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Autore: Ghost Writer TNCS    21/07/2018    3 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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6. Libera

Per la prima volta venire portata nella stanza del priore fu per Tenko motivo di assoluto piacere. Per tutto il tragitto pregustò il momento in cui avrebbe ucciso il suo carnefice, chiedendosi quale sarebbe stato il modo migliore per restituirgli tutto il dolore che le aveva inflitto.

Come sempre le guardie la lasciarono sul letto, dopodiché uscirono e l’ecclesiastico andò a chiudere la porta.

«Allora, mia cara, oggi come vuoi farlo?» le domandò il sacerdote mentre girava la chiave nella serratura.

Si voltò, ma la sua espressione libidinosa sfumò nel trovarsi davanti la demone, in piedi e perfettamente lucida. Ebbe un attimo di esitazione e lei gli tirò un pugno alla gola. L’uomo cadde a terra e subito lei gli portò le mani al collo per strangolarlo.

«Ti piace così?» gli chiese, un sorriso perverso stampato sul viso.

Lui provò a dimenarsi, ma lei non demorse. La rabbia e la disperazione avevano reso la sua stretta d’acciaio.

Il volto del priore cominciò a cambiare colore e i suoi movimenti si fecero convulsi. Stava per morire, ma Tenko non provò piacere. Avrebbe voluto torturarlo, tagliargli le mani e magari anche gli attributi, e poi torturarlo ancora, per settimane, come lui aveva fatto con lei. Ma non poteva. Se lui fosse riuscito a chiamare aiuto, ogni speranza di fuga sarebbe svanita. Per quanto insoddisfacente, doveva ucciderlo in fretta.

Finalmente il sacerdote smise di contorcersi, ma Tenko non allentò la presa. La sua mente era completamente assuefatta dalla lotta, e poi voleva essere del tutto certa della morte del suo aguzzino.

Dopo un tempo imprecisato si alzò. Uccidere quel mostro era stato il primo passo, ora però doveva fuggire dalla canonica.

Innanzitutto andò a prendere la fiala con l’antidoto. Ormai sapeva che il sacerdote la teneva sulla credenza: gliela faceva bere ogni volta prima di farla riportare in cella. Provò a cercare altre dosi, ma senza fortuna.

Appoggiò la boccetta vicino alla finestra: dal momento che aveva solo quella, doveva cercare di farla durare il più possibile.

Fatto ciò, tornò dal priore e cominciò a spogliarlo. Quella era la sua stanza privata, quindi non indossava la tunica gialla, ma camicia, pantaloni e stivali.

Tenko si sfilò la ruvida veste da prigioniera e indossò gli abiti dell’ecclesiastico. Le andavano larghi, ma tanto erano solo provvisori: essendo di pregevole fattura, avrebbe potuto scambiarli e ricavarci qualche soldo.

Una volta pronta, riprese la boccetta con l’antidoto e guardò fuori dalla finestra. Non vedeva nessuno, e comunque l’oscurità avrebbe coperto la sua fuga.

Salì sul davanzale e poi saltò giù. Era un po’ fuori allenamento, ma riuscì comunque ad attutire l’impatto con una capriola.

Senza allontanarsi dal muro della canonica raggiunse la cancellata che circondava il cortile, si arrampicò sulle sbarre e in un attimo fu dall’altra parte.

Una volta a terra si concesse un attimo per assaporare l’aria frizzante della notte. Finalmente era libera. Finalmente poteva ricominciare a vivere.

No, non era ancora finita. Nel giro di qualche ora il veleno avrebbe cominciato a fare effetto, e lei aveva solo una pozione giornaliera: doveva trovare l’antidoto permanente.

Magari un guaritore avrebbe avuto ciò che le serviva, ma purtroppo in quella città tutti i guaritori erano dei chierici. O per lo meno tutti quelli ufficiali: doveva andare nelle zone di periferia, dove probabilmente avrebbe trovato qualcuno in grado di aiutarla.

Infilò la fiala in una tasca, pronta a correre via, ma una voce la chiamò: «Ehi, ho quello che ti serve»

Lei si voltò e vide un uomo completamente coperto da una mantella col cappuccio.

«Tieni, è l’antidoto che ti serve» proseguì il misterioso figuro porgendole una piccola borraccia. «Prima di berlo, vai alla locanda il Cinghiale Arrosto, si trova nella zona nord. Di’ che ti manda Zabar e prendi una stanza. Ecco i soldi.»

Tenko, decisamente stupita, prese il contenitore pieno di liquido giallo ocra e le monete di bronzo.

«Non mangiare e non bere nulla. Vai nella stanza e bevi tutto l’antidoto. Ti raggiungerò domattina.» Detto ciò, l’uomo le voltò le spalle e cominciò ad allontanarsi.

«Ehi, aspetta! Chi sei? Perché dovrei fidarmi?»

«Non ho tempo, parleremo domani. Sappi solo che sono stato io a diluire la droga.»

La demone guardò la borraccia, poi di nuovo l’uomo incappucciato, che continuava ad allontanarsi. Non aveva idea di chi fosse o del perché l’avesse aiutata a fuggire, ma d’altro canto non aveva ragione di dubitare di lui.

Seppur confusa, legò la borraccia alla cintura e si affrettò ad allontanarsi dalla canonica, diretta verso nord. Allontanarsi dal luogo della sua prigionia era la priorità, e adesso aveva anche una meta. Il nome “Cinghiale Arrosto” non le suonava nuovo: se non ricordava male, era una squallida locanda dove spesso si radunava gente con poca simpatia per il Clero. In effetti questa era una cosa piuttosto comune per le squallide locande di periferia.

Il tipo le aveva detto un nome: Zabar. Probabilmente non era il suo vero nome, ma si sforzò di memorizzarlo.

Attraversò di corsa i primi isolati, poi la stanchezza cominciò a farsi sentire. Era fuori allenamento, e per di più aveva lo stomaco vuoto. Come se non bastasse, l’idea di andare in una locanda chiamata “Cinghiale Arrosto” le faceva venire ancora più fame.

Si sforzò di andare avanti, decisa a raggiungere la sua meta prima che il veleno cominciasse a fare effetto.

Non era la prima volta che attraversava un centro abitato di notte, ma questa volta diverse prostitute provarono ad attirare la sua attenzione. In effetti lei non aveva un seno molto prosperoso, portava i capelli corti e per di più stava indossando abiti maschili, quindi non era così strano che la scambiassero per un ragazzo.

Di solito la irritava il fatto di venire presa per un maschio – questo era uno dei motivi per cui indossava abitualmente abiti molto succinti – in quel momento però la libertà ritrovata era una gioia pressoché inscalfibile.

Trovare la locanda non fu difficile: in pratica le bastò seguire il profumo. Le sembrava una vita che non mangiava qualcosa di decente, e l’acquolina in bocca la guidò fino al banco.

«Benvenuto, amico» la accolse l’oste. «Cosa ti… porto?»

Aveva esitato un attimo, probabilmente a causa delle sclere nere, e in qualche modo questo fece piacere a Tenko: era una sensazione familiare. Per il resto era così affamata da non accorgersi nemmeno che l’aveva scambiata anche lui per un maschio. «Il piatto più economico che hai.»

«Birra?»

Lei stava per dire di sì, poi però si ricordò delle parole di Zabar: non doveva mangiare o bere nulla. Decise di rinunciare alla birra, ma non alla cena: che male poteva fare un po’ di cibo nello stomaco?

Il piatto che ricevette fu una misera zuppa vegetale, ma in confronto al rancio della prigione le parve una cena regale. Ogni ortaggio sprigionava un sapore nuovo, così limpido e succulento che avrebbe potuto piangere di gioia.

«Ah, vorrei anche una stanza» aggiunse dopo aver trangugiato mezzo piatto. «Mi manda Zabar.»

«Oh, ma certo. E vuoi anche compagnia?»

Lei si bloccò con il cucchiaio a metà strada fra il piatto e la bocca. «Non voglio nessuno» ribatté, lapidaria. Dopo quanto subito dal priore, il sesso era l’ultimo dei suoi pensieri.

Il grasso faunomorfo, intimorito, cercò di ricomporsi. Si schiarì la voce. «Le stanze sono al piano di sopra.»

Lei fece un mugugno d’assenso e continuò a mangiare.

Finita la cena, salì le scale e cercò un locale libero. Più che una stanza era un buco con un letto imbottito di paglia e foglie, ma almeno avrebbe avuto un po’ di intimità.

Si sedette sul rudimentale materasso, quasi confortevole in confronto a quello della prigione. Slacciò la borraccia e osservò il liquido all’interno. Aveva un colore più intenso rispetto all’antidoto giornaliero, e questo le sembrava un buon segno. Una parte di lei temeva fosse una qualche altra tossina, ma i suoi sospetti sembravano irragionevoli: che senso aveva aiutarla a fuggire per poi avvelenarla?

Decise di mettere da parte la diffidenza, levò il tappo e bevve tutto il liquido giallo ocra in un unico, lungo sorso. Subito interrogò il suo corpo alla ricerca di cambiamenti, ma si sentiva normale. Con ogni probabilità ci sarebbe voluto un po’ affinché facesse effetto.

Decise di stendersi e cercare di dormire. La consapevolezza di essere di nuovo libera la cullò dolcemente nel mondo dei sogni, permettendole di assaporare fino in fondo ciò che prima credeva normale.

Sarebbe potuta essere la notte più bella sua vita, se non fosse che dopo neanche un’ora si svegliò, grondante di sudore e con un doloroso mal di testa. Avvertì un conato di vomito e si piegò di lato per buttare fuori la cena.

 Stordita, ripensò confusamente alle parole dell’incappucciato, di cui per altro non ricordava più il nome: ecco perché le aveva detto di non mangiare nulla.

Alla fine fu una notte terribile, passata in un caotico dormiveglia in cui non riusciva a distinguere il sogno dalla realtà. Quando si svegliò, il sole era già alto, e una puzza nauseante aveva appestato la stanza.

Si affrettò a uscire e, nonostante la testa pesante, scese al piano di sotto. Non aveva soldi per la colazione, ma tanto non sarebbe riuscita a mangiare nulla.

Decise di sedersi al tavolo più appartato possibile, sperando che il suo corpo si riprendesse. Una ragazza – forse la figlia dell’oste – andò da lei per chiederle l’ordinazione.

«Sto aspettando una persona» le spiegò Tenko. «Si chiama… emh… Zabar.»

«Oh, certo. Chiama pure se vuoi qualcosa.»

La demone incrociò le braccia sul tavolo e poi vi abbandonò sopra la testa. Si sentiva stremata, ma sperava ne fosse valsa la pena. Se non altro il veleno non l’aveva uccisa: era un buon segno.

«Tenko Br’rado?»

Sentire il suo nome le fece drizzare le orecchie, soprattutto perché era stato pronunciato correttamente: di solito la gente lo storpiava in “Brado”, dimenticandosi completamente della doppia “r”. Sollevò lo sguardo e davanti a sé trovò un uomo incappucciato, con ogni probabilità lo stesso che l’aveva avvicinata la notte prima.

«Sei tu?» gli chiese. «Sei quello di ieri?»

«Sono io» confermò il misterioso figuro sedendosi davanti a lei. Si tolse il cappuccio, rivelando dei capelli arancioni e la carnagione blu. Era piuttosto giovane: doveva avere all’incirca la stessa età di Tenko, e come lei era un demone. Le sue orecchie erano piuttosto grandi e somigliavano a quelle di un pipistrello. «Ti ricordi di me? Sono Zabar Biisto.»

Lei lo guardò attentamente, cercando di riconoscere il viso scarno e gli occhi rosso scuro. In effetti aveva un’aria vagamente familiare, e il nome Biisto la riportava alla sua infanzia. «Ci siamo già visti?»

Lui parve un po’ deluso. «Certo che ci siamo già visti! Siamo gli ultimi superstiti del nostro circo!»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Finalmente Tenko è libera, sia dal priore che dal veleno. E chi è stato ad aiutarla? Un superstite del suo stesso circo, ovviamente. Forse l’unica persona al mondo in grado di capirla davvero (e di pronunciare correttamente il suo cognome XD).

E adesso? Beh, Tenko non è una persona facile, ma forse Zabar saprà far breccia nella sua scorza da sopravvissuta.

Il prossimo capitolo uscirà il primo weekend di agosto (TNCS non va mai in vacanza :P), non mancate ^.^


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