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Autore: Michan_Valentine    20/07/2018    1 recensioni
"Mi sento sciogliere quando realizzo che quest'attimo è assolutamente perfetto: io, lui e lei. Non c'è nulla che manchi..."
Versione alternativa in cui Papasuke è più presente nella vita di sua figlia e di sua moglie a dispetto dell'Uchiezza che lo contraddistingue da sempre.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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È un attimo, la porta si apre e la quiete si rompe. Due individui fanno il loro ingresso, quasi accapigliandosi per chi debba passare per primo dalla porta.

Ciò mi conduce piacevolmente indietro nel tempo, ai giorni dell’accademia ninja, quando il Team 7 stava per formarsi e io e la mia migliore amica avremmo fatto di tutto pur di sederci accanto a Sasuke.

Beninteso che il mio piede passò per primo, checché Ino continui a ribadire. Ma questa è un’altra storia.

Dal letto d’ospedale vengo praticamente investita al suono di “c’ero prima io” e di “togliti di mezzo”. Naruto e Ino mi si parano davanti con le bocche spalancate e gli occhi grandi di sorpresa, coprendomi per intero la visuale della stanza. Peraltro già coperta dalla moltitudine di palloncini e fiori che spiccano un po’ ovunque – perfino gli inservienti e alcuni pazienti dell’ospedale di cui mi sono occupata si sono sentiti in dovere di congratularsi.

Corro con lo sguardo dall’uno all’altra dei miei migliori amici, quasi intimorita da tanto entusiasmo e mi ritrovo a sbattere più volte le palpebre, col mio prezioso fagotto stretto al petto che se la dorme beatamente dopo la poppata.

“Waaaah!” strilla Ino, portandosi le mani al viso come se avesse visto la cosa più adorabile del mondo. “Una bimba! Una piccola e deliziosa principessina Uchiha tutta da mangiare di coccole! È bellissima, Sakura, complimenti alla mamma!”

“Grazie, Ino,” rispondo; e ridacchio, crogiolandomi nelle lusinghe con le guance che mi scottano dall’emozione.

“Beh, sì, tenera è tenera, però ha anche la testa grande, è praticamente pelata ed è raggrinzita come una vecchina di almeno cent’anni,” soggiunge Naruto con il tatto di un elefante, mentre si alliscia il mento con due dita e si piega maggiormente sul letto per studiare la piccola Sarada da vicino.

La neonata non fa una piega, soddisfatta fra le braccia della sua mamma.

Io invece – la mamma in questione – sento qualcosa prendere forma sulla fronte e pulsare, gli occhi ridotti a due pericolose fessure che già preannunciano la mia reazione in perfetto stile… Haruno. Tant’è che pure la mano comincia a prudermi e si chiude automaticamente a pugno, il metodo più giusto e immediato per spiegare a Naruto un paio di concetti alla solita, vecchia maniera. 

Shannaroooo! Come osa, Sarada è il mio fiorellino di campo appena colto col sudore della mia spaziosa fronte!

Non faccio in tempo a fare alcunché, comunque, perché dal fondo della stanza, oltre le sagome di Ino e Naruto che mi fanno ostruzione, perviene un lugubre mugugno d’insofferenza che dice assai più delle parole. E perfino dei cazzotti!

L’irritazione scema immediatamente e scoppio a ridere, mentre Ino si volta con aria sorpresa in quella direzione e fra tutti Naruto sembra appena essersi ingoiato un rospo… delle dimensioni di Gamabunta.

“Sa… sasu… !” balbetta l’Uzumaki, voltandosi di scatto anche lui.

“Sasuke-kun! Ci sei anche tu!” soggiunge Ino, decisamente più entusiasta all’idea. “Non ti avevamo proprio notato, caro il nostro paparino!”

Si crea uno scorcio fra i due e riesco finalmente a vedere il proprietario del mugugno e paparino di cui sopra, che se ne sta esattamente lì dove l’avevo lasciato, col bacino poggiato alla scrivania, il braccio attorno alla vita, il sopracciglio inarcato e lo sguardo torvo da “alla prima mossa sbagliata mi parte direttamente il Susanoo”.

“‘tebayo, che impressione, sei peggio di un fantasma! Mi hai fatto prendere un colpo,” protesta Naruto, “si può sapere che fa lì in disparte col muso lungo in un giorno come questo, paparino?”

Un rigonfiamento pulsante prende forma anche sull’accigliata fronte di mio marito, ora, e io devo quasi mordermi le labbra per non scoppiare a ridere una seconda volta.

“Uh? Che c’è, che ho fatto?” domanda ancora l’ingenuo Uzumaki, voltandosi freneticamente da una parte all’altra per chiedere lumi anche a noialtre signore, per poi tornare sull’Uchiha selvatico, come direbbe Tsunade. “Sasuke! Perché mi guardi così?”

“‘sta zitto, dobe,” replica mio marito; e stizzito si gira dall’altra parte.

Ino si porta elegantemente la mano davanti alla bocca e si concede una piena risata anche per me, accomodandosi sulla sedia lì di fianco al letto. Anche dopo la gravidanza può dire di aver conservato un fisico mozzafiato, noto, e mi domando se per me sarà lo stesso, fra smagliature, chili di troppo e cambiamenti fisiologici vari ed eventuali.

Il lato positivo è che la taglia di reggiseno è aumentata di due.

“Naruto, sei veramente un cretino,” osserva intanto la Yamanaka, con aria quasi solenne. “I neonati sono tutti così, chi più chi meno. Quando è nato, Inojin aveva la testa allungata come quella di un alieno,” spiega. “Te ne accorgerai quando Hinata raggiungerà il suo termine. Manca poco, no?”

Alla menzione Naruto scatta sull’attenti e si porta la mano fra i capelli. Le guance del mio migliore amico si fanno rosse come un peperone, ma l’enorme sorriso che gli si apre sul viso confuta l’imbarazzo e conferma che si tratta di pura e semplice emozione.

“Già, non sto più nella pelle,” ammette, grattandosi la testa; poi ridacchia, si china nuovamente sulla piccola Sarada e le sfiora la guancia con una delicatezza impensabile, se riferita a quel goffo uragano di Naruto Uzumaki. “Ho sempre desiderato una famiglia tutta mia. Perciò non so dirvi quanto io sia contento per voi in questo momento. Tutti e tre insieme mi riempite gli occhi, siete un quadro bellissimo. Accidenti! Sono così contento che quasi quasi mi viene da piangere, dattebayo!”

Naruto si ritrae e si passa il dorso della mano sul margine delle palpebre. Ha davvero gli occhi lucidi e ciò rende lucidi i miei in men che non si dica. Sono commossa e questo zuccone in particolare riesce sempre a sorprendermi.

Dal fondo della stanza, Sasuke ha smesso di puntare l’orizzonte oltre la finestra ed è tornato con lo sguardo al suo migliore amico. Negli occhi ha una luce diversa, stavolta. Una sfumatura mite e calorosa che in pochi sanno cogliere e che esprime in pieno la sua capacità di essere toccato nei sentimenti, a dispetto dell’austera facciata Uchiha. Soprattutto quando si tratta di Naruto.

Perciò sono io a dar fiato alla bocca e ad esprimere il concetto per entrambi.

“Grazie infinite, Naruto,” dico; e la voce mi trema un po’. “Anche noi siamo felicissimi per te, non sai quanto.” 

Le lacrime adesso stanno per uscirmi direttamente dagli occhi. Potrei piangere a dirotto, altroché, e Naruto mi sembra piuttosto intenzionato ad accompagnarmi, almeno a giudicare dal labbro tremulo.

“Che invidia, Sakura,” interviene Ino con aria sconsolata, “quando è toccato a me Shikamaru non ha fatto altro che lamentarsi tutto il tempo, salvo per tirare un sospiro di sollievo quando ha scoperto che il pupo non era una pupa. Meno seccature, sai. In compenso Choji è stato così tenero da regalarmi quasi tutta la sua collezione di patatine in edizione limitata!”

La mia amica mi sorride gentilmente e io ricambio, improvvisamente libera dal magone. Anche Naruto ridacchia, si passa una seconda volta il dorso della mano sul margine delle palpebre e riacquista il solito atteggiamento allegro e sbruffoncello. Dopodiché inizia a disquisire di Choji, di patatine e della piccola Chocho.

L’unica eccezione è la macchia nera sul fondo della stanza che se ne sta zitta e ferma come al solito, ovviamente. Ma a me non la fa: se la ride sotto i baffi, il fesso, certo di essere lo shinobi più tenebroso e imperscrutabile del mondo. Quando fa così, lo trovo irrimediabilmente tenero. Per questo mi piace lasciargliela credere…

Da che Sarada è venuta al mondo, poi, dubito che abbia mai lasciato l’ospedale. A dirmelo è il velo di barba e il vestito del giorno precedente, dacché in proposito non si è mai espresso. Ne andrebbe della sua reputazione, dopotutto. Inoltre ogni volta che mi sono svegliata, vuoi per la poppata, vuoi per i controlli, vuoi per le continue visite, l’ho trovato lì a vegliare su di noi.

Scuoto la testa. In effetti sarebbe più onesto dire: a guardare storto tutti quelli che entravano e uscivano senza distinzioni, tra personale ospedaliero, parenti e amici vari.

“Sakura ha bisogno di riposare,” interviene infatti dopo un po’; e il tono deciso della sua voce s’interpone tra il chiacchiericcio di Ino e Naruto, che tacciono di conseguenza. “Perciò se avete intenzione di continuare a starnazzare in questo modo potete anche andarvene.”

Ino s’imbroncia. Naruto invece solleva il pugno per aria e fa per protestare – o starnazzare ancora, come dice mio marito. Ciononostante dalla porta d’ingresso arriva un pronto e completamente inaspettato intervento che ci spinge tutti a guardare di là.

“Non fare il paparino possessivo e scorbutico, Sasuke, sono appena arrivato per salutare la mia nipotina e non ho nessuna intenzione di andarmene,” dice la nota voce dell’hokage.

“Kakashi-sensei!” strilliamo tutti in coro.

Tutti eccetto uno, naturalmente, che ne approfitta per puntualizzare.

“Non è tua nipote,” dice, “e quel nomignolo comincia a darmi sui nervi, soprattutto se a pronunciarlo siete voi. Vi siete messi d’accordo?”

“Può darsi, paparino,” risponde serafico l’hokage, mentre si avvicina al letto.

Rido assieme ai presenti. Sasuke invece torna con lo sguardo alla finestra, stizzito, e mugugna fra sé e sé da bravo paparino scorbutico – ops, comincia a venire naturale anche a me!

Ma le sorprese non sono finite, perché assieme a Kakashi-sensi fa il suo ingresso anche Sai, che spinge il passeggino del piccolo Inojin.

“Alla buon’ora,” protesta Ino, incrociando le braccia al petto.

“Gomen,” esordisce Sai, “sei scappata via di corsa e Inojin non voleva saperne di addormentarsi. Poi ho incontrato l’hokage-sama per il corridoio e ci siamo persi in convenevoli,” spiega, prima di rivolgere l’attenzione a noialtri. “Salve a voi, novelli genitori,” dice, col solito sorriso pulito stampato in faccia, “avete delle facce sbattute. Davvero orribili, sì. Ma immagino che valga per tutti noi, ultimamente. Congratulazioni!”

Sai continua a sorridere come se dalla sua bocca fossero uscite solo rose, mentre il gelo pervade un po’ la stanza e i presenti. A questo punto non oso immaginare la natura dei “convenevoli” che ha scambiato con Kakashi-sensei!

Sai si avvicina e anche da sdraiata posso vedere la testolina di Inojin che spunta dal passeggino. Il piccolo è amorevolmente avvolto da copertine azzurre e tiene le manine strette a pugno come Sarada, non fosse che la peluria sulla testa è bionda come il grano.

“Oh, Ino, si è fatto più paffuto e più adorabile!” esclamo, quando noto le guanciotte color pesca di Inojin che fanno capolino da sotto le coperte.

Naruto mi fa eco, aggiungendo che è la fotocopia sputata di Sai. Di rimando la mia migliore amica sfodera un sorriso sicuro e compiaciuto, orgogliosa del proprio pargolo. Adesso anche le sue guance hanno preso colore e ricordano due pesche belle mature, facendola apparire ancora più bella.

“Questo è niente,” interviene invece il marito della mia amica, “dovresti vedere Chocho, lei sì che è grassoccia. Akimichi al cento per cento. La vostra invece è mingherlina, pelata e raggrinzita come una vecchina di cent’anni.”

E siamo a due nel giro di nemmeno mezz’ora; e la venuzza sulla mia fronte riprende a pulsare come e più di prima. Anche la destra mi prude nuovamente dalla voglia di dispensare… virtute e canoscenza. Dopotutto, come l’Uzumaki, nemmeno Sai è così estraneo alle solite, vecchie maniere…

Shannarooooo! Ma ce li hanno gli occhi ‘sti maschi, Sarada è bellissima, una principessa Uchiha tutta da mangiare di coccole!

Il mugugno sempre più lugubre – e minaccioso – di mio marito interviene nuovamente a chetare gli animi – il mio – e a ribadire all’ultimo arrivato di essere in territorio ad alto rischio di… Susanoo. Lo stadio successivo allo Sharingan automatico.

“M-ma quando sono appena nati è normale, normalissimo,” soggiunge Sai, forse per via del suggerimento implicito, “anche Inojin all’inizio non era un granché, tutto congestionato. Sembrava un alieno. O una specie di melanzana…”

“Tesoro, non stai migliorando la tua situazione, forse è meglio se stai zitto,” dice quindi Ino, che sulla fronte ha sviluppato anche lei un rigonfiamento pulsante e sospetto da che il marito si è riferito al frugoletto Yamanaka in termini di melanzana.

Scoppiamo a ridere. La maggior parte di noi, almeno.

Dal suo angoletto riservato il capofamiglia Uchiha si limita a scuotere leggermente la testa e a rilasciare il fiato. Uno sbuffo divertito più che un sospiro.

Kakashi-sensei invece ci osserva con serenità alla stregua di un genitore. Ha il viso coperto, ma a tradirlo è lo sguardo sereno e sorridente che si sposta su ognuno di noi come una carezza gentile, fino a posarsi sulla piccola Sarada che se la dorme della grossa fra le mie braccia.

“Mi sembra ieri che vi allenavate per salire sugli alberi,” commenta l’hokage, tradendo la propria nostalgia. “E come avete chiamato questo piccolo concentrato HarunoUchiha? Guarda il broncetto, è identico a quello del padre!”

A Kakashi-sensei non sfugge proprio niente; e mi tocca mordermi la bocca per non ridere del mio amato marito.

In compenso, mentre i presenti non si lasciano sfuggire l’assist per commentare in coro “tale padre, tale figlia”, Sasuke borbotta il proprio dissenso – giusto per mantener fede al titolo di campione indiscusso di “mugugno” – e pone fine alla questione con un sonoro, conciso e superiore “tsk”.

“Sarada,” annuncio quindi per entrambi, sotto gli sguardi attenti dei miei amici. “Sarada Uchiha.”

Istintivamente stringo il fagotto al petto – la mia bambina, la nostra bambina – e distendo le labbra in un sorriso pieno, sereno ed estremamente orgoglioso.

“È stato Sasuke a sceglierlo,” rivelo infine.

La sorpresa si delinea sul volto dei presenti, in particolare su quello di Naruto e di Ino. Quest’ultima, poi, fa in fretta a entrare in agitazione. Si fa scappare un versetto stridulo e batte le mani, eccitata come una bambina.

“Daiii,” sottolinea, “che cosa carina! Non ce lo facevo proprio il nostro Sasuke-kun, si vede che è cotto della bimba!”

“Silenzio,” sbraita il paparino cotto a puntino, “e tu non hai da fare? Sei l’hokage, tornatene alla tua scrivania.”

“Oh,” esclama Kakashi-sensei, come se si fosse appena ricordato di una questione di poco conto, “non ti preoccupare, ho lasciato un manichino al mio posto. Prima che se ne accorgano passeranno almeno altri venti minuti.”

Un sorrisino nervoso mi si disegna sul viso: e questo è l’hokage, signori! Naruto invece caccia direttamente un verso stridulo che comprende anche una domanda implicita di spiegazioni cui Kakashi-sensei replica con una scrollata di spalle, passandosi con nonchalance la mano fra i capelli.

“Posso prendere la piccola? Non resisto, è troppo tenera,” interviene Ino con le braccia già protese, concentrandosi su ben altre questioni.

Alla menzione, prima ancora che possa anche solo prendere in considerazione il da farsi, l’Uzumaki si dimentica dell’hokage, del torvo rapace appollaiato sulla scrivania e probabilmente perfino di respirare e del suo amato ramen. Semplicemente balza sul posto, si punta l’indice contro e con espressione decisa si premura di far valere i propri diritti.

“Ehi! Ti ricordo che il mio piede è passato dalla porta per primo,” afferma, “perciò la piccola la prende il qui presente zio Naruto. Daiii, Sakura, fammela prendere in braccio,” sottolinea, sordo alle proteste di Ino; e quasi si getta sul letto d’ospedale.

Una mano si stringe improvvisamente sulla spalla di Naruto e lo trae a sé, prima ancora che io possa dargli il fatidico pugno in faccia – giusto perché la sua irruenza ha fatto aristocraticamente increspare le sopracciglia e la boccuccia della pricipessina in questione.

Sollecitato dalla stretta l’Uzumaki si volta e si trova inaspettatamente a fronteggiare il suo migliore amico – che per l’occasione si è addirittura scomodato dalla sua postazione di supervisore per intervenire in prima persona.

Naruto,” il tono di Sasuke dice già tutto. “Vai fuori.”

La pronta risposta è un “ma Sasuke” strillato a pieni polmoni mentre viene gentilmente trascinato fuori per la collottola. Sicché ne approfitto per passare la pupa ad Ino, che compiaciuta – e vittoriosa – se la sghignazza senza pudori.

La mia amica è precisa e delicata, semplicemente è una mamma e il suo modo di prenderla e tenerla fra le braccia è forse addirittura più esperto del mio. Ciononostante il cambio d’abbraccio, di calore e di odori fa immantinente schiudere gli occhietti alla principessa. E non solo quelli…

Sarada apre la bocca e caccia un mugugno Uchiha che suona più o meno come “chi ha osato” e, subito dopo, uno strillo più acuto e disperato – un preludio – che sembra voler dire a tutti i presenti “chiunque disturbi il mio sacro riposo dovrà dire addio ai propri timpani”.

“Ho capito, ho capito,” risponde subito Ino col sorriso sulle labbra, mentre Sarada agita i pugnetti per aria e minaccia fulmini e lapilli, “ti riporto subito dalla mamma, va bene?”

Appena mi adagia la pupa fra le braccia, la piccola Uchiha cambia espressione e, soprattutto, chiude la boccuccia. È sempre imbronciata, non deve aver digerito l’affronto, non ancora, ma almeno ha risparmiato i suddetti timpani ai presenti.

Kakashi-sensei ne approfitta immediatamente per recapitare una fugace carezza sulla testolina della piccola, mentre la sistemo più comodamente nella piega del gomito.

“Percepisco del contrappasso nell’aria,” commenta, col sorriso celato dalla maschera ma perfettamente intuibile dalle rughette che gli arricciano i margini degli occhi. “Ci sarà da divertirsi.”

“Non dirlo nemmeno per scherzo, Kakashi-sensei,” rimbrotto; e stavolta sono io a imbronciarmi – dopotutto adesso sono Sakura Uchiha, no? “Una volta basta e avanza, non posso passare la mia vita a rincorrere Uchiha selvatici e testardi.”

“Tu passi troppo tempo con quella vecchia acida di Tsunade,” è il commento di mio marito – direttamente dal corridoio, lì dove è ancora intento ad accapigliarsi con Naruto, come se da quando erano bambini non fosse trascorso nemmeno un giorno; e adesso lui e l’Uzumaki si tengono amorevolmente per il bavero, da quel poco che riesco a capire. “E l’orario di visite è praticamente finito, perciò andatevene tutti a casa. Soprattutto tu, perdigiorno di un hokage.”

Nessuno replica, ma ci scambiamo uno sguardo e ridiamo sotto i baffi: non deve aver gradito molto né il selvatico – come dice sempre Tsunade-sama – né il contrappasso millantato da Kakashi-sensei.

“Dai, Sasuke-kun, non essere scontroso, siamo venuti qui apposta per vedere il vostro piccolo concentrato Haruno-Uchiha,” protesta Ino, incrociando le braccia al petto, “e devo ancora darvi il nostro regalo! Con questo la vostra piccina sarà ancora più carina. Quando l’altro giorno è arrivata la notizia stavo giusto facendo spese per Inojin, così… Oh, ma dove l’ho messo? Accidenti.”

Ino fruga nella borsa e poi si gira da una parte all’altra alla ricerca di qualcosa, mentre la mia curiosità aumenta e mi protendo automaticamente da quella parte.

Da che Sarada è venuta al mondo i regali di benvenuto si sono sprecati, l’intera stanza d’ospedale ne è piena e altrettanti pacchi ci aspettano a casa, pronti per essere scartati. I miei genitori, poi, sono praticamente impazziti, ricoprendoci di copertine, pannolini, fasciatoi e chi più ne ha più ne metta – nonché una quantità esagerata, e immonda come aggiungerebbe il diretto interessato, di pizzicotti e pacche di congratulazioni al genero.

È Sai a bloccare l’agitarsi di Ino. Estrae dalla borsa del passeggino un piccolo fagotto giallo e lo passa tranquillamente alla moglie.

“Cercavi questo?” dice.

Ino si calma, tira un sospiro di sollievo e lo ringrazia dolcemente. Dopodiché sotto gli occhi incuriositi di tutti – compresi i due che si affacciano dal corridoio cercando di dissimulare – afferra il fagottino giallo e lo dispiega.

“Tadaaaan!” dice, tutta contenta, sciorinandomi il dono sotto il naso.

Si tratta di una tutina gialla piccola piccola, con le estremità inferiori che terminano in due calzini per piedini a dir poco minuscoli che solo a guardarli mi fanno venire voglia di strillare dall’emozione e spupazzarmi la piccolina che ho tra le braccia.

Un urletto mi scappa davvero quando mi accorgo della cresta ricamata che sta sulla schiena della tutina: il ventaglio Uchiha in tutto il suo splendore. È semplicemente perfetta!

“Questa l’ho ricamata da me, non ne fanno mica già confezionate!” afferma Ino, orgogliosa del risultato. “Sapessi quante volte mi sono bucata le dite con l’ago! Naturalmente è gialla perché non sapevo ancora se sarebbe stata una principessa. O un principe, in effetti. Così…”

“Oh, Ino, è perfetta davvero,” dico con le lacrime agli occhi, mentre allungo il braccio libero da quella parte e la stringo in un abbraccio.

“Ehi, ehi!” urla Naruto, cercando di attirare l’attenzione in direzione della porta. “Anch’io ho un regalo. Hinata mi ha raccomandato di portarvelo con i suoi migliori auguri, purtroppo non può lasciare il letto e…”

L’Uzumaki, accuratamente trattenuto dal migliore amico, si fruga nelle tasche, poi si guarda intorno; infine si porta entrambe le mani alla testa e urla.

“L’ho dimenticato sul tavolino all’ingresso! Hinata mi ammazzerà, dattebayo!”

“Sei fortunato che è allettata,” commenta Kakashi.

“Usuratonkachi,” soggiunge Sasuke.

I restanti, me compresa, preferiscono ridere di gusto e godersi quei due che continuano a dare spettacolo per il corridoio. Infine la domanda giunge fatidica e inaspettata, calamitando l’attenzione dei presenti sul secondo protagonista della scena.

“E tu Sasuke? Che cosa hai regalato a Sakura?” getta Sai con nonchalance, sorriso pulito stampato in faccia.

Silenzio di tomba.

“Fiori?” suggerisce Ino.

“O magari dei cioccolatini,” le fa eco il marito.

Altro silenzio.

“Immagino che tu le abbia scritto almeno un biglietto di congratulazioni,” asserisce invece Kakashi-sensei, inarcando il sopracciglio.

Il silenzio perdura e diviene, se possibile, ancora più pesante.

“Teme?” interviene Naruto, che fra tutti è quello che sembra essere appena caduto dalle nuvole e non capisce da cosa derivi l’imbarazzo, soprattutto quello del silenzioso interpellato – cui, per la cronaca, sta per esplodere una venuzza sulla fronte.

Prima che possa molto diplomaticamente spedirci in un genjutsu di massa giusto per togliersi d’impaccio – per poi fuggire chissà dove a fare l’eremita – mi premuro di chiarire il concetto che ritengo più importante.

“Il regalo più bello che potesse farmi ce l’ho stretto fra le braccia,” dico e scendo con iridi colme d’amore sul visino che si delinea tra i morbidi lembi della copertina.

È perfetta, penso mentre ne descrivo i lineamenti rilassati nel sonno, per poi sollevare lo sguardo dirigerlo sull’uomo che amo da sempre. E mi sembra di cogliere un guizzo in quegli occhi che farebbero paura ai più.
Prima che, naturalmente, torni a puntare i presenti con evidente ostilità.

“E adesso fuori dai piedi, impiccioni,” conclude con la raffinatezza e il tono sferzante che lo contraddistinguono da sempre.

Il coro di “Awwwh” che si era sollevato alle mie puntualizzazioni viene sostituito immediatamente da un sonoro e congiunto “Buuhh” dei presenti; ma quando arriva l’infermiera per riportare Sarada in pediatria capisco che l’orario delle visite è effettivamente terminato – con buona pace dell’Uchiha arruffato e selvatico.

“Vi pregherei di uscire,” dice infatti l’infermiera. “La mamma e la bimba devono riposare e l’orario delle visite termina fra dieci minuti esatti.”

Kakashi-sensei è il primo ad andare. Lancia un’occhiata compiaciuta al neo papà, mi rivolge un ultimo sorriso e subito dopo scompare alla vista – dopotutto ci sono cose che un manichino non può svolgere al posto dell’hokage, giusto?

Seguono Ino e Sai, sotto lo sguardo diligente dell’infermiera. Ino si prende il tempo di recapitare a Sarada una carezza e di redarguirmi a dovere su come lavare la tutina e a quale temperatura.

“Sì, sì,” le dico, accondiscendente; dopodiché la mia amica si avvia all’uscita assieme al marito, dove entrambi si soffermano per salutare Sasuke.

L’Uchiha ricambia con un cenno del capo cortese, anche se forse un po’… solenne. Li guardo allontanarsi e il cuore mi si scalda: uno di fianco all’altra, col passeggino di Inojin davanti, sembrano una famiglia felice e unita. Semplicemente bellissima.

“Allora ci vediamo presto, Sakura-chan,” dice anche Naruto, affacciandosi oltre la porta e sbracciandosi come al solito. “Devo ancora portarti il regalo di Hinata, vedrai che ti piacera!”

Poi ci pensa su e soggiunge mogiamente, quasi borbottando fra sé: “Se sarò ancora vivo, dattebayo…”

“A presto, Naruto,” rispondo; e gli faccio “ciao” con la mano. “Salutami Hinata.”

Rimasti soli mi lascio andare sui cuscini e mi accorgo di quanto effettivamente io mi senta stanca. Ciononostante quando l’infermiera mi toglie Sarada dalle braccia sento in me risvegliarsi una sorta d’apprensione, colta da una miriade di preoccupazioni. E se al nido dovesse avere bisogno di me? E se piangesse e nessuno le prestasse attenzione? E se avesse fame o si sentisse semplicemente sola?

Vorrei tenerla sempre accanto a me e i versetti di disappunto che le sento emettere mentre l’infermiera l’adagia nella culla pediatrica non mi aiutano a tranquillizzarmi. Tuttavia quando Sasuke si avvicina e allunga la mano da quella parte per sfiorare la piccola, Sarada si tranquillizza e lo faccio anch’io di rimando.

Sarà che mio marito sembra pronto a imprigionare la poveretta in un Chibaku Tensei al primo sgarro, ma se c’è lui nei dintorni mi sembra di poter abbassare la guardia e che niente possa andare per il verso sbagliato.

Mi rilasso di conseguenza fra le coltri del letto d’ospedale e le palpebre cominciano a diventarmi così pesanti… così pesanti che riesco a seguire a tratti quanto accade. L’infermiera si allontana con la culla, portandosi via la mia adorata principessa. Dietro di lei s’incammina Sasuke. Poco ma sicuro, la scorterà fino al nido e si assicurerà che dorma beata.

Il sorriso mi si delinea sulle labbra a dispetto della stanchezza e penso che questo preciso istante non potrebbe essere più perfetto di così. Non faccio in tempo a metabolizzarlo che noto sul comodino un piccolo contenitore col logo del mio chioschetto di cibarie preferito. Il mio cuore aumenta i battiti: sono le polpette di polpo che tanto desideravo!

Non c’è bisogno d’interrogarsi, so chi le ha messe lì sopra, approfittando dei miei innumerevoli momenti di dormiveglia. Piccole, squisite ed estremamente preziose, quasi invisibili fra i doni più ingombranti ed eclatanti.

Prendo la scatola e ne mangio subito una. Una sola non può farmi male, dopotutto. Ed è buonissima.
 
Dopo un'infinità torno a pubblicare. Chiedo venia a chiunque aspettasse il seguito di questa fic, purtroppo gli impegni in real life sono diventati talmente tanti e pressanti che ormai mi sento fortunata se di tanto in tanto trovo cinque minuti per chiudere gli occhi e poltrire! çOç
Coooomunque, dato che sono riuscita a ritagliarmi del tempo, ne ho approfittato anche per rivedere i primi due capitoli (un ringraziamento a Giropizza per le dritte!). E intanto da "missing moment" la fic è diventata giustamente una "what if", con Sasuke e Sakura che possono godersi - più o meno - in pace il matrimonio e la piccola frugoletta Uchiha! xD
Per ora e tutto. Spero di non far passare un altro anno per il quarto capitolo. oo' Alla prossima!
CompaH

PS: Le date di nascita dei bambini non si trovano col canon, lol, ma non ho tempo per modificare e riscrivere. Gomen.
   
 
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