l’Orso Demone! Avete la nostra eterna gratitu-” L’anziano si fermò di botto appena vide l’aspetto del biondino, completamente sconvolto così come tutti gli altri presenti. “S-Saigo! Che cosa ti è successo? Hai cambiato completamente aspetto!”

Boruto sospirò pesantemente. Ormai la sua copertura era saltata, non aveva senso continuare a mentire a quelle persone.

“Vi chiedo scusa per avervi ingannato,” cominciò allora a dire lentamente, il suo sguardo puntato a terra. “Ma il mio vero nome non è Saigo. Io sono Boruto Uzumaki, e questo è il mio vero aspetto. Per tutto questo tempo, io e i miei amici vi abbiamo mentito sulla nostra identità perché non volevamo essere scoperti. Mi dispiace…”

Mikasa e Sora abbassarono la testa durante il discorso del loro compagno, dissolvendo a loro volta le Tecniche di Trasformazione che avevano assunto e riprendendo il loro aspetto veritiero. Gli abitanti del villaggio li osservarono con sgomento, completamente increduli.

“Quindi voi siete veramente dei ninja,” fece uno di loro. “È per questo che siete riusciti a sconfiggere l’Orso Demone!”

Boruto scosse la testa. “No, non siamo dei Ninja. Non più ormai…” sussurrò.

Tuttavia, prima che potesse aggiungere altro, Satoshi gli posò una mano sulla spalla. Il biondino alzò lo sguardo su di lui, fissandolo con stupore.

“Non importa quello che siete,” disse l’anziano, guardandolo con un sorriso. “L’unica cosa che conta è che ci avete aiutati, anche nonostante le menzogne. E questo è un debito che noi non potremo mai ripagare. Perciò, nonostante tutto, io e la mia gente vi saremo per sempre riconoscenti. Avete la nostra gratitudine.”

Boruto, Mikasa e Sora sorrisero con gioia all’udire ciò.
 


Quella sera, tutto il villaggio fece una grandiosa festa in onore dei tre ragazzi che li avevano salvati dalla minaccia dell’Orso Demone. L’atmosfera nel villaggio si era fatta incredibilmente più serena dopo tutto quello che era successo, e la gente aveva ripreso a sorridere come non era mai accaduto prima d’ora da moltissimo tempo. La gente per strada aveva ritrovato l’allegria e la voglia di festeggiare, e il ricordo di quel giorno memorabile sarebbe per sempre rimasto nei cuori di tutti per gli anni a venire.

Durante la festa, Boruto e i suoi amici vennero trattati veramente da tutti come degli eroi, passando la serata assieme alla gente comune con canti, balli e persino un banchetto a base di carne d’orso e erbe locali. E anche se il cibo non era abbondante, ai tre ragazzi la cosa non importò minimamente. L’ospitalità e la gratitudine che quella gente gli stava mostrando era più che abbastanza, e l’allegria che era tornata nel piccolo villaggio era la ricompensa più grande che potessero ricevere.

In fondo, perciò, la situazione si era risolta positivamente. La carne dei due orsi uccisi avrebbe permesso alla gente di sfamarsi per un mese intero, e senza la minaccia dell’orso demone che si aggirava nella zona, adesso i gruppi di caccia potevano riprendere ad avventurarsi nella foresta per cacciare. Perciò, adesso il piccolo villaggio aveva ripreso a vivere con serenità.

Come prova di ciò, il macellaio aveva persino rimosso il cranio dell’orso gigante e lo aveva posto all’ingresso del villaggio, appendendolo ad un cartello su cui avrebbe inciso il nome del villaggio stesso. Un nome che Boruto non avrebbe mai più dimenticato per tutto il resto della sua vita.

Il Villaggio di Saigo

E poi, appena il sole del mattino prese a sorgere nel cielo, Boruto e i suoi amici si prepararono a ripartire ancora una volta.

“Siete davvero sicuri di dover ripartire?” chiese Satoshi, il suo volto palesemente triste. Dietro di lui, tutto il villaggio si era radunato per salutare i tre giovani in partenza.

Boruto, Mikasa e Sora annuirono. “Sì, dobbiamo ripartire. Eravamo diretti verso la Terra dell’Acqua prima di fermarci qui. Dobbiamo riprendere il viaggio.” spiegò il biondino.

Satoshi annuì con rassegnazione all’udire ciò. “Allora prendete questi con voi,” disse, porgendo loro tre grossi sacchi di cuoio. “Non abbiamo soldi per ripagarvi, ma volevamo comunque donarvi qualcosa come segno della nostra gratitudine. Sono delle provviste per il viaggio. Mia moglie non cucina molto, ma sa fare delle bistecche davvero buone.”

Boruto sorrise appena vide la moglie di Satoshi sferrare una gomitata nel fianco del marito. Con forza. “Grazie,” fu tutto ciò che riuscì a dire. Anche se questa gente viveva in condizioni di vera e propria sopravvivenza, tutti gli abitanti del Villaggio avevano aperto la loro casa a lui e ai suoi amici, condividendo quel poco che avevano senza esitare. Boruto era cresciuto circondato dalla tecnologia e dalla modernità, ma nemmeno lui poteva negare che questa gente viveva pienamente e umanamente come faceva chiunque nel Villaggio della Foglia. Forse anche di più.

“Sappiate che avrete sempre una casa nel Villaggio di Saigo,” disse la moglie di Satoshi, avvicinandosi a loro e porgendo a Boruto un piccolo arnese di metallo con delle fasce blu. Era il suo coprifronte. Doveva essergli caduto dalla borsa durante lo scontro con l’orso. Il taglio sul simbolo della foglia era evidente a tutti. “Anche se non avete più un posto da poter chiamare casa,” aggiunse dolcemente.

I tre amici sorrisero e annuirono, e Boruto prese il coprifronte e se lo legò saldamente alla testa. Poi, alzando le mani in segno di saluto, tutti e tre presero ad andarsene lentamente.

“Addio, Saigo, Nede, Riku!” gridarono Satoshi e sua moglie appena i giovani presero a voltarsi e ad allontanarsi da lì. “Abbiate cura di voi!” Dietro di loro, tutti gli abitanti del villaggio presero ad esultare e a gridare con gioia e enfasi i loro nomi in segno di addio, alzando le mani al cielo e lanciando in aria foglie e bastoni con gioia.

Boruto e i suoi amici trattennero le lacrime. Perché quello che stavano ricevendo non era un saluto per dei traditori.

Era un saluto per eroi.
 
 


 
 

Note dell’autore!!!
 
Salve a tutti gente! Ecco a voi il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto!

Il viaggio dei nostri protagonisti continua senza sosta. Nel prossimo capitolo, Boruto e i suoi amici entreranno in contatto con un mondo che nessuno di loro avrebbe mai pensato di conoscere. Una realtà che avrà molto a che fare con la formazione del nostro Nukenin ribelle e la nascita degli ideali dei Guerrieri.

Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno e che commenteranno! Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo entro la settimana prossima. (credo tra mercoledì e giovedì). Ce la metterò tutta per scriverlo in tempo e rispettare i tempi.

A presto!
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Saigo il SenzaVolto