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Autore: Mary P_Stark    11/07/2018    2 recensioni
Maine, 1833
Lucius Bradbury è a capo di una fiorente compagnia navale nelle selvagge terre del Nord degli Stati Uniti e porta avanti i suoi affari grazie all'appoggio del fidato amico, e nativo americano, Albert Greyhawk. Quando giungono a Bass Harbour gli amici di una vita, Lucius è messo di fronte a una realtà di cui, fino a quel momento, non si era reso conto; possibile che la sua amicizia con Lorainne Phillips si fosse trasformata in amore?
Possibile che, grazie a quelle lettere scambiate negli anni, la sua amicizia con lei si fosse trasformata in un legame più profondo? Ed era poi vero che tutto era nato grazie alle lettere?
Quando Lucius si trova innanzi a Lorainne dopo anni di separazione, questi e mille altri dubbi sorgono nel suo animo... e non solo in quello del nobile scozzese.
Ma Lucius potrà permettersi di abbandonarsi alla passione, ammettendo con lei ogni cosa, pur sapendo che Lorainne se ne andrà entro qualche mese? (Seguito dei primi tre capitoli della Serie Legacy)
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, Secessione americana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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16.

 
 
 
Quando Albert raggiunse infine Lucius, lo trovò in compagnia di Samuel; il primo, accomodato dinanzi al pianoforte della sala della musica di Green Manor, il secondo, in piedi accanto a lui.

Nel sentirlo sopraggiungere, i due amici si volsero per salutarlo e Albert, raggiunti i due uomini, si rivolse a Lucius per dire: “A quanto pare ti sei fatto prendere dal panico, amico mio. Lorainne è un poco preoccupata per te.”

“Ecco, l’ultima cosa che volevo sapere” si lagnò Lucius, giocherellando con i tasti del pianoforte.

Alcune note si espansero a caso nell’aria e Samuel, sorridendo al giovane Bradbury, dichiarò: “Solo chi non ama la propria donna, può dirsi immune dal panico, credo. Se non sei coinvolto con il cuore, l’anima e la mente, non puoi venire scosso da molteplici e contrastanti sentimenti. Chi, invece, vede coinvolte queste tre parti del proprio Io, trema al solo cospetto di colei che si ama.”

“Ti sei fatto troppo profondo, per i miei gusti, Samuel” brontolò Lucius, facendo scivolare le dita sulla tastiera in avorio per intonare l’inizio di un brano di Mozart. “Eri più divertente quando correvi a zonzo per i salotti, in cerca di donzelle.”

Sam rise di quel commento e, scuotendo una mano con fare noncurante, replicò: “Ho cercato di dare un senso a ciò che mi frullava per la testa, così ho letto molto… assai più di quanto non abbia mai fatto a Eton ai tempi della scuola, lo ammetto. In parte mi è servito, ma per il resto ho solo dato retta a Sarah.”

“Il che potrebbe voler dire soltanto che ti ha soggiogato, e ora non sei più tu” ironizzò Lucius, continuando a suonare con sempre maggior attenzione, pur non guardando la tastiera.

Albert sorrise di quella battuta e Samuel rise sguaiato, annuendo a più riprese.

“Sì, forse è vero. Ma chi non sarebbe contento di essere soggiogato da una donna che vuole solo il tuo bene, che ti ama e che farebbe di tutto per renderti felice?”

“Niente da dire” assentì Lucius con una scrollata di spalle, lasciando che le sue dita scivolassero sempre più veloci sulla tastiera.

La musica suonata dalle abili mani di Lucius si estese in tutta la sala, galleggiando nell’aria come un profumo inebriante e sottile.

Sia Albert che Samuel si ridussero al silenzio per ascoltare quel brano mirabilmente eseguito, e fu così che nessuno si accorse dell’arrivo di Silver e Lorainne.

Incantate da quel suono, si erano avvicinate alla sala della musica per scoprire chi stesse suonando il pianoforte e, quando Lory aveva scorto Lucius alla tastiera, non aveva esitato ad avvicinarsi.

Fu solo quando il brano ebbe termine, che la giovane si azzardò a parlare e, non appena Lucius avvertì il suono della sua voce, si paralizzò in sua contemplazione.

Non c’era niente da fare. Quando udiva Lorainne parlare, aveva sempre la tendenza a chetarsi, come se la sua anima trovasse quiete dopo tanto ardimento.

Era questo, alla fine, che gli aveva sempre impedito di comportarsi da scalmanato con lei come, invece, aveva sempre fatto con Sarah e Violet. Lorainne sapeva calmarlo, sapeva frenare la sua anima inquieta, dandole equilibrio senza spegnerla, senza smorzarne la luce.
Levandosi in piedi per raggiungerla, le sorrise nell’afferrarle una mano e, trascinandola gentilmente con sé, mormorò: “Suona con me, Lory.”

Lei assentì senza alcun problema e, dopo essersi accomodati assieme sul divanetto di fronte al piano, poggiarono le mani sulla tastiera.

Samuel si scostò per accostarsi ad Albert e Silver e, quando la musica iniziò a librarsi nell’aria come suonata da un sol uomo, quest’ultima mormorò: “Credo che, parlandosi attraverso ciò che amano, potranno annullare le rispettive paure.”

“Niente di più vero, credo” assentì Samuel.

“Vogliamo lasciarli soli, allora? O sarebbe sconveniente?” domandò a quel punto Albert.

Samuel si avviò sorridente verso la porta e, ammiccando, chiosò: “Sia i Phillips che gli Spencer sono abituati alle cose sconvenienti. Lasciarli qui a suonare assieme non turberà nessuno.”

Albert e Silver, allora, lo seguirono fuori dalla stanza e, non appena si chiusero la porta alle spalle, si sorrisero soddisfatti.

Sarah giunse proprio in quel momento, leggermente di fretta e con le gonne sollevate leggermente e strette tra le mani. Nel vederli di fronte alla sala della musica, si arrestò per un istante e domandò: “E’ Lorainne, a suonare?”

“Lucius e Lory” le spiegò Samuel.

“Oh, bene. E’ giusto che stiano un po’ per i fatti loro. Con Maxwell che tampina sempre il povero Lucius per farsi spiegare vita, morte e miracoli sulla sua esistenza, è difficile trovare del tempo per parlare senza orecchie curiose al seguito” ironizzò Sarah, facendo ridere sommessamente il trio.

“Ben detto. Comunque, stavi andando da qualche parte? Sembravi avere fretta” le domandò Samuel, seguendola lungo il corridoio assieme ad Albert e Silver.

“Beh, diciamo che ero curiosa di vedere Cornelius e Violet mentre battibeccano sul nuovo progetto che Lettie gli vuole proporre. Non ho mai assistito, ma dicono che sia spettacolare ammirarli mentre si insultano – garbatamente, s’intende – a vicenda” ironizzò Sarah, tutta ghignante.

“In che senso, si insultano? Ma non vanno d’amore e d’accordo, quei due?” esalò sorpreso Samuel, facendo tanto d’occhi.

“Ti pare che i Bradbury facciano le cose in modo normale?” ammiccò la fidanzata. “Cornelius adora Lettie, ma non le darà mai ragione al primo colpo. Sarebbe troppo facile. Da quel che so, l’assenso alla costruzione delle sue navi, avviene sempre dopo un attento e scrupoloso esame… condito, per l’appunto, da commenti più o meno aspri.”

“E tu sai che stamattina parleranno di questo” chiosò Samuel, senza neanche domandarglielo.

“Io so tutto, mio caro” sentenziò Sarah, allungando il passo.

Silver si ritrovò a ridere divertita e, guardando il marito, celiò: “E poi dicono di noi, che siamo strani…”

Albert si limitò a scrollare le spalle e a seguire la coppia dinanzi a loro. Da quando aveva conosciuto Lucius, si era sempre chiesto che tipo di uomo fosse suo padre.

Beh, ora lo avrebbe davvero scoperto.
 
***

Quando anche l’ultima nota si fu spenta, Lorainne sollevò le mani dalla tastiera per poggiarle sulle ginocchia e, rivolto un sorriso a Lucius, mormorò: “Davvero ben eseguito, direi.”

“Possiamo chiedere…” cominciò col dire Lucius, volgendosi a mezzo per confrontarsi con i suoi amici. “… un parere…”

Non trovando più nessuno nella stanza, l’uomo scoppiò in una risatina divertita e Lorainne, accorgendosi della mancanza dei loro amici, rise a sua volta ed esalò: “Per fortuna che siamo in tempo di pace, o avrebbero potuto assalirci senza problemi.”

“Eravamo giustamente distratti” ammise Lucius, levandosi in piedi per poi offrirle la mano.

“Solo distratti?” domandò lei, curiosando nel suo sguardo di diamante.

“Anche vagamente preoccupati all’idea di non poter essere all’altezza del compito che ci spetterà” ammise Lucius, avvicinandosi per sfiorarle la fronte con un bacio.

“Oh, è un pensiero comune, mi dicono” ironizzò Lorainne. “Però credo che, così come ce la siamo cavata a suonare magistralmente questo brano a quattro mani, così riusciremo a fare anche il resto.”

“Lo pensi davvero?”

“Non ti mentirei mai e, soprattutto, non su una cosa così seria” assentì Lory, prendendogli entrambe le mani per stringerle nelle sue. “Spero solo di essere abbastanza forte e coraggiosa per poter essere una buona moglie.”

“Lo hai già dimostrato, mi pare” ironizzò Lucius, sollevando le mani della giovane per baciarne i dorsi.

Lei si morse il labbro inferiore, desiderando che quei baci sfiorassero la sua bocca, il suo viso, ma desistette dall’imporre a Lucius una sofferenza.

Sapeva – più o meno – quanto fosse doloroso, per un uomo, avere certe pulsioni e non poterle soddisfare, perciò non voleva causare coscientemente una sofferenza alla persona che amava.

Anche se ella stessa stava patendo le pene dell’inferno, in quel momento, imponendosi di non concedersi un’intimità che desiderava con sempre maggiore forza.

Lucius, però, parve capire le sue esigenze e, attirandola a sé, le sfiorò le labbra con un bacio, mormorando contro di esse: “Non posso concedermi di più.”

Lei annuì debolmente, scostandosi con il volto in fiamme e gli occhi splendenti e Lucius, annuendo tra sé, ironizzò dicendo: “Ciò detto, sarà meglio se cerchiamo compagnia, prima che tuo padre decida di usare un falcetto su di me.”

Lorainne scoppiò in una risata argentina e, nel prenderlo per mano, uscì con lui dalla sala della musica. Ci sarebbero stati altri momenti per un’intimità maggiore ma, per lo meno, sapeva che tutto ciò sarebbe avvenuto con l’uomo giusto.

Incamminatisi quindi lungo il corridoio, chiesero a una delle cameriere dove si trovassero i loro congiunti e, non appena lo ebbero scoperto, vi si recarono pieni di curiosità.

Sapere che tutti gli ospiti di Green Manor si trovavano in biblioteca era un fatto assai curioso, perciò vi si recarono pieni di curiosità per scoprirne i motivi.

Quando, però, entrarono nella suddetta stanza e trovarono Violet armata di squadra e Cornelius di righello, i due rimasero basiti quanto senza parole.

L’attimo dopo, Lucius scoppiò a ridere e, nello scrutare il volto accigliato del padre, esalò: “Non dirmi che riservi anche a lei il tuo burbero trattamento, padre!”

“Giusto te, ragazzo!” sbottò Cornelius, indicandolo con il suo lungo righello di legno. “Che diamine hai messo in testa a questa gentildonna?!”

“Io? Che mai avrei fatto?” gracchiò Lucius, nel sentirsi preso in causa. “Non ero neppure presente! Che male avrò mai potuto fare?!”

“Uno scafo a doppia paratia?” sbottò infuriato Cornelius, non ascoltando affatto le repliche del figlio. “Che oscenità è mai questa?!”

Violet sbuffò sonoramente, per gran diletto degli spettatori, mentre Lucius replicava serafico al padre, ora comprendendo il problema da cui era nato il diverbio.

“Non è una follia, né tanto meno una oscenità. Le navi americane vengono costruite così per reggere alle carronate più potenti. Stiamo parlando di navi da guerra, padre, non di clipper transatlantici o di golette per nobili eccentrici. Ti stai arrugginendo, per caso?”

“Hai un… appalto con la Marina?” borbottò Cornerlius, vagamente incredulo.

Lucius, allora, ghignò divertito e replicò: “Pensavi non ne fossi capace, padre? Che fossi solo un carpentiere dall’occhio fino ma, alla fin fine, un pessimo amministratore?”

“Niente affatto. Sei un Bradbury. Per forza sei capace in queste cose” brontolò l’uomo, punto sul vivo.

Lorainne rise sommessamente a quel commento piccato quanto orgoglioso e Lucius, scrollando le spalle, asserì: “Sono anche un Chadwick, visto che la mamma è cugina di primo grado con Maxwell. Magari ho preso da quel ramo della famiglia.”

“Maxwell è un perdigiorno. E’ sua moglie che tiene in piedi la baracca, e lo sanno tutti” sbuffò per contro Cornelius, facendo subito irritare il cugino.

“Ehi, dico!” sbottò Maxwell, facendo scoppiare a ridere l’intera platea. “Razza di galletto presuntuoso che non sei altro! Ammetti piuttosto che questa splendida fanciulla ha saputo surclassarti, invece di arruffare le piume come un vecchio gallo per poi prendertela con me.”

Violet si trattenne a stento dal ridere mentre Cornelius, divenendo paonazzo, indirizzava al cugino le peggiori offese.

A quel punto, lady Bradbury e lady Chadwick lanciarono ai mariti altrettante occhiate raggelanti e gli uomini, azzittendosi, brontolarono qualche parola incomprensibile ma, alla fine, cedettero.

Avvicinandosi al tavolo dove era disteso l’oggetto del contendere, Lucius ammirò la linea dello scafo disegnato dalle mani attente di Violet, l’affastellamento del legname e la linea degli alberi dopodiché annuì, mormorando: “Quando l’hai fatto, Lettie?”

“Ho preso appunti qua e là poi, durante il viaggio di ritorno, l’ho preparato. Non parto mai senza la mia attrezzatura” ironizzò Violet, tutta soddisfatta.

“Te ne acquisterò subito i diritti, visto che mio padre non comprende appieno la grandezza di questo progetto” dichiarò Lucius, sorridendo all’amica.

Cornelius, a quel punto, sbottò di nuovo ed esclamò: “Ehi, dico io! Violet è una mia progettista! Non tua!”

Fu così che padre e figlio iniziarono a disquisire su chi, Violet, dovesse accontentare e la diretta interessata, sorridendo divertita, mormorò al marito: “Non sono adorabili?”

“Se non sapessi che sono interessati solo al tuo intelletto, sarei un po’ geloso. Ma visto che le cose non stanno così, mi può far solo piacere” chiosò Andrew, divertito dall’intera scena.

“A me, invece, piacerebbe che una buona volta riuscissero a comportarsi come persone civili” sospirò lady Bradbury, scusandosi per il loro comportamento.

“Io li trovo deliziosi. E poi, non ho mai apprezzato gli ambienti troppo rigidi e compassati” asserì Lorainne, sorridendo alla futura suocera.

“Sei anche troppo buona, cara” replicò Sheoban prima di prendere in mano le redini della situazione una volta per tutte.

Afferrato il righello dalla mano del marito, lo usò per colpire la testa di Cornerlius e, conseguentemente, quella del figlio dopodiché, lapidaria, sibilò: “Siamo ospiti, per tutti i santi del paradiso! Un po’ di contegno!”

Un nuovo coro di risate si levò dai presenti e Christofer, nel levarsi dalla poltrona da cui aveva ammirato l’intero spettacolo in religioso silenzio, dichiarò: “Giuro… non mi divertivo così tanto da anni. Dovremmo organizzare più spesso queste riunioni di famiglia.”

“Sempre detto che ammiro quest’uomo” chiosò Maxwell, dando una gran manata sulla spalla di Harford.
 
***

Sdraiata prona sul letto di camera sua, Sarah piegò la testa di lato per osservare il viso della sorella, che ne aveva imitato la postura, e disse: “E’ stato bello, oggi. Ritrovarci tutti, ridere spensieratamente. I figli di Lizzie si sono divertiti un mondo a vedere il loro nonno che veniva sgridato dalla nonna.”

“Sì, è stato tutto molto bello” assentì Lorainne.

“Dove abita Lucius, ci sono altre famiglie con cui puoi stare in compagnia?” domandò Paul, seduto su uno dei divanetti della stanza, i piedi poggiati negligentemente sul tavolino dinanzi a sé.

“La sua villa è isolata dalle altre, perché si trova su un promontorio ma, in mezz’ora a cavallo, posso arrivare a casa di herzogin Cynthia, o al cantiere” gli spiegò Lorainne.

“Non è una villa un po’ solitaria, per te?” domandò allora Randolf, accucciato accanto al camino per ravvivare il fuoco.

“Oh, nella villa abitano anche Silver e Albert, oltre alla servitù, con cui vado già molto d’accordo” lo rassicurò Lorainne, grata che il fratellastro si preoccupasse per lei.

“Mi piacciono, quei due” dichiarò Randolf, annuendo compiaciuto. “Hanno un bel modo di pensare. Mi ha sconvolto conoscere i risvolti più crudi di ciò che sta accadendo al loro popolo, perciò sono doppiamente lieto che Lucius li abbia aiutati a scampare alla morte.”

Lorainne assentì e disse spiacente: “E’ una situazione in evoluzione, e temo che il cambiamento porterà più danno che utile, ma so che ci sono persone che stanno lottando perché il tutto avvenga con il minor spargimento di sangue possibile. In cuor mio, spero di poter dare una mano, per quanto possibile e, quando tornerò laggiù, mi informerò se è possibile fare qualcosa.”

“E tu sei pronta a vivere in un mondo in cui si hanno così poche certezze?” le domandò ora più seriamente Randolf, raggiungendola vicino al letto.

Lei si risollevò, mettendosi in ginocchio sul materasso e affondando un poco tra le coltri.

Scrutando il viso preoccupato del fratellastro, ne comprese le ansie, così come il suo strenuo tentativo di non imporre la propria idea su quelle della sorella. Dal tempo in cui aveva inveito contro Violet, Randolf era assai maturato, pur restando un fratello molto protettivo e amorevole.

Violet intervenne proprio in quel momento e disse: “Credo che siano le stesse preoccupazioni di Lucius, ma penso anche che la nostra Lory abbia già meditato bene su questo.”

Lorainne assentì, mormorando: “So che l’America è un paese in forte cambiamento, e che non è stabile quanto la nostra madrepatria, però so ciò che voglio, ed è stare con Lucius… a qualsiasi costo. Inoltre, noi abitiamo in un luogo lontano da qualsiasi possibilità di conflitto. Saremmo al sicuro, sull’isola, anche nel peggiore dei casi.”

“Lo spero, Lory. Lo spero davvero” mormorò il fratello, dandole un buffetto sul naso. “Non vorrei che foste costretti a patire ciò che hanno sofferto i nostri genitori, o Christofer e Kathleen.”

“Vieni con noi, quando torneremo a Bass Harbor, così lo vedrai con i tuoi occhi. Scommetto che i ragazzi sarebbero felicissimi di fare un viaggio per mare” gli propose allora Lorainne, sorridendogli. “Visto che Sarah e Violet sono già venute e hanno visitato il luogo, potrebbero venire con te anche Paul, mamma e papà.”

“Oh, sì. Io ci sto!” esclamò subito Paul, balzando in piedi per la gioia e l’aspettativa.

Randolf lo guardò storto, pur sorridendo, e replicò: “Tu faresti di tutto per evitare di tornare a Eton.”

“Verissimo” assentì senza alcun ritegno il ragazzo.

Le sorelle risero sommessamente e Randolf, sospirando, dichiarò: “Sentirò Savannah, e poi vedremo. In ogni caso, se ne riparlerà la primavera prossima, per cui…”

“Certo. Abbiamo tutto il tempo” annuì Lorainne. “Ma mi farebbe davvero piacere che voi veniste. So che, vedendo il posto, vi tranquillizzereste un poco.”

“Probabile. Comunque, ora è meglio se tutti andiamo a dormire” dichiarò l’uomo, aiutando Lorainne a scendere dal letto. “Ti accompagno in camera, così eviterai percorsi alternativi e sconvenienti.”

Lory rise divertita, a quel commento e, mentre si accomiatava dal fratello minore e dalle sorelle, lanciò un’occhiata maliziosa al fratellastro e mormorò: “Guarda che è un po’ tardi per chiudere la stalla. I buoi sono già usciti.”

“Spero non del tutto” gracchiò Randolf, avvampando suo malgrado.

“Non del tutto, non temere. Qualcuno è rimasto dentro” ridacchiò lei, coprendosi la bocca per il divertimento.

Randolf sospirò, scosse il capo e borbottò: “Non ce la posso fare… tre sorelle sono davvero troppe.”

Paul scoppiò a ridere e, mentre tutti uscivano dalla camera di Sarah, Lorainne cercò di immagazzinare dentro di sé quei ricordi, quelle immagini, quei suoni. Sarebbe stato difficile, nel primo periodo, abituarsi a una vita senza di loro, ma sapeva di potercela fare.

Quando, infine, salutò Randolf e si chiuse nella sua stanza, si fece aiutare dalla sua cameriera per togliersi gli abiti, dopodiché la ringraziò nel darle la buonanotte e rimase sola.

Con l’unica compagnia di una candela, Lorainne si sistemò alla toeletta per stringere i capelli in una treccia e, dopo aver indossato una vestaglia pesante, si diresse sul balcone per ammirare la luna.

Fu così che si accorse della presenza di due persone nel giardino e, dopo aver acuito lo sguardo e abituati gli occhi all’oscurità, sorrise nel rendersi conto che non erano altro che Albert e Silver.

Stavano passeggiando mano nella mano lungo uno dei sentieri del giardino e parevano assorti nei loro pensieri, ma davano l’idea di essere sereni e tranquilli.

Lorainne era lieta che fossero venuti assieme a loro. L’idea di poter mostrare la sua terra ai nuovi amici le era parsa buona, e vederli così felici la riempiva di gioia.

Desiderava per loro tutto il bene possibile e, se quel viaggio avesse portato ulteriore felicità oltre a quella che già vedeva nei loro occhi, ne sarebbe stata più che soddisfatta.

Sapeva per bocca di Kathleen che Silver aveva accettato di farsi visitare dal medico personale della contessa, ma non aveva idea di come fosse andato l’esame.

Se e quando Silver avesse voluto parlargliene, sarebbe stata presente per lei, pronta a darle tutto l’appoggio che una buona amica doveva offrire.

“Buonanotte, miei cari amici” mormorò tra sé Lorainne, lasciandoli con l’ultima immagine di un loro bacio al chiaro di luna.
 
***

Un brivido scosse le palle di Silver che, subito protetta dall’abbraccio del marito, mormorò: “C’è un freddo diverso, in questo posto. Non mi sono ancora abituata.”

“Ti abituerai, non temere. Ora, però, dovremmo rientrare, o quel povero ragazzo congelerà nell’attesa di riaccompagnarci in villa” asserì divertito Albert, osservando il valletto che, discreto, li stava attendendo armato di lanterna all’inizio della passeggiata.

Silver sorrise complice, dichiarando: “Come se potessimo perderci. Siamo rimasti per anni nel buio stellato delle Pianure, e non è mai successo nulla.”

“Hai sentito, no, del problema dei banditi? Può darsi che neppure entro le mura difensive di questo maniero, vogliano abbassare la guardia.”

“Potrei abbattere dieci banditi inglesi con una sola mano, ne sono sicura” brontolò Silver, pur incamminandosi per rientrare.

Albert rise, assentì alle parole della impavida moglie e, nel darle un bacio sulla tempia, disse: “Ne sono sicuro, Mazaska Wicahpi, ma non desidero che tu ti metta alla prova in tal senso.”

Silver gli sorrise a mezzo, scrollò le spalle e infine mormorò: “Sai una cosa, Hota Wambli?”
“Cosa, mia stella?”

Lei si limitò a sorridergli con aria misteriosa e Albert, accigliandosi leggermente, la prese per le spalle e borbottò: “Non cominciare a fare così… cosa c’è?”

“Temo dovrai arrivarci” asserì la donna, prendendolo nuovamente per mano per affrettare il loro passo.

Albert sbuffò contrariato e, quando infine raggiunsero il valletto, si incamminarono verso una porta laterale per rientrare a palazzo.

“Dimmi, ragazzo… anche le donne inglesi sono misteriose e tengono mille segreti?” domandò Albert, ancora vagamente contrariato.

Il domestico sorrise divertito e, annuendo, asserì: “Temo di sì, messere. Credo anzi che, più una donna sia bella, più misteri celi dentro di sé.”

“Allora, sono spacciato” protestò Albert.

“Con tutto il dovuto rispetto, messere, penso siate in un grandissimo guaio” mormorò il giovane, omaggiandoli con un breve inchino prima di salutarli.

Non potendo fare altro che prendere atto della cosa, Albert prese sottobraccio la moglie e, con calma, risalì le scale per raggiungere le loro stanze.

Chissà che, tutto quel gran arrampicarsi avanti e indietro per miriadi di piani e ballatoi, non lo aiutasse a chiarirsi le idee.

Di sicuro, non avrebbe ottenuto risposte da Silver. Quando voleva fare la misteriosa, nulla e nessuno poteva batterla.



 
  
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