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Autore: ALoserLikeMe    19/07/2018    0 recensioni
Gothel è una ragazzina timida e insicura, passa la maggior parte delle sue giornate in casa con la propria famiglia. Il mondo esterno quasi la spaventa. Tutto cambia quando, per la festa dei quindici anni suoi e di sua sorella gemella, incontra una ragazza, Talitha.
Quest'ultima è dotata di poteri magici, argomento completamente evitato in famiglia. I genitori di Gothel, la quale a sua volta è dotata di tali capacità, credono che sia la causa di ogni male della figlia.
Incuriosita, la ragazza vuole approfondire la conoscenza con Talitha, la quale ne modifica completamente sia il carattere che il modo di vedere le cose.
Gothel non sarà più la timida ragazzina di cui tutti si approfittano e che trattano male, imparerà a farsi valere.
Ma questo porterà delle conseguenze, perché una volta assaggiato il potere non riuscirà a tirarsi indietro...
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 
 
Se qualcuno fosse passato per la radura quel giorno, avrebbe sentito Gothel urlare dalla frustrazione. Aveva passato tutta la mattina insieme a Talitha, la quale aveva posizionato una brocca di ceramica sopra un tronco d’albero piano, dicendole che avrebbe dovuto romperla, e chiaramente la ragazza non ci era riuscita. Era difficile apprendere la magia da una persona che l’aveva studiata a sua volta in modo superficiale. Da quel che ne sapeva Gothel, Talitha da bambina era andata tutti i pomeriggi a trovare lo stregone del villaggio, dal quale aveva imparato con gioia e passione fino a che la morte di quest’ultimo e problemi familiari non l’avevano portata ad abbandonare lo studio di questa arte. Purtroppo il suo allenamento si era interrotto agli albori, aveva appena iniziato le lezioni pratiche; inizialmente lo stregone le aveva insegnato la parte teorica, tutta la storia della magia e di come essa si era sviluppata durante il tempo. La ragazza ne parlava sempre all’amica nel tragitto per arrivare e tornare dalla radura –che ormai avevano stabilito come luogo in cui si sarebbero dirette tutti i giorni. Nei suoi occhi brillava sempre una luce particolare quando raccontava a Gothel di tutte le battaglie magiche che si erano susseguite durante il corso dei secoli, si immedesimava talmente tanto in quello che diceva da non rendersi conto del completo disinteressamento proveniente dalla controparte: alla ragazzina non interessava sapere che trecento anni prima qualcuno si era combattuto e cose di questo tipo, voleva semplicemente imparare ad utilizzare il potere che aveva, né più né meno.
Non era una brava allieva, non perché non si impegnasse a dovere o trascurasse la materia, semplicemente ci impiegava un po’ a “sciogliersi”, lasciarsi andare e permettere alla magia di confluirle in tutto il corpo. Ormai era quasi iniziata la primavera, percepiva le giornate allungarsi e farsi sempre più calde, la neve a poco a poco si stava sciogliendo. Aveva iniziato in autunno, subito dopo il suo compleanno, e da allora non aveva fatto degli enormi passi avanti: ogni volta che aveva uno scatto di emozioni –negative o positive che fossero- riusciva a fare qualche incantesimo, ma erano imprecisi, dettagli dai sentimenti e non dalla tecnica. Probabilmente, se in quel momento fosse stata arrabbiata con qualcuno o qualcosa, sarebbe riuscita a far esplodere l’anfora, ma in condizioni normali non ne era in grado.  E Gothel non era una persona indulgente con se stessa, era tremendamente ambiziosa, pretendeva delle prestazioni sempre ottime e sempre migliori di quelle precedenti, non si sarebbe accontentata di un “sei stata bravina”, lei voleva essere perfetta. Di conseguenza si innervosiva, e più si innervosiva e peggio le riuscivano i compiti che Talitha le assegnava -la quale si era rivelata una maestra molto migliore di quanto Gothel si fosse mai aspettata, era tanto scontrosa quanto disponibile nell’insegnarle le cose.
Così, sconsolata, era tornata a casa ed aveva pranzato con la propria famiglia. Avrebbe sempre ricordato la sera in cui era tornata a casa, dopo essere uscita per la prima volta dopo anni da sola ed essere andata al mercato, non si sarebbe mai e poi mai dimenticata la faccia di sua madre quasi spiaccicata contro la finestra in attesa del suo ritorno. Inizialmente aveva creduto che la signora Gothel sarebbe svenuta, data l’espressione che aveva avuto in volto non appena l’aveva vista. E quello era stato solo l’inizio, poiché suo padre e sua sorella non avevano idea di quello che era successo, pensavano che quella fosse stata una giornata come le altre. Erano rientrati in casa con il volto soddisfatto: lo avevano sempre ogni volta che andavano a caccia insieme, il loro rapporto padre-figlia si intensificava sempre di più. Avevano porto il bottino catturato alla madre e poi erano andati a lavarsi e cambiarsi. Si erano successivamente seduti a tavola, intenti a raccontare aneddoti sulle loro avventure (Gothel aveva sempre creduto che moltissimi dettagli fossero inventati per arricchire e rendere la storia più interessante di quello che già non fosse, eppure aveva sempre ascoltato volentieri), finché la donna non aveva posizionato al centro della tavola un piatto pieno di pesce affumicato.
<< Questo pesce l’ha comprato nostra figlia oggi al mercato >> si era affrettata a dire, notando le facce sconcertate dei due cacciatori. << E’ andata personalmente a prenderlo. >>
Non lo aveva detto esplicitamente, ma aveva lasciato intendere il particolare più importante: era andata da sola, senza nessuno che la accompagnasse. Gothel fu eternamente grata per sua sorella e suo padre, i quali erano stati molto più discreti rispetto alla madre. A Bella si era illuminato il volto, che aveva voltato verso la gemella in segno di profonda ammirazione, per poi mascherare quell’emozione appena provata. E così per la prima volta la ragazzina non era stata quella che ascoltava passivamente e si limitava a fare qualche commento sporadico, quella sera era stata lei a raccontare la sua avventura. E non aveva inventato alcunché, non aveva aggiunto nessun aneddoto particolare, niente che potesse abbellire la sua storia in quanto, per lei, era già bellissima così. Era stata completamente onesta, anche per quanto riguardava la magia, argomento che non era stato preso tanto bene dai suoi genitori. Temevano che qualcosa potesse andare storto, che potessero ripresentarsi i problemi di un tempo. Ma non le avrebbero mai impedito di incontrarsi con Talitha e praticare questa sua dote, non erano il tipo di genitori che volevano tapparle le ali: le davano consigli, esprimevano la loro opinione, ma poi la lasciavano libera di scegliere come meglio credeva.
Gothel era grata per i suoi genitori, nonostante tutte le difficoltà che li aveva fatto affrontare, tutti i suoi problemi che avevano dovuto sopportare e gestire, erano sempre stati buoni e giusti con lei. Non l’avevano mai fatta sentire inferiore ad Annabella, un peso per la famiglia. E di questo non avrebbe mai potuto ringraziarli abbastanza. Sua madre ogni tanto le chiedeva pure di mostrarle i suoi progressi, i pochi obiettivi che era riuscita a raggiungere, e non importava quanto piccoli fossero i passi che aveva compiuto sua figlia, lei era sempre estremamente orgogliosa. Ma la gioia più grande gliel’aveva data sua sorella: era proprio fiera di lei, se ne andava girando per locali con i suoi amici dicendo “mia sorella è una strega, mia sorella è una strega potentissima!”, e questo rendeva Gothel estremamente felice.
 
Il rapporto con gli amici di Bella tuttavia non era migliorato, continuava a non andare d’accordo con quelle persone, a trovarle strafottenti e maleducati, e loro continuavano a considerarla semplicemente l’ombra di sua sorella. Continuava ad uscire con loro, per far contenta Annabella e passare più tempo possibile insieme a lei, sapeva quanto ci tenesse alla sua presenza, nonostante sapesse che Gothel non si sentiva a proprio agio. Era convinta che prima o poi sarebbe riuscita ad inserirsi, a stringere un rapporto di amicizia come aveva fatto lei. La strega non ne era mai stata convinta di questo fatto, non le piaceva farsi finte illusioni, sognare ad occhi aperti ed immaginarsi un mondo surreale con avvenimenti che mai nella vita vera sarebbero potuti verificarsi. Era realista, leggeva le cose e le persone esattamente per quello che erano, non aggiungeva mai niente, né che fosse in positivo né in negativo. E sapeva con certezza che quei ragazzi non l’avrebbero mai accolta completamente, e non riusciva a spiegarsi perché. In realtà, per quanto il modo in cui si rapportavano con lei fosse estremamente discutibile, erano dei ragazzi simpatici e spiritosi, provavano un bene sincero nei confronti di Bella: di qualsiasi cosa avesse mai avuto bisogno l’avevano sempre aiutata, la trattavano benissimo e non le avevano mai mancato di rispetto. Erano dei buoni amici, eppure non volevano che nessun altro entrasse nella loro cerchia, desideravano che rimanessero loro e loro soltanto, tutti gli altri –come Gothel- erano degli intrusi, degli estranei. Mesi fa la ragazza aveva guardato a loro e si era sentita inadatta, l’avevano fatta sentire male con se stessa, come se la colpa fosse sua. Ora era cambiata, aveva capito che il problema risiedeva in loro, non in lei, e quasi quasi le scocciava uscirci insieme. Lo faceva solo perché sua sorella glielo chiedeva e le dispiaceva dirle di no, ad ogni modo iniziava ad infastidirla il fatto che non riuscisse a vedere che lei non era la benvenuta. E quindi molte sere si ritrovava in loro compagnia a chiedersi quando sarebbe finalmente tornata a casa.
Quella sera erano in piazza, nella quale stava recitando una piccola compagnia teatrale- Gothel non avrebbe saputo dire di cosa parlasse lo spettacolo, erano arrivati per ultimi e quindi si erano dovuti accontentare delle ultime file. Gli altri si erano messi a sedere, chi dietro altre persone chi su un muretto, lei si era limitata ad arrampicarsi sul ramo di un albero basso, lontana da tutti. Lo spettacolo era iniziato da tre quarti d’ora quando Garrett la raggiunse sul ramo, sul quale lei era sdraiata. Senza chiederle il permesso le fece segno della mano di alzarsi per fargli posto, suscitando in lei non poco fastidio.
<< Ti stai annoiando anche tu, non è vero? >> le chiese. << Credevo saresti uscita con la tua nuova cerchia di amici. >>
Lo avrebbe preferito di gran lunga, invece di sentire il suo alito pesante costantemente sul collo. Non usciva sempre con gli amici di Talitha, per quanto ci si trovasse molto meglio che con loro, in quanto molto spesso si comportavano in un modo che a lei non piaceva per niente: atti di vandalismo vari, trattavano male i passanti, tutta una serie di gesti che lei non approvava. Non ne vedeva il senso, non riteneva divertente trattar male un povero vecchietto indifeso che sta tornando a casa dopo aver comprato delle spezie per la moglie malata, non le interessava andar a svaligiare i negozi dei poveri commercianti. Non aveva mai affrontato l’argomento apertamente con la sua amica, le aveva semplicemente lasciato intendere che determinate azioni non era disposta a commetterle, l’altra aveva capito e l’aveva lasciata in pace. Tuttavia aveva tanta voglia di farle presente che quello che faceva era sbagliato, prima non si era mai azzardata perché non aveva mai sentito di avere la confidenza giusta per poterle dire determinate cose, credeva che la sua opinione non fosse così importante da esporla a terzi. Ma il loro rapporto era molto cresciuto e maturato, quasi al pari di quello tra lei e sua sorella Annabella.
Garrett, quando vide che la ragazza non avrebbe risposto alla sua conversazione, e sarebbe rimasta a guardare l’orizzonte con l’aria crucciata, chiese: << Come va lo studio della magia? La tua amica è una brava insegnante? >>
<< Va molto bene, grazie. Talitha è meglio di quanto pensassi. >>
<< Un giorno dovrai farmi qualche trucco di magia. >>
<< Non penso proprio. >>
Gothel sapeva che non stava intrattenendo una conversazione con lei per il semplice piacere di farlo, non le aveva mai rivolto la parola se non per chiederle qualcosa che gli potesse tornare utile. Infatti, alla sua risposta secca, rimase in silenzio qualche minuto, fingendo di prestare attenzione all’attrice che, in preda all’angoscia, si contorceva sul pavimento di legno del palco. Poi disse: << Vorrei chiedere a Bella di mettersi insieme a me. >>
<< Spero ti risponda di no.>>
<< Io non ti piaccio, vero? >> chiese sorridendo, per niente infastidito da quello che aveva appena detto la ragazza.
<< Per niente, credevo fosse ovvio. >> Era fiera di se stessa e di quanto era cambiata negli ultimi tempi. Qualche mese prima, per il suo compleanno, era andata a prendergli una birra solo perché lui glielo aveva ordinato. Quella sera non l’avrebbe mai fatto, non si sentiva a disagio per avergli risposto in quella maniera, per essere stata onesta e aver detto un’opinione negativa nei suoi confronti.
Il ragazzo continuò a non perdere le staffe, aveva un sorrisino calmo sul volto. Era tranquillo, come se stessero parlando del più e del meno. << Hai intenzione di mettermi i bastoni fra le ruote?>>
<< Assolutamente no. Non mi stai simpatico ma non sei un delinquente, è compito di Bella decidere se gli piaci oppure no. >>
<< Mi fa piacere sentirtelo dire. Sai, lei mi piace molto, >> avvicinò la sua bocca all’orecchio della ragazza, sussurrando. << E se tu piccolo mostro ti azzardi ad intrometterti tra noi due io ti distruggo. >>
Detto questo le mostrò l’ennesimo sorriso gentile e pacato e, silenzioso come era arrivato, scese dall’albero e si unì al resto del gruppo. Gothel in tutto quel lasso di tempo era rimasta immobile, non aveva mosso un muscolo. Avrebbe voluto, voleva rispondergli a tono e dirgli che le minacce non avrebbero avuto alcun effetto su di lei. Ma era rimasta impietrita, perché per quanto fosse riuscita a cambiare era ancora molto lontana dalla ragazza che sarebbe voluta diventare, una di quelle che non hanno paura di niente, con la risposta sempre pronta. Invece si ritrovava su quel ramo a tremare come una foglia, a rimpiangere di essere stata così strafottente con lui, di essersi presa delle libertà che le si erano rivoltate contro. 
Fortunatamente tra la folla intravide quattro braccia che si agitavano per attirare la sua attenzione: erano quelle di Talitha e Roger. Gothel non era mai stata così felice di vedere la sua amica in vita sua, senza rifletterci su due volte fece un balzo e atterrò vicino a Bella, che non salutò nemmeno e si diresse verso l’uscita della piazza. Da dietro sentiva la voce di sua sorella chiamarla ma non si girò, non aveva la forza di affrontarla, di parlarle come se pochi minuti prima non fosse successo assolutamente niente. Non le importava nemmeno di cosa stessero combinando quei due, era talmente spaventata che avrebbe preferito svaligiare qualsiasi locanda piuttosto che restare un minuto di più nei pressi di Garrett. Non ne comprendeva bene il motivo ancora, ma aveva notato che quest’ultimo aveva timore di Talitha, quando era nei paraggi non si atteggiava così tanto a strafottente, per questo motivo quando era con lei si sentiva protetta, al sicuro.

I tre si dileguarono dalla folla, dirigendosi fuori città. Talitha stava raccontando all’amica di quello che avevano fatto quella sera: avevano umiliato un uomo davanti a tutti, lo avevano minacciato e fatto piangere, successivamente era scappato a gambe levate. Mentre raccontava aveva un tono di voce orgoglioso, quasi lo urlava per la strada di campagna desertica. Gothel era rimasta in silenzio tutto il tempo, non voleva darle spago e supportare degli atti così deplorevoli.
Dopo un po’ Talitha si voltò stizzita: << Com’è che quando ti racconto di queste cose te ne stai sempre zitta? >>
<< Semplicemente non capisco perché tu e i tuoi amici vi divertite così tanto a comportarvi male con gli altri. >>
Lei scosse la testa, sorridendo. << E’ qui che ti sbagli. Noi non ci divertiamo, ci vendichiamo. >> Vedendo come risposta solo una faccia confusa, aveva continuato: << L’uomo di stasera? Ha abbandonato moglie e figli per un’altra donna, lasciando la sua famiglia sul ciglio della strada a morire di fame. Il vecchietto dell’altro giorno? È un pedofilo. >>
<< Questo comunque non giustifica i vostri comportamenti, non è compito vostro esercitare la giustizia. >>
<< La giustizia non esiste, Gothel >> rispose secca Talitha. << Tu per caso hai ricevuto giustizia per tutte le cose brutte che ti sono capitate? Io non credo proprio. Ma non sei stanca di vedere che tutti si approfittano di te senza ricevere mai niente in cambio? Non hai mai voglia semplicemente di lasciar uscire tutta la tua rabbia?>>
Rabbia. Era una sensazione che la strega non sentiva da moltissimo tempo, da quando a tredici anni aveva preso a pugni lo specchio e chiesto ai suoi genitori di trasferirsi. Da quel giorno in poi aveva cercato di sopprimerla, di non farla mai più riuscire. Per i suoi genitori, che si erano preoccupati tantissimo. Per Annabella, che si era sentita impotente e questo l’aveva fatta soffrire. E per se stessa, perché aveva giurato che non avrebbe più provato alcun tipo di emozione in vita sua. Però la sentiva ribollire dentro di sé, sentiva il fuoco bruciarle dentro al petto. Aveva tenuto tutti quei sentimenti repressi per troppi anni che, ora che glielo aveva fatto notare, non riusciva più a trattenerli.
Non ebbero modo di continuare la conversazione che Talitha era arrivata sulla soglia di casa propria. Dopo essersi salutate Gothel posò il proprio sguardo su Roger, il quale era rimasto in silenzio con gli occhi bassi per tutto quel tempo.
<< Anche tu devi tornare a casa? >> gli chiese.
<< Sì, ma non ti preoccupare, tanto abito qua vicino. Vado a piedi. >>
<< Sciocchezze, ti accompagno volentieri. >>
Così cominciarono a camminare in silenzio, lui che teneva costantemente lo sguardo basso. Guardandolo Gothel si rivedeva un sacco in Roger: minuto di costituzione, timido, sempre con la paura che gli altri potessero notarlo. Provò tenerezza per quel ragazzino.
<< Tu cosa ne pensi di questa faccenda? >> gli domandò.
Si strinse nelle spalle. << Penso che Talitha non abbia tutti i torti, ha solo un modo sbagliato di esprimere le sue idee, riuscirebbe a far passare dalla parte del torto qualsiasi cosa con i suoi modi bruschi. Però quello che fanno è giusto. >>
<< Fanno? Perché, tu non partecipi? >>
<< Non sono proprio il tipo, non riesco ad impormi con le persone, nemmeno volendo. >> Fece una lunga pausa, meditando se dovesse andare oltre e raccontarle fatti personali, oppure lasciar perdere. Alla fine scelse la prima opzione. << Sai, io ho un padre molto violento. In casa mia giustizia non sarà mai fatta, se fossi come Talitha avrei la forza necessaria per affrontarlo. E invece non mi resta altro che subire.>> Si fermò, in quanto era arrivato davanti al sentiero che portava a casa sua. Con un lieve segno della testa indicò verso la finestra, oltre la quale Gothel intravide la figura del padre con una bottiglia di liquore in mano, come a dimostrazione di quello che Roger aveva detto poco prima.

Per tutto il tragitto di ritorno aveva pensato alle parole del ragazzo. Le avevano smosso qualcosa dentro: lei non voleva essere come lui, era stanca di subire le angherie altrui, di essere sempre quella che china la testa.
Rientrata in casa trovò ad aspettarla sua sorella, la quale la rimproverò per essersene andata su due piedi senza avvertirla. Gothel non le prestò minimamente attenzione, si diresse verso la mensola da cui estrasse una brocca di vetro e la posò sul tavolo. Tese la mano verso di essa concentrandosi, fino a che la brocca non esplose in mille pezzi.
<< Ma che stai facendo? >> sbottò Annabella.
Gothel si sistemò i capelli, spostandoseli dal viso. << Mi sto prendendo la mia rivincita. >>

 

 

   
 
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