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Autore: queenjane    10/07/2018    3 recensioni
Un omaggio a Aleksey Romanov e a i suoi, era fragile, malato, morto a nemmeno 14 anni, fucilato nel luglio 1918 era un eroe. Go my dear. Go my Hero.Once upon a time, you're an heir, a hope, ypu've a great future. But you're frail.. and strong. A dragon, a legend. Forever, a little prince. Honour to You, last Ctar, Aleksey
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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_ ______________________ “Sei contento?” per la gioia quasi non parlava, annuiva e mi stringeva una mano, palmo contro palmo, le dita serrate.
“Sei stato impareggiabile”
“ Ma non come te, Olga o Tatiana. Voi siete bravissime. Specie te e Olga, saltate gli ostacoli, correte al galoppo e ..”
“Dovrai imparare, meglio ora che poi, siamo andati piano,come lumache,  tenevo le redini di controllo, come ti sentivi” Era un cavaliere nato, la schiena eretta, le gambe che seguivano i movimenti del cavallo, le braccia rilassate e la testa dritta, eravamo andati rigorosamente al passo su un terreno liscio.
“In alto” Risi della sua ironia ovvia ma potente, era salito su un pony o mulo, mai su un cavallo vero, tranne che una volta con me a Friburgo, quando aveva sei anni, in compenso eravamo rimasti immobili.  “Da qualche parte bisogna pur iniziare..”
“Catherine.” Mi misi sui talloni,  alla sua altezza, sopravvissuto sarebbe stato alto come Andres, anche un poco di più.
“Dimmi” le braccia intorno al collo, mi sfiorava le ciocche con le dita, vicino anche se io mettevo la distanza, meglio per entrambi, o cercavo, gli baciai un polso, mi era mancato come una ferita, una amputazione, in una manciata di ore eravamo di nuovo legatissimi. “Tu mi lasci fare, come Papa. Anche Andrej, anche se a modo suo. Perché MAMA no ?”
Un minuscolo respiro, era sua madre, non ci sopportavamo come carattere ed entrambe gli volevamo bene, quindi omettevamo di parlare male l’una dell’altra, specie dietro le spalle “ Per lei sei sempre il suo piccolo bambino, mio piccolo zarevic, atamano di tutti i cosacchi, ti vuole proteggere da tutto. Ma un giorno sarai ZAR, quindi devi imparare. Per te e gli altri. Mai cedere. Se mi vedi con le spalle basse e la schiena curva, che pensi, che sono umile, derelitta, invece se sto dritta e gonfio il petto, che ridi”gli feci il solletico sotto il mento” sembro una regina, anche se ho i miei dispiaceri come tutti. Ma io non ho bambini, quindi che ne so” e lo avevo amato come Olga e le sue sorelle, allora, senza sapere, gli avevo dato le mie storie e il mio tempo, tacendo quando ero scappata, egoista e sventata, moglie novella e poi martire in fieri. Come ora..
“CERTO, però fidati, sarai una brava mamma” Una pausa, prevenni la domanda successiva, gli dissi che le storie della principessa cantastorie, le avrebbe avute ancora per un poco, fin quando avrebbe voluto. Allora credevo che non avrei mai avuto figli.
E in un certo senso era lui il mio bambino,  in senso traslato, chiaro.
 
Aspettai, mancava poco a pranzo.
 “Alessio io vado, ci troviamo stasera,se vuoi. E ti devo dire una cosa” che ti lascio. 
“E domani…che facciamo? Ho tante idee, tu.. Catherine, Cat, che bello trovarti”diglielo.. 
“Domani nulla, io vado via” sfilai la mano dalla sua, decisa, una netta separazione. La sera avanti non glielo avevo detto, in parte per non agitarlo, in parte perché non conoscevo la data esatta e sarei stata cattiva, la notte amplifica pensieri e separazioni.
“NO” Ecco la sua rabbia, tranne che sarebbe stato peggio andarmene alla chetichella, che mi aspettasse invano. (..Non certo per Voi, non capirebbero e si sentirebbero abbandonati, senza perché, un saluto è ben dovuto) “NON VOGLIO”
“DEVO”Alzando la voce, senza toccarlo, mi fece cenno di togliermi, stava per aprire bocca e..“ E nessun ordine. Di rimanere.Questi sono tassativi, senza appello o revisione”Prevedendo la sua mossa, lui era l’erede, viziato e capriccioso ma gli ordini dello Zar superavano i suoi.
E ogni giorno che mi trattenevo alla stavka rischiavo di voler rimanere. Non ho il delirio di onnipotenza, gli anni mi hanno insegnato l’umiltà, almeno un poco, credo, tranne che mi sono chiesta se non fossi andata via, dietro alle avventure, all’egoismo, alle storie che mi raccontavo cosa sarebbe accaduto. Magari io e Andres non saremmo stati insieme, o forse sì, quien sabe,chi lo sa.
“Prendo congedo Altezza Imperiale” mi flettei nel primo inchino, era il principe ereditario, meritava ogni cura e rispetto, in ogni situazione, e non lo avevo umiliato, sancendo che non avrei obbedito, né sfiorato con un dito, si stava agitando e non avrebbe compiuto gesti avventati, per la frustrazione, o almeno speravo, non lo volevo contenere a livello fisico, lo avrei sminuito e offeso, senza appello, come se fosse un infante, lo sapeva che doveva stare attento.
“Vattene, non ti voglio più vedere, non è che devi farlo, lo vuoi fare” era troppo sveglio, troppo..
“Allora Vi saluto ora”Secondo inchino. “ Grazie per avermi ricevuto e …”
“Quando hai detto che vai via?”
“Domani mattina..”finsi di non vedere il gesto, che mi tendeva le braccia.
“Allora quando hai fatto, ci troviamo a che ora..?” glielo dissi, un cauto orario e aveva le palpebre asciutte, mi voleva e temeva il distacco. Perdonami, Alessio.. che se avessi voluto, sarei rimasta.
“A dopo”Iniziai ad allontanarmi, se mi fosse riuscito a mantenermi saggia o cattiva, avrei proseguito, se ne sarebbe fatto una ragione, no.. un piccolo singhiozzo Invece mi girai dopo tre passi, con lui non ero mai stata cattiva in modo deliberato.. “.”Zarevic.. venite qui, se volete” Mi affondò il viso nel petto, gli circondai le scapole, me lo issai in grembo, aspettai che si calmasse
“A pranzo dove vai”
“Boh..”
“Allora mangi con me”
“ Va bene.. Ora riprendiamoci, vuoi?”gli baciai il viso, mentre si soffiava il naso con uno dei miei polsini.
Lui, come Olga, pur variando le forme e le sostanze, sono stati i miei grandi amori, l’inespresso, cenere e assenzio.
Ti è troppo legato, commentò mio zio, quando glielo passai, scrollando la testa, non imparerai mai, va bene la sorella, ma lui .. BASTA, a voce bassa, replicai, mentre Alexei schizzava dai suoi giocattoli, mi inchinai e mi preparai ad uscire.
“No”
“Cosa no, Zarevic?” trattenendomi
“Torni?”
“Certo” Una promessa amara al fiele.. Almeno quello.

E quel giorno avrei conosciuto, pardon rivisto Andres Fuentes, il mio lieto fine, uno dei pochi, veri amici che Alessio ebbe in tutta la vita, pur variando età, titoli e esperienze.
Il diavolo si porti, in ogni caso, mio zio, il principe Sasha R-R, il diminutivo che la principessa Ella aveva dato a suo fratello Aleksander Rostov- Raulov dai cento talenti.
E lo benedica.  Molto dopo, mi assicurò che in tutto il mondo non poteva esistere persona migliore per me di Andres, e viceversa, per quanto fossimo due impareggiabili scocciatori, furfanti e rompiscatole. E sorrideva nel dirlo. E anche mia madre vi aveva messo le sue principesche falangi.
 
 Ansimavo, reggendomi lo stomaco, ignorando il mondo circostante, tranne che la guancia pulsante. Fitte infinite, che ci facevo là, come era cominciata..
Le sensazioni, non i particolari definiti.
“Che dicevamo?”
“Che sei un tornado. Ti ho sottovalutato. Sei una rompiscatole”
“Già” E mi avevano definita in modi ben peggiori.
Andres Fuentes, uno dei migliori elementi di mio zio, un carismatico, prezioso asso nella manica come Cassiopeia.
Entrambi avevamo storto la bocca nell’apprendere gli ordini per il successivo ingaggio, io perché ero abituata a contare su  me stessa, lui perché riteneva che fossi una principiante, una mocciosa. “Nessuno avrà pietà di te, sei solo una donna”, aveva detto, dandomi uno schiaffo in pieno viso, che mi aveva colto di sorpresa per un breve momento, facendomi barcollare, quindi era salita la collera, rapida, chi era, che voleva.
La guerra era violenza e non potevi certo abbassare la guardia, così gli avevo rifilato un calcio nell’inguine, che lo aveva fatto piegare in due, e aveva reagito tirandomi un pugno sullo stomaco, ed era stata la volta di una mia  testata sul mento.
Ero nata donna, per quei tempi ero debole, convenzionale, tranne che ero sempre stata una diversa, sia nel bene che nel male, Andres non doveva permettersi di giudicarmi, allora ignoravo che un Fuentes valuta la persona, quello che è, non il sesso. Mio zio guardava quella zuffa nell’arena boschiva fumandosi una sigaretta, poi aveva interrotto il tutto.
“Basta!! Voi due siete i migliori che ho tra le mani, insieme farete grandi cose e badate di andare d’accordo. Tu, mia cara, hai imparato che devi sempre  stare in guardia, tu Andres, che non devi sottovalutare una donna, che ti ha messo a tappeto. Lei è Cassiopeia 130, che dici, abbiamo cambiato opinione? E va bene che è bella, abituata ad avere gli uomini ai propri piedi, ma in senso letterale, non certo metaforico, come con te, Fuentes, è forse la prima volta” Dannato R-R, lo pensammo entrambi, mandandolo al diavolo e augurandogli cose non molto educate, da non ripetere onde non essere triviali.
Fuentes spalancò gli occhi, realizzai che erano verdi, un colore scuro e profondo, come la trama dei suoi capelli neri, e che era alto, sul metro e ottantotto, con un viso armonioso e un fisico muscoloso, senza essere massiccio. In quel momento teneva una mano sui suoi preziosi genitali, ( se lo avessi castrato!!) l’altra sul mento, io cercavo  di non gemere per il dolore al viso e allo stomaco.
Ansimavo, ancora,  la guerra era violenza, inutile che mi lamentassi, me la ero cercata e non volevo cambiare idea. Potevo tornare a San Pietroburgo da Ella, andare in Francia, fare la principessa oziosa, ma il mio posto era lì, da combattente, non da mantenuta.
Stesi la mano, il braccio in avanti. “Lieta di conoscervi, Andres Fuentes”
Mi strinse il palmo, notando come ero pronta a fare perno sui talloni, il corpo in posizione di difesa, gli fosse venuto  in mente qualche tiro.
“Lieto, Catherine, nipote di Rostov- Raulov, vediamo che combineremo insieme. Non vi sottovaluterò. Almeno non volontariamente, mai più” Ricambiò la stretta, sancimmo una tregua.
“Voi comunque avete il vizio di tirare calci e pestoni.” Corrugai la fronte, certo citava un episodio, o forse più di uno, peccato capire quali, io ero quasi sicura di non averlo mai visto.  O no? Quel modo di muoversi, fluido e sicuro, senza eccessi. Come un gladiatore. Era LUI... Ne era passato di tempo e di affanni, da tanto non ci pensavo...un ballo e un matrimonio e una corrida...
Mio zio rideva sotto la barba. Sia io che Andres avemmo lo stesso pensiero, che se ne andasse al diavolo.
 
“Che hai combinato?”Alessio mi prese il viso a coppa tra le mani, osservando la guancia gonfia, nonostante vi avessi applicato del ghiaccio. Non potevo certo dirgli della lotta indecorosa, che avevo fatto a pugni come l’ultimo dei contadini, né delle trovate pindariche del mio capo. “Oggi pomeriggio, dico  ”
“Ho avuto un incontro ravvicinato con un armadio, tanto te lo avevo detto che non c’ero” Vivente, a cui avevo tirato un calcio nei genitali, stavo pensando a dove lo avessi visto, quella battuta sui calci e i pestoni, mi veniva da ridere, dalle acque della memoria affiorava qualcosa, poi realizzai, accidenti che figura. Glissai il resto del pensiero, ci mancava solo che provassi attrazione per quel barbaro, quello straniero, avevo perso mio marito solo da un anno, ed erano passati dieci anni abbondanti da Ahumada, una vita.
Si strinse nelle spalle, poi prese un mazzo di carte e giocammo. Il giorno dopo sarei andata via e lo sapeva, voleva godersi quei momenti senza domande, fingendo magari che fosse una sera come tante altre nel passato, di giochi, letture e storie. O almeno ci provò.
“Quando torni?”era inquieto, disattento, era il suo turno e non calava la mano, si agitava sulla sedia.
“Per Natale, forse prima. Tre mesi, stiamo larghi” Studiai le carte poi lo fissai, vergognandomi di me stessa, ma non a sufficienza.
“Due. “ contrattando. “Uno.. Una settimana”
“Farò prima che posso, cercherò,  non assicuro nulla” sincera per come potevo esserlo. Ironico, certo. Perché mi hai trovato Alexei, sarebbe stato meglio il contrario .. Io vado ed il tempo trascorso, un anno dall’ultima volta, non ti ha fatto scordare. Ti eri già fatto le tue idee, valutato e tanto .. So che i segreti li sai tenere, sei incredibile e ti sto arrecando pena, e tanto andrò avanti. Lasciando cenere e macerie.
“Se non ti fai ammazzare prima, per cosa poi ”Cupo, aveva pensato a sufficienza in quella ore, una ruga gli affilava la fronte, le iridi velate, scure come un fiume invernale“o se non mi viene qualche accidente. A cavallo mi è andata bene, e tanto potrei sentirmi male per ogni urto”
Scrollai la testa, non osai abbracciarlo, capiva e non era uno stupido. “E non tirare in ballo la volontà di Dio” pensava a Rasputin, o a quello che avrebbe detto sua madre..?? Omisi di toccarlo, la malattia e la sua fragilità lo avevano reso acuto, era un bambino solo per età, apparente, non per esperienza
“Magari per riprendere la mia Iliade, un libro che mi porto sempre dietro. Come l’Odissea.” Uno dei miei pochi effetti personali, assieme ai capi di vestiario, di ricambio, giusto due camicie e un paio di pantaloni, al sapone, viaggiavo leggera, solo una borsa a tracolla. Un coltello, una pistola e poco più completavano il bagaglio.
“Non mi interessa, tienilo, quando mai mi sono piaciuti i libri, MI PRENDI IN GIRO, su tutto. E domani non disturbarti a venirmi a  salutare. Anzi, bada a non farti vedere, era meglio se non ti trovavo. Mi hai illuso, sei bugiarda e cattiva” una giostra di attimi “Cattiva e bugiarda”Lo sguardo azzurro, pieno di rabbia, e disperazione, stava per mettersi a piangere e non voleva. Non scorderò mai come mi fissava. Rabbia. Dolore. Come se mi vedesse davvero, per la prima volta, avevo sempre cercato di proteggerlo, di non dargli dolori e gliene stavo dando, volontariamente, uno immane, senza revisione“E tanto ho chiesto, devi andare per forza.. Sei la più brava, accidenti a te” A chi?quando e dove? Sillabai Alexei, mise un braccio di traverso, non mi toccare e raggiunse la porta, le carte caddero per terra.
Era finita.
Uscì sbattendo la porta, diretto verso il suo alloggio, non travolgendo per poco Andres che scartò di lato, un vassoio tra le mani.
 Come Olga. Era come con Olga. E non mi avrebbero cambiato con nessuna altra al mondo.
 “Prima di rimediare un altro calcio, sappiate che sono venuto in pace e ho portato una bottiglia di vino e la cena, R-R è in riunione e farà tardi, lo zarevic è atteso fuori da uno dei suoi valletti e. lo accompagno io, se mi attendete qualche minuto, giusto il tempo per il passaggio delle consegna “
“Mangiamo pure al vostro ritorno.”  Poi : “Fuentes, siete una scocciatura, lo sapete?”
“Lo so, ma in genere le donne mi ritengono piacevole. Per la cronaca, non ho moglie o figli, quindi evitate quella faccia”
Risi, era impossibile. “Assaggio il vino, muovetemi..”  Alexei..
“Spiegami una cosa”avevamo deciso di darci del tu e parlare civilmente, forse, dividendo vino, pollo arrosto con insalata e uno sformato di patate.
“Che ci fa una principessa, amica delle figlie dello zar a fare la spia e la bara?” intuì di avere centrato il punto
“Sì. Sei giovane, ricca, piena di salute e talenti e rischi di farti ammazzare per cosa, come ha detto lo zarevic. Ho sentito anche se non volevo. E di cose ne ho viste tante e forse tu sei la più strana” mi scrutò, le luci delle lampade, accese nella sera, creavano golfi di ambra e luci  sul suo viso, le sue iridi erano verdi come le foglie di una nuova primavera. Era calmo, sicuro di sé, non il pallone gonfiato del pomeriggio.
“ Sono utile, non indispensabile, faccio quello che posso.”Presi il bicchiere tra le mani, Chablis bianco, facendo tintinnare il cristallo “ Avevo un marito, Fuentes, è morto l’anno scorso, di questi tempi, a Tannenberg, gli hanno sparato alla schiena. Si chiamava Luois de Saint-Evit. Come un animale.. devo fare qualcosa, di utile o provarci, a modo mio. Per una sorta di scherzo, Rostov Raulov è un grande nelle sue alzate di ingegno e .. Non sono ubriaca, almeno non ancora” Aveva chiesto e dovevo andare, ero la più brava.. Oddio.
“Questa è un motivo”Alzai la testa, sorpresa dal suo intuito. “E ti capisco, da una parte”
“ E le tue ragioni, Fuentes? Ora ti ho riconosciuto, sei in Russia dal 1903, almeno credo, che eri tra i segretari di mio zio, mi pare, giocavo e ti ho tirato un pestone per correre dietro al mio gatto. Non ti ho badato, ti è caduta una pila di fogli dalle mani e ti sei messo a quattro zampe per raccoglierli tutti. Avevo otto anni, ero una mocciosa viziata”percepii di arrossire”Il calcio fu ..che figura” bevve un sorso di vino, come me, adesso toccava a lui parlare. E avevo dieci anni, all’epoca successiva, ma che capivo. E non deponeva a mio favore che fossi petulante e viziata come pochi.
“Alla lunga non importa, eri ancora una bambina. La storia è lunga, comunque.. Solo a titolo di cronaca, mia madre era russa e mio padre spagnolo, ho una grande famiglia ma è meglio che stia fuori dai piedi.”la sua voce, dallo scherzo era sfumata nella serietà.
“Capisco. Forse. Alla nostra Fuentes.. “ Di sicuro conosceva le lingue, dal russo eravamo spaziati al francese e all’inglese senza imbarazzi o increspature.
“Chiamami Andres.”
“Io sono Catherine, detta lupo e tempesta. Fin da piccola, mi hanno appellata alla francese, come la omonima zarina. Olga Nicolaevna per economia Cat, alle volte Kitty Kat, gattina in inglese”Sorrisi. In quei momenti non mi faceva male ricordarla.
Catalina. In spagnolo.” Fino a lì ci arrivavo pure io. In mio nome, alla spagnola, fu come entrare in una frontiera che portava al paese dell’altrove, senza ritorno, un previsto disastro che era stato solo rimandato.
“I Rostov-Raulov discendono da uno spagnolo, si chiamava Felipe  de Moguer, si reinventò titoli e fortuna nel 1700, alla corte di Caterina II”
“Alla battaglia di Cesme, in Anatolia, prese il titolo di conte Rostov, poi sposò una principessa, Elisabetta Raulov, diventò principe ipso jure, diventando così Rostov-Raulov, per non perdere quello che si era guadagnato. Aveva 18 anni quando diventò conte, riscattando una nascita illegittima, suo padre era un marchese, Aleksander ne è sempre fiero, dice che per voi, i suoi discendenti, nulla è impossibile”
“Vedremo.. Andres, il padre di Felipe si chiamava Xavier dei Fuentes, vi suona familiare?”
“I Fuentes di Ahumada, marchesi ma il fratello di Felipe, Nicolas, divenne principe a sua volta, vennero elevati dopo la caduta di Napoleone, tanto fedeli erano rimasti al re di Spagna.”
“Andres Fuentes, principe”
“Un figlio minore, un cadetto”
“Sei sempre un principe”  nemmeno se io e Alessio ci fossimo accordati su quella battuta, che non era affatto tale. “E domani vado a salutare lo zarevic.. Per me, non per lui” Andres non ripose, mi osservava e basta, i suoi suntuosi occhi verdi erano una poesia.  
E io ero una Fuentes, allora per lontane ascendenze, parecchio risalenti, a onor del vero, e tanto era.
“Buona fortuna, Catherine, il Signore sia con voi. Ci vediamo a Natale, se non prima” lo zar benedisse me e Andres erano le sette, forse prima di mattina, un piccolo segno della croce, in tasca teneva il mio libriccino dell’Iliade, se Alessio avesse avuto voglia glielo avrebbe dato. E lo volle, per casino mio e altrui.
Tacendo che alle cinque di notte (nell’ora del cambio della guardia, lo zar d’accordo) ero passata a dargli un bacio e avevo capito che non dormiva.
Intuito e passate esperienze mie. la notte amplifica pensieri e separazioni, mi aveva trattato male ( e in fondo aveva ragione, ad essere in collera), e gli spiaceva, pensava di avere fatto qualche cosa di ineludibile.
Io di bambini non ho mai capito nulla, tranne che con lui, a grandi linee, almeno allora. “Zarevic.. vuoi, volete che resti un poco?” 
“Sì”
I’ll be back”, tornerò, avevo sussurrato in inglese, piegandomi sul ginocchio, un inchino nel buio, rischiarato dalle lampade votive dinanzi alle sue icone, rispondeva solo il respiro, era il principe ereditario, il rango andava rispettato, senza fallo. Poi avevo allungato una mano, sfiorandogli la spalla, una piccola carezza, mi aveva risposto la sua schiena rigida, contratta, salutavo il bambino che mi aveva amato e ancora mi voleva bene, forse.
“Mi dispiace. Credetemi” e lo dicevo per scarico di coscienza, la mia, chiaro, ribalda, infida.  “E .. con te, perdonatemi, con Voi, non sono mai stata cattiva in modo volontario né volevo illudervi..” tranne che dal gennaio 1913 in avanti, bugiarda che sei, quando hai scoperto le lettere e lo ignoravi, anche se eri lì con lui, scrollai la testa, ignorare la voce della coscienza era un ben duro affare.
“ Allora salutami perbene come sempre, mi hai abituato in un altro modo e non che cambi la faccenda, bada. Capito?”la sua voce sottile come vetro, le sue risate le avrei sentite di nuovo solo più avanti. 
Si mischiavano lo Zarevic, il principe ereditario, e il bambino, dove finiva uno e cominciava l’altro, il punto di sutura, o forse era un ricamo inestricabile, nessuna demarcazione.
Mi aveva posato il viso contro l’avambraccio sinistro, mentre con la destra gli  sfioravo le spalle, si era rigirato e me lo ero ritrovato addosso, in due giorni aveva imparato come stringermi, senza pesare, le nocche contro il mio plesso solare, scostandogli i capelli dalla fronte, il gesto rovesciato e gemello di quello che aveva compiuto lui due giorni prima, toccando la guancia.
 
Silenzio. Liquido e rarefatto. E le mie parole erano poi diventate, una storia, una canzone infinita di amore e perdono, ero rimasta.
“Torno, fidatevi..E io mi fido di voi, so che siete un osso duro, non mi faccio ammazzare e voi superete ogni eventuale accidente. Va bene? Non vi volevo illudere.”
Un piccolo cenno della testa.”Spiegami, perché mi dai del Voi”
“Era .. Voi siete lo zarevic, in ogni situazione vi devo rispetto” Una pausa
“Io voglio Cat, non la principessa formale, che è la più brava di tutti i reparti...so che sei brava ma così.. “
“Alexei, io..  Non pensavo di trovarti, mi hai fatto, anzi ci hai fatto una sorpresa. E mi eri mancato tanto e volevo farti fare qualcosa di bello, peccato che tu poi abbia creduto, giustamente, che sarei rimasta di più. Non ti volevo illudere o prendere in giro, tranne che vale quanto sopra, io mi fido di te, resisti, sei un osso duro”
Sbuffò “ Se non ti avessi trovato per sbaglio, ti avrei visto? So che ti sono mancato, o credo” in quello ero stata sincera
“ No, avrei evitato” Per omettere questo strazio “ E mi sei mancato, libero di credermi, ma così per te è peggio” mi strinse ancora più forte.
“ E TU NO?”
“Io sono grande, rispetto a te, meno sensibile”
“Che bugiarda .. sei più sensibile di quanto pensi”Deglutì “Dammi un bacio e a presto, mi fido di te, se sei la più brava qualcosa vuol dire” un gallo solitario cantava, ma era presto, mancavano ancora due canti. E avrebbe preferito che fossi meno abile.. la più brava a fare cosa o chi?
“Io pure, Zarevic, mi fido” gli avevo raccontato due o tre barzellette, brillanti, non aveva riso, che sennò mi dava soddisfazione, ma lo avevo distratto, baciandolo a caso, la fronte, le guance, ricambiata. Che potevo fare senza troppi danni, per non fargli venire l’ansia, che era intelligente, con una grande fantasia, o non troppa ansia, finchè ero lì era tranquillo, per dire.. Aveva chiesto, a suo padre e mio zio, ci scommettevo, e tanto era stato un fallimento
“ Ti va bene se ogni tanto ti scrivo due righe, solo per te, e ci sentiamo al telefono?”
“Sì.. Solo per me?”
“Solo per te. Ciao Aleksej, arrivederci Zarevic” omisi di affermare non ti preoccupare, che sarei stata proprio stupida. Ed  ero uscita, dopo una breve stretta, un bacio. Ave Cesar, morituri te salutant. Quella mattina non vi era nebbia e tuttavia vedevo tutto sfuocato, una steppa perlacea. E non era perché dovevo ma perché volevo, aveva ben ragione.
“…prima che il gallo canti, mi avrai rinnegato tre volte..” Tenni la schiena alta, le spalle erette, un passo dopo l’altro, vai via, senza girarti, me lo imposi, al secondo giro, che ero tornata indietro per dargli un bacio, e tre e mille, in silenzio.
Alessio, lo faccio perché voglio, oltre perché devo.. hai ragione, non ti devo prendere in giro. Se mollo non vado di mezzo solo io, ma altri.. Che hanno fiducia in me, ti prometto che starò attenta, che ci rivediamo, e intanto ti chiamo, ti scrivo.. Attenta, come te
“Mi fido, Cat”  mi sfiorò le labbra con le dita “Vai, avanti, che se rimani ancora non ti mando IO via”una pausa “Ma sono contento da una parte, ti ho visto, non ci speravo più”
“Alessio.. quando torno facciamo qualcosa di bello“
”Vai fila..”a parole, nei gesti mi si era aggrappato o forse ero io.
E tanto  non lo lasciavo, fino a quando non si calmò.

Lo zar riferì che aveva pianto per una settimana filata, prima di dormire, dopo, ma Alessio non volle parlarne e suo padre non intese forzarlo.
La malinconia gli rimase, come una sorta di nebbia, un velo.  E se non fossi andata a salutarlo sarebbe stato peggio, lo avrebbe vissuto come un abbandono, l’ennesimo,mi ha odiato e mi avrebbe odiato ancora di più se non fossi passata .
L’ora che precede l’alba è spesso fredda e buia, mi risvegliavo e mi gettavo addosso la coperta, svuotata da tutto, mi rigiravo e le nocche incontravano la sagoma di Andres, il suo caldo respiro e viceversa. Allora parlavamo ben poco.
Quattro giorni dopo, ci scambiammo due parole in croce al telefono, dopo vari passaggi. “Zarevic..” “Ci . . Ciao“ Esitante “Tutto a posto, cosa leggi?” E non rispose. “Ti chiamo e ti scrivo..”Gli soffiai un bacio nella cornetta
 
E bravi i miei ragazzi, rifletté nelle settimane successive Rostv-Raulov, appurando che l’ingaggio era andato a buon fine e che se Catherine non cambiava idea potevano fare molto e molto altro.Cat, si concesse il nomignolo privato usato da Olga Romanov, aveva fatto cantare un bolscevico in esilio, tale LP, di come la Germania voleva minare il potere offrendo aiuti e finanziamenti capillari ai bolscevichi, una rete capillare e clandestina, dopo il 1905 non si erano arresi.
La rivoluzione avanzava, se la guerra non finiva sarebbe stato un casino senza precedenti, lo Zar era fatalista, si considerava Giobbe, mandava una sua figlia al macello.
Non vi capiva nulla, allora era meglio Catherine che era una spia, un baro, una sorta di pirata, combatteva in senso lato e cercava le sue vendette che quel coacervo.
Il lupo dello Zar, la tempesta.
 
Stupido, o forse no, comunque anonimi donatori  tedeschi finanziarono gli ospedali russi, LP, un idiota perso nel suo piacere, venne arrestato alla frontiera, così  confermando la fiducia accordata, da capo  si congratulò mentalmente con lei.
Lei e Fuentes erano i migliori, nonostante o forse per le loro tragedie private.
 
Nel novembre 1915, lo Zar aveva passato in rivista le truppe del Generale Tcherbatchev. Dopo la  cerimonia, il sovrano desiderando conoscere le perdite sofferte dalle truppe chiese ai comandanti di ordinare ai tutti gli uomini che avevano combattuto fin dal principio delle ostilità di alzare le mani. 
L’ordine venne impartito e, tuttavia, solo poche braccia si alzarono rispetto a centinaia di teste, in intere compagnie non si alzò neanche un pollice.
 

L’episodio fece una grande impressione ad Alessio, per la prima volta realizzava gli orrori della guerra in modo così crudo e diretto. Prese a riguardare i biglietti che custodiva in una scatola insieme ad altri tesori, lettere di sua madre e delle sue sorelle, una biglia dai colori cangianti, un sasso dalla forma particolare  e tanto altro, in cui nessuno guardava mai, era sua personale e basta.”.. Un saluto, fa freddino, ti scrivo vicino a un bel caminetto..So che lo Zar non ama molto parlare al telefono, io lo ritengo una fantastica invenzione.. Anche per un ciao al volo, come hai detto Te, un bacione .. “  “Visto che ci hai preso gusto, sul telefono? Ciao e come stai, sei sintetico e va bene così..Baci. C.”  “Zarevic, oggi ho camminato su un prato bianco per la brina, ti ricordi quando a Carskoe giocavamo a nascondino nelle brine autunnali in attesa di costruire fortini di neve..” “ Zarevic, solo un pensiero e un abbraccio”  Vari e sparsi biglietti, un tesoro “..Oggi eri triste, credo, manchi anche a me, e comunque il Natale cattolico arriva prima del nostro, i tuoi cinque minuti diventano sempre cinque ore o cinque giorni.. Scherzo, manca poco. Sai che sto leggendo l’Eneide (io, mica te, quindi non fare smorfie) [sorrise nel rivedere quelle righe] che è il proseguo dell’Iliade, va beh, te lo racconterò a voce, che sennò diventa un romanzo, ci sono due ragazzi, Eurialo e Niso,che sono veramente coraggiosi e in gamba, indovina chi mi ricordano? TE. Fortuna audaces iuvat, la fortuna aiuta chi sa osare, te lo traduco direttamente, che è latino, l’abitudine di leggere mica mi è passata, ogni tanto devo aggiornare il repertorio, una storia per Te ci sarà sempre, se vorrai. Baci, C.  ps anche io vorrei passare cinque minuti con Te, Aleksej Nicolaevic, ironizzo, che manchi tanto anche a me” e vi era una foto di loro due, del mese di agosto 1914, lui le  circondava le spalle con un braccio, lei gli aveva appoggiato  una mano sul gomito, i capelli raccolti in uno chignon, vestita di colori chiari e delicati, il suo sorriso, aveva detto qualcosa che l’aveva fatta ridere. E ora aveva gli occhi duri, ricordò, di chi troppo ha visto, una sorta di patina, e tuttavia era sempre lei. Cat, Alexei, era venuto a salutarlo e gli voleva bene. Dove era la vecchia Catherine, l’amata principessa dalle mille storie, nella nuova ragazza che aveva trovato per sbaglio? È la migliore, non è possibile farla tornare, ormai le cose sono troppo avanti. Se non ti avessi trovato, ti avrei rivisto.. No.. per evitare questo strazio. Quanto manca a Natale? E sarebbe stato peggio, molto peggio se non l’avesse ritrovata. Si sarebbe sentito abbandonato, senza un vero perché. Come quando era andata a Parigi o era schizzata via dopo il settembre 1914.
 
 
“Alessio, ho una sorpresa..”
”Quale Papa?” Diffidente.”Aspetta e fidati..”
 
Mi ero raccolta il viso tra le mani, la tensione che mi rendeva esausta, i gomiti sulle ginocchia, poi mi ero rialzata, senza fallo, un dragone combattente, ero ACCIAIO .. UN DEMONIO. E la tristezza, con Andres eravamo andati vicini alle trincee..Che orrore, che delirio, fango, puzzo, vomito, un inferno in terra, che il lusso di un bagno caldo era per me e non per quei disgraziati. E  le missioni compiute, gioco o caso, mete rincorse senza scopo, e vinte per fortuna.
E la passione di due persone, che nonostante differenze e incomprensioni, si desiderano in un  modo inspiegabile.
 
Intanto, il mio caro zione R-R mi riceveva mentre lo zar e lo zarevic visitavano le truppe, in uno scompartimento di treno parlammo.
“TE hai bisogno di una pausa, fidati”
”Quale..Comunque Andres non è male, anzi, qual è la pausa?" 
“ La peste..spasima dalla voglia di rivederti anche per cinque minuti”
“Io pure, dici che è una peste e gli vuoi bene pure tu” Sincera nella sua mancanza
 “Ti manca, vedo e sei ben ricambiata. Cat, ormai, è andata.. Non imparerai mai, con la granduchessa Olga siete amiche, “lo eravamo state, legate, sorelle fino alla guerra e alla devastazione” Ma lui è un bambino  fragile e tanto non molla mai, per il suo bene e non il nostro, cerca di non deluderlo.. Sei la sua amata principessa e la nostra spia, la stessa nonostante le maschere, lo dico ora e poi mai più, cerca di farlo stare bene.. Hai capito? E tanto non rinuncerai a essere quello che sei diventata, anche se lo stai ancora decifrando e cerchi di capire”
“Penso..” Ci avevo capito il giusto e tanto era.
 
 
“Io sono in riunione fino a tardi, dormiamo sul treno, visto che sono occupato pensavo di lasciarti con questa persona..” Nicola II ad Alessio
“Sai che sorpresa” Sussurrò piano il ragazzino, se non stava con marinai o precettori lo appioppava sempre a qualcuno, chi era, un duro sguardo, ogni tanto scrutava sua padre con una consapevolezza superiore alla sua età, come se fosse molto più grande.
 
Il suo viso si illuminò, il sole che entra dentro una stanza dopo avere tirato le tende, quando vide chi fosse il soggetto indefinito.
“Alexei Nicolaevich, vi posso fare compagnia?”
”Papa.. E’ Catherine..E’ lei?LEI, sei tu..” battè le mani, un piccolo salto entusiasta
“ Che ti pare. Non agitarti, per favore.” era indeciso se abbracciare me o lo zar..
E intanto osservavo “Zarevic, come siete cresciuto”
“Principessa, come siete bella, ti voglio, vieni qui” Come no, ero snella, le lunghe gambe fasciate dai pantaloni, muscolose per le ore di cavalcate, le camminate, il ventre piatto, il viso illuminato dai miei grandi occhi, i capelli lavati di fresco che piovevano sulla giacca scura. Fossi sembrata uno spaventapasseri, non vi avrebbe badato. Ancora.
“Che bello,sollevami”le sue dita sul collo, la schiena,  io lo misuravo con gli occhi, mi aveva fatto un piccolo cenno e mi ero inchinata, ridendo, senza fallo e lo avevo issato sul fianco, chi ci credeva, e tanto eccolo lì, carne e ossa.
“La sorpresa..”
“Va bene lettere e telefono,  di persona eri più contento, nessuna illusione o presa in giro volontaria”Annuì, mi posò la guancia sul seno, una ciocca di capelli tra le dita .
“E’un anticipo, ci sono a dicembre e vedi che ci sono sempre, ci siamo messi d’accordo….”
“Sì..”Allacciandomi le braccia sul collo, si tirò indietro a guardarmi, gli appoggiai l’avambraccio sulle scapole, indefinito.  
 “Il mio dragone”
“La tua cretina, Alexei”
As usual.
   
 
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