Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Amily Ross    22/07/2018    4 recensioni
(Sequel de: “Il Ritiro Natalizio della Nazionale Giovanile.”)
__________________________________________
È passato circa un mese dal ritiro natalizio in Austria, molte cose sono cambiate da allora, e molte altre dovranno ancora cambiare; è rimasto indelebile il ricordo di quella “vacanza” nel cuore di tutti. Ognuno ritorna a vivere la propria vita: chi in Francia, chi in Germania e chi in Giappone, ma c’è profumo di cambiamenti nell’aria: nuove vite, nuove città e nuove conoscenze, cambieranno la vita di alcuni di loro. Fanny ha intrapreso la carriera di manager alla Mambo, al fianco di Amy, ma presto una nuova avventura la porterà nel paese dei suoi sogni, là dove gioca il suo ragazzo: la Germania.
__________________________________________
Questa fiction è temporalmente collocata nel 2018, e i ragazzi e le ragazze hanno tutti ventuno anni o quasi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Grace (Machiko Machida), Jun Misugi/Julian Ross, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
HTML Editor - Full Version

Note introduttive: se la volta scorsa sono riuscita a risparmiarle, in questo sono necessaria. xD Allora: “On the Road…” è un capitolo particolare, un capitolo transitorio e leggero, prima degli interventi che Benji e Karl dovranno subire; ma è anche parte di un titolo che ho usato per uno spin-off/finale alternativo di questa storia, il cui titolo completo è: “On the road of the life”, ovviamente essendo parte del capitolo finale la pubblicherò solo quando questa fiction sarà conclusa; ma torniamo a questo capitolo e al perché della scelta di questo titolo. Non è un riciclaggio o una mancanza di fantasia, no, è perché tutti i personaggi presenti in questo capitolo – e anche storia se vogliamo estendere la cosa – stanno percorrendo la loro strada – chi più faticosa chi meno – ma sono tutti su di essa: sia la strada irta e faticosa della malattia, sia la strada della vita, sia la strada delle scelte che faranno in futuro… e poi c’è ancora chi la propria strada non l’ha trovata. Inoltre, so che non frega niente a nessuno, ma io sono stata una scout per metà della mia vita – e sì, gli scout proprio quegli scemi che girano in pantaloncini corti anche d’inverno con un freddo assurdo – per lo scout la “strada” letteralmente e figurativamente parlando, ha un gran significato: il significato della crescita interiore della persona che ognuno di noi ha; nel senso letterale, lo scout fa molta strada a piedi e per quanto possa esser faticoso o in salita il cammino, egli non si arrende mai e canta e sorride anche nelle difficoltà, rendendo la fatica un pochino meno pesante, figurando così il fatto che la strada della vita non è mai facile o in discesa, ma è spesso – sempre – faticosa e in salita. Detto questo, penso che anche qui si possa applicare la medesima cosa, perché i personaggi cercano in qualche modo di andare avanti – cercando di superare le difficoltà con l’aiuto degli amici e dei familiari – affrontando tutto con un sorriso.  Adesso vi lascio al capitolo, sperando che vi piaccia, ma ci ritroveremo alla fine con le note – che qui sono parecchie. Amy

 

 Capitolo 17: On the Road…

 

Nonostante le pesanti assenze alle quali deve far fronte l’Amburgo F.C., la Bundesliga di certo non si ferma; la squadra, priva del suo leader e del suo portiere titolare, deve ora stringere i denti e continuare per la corsa al Meisterschale. Thomas incoraggia e sprona i suoi ragazzi come può, ma sa benissimo quanto l’assenza di Karl  e Benji gravi sulle spalle dei compagni, anche Grace – da brava manager – fa del suo meglio per i ragazzi; dunque con Deuter Müller[1] tra i pali ed Hermann Kaltz nel ruolo di capitano: l’Amburgo gioca in casa l’anticipo di campionato contro il Werder Brema di Franz Schester e Manfred Margas, i due dispiaciuti per la tragedia che ha colpito il Kaiser – che tra l’altro è anche un amico, oltre che loro capitano in Nazionale – hanno appreso anche dell’incidente di Price; nonostante la rivalità che comporti il campionato, l’intera squadra di Brema ha fatto gli auguri ai padroni di casa affinché possano giocare una bella partita e perché no cercare di vincerla – sottolineando però il fatto che non gli regaleranno nulla.

L’impegno e la determinazione non sono certo mancati alla squadra ospitante: Kaltz ha segnato al 10’ del primo tempo, dedicando il goal ai suoi due fratelli del cuore; hanno concesso pochissime occasioni agli avversari e difensori e portiere sono stati impeccabili e hanno chiuso i primi 45’ in vantaggio. Nella ripresa il Werder Brema si è subito portato all’attacco, spodestando un po’ l’invalicabile difesa dell’Amburgo, insistendo hanno anche trovato il pareggio al 77’, grazie a un goal della loro bandiera Schester – che conoscendo bene Müller compagno di Nazionale – lo ha beffato. I padroni di casa però, non si sono persi d’animo, guidati da Hermann Kaltz sono tornati all’attacco, creando parecchie occasione, purtroppo infrante dall’estremo difensore avversario. Il rinvio lungo del portiere viene intercettato da Margas, che al fianco del suo capitano, si spinge in attacco impegnando ancora una volta la difesa dell’Amburgo.

Hoeness[2] e Gongers[3] vanno subito a marcare i due attaccanti, che li dribblano fino al limite dell’area, finché il primo commette un fallo involontario ai danni di Margas e l’arbitro è costretto a concedere un calcio di punizione al Werder Brema: Schester si posiziona davanti alla barriera e guarda Deuter, che un po’ infastidito dai compagni piazzati in difesa della porta, dà loro indicazioni sulla disposizione e, sospirando, si prepara a ricevere il tiro; il cronometro segna ormai l’88’ quando l’arbitro fischia per concedere al capitano di battere. Franz calcia il pallone con grande forza, facendolo passare sopra la barriera con una parabola perfetta, Müller è in posizione giusta e si tuffa dando tutta l’impressione di arrivarci, ma il pallone ricade in picchiata verso il basso, rimbalzando sul terreno di gioco davanti al portiere ed entrando inevitabilmente in porta.

«Sich verpissen![4] Mi ha fregato con la Maledetta.[5]» sbuffa Deuter, dando un pugno al palo, raccogliendo il pallone e rinviandolo con rabbia, viene intercettato da Kaltz, che sospira per il goal appena subito a pochi minuti dalla fine, sputa lo stecchino dalla bocca e scatta  a tutta velocità in attacco. “Adesso si fa sul serio.” pensa determinato. Si spinge in attacco con un’azione in solitaria – dribbla tutta la squadra avversaria, si ritrova solo davanti al portiere e carica il destro, ormai vincere la partita è praticamente impossibile, ma vuole almeno pareggiare – solitamente lui è l’uomo assist – ma questa volta gli tocca vestirsi da uomo goal, calcia un potente pallonetto, che purtroppo viene sfiorato dal portiere e si infrange all’incrocio dei pali – mentre l’arbitro fischia dichiarando la fine dell’incontro e la vittoria del Werder Brema.

Hermann Kaltz fissa il pallone in lacrime e si lascia cadere sulle ginocchia. «Perdonatami, amici, non ce l’ho fatta…» sussurra piangendo. Ha fallito nella sua prima partita da capitano, ha fallito non mantenendo la promessa fatta ai due amici in ospedale di vincere anche per loro. «È stata sfortuna, ci rifaremo alla prossima, capitano.» lo incoraggia Briegel,[6] porgendogli la mano per alzarsi, Kaltz alza lo sguardo e lo ringrazia con un sorriso, afferrandola e rialzandosi. «Gran bella partita, complimenti davvero, capitan Kaltz. Sono sicuro che se ci fossero stati anche Karl e Benji avreste vinto voi.» sorride Franz  Schester, stringendogli la mano. «Grazie, amico.» risponde Hermann stringendolo. «Porta i miei saluti al Kaiser e anche a Price. Spero riusciranno a essere entrambi in Russia con noi.» dice ancora il centrocampista del Brema, facendo sorride ancora di più Kaltz e facendolo annuire, mentre escono dal rettangolo verde.

***

Parigi: domenica 5 marzo, 2018, 131  Boulevard Saint-Germain,[7] Restaurant Leon de Bruxelles, h. 13:00.

È una bella e soleggiata giornata in quel dì Parigi: la gente passeggia per le strada o fa sosta per il pranzo nei vari ristoranti che costeggiano la Senna, mentre essa scorre inesorabile lungo il suo letto, rendendo magica quella magnifica città – ignara di esser una delle tante meraviglie parigine – che attirano turisti da ogni parte del mondo.

Tra i tanti che affollano le strade e i locali, spicca una comitiva di ragazzi – all’apparenza amici di lunga data – ma dire amici è un po’ un eufemismo, sono sì amici, ma non di vecchia data né tantomeno così profondamente legati; anche se i tre ragazzi in campo sono un trio molto affiatato e le due ragazze delle ottime managers. Pierre Le Blanc, il capitano elegante, con la fidanzata Azumi; Tom Baker, il fuoriclasse venuto dal Giappone, assieme alla fidanzata Charlotte; e Louis Napoleon, meglio conosciuto per i suoi scatti d’ira in campo, oltre che per la sua bravura.

Ordinato un pranzo leggero, calciatori e managers, iniziano a mangiare. «Avete visto che schifo di partita che hanno fatto quei tedeschi? Io lo dico da sempre che quelle schiappe senza quel presuntuoso di Schneider sono delle mezze calzette… e anche quel Müller che si monta tanto la testa e poi si fa segnare due goal da coglione, certo, non che Price sia meno montato, ma almeno li avrebbe presi.» esordisce Napoleon, mandando giù il boccone, ricevendo due occhiatacce dai  compagni di squadra. «Louis piantala di fare lo stronzo. Karl sta soffrendo parecchio per la malattia e preferirebbe mille volte essere in campo con i suoi compagni, piuttosto che assistere impotente alle loro sconfitte da una camera d’ospedale.» lo riprende Le Blanc, che nonostante i molteplici difetti, non disprezza o sottovaluta gli avversari – a differenza del compagno.

«Ha ragione Pierre, Louis. Sono nostri avversari, ma sono comunque amici accomunati dalla nostra stessa passione. Inoltre ti avrò ripetuto mille volte che non sopporto questo tuo sentirti superiore e screditare tutti gli altri; non ho visto la partita dell’Amburgo, ma posso benissimo immaginare quanto sia difficile ritrovarsi senza il loro capitano – e improvvisamente anche senza il portiere titolare – che vorrei ricordati è un mio grande amico, anche se è l’unico al quale hai quasi fatto un complimento. Müller non sarà sicuramente mister simpatia, questo te lo concedo, ma è innegabile la sua bravura tra i pali. Se solo tu capissi una volta tanto cosa significhi spirito di squadra, forse potresti capire come si sentano quei poverini.» concorda Tom, ricevendo un sorriso dal capitano e un bacio in guancia dalla fidanzata.

«Oh, ma che lagne che siete, io ho solo detto quello che penso della partita che ho visto.» risponde Napoleon con nonchalance come se avesse detto qualcosa di non offensivo. «Certo, siamo in  un paese democratico e ognuno è libero di esprimere la propria opinione, purché essa non arrechi offesa e tu in questo momento stai offendendo una squadra intera.» lo riprende ancora Tom sospirando affranto, ricevendo ancora un bacio dalla fidanzata che lo guarda con un sorriso. Dopo la batosta presa con l’ex fidanzato, Charlotte, è felice di aver voluto dare una chance a questo ragazzo giapponese: la sua dolcezza e bontà d’animo l’hanno fatta innamorare in poco tempo.

«La smetterà mai?» sussurra Azumi all’orecchio di Pierre, che sospira e alza le spalle. «Non lo so, ma è insopportabile quando fa così, con tutto il bene che gli voglio, a volte mi fa venir voglia di spaccargli la faccia, ma non potrei mai fare nulla del genere contro il mio migliore amico.» dice prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans e sbloccandolo, mentre i due compagni di squadra continuano a discutere e le ragazze si guardano sconsolate, apre Messenger aprendo la chat sul contatto di Schneider – che è anche connesso.

«Ciao, Kaiser. Come va?» scrive, riprendendo a mangiare in attesa della risposta, che non tarda ad arrivare.

«Ciao, prima donna. xD» risponde scherzosamente Karl continuando a scrivere. «Potrebbe andare meglio, lo ammetto, come ammetto che vorrei giocare a pallone piuttosto che stare chiuso qui dentro a farmi due palle quanto una casa. 
Ma al momento l’unica cosa che posso fare è guarire e aspettare paziente di poter tornare in campo.» scrive, sapendo che può parlare tranquillamente con il francese.

«Capisco. Immagino quanto sia palloso stare in ospedale, ma so anche che ce la metterai tutta e che tornerai più forte di prima, campione.» risponde Pierre, guardando ancora Tom e Louis battibeccare. «Basta, Napoleon! Hai rotto le palle con queste stronzate. Se vuoi dire qualcosa a Schneider dimmi pure che riferisco, magari ti risponde per le rime.» gli dice guardandolo dritto negli occhi, girando il suo iPhone facendogli vedere la conversazione attiva col tedesco, mentre l’altro rotea gli occhi al cielo e riprende a mangiare in silenzio.

Tom sospira di sollievo per la cessata discussione inutile e si avvicina al capitano. «Stai chattando con lui?» chiede, portando poi un pezzo di carne alla bocca, mentre Le Blanc annuisce e finisce il suo pasto, riprendendo in mano il cellulare. «Ho saputo della partita persa e dell’infortunio di Benji, mi dispiace. Cosa è successo, esattamente?» scrive ancora, mentre il Kaiser lo ringrazia per gli auguri e l’incoraggiamento a non arrendersi.

«I ragazzi si sono un po’ persi d’animo, ma hanno giocato una bella partita nonostante la sconfitta.
Benji… oddio, se sapesse che te l’ho detto posso ritenermi morto, ma chissene… ahaha!
Ha preso la febbre ed è caduto dalla scale di casa, parando la caduta con la mano destra, e il medesimo polso già lievemente infortunato ha avuto il colpo di grazia.
Adesso non ha più febbre e possono operarlo, sarà il padre di Julian Ross a occuparsene per una serie di vicissitudini.»
 gli spiega ridacchiando ancora un po’ alla scena.

«No, vabbè, ma questa è sfiga bella e buona, scusa, ma non posso che ridere immaginando la scena. Ahahah!» risponde Pierre ridendo leggermente assieme a Tom. «Povero Benji, spero non sarà come quella volta alle elementari che fu costretto a saltare tutto il campionato e tornare solo per la finale, ancora convalescente.» sospira, leggendo quello che intanto scrive l’altro. «Scherzi a parte, mi dispiace che si sia infortunato e mi dispiace anche che abbiate perso.
Noi oggi ce la giochiamo contro il Lione, sperando di sorpassarli e accedere direttamente alla Champions.
Se voi riuscirete a qualificarvi non sarà lo stesso giocare contro l’Amburgo senza te e Benji.» scrive il capitano elegante, facendo sorridere il compagno giapponese.

«Ve lo auguro, Pierre. ;) 
No, quest’anno non credo che riusciremo a qualificarci, lo spero per i miei compagni, forse se Benji rientra per tempo potrebbero anche farcela… ma li conosco, ce la mettono tutta e poi basta un niente per scoraggiarli.
Mi farebbe piacere veder vincere voi se dovessi scegliere una squadra, anche se ovviamente prima tifo per il Bayer Leverkusen.» scrive ancora il Kaiser finendo di mangiare e stendendosi annoiato sul letto.

«Vedremo quello che succederà in Champions, allora. Spero, anzi speriamo – c’è anche Tom Baker con me – che entrambi riuscirete a essere in forma per la Russia, il mondiale senza due campioni del vostro calibro non sarebbe lo stesso. Vi auguriamo il meglio e di guarire in tempo. ;) :*» risponde Pierre con sincerità e anche affetto – in fondo il tedesco non sarà un grande amico – ma si rispettano.

«Grazie ancora, Pierre. Saluta Tom da parte mia. ;)» scrive Karl, leccandosi le labbra e ridacchiando, pensando a una cosa per punzecchiarlo. «Ah, comunque, graziosa l’immagine del profilo in sella a Principessa.
Degna della prima donna che sei. ;P» scrive ancora ridendo, beccandosi una pernacchia dal suo interlocutore.

«Beh… te l’ho detto anche io, ma non saresti tu altrimenti.» lo prende in giro anche Baker, avendo letto il messaggio del Kaiser e concordando con lui. «Simpatico anche tu.» ride Le Blanc, dandogli una gomitata, ridendo entrambi. Il gruppo finisce di mangiare con tutta calma, tra una risata e qualche battibecco, pagano il conto e prendendo le auto raggiungono il Parco dei Principi, per la partita casalinga di campionato contro il Lione.

***

 Amburgo: domenica 5 marzo, 2018 ospedale, camera di Benji, h. 18:00.

«Spero non arrivi depresso, già ne ho abbastanza di me e te costretti a star rinchiusi qui, anche lui non lo reggo, oltre al fatto che non ha nulla per cui farlo, hanno giocato tutti benissimo e lui è stato un gran capitano.» sbuffa Benji, stiracchiandosi annoiato e intorpidito. «Troveremo il modo per tirarlo su, ma anche io mi sentirei solo senza voi in campo.» risponde Karl con un sospiro, che fa sorridere il portiere per le sue parole. Ancora una prova della profonda amicizia che lega tutti e tre. «Stamattina ho sentito Pierre, gli ho detto del tuo infortunio…» inizia il Kaiser guardando il parco visibile dalla finestra. «Dunque la mia ruzzolata ha fatto il giro del mondo, immagino come abbia riso quel damerino.» sospira Price, però ridendo, alla fine capita anche ai migliori di fare un passo falso.

«Sì, qualche risata se l’è fatta… e non è stato l’unico, anche il tuo compagno Tom se l’è risa un po’.» ammette Schneider ridendo, beccandosi un pizzicotto in guancia dal compagno. «In ogni caso ci fanno i loro auguri e sperano che riusciremo ad andare in Russia, dicono che senza di noi non sarebbe lo stesso mondiale.» continua, sedendosi sulla finestra e chiudendo gli occhi, poggiando la testa sul vetro. «Che carini, alla fine Pierre non è così antipatico come possa sembrare, quello odioso è Napoleon.» risponde Benji, guardando l’ora sul cellulare. «E quando lo senti digli che noi ci saremo, non ci perderemo un mondiale per nulla al mondo.» continua sbloccando il display e aprendo Facebook.

«Sì… gliel’ho già detto.» risponde Karl con un sussurro, alzandosi e avvicinandosi al letto barcollante, cadendo quasi sull’amico. «Karl che ti prende?» chiede Benji preoccupato vedendolo pallido, posando subito il cellulare e afferrandolo come meglio può – vista la mano destra immobilizzata. «Non lo so… mi gira la testa, mi sento svenire…» soffia il Kaiser guardandolo con occhi vacui. «Scheiße!»[8] esclama Benji stendendolo sul suo letto. «Scommetto che sei scappato un’altra volta dalla tua camera senza di nulla ai tuoi medici.» gli dice mentre gli versa un bicchiere d’acqua.

«No, ho chiesto il permesso al dottor Brown e… me l’ha concesso.» risponde poggiandosi la mano sulla fronte e sugli occhi. «Ti fa male? Vuoi che lo chiamo?» gli chiede ancora Benji, passandogli il bicchiere. «Grazie.» dice Karl mettendosi seduto, afferrandolo e bevendo. «No, non mi fa male e non c’è bisogno di chiamarlo, adesso passa. Non è la prima volta che mi succede, e spero non sia come l’ultima…» continua posando il bicchiere vuoto e stendendosi di nuovo. «L’ultima sarebbe quella in cui hai avuto le convulsioni?» chiede Benji sospirando, sedendosi sul letto, mentre il biondo annuisce guardandolo negli occhi e prendendogli la mano sinistra. «Grazie, amico, va già meglio, davvero. L’altro giorno è stato un insieme di fattori e l’essere in camera da solo mi ha fatto entrare nel panico, ma ora ci sei tu e sto già meglio.» sorride grato.

«Ti avrò detto miliardi di volte di non ringraziarmi di nulla, sei il fratello che non ho, ti voglio un bene dell’anima e non ti lascerò mai da solo. Tu ed Hermann siete parte della mia famiglia.» risponde Benji con un sorriso – seppur lievemente melanconico – e lo stringe col braccio sano. «Lo so, anche tu per noi sei un fratello e anche se i tuoi genitori sono sempre in viaggio e non sono dei genitori esemplari, la tua famiglia siamo noi due, Freddy, Grace e anche Fanny.» dice Karl, notando quello sguardo. «Non dimenticarlo mai, Benji. Mai!» aggiunge ricambiando la stretta. Karl Heinz Schneider, Benjiamin Price ed Hermann Kaltz: tre ragazzi con un sogno in comune, ma legati anche al di là della loro passione da un legame incommensurabilmente profondo e sincero.

***

I due vengono interrotti da qualcuno che bussa alla porta e si staccano dall’abbraccio, sedendosi entrambi sul letto, dicendo di entrare all’unisono – il malore di Karl ormai è solo un ricordo. «Se Maometto non va alla montagna, la montagna andrà da Maometto.» dice Derek annunciandosi così ed entrando con gli amici. «Tradotto: se due amici non vengono al Paulaner’s, il Paulaner’s andrà dai due amici.» dice Eva, entrando mano nella mano col fidanzato, con dietro Grace che sorride all’amico e al fidanzato nel vederli assieme – felice di vedere che si danno supporto a vicenda.

«Ma che bella sorpresa, sono felice che siate venuti, ragazzi.» sorride Schneider, alzandosi dal letto e andando a baciare la sua meravigliosa Starlet, che lo stringe e ricambia subito. «Avete portato anche le birre?» chiede poi scherzando ai due amici del pub. «No, Kaiser, per quella temo dovrai venire al locale.» risponde Derek ridendo, per poi guardare Eva che si volta verso la porta. «Ragazzi fuori c’è qualcuno che vorrebbe presentarvi una persona.» dice la ragazza, schiarendosi la voce, e in quel momento entra anche Hermann che stringe la mano a una dolce e minuta ragazzina – che è evidente sia più piccola di loro. «Ciao, fratelli.» sorride Kaltz, con l’immancabile stecchino tra le labbra e un sorriso a trentadue denti, mentre la ragazzina tiene lo sguardo basso, imbarazzata, vedendo lo sguardo dei due che salutano l’amico e la guardano curiosi. Hanno ormai capito che lei è la famosa fidanzatina, che a differenza sorella – estroversa e loquace – sembra essere introversa e timidissima.

Karl schiocca uno sguardo a Kaltz e si avvicina alla ragazzina. «Piacere di conoscerti. Io sono Karl Heinz Schneider, il Kaiser, ma puoi semplicemente chiamarmi Karl.» le dice porgendole la mano con un sorriso, che viene stretta timidamente dalla piccola. Le ricorda un po’ la sua sorellina, anche se Marie Käte non è timida come possa sembrare a prima vista. «Piacere, Karl. Io sono Katherine.» risponde lei, guardandolo appena in viso, mentre anche Benji le si avvicina e si presente, facendola imbarazzare ancora di più. «Non essere timida, tesoro.» le sorride Grace, ricordando che anche lei un po’ lo era le prime volte, facendo annuire Katherine con un lieve sorriso. «Grace ha ragione, non ne hai motivo, qui sei tra amici e se Hermann dovesse farti soffrire lo ammazzeremo con le nostre mani.» aggiunge Benji, facendola sorridere, mentre stuzzica l’amico che lo guarda imbronciato.

«Sì, concordo con lui, anche se al momento è un po’ impossibilitato per picchiare una persona, ci penserò io.» aggiunge Schneider, beccandosi una gomitata da Kaltz che sbuffa, ma sorride; Katherine li guarda e scoppia a ridere. «Va bene, ragazzi. Iniziate già a starmi simpatici…» sussurra ancora un po’ impacciata, facendo sorridere Eva. «La mia sorellina è una cucciola timida e dolce, ma appena inizia a far amicizia diventa molto più socievole, poi bisogna trovare il modo per farla star zitta un attimo.» dice agli amici stringendo la sua adorata pulce, che la guarda e le bacia la guancia. «Ah, dunque a differenza della sorella maggiore che è una strega la minore è una fata.» ridacchia Karl, facendo ridere anche Katherine, che guarda la reazione della sorella.

«Kaiser se vuoi morire basta dirlo apertamente.» dice Eva, lasciando la sorellina e avvicinandosi all’amico, che la guarda con un sorrisetto furbo. «Non lo faresti mai, mia cara Eva.» le risponde guardandola negli occhi. «Hai ragione, stupido Kaiser, non potrei mai alzare un dito contro di te.» risponde lei stringendolo e iniziando a piangere. «Eih… lo so che mi vuoi bene, ma non c’è bisogno che piangi, non me la prendo certo per una scemenza simile.» le sussurra Karl stringendola. «Lo so. Scusa è solo che mi dispiace vederti in queste condizioni.» sussurra lei staccandosi per guardarlo negli occhi. Lui le sorride con dolcezza e le asciuga le lacrime. «Mi riprenderò e tornerò quello di sempre.» le promette.

Grace e Derek si guardano e sorridono, consci del fatto di non aver motivo di essere gelosi, nonostante tutto ciò possa sembrare strano e ambiguo a occhi esterni – e visti i trascorsi ne potrebbero anche aver motivo –  ma loro sanno bene quanto quei due siano legati – così come Benji ed Hermann lo sanno. «Non mi avevi detto che mia sorella fosse la migliore amica di Karl.» sussurra Katherine all’orecchio del fidanzato, che distoglie lo sguardo dai due amici ancora stretti l’uno all’altra e la guarda. «Infatti non lo è, ma in passato sono stati molto legati e nonostante adesso ci siano Derek e Grace si vogliono molto bene.» le risponde con sincerità, facendola annuisce un po’ sorpresa, lei non sapeva nulla di tutto questo.

Schneider bacia la guancia di Eva, che sorride e lo lascia alla fidanzata, tornando dal suo; Karl stringe la sua Starlet e le sfiora le labbra con un bacio, la solleva e si siede con lei sul letto di Benji, anche tutti gli altri si siedono e iniziano a chiacchierare – l’unica che rimane in silenzio è la più piccola del gruppo che si vergogna ancora un po’. A parte Derek ed Hermann, Katherine non conosce affatto gli amici di sua sorella e non saprebbe di cosa parlare, perciò li ascolta in silenzio, sentendosi un po’ in più in mezzo alla comitiva affiatata e unita che sono. Grace scende dalle gambe del fidanzato e le si avvicina chinandosi accanto a lei seduta sulla sedia e le sorride. «Lo so come ti senti, piccolina, anche io quando sono arrivata dal Giappone mi vergognavo. Adesso posso non sembrarlo, ma ero molto timida quando arrivai, però di base non sono una ragazza timida e questo mi ha aiutato moltissimo. Tu lo sei, ma se è vero quello che ha detto Eva lascia che esca fuori il tuo lato estroverso, anche se sei più piccola di noi sei la ragazza di un amico e quindi fai parte del gruppo.» le dice la manager con un dolce sorriso, che fa sorridere la ragazzina che le getta le braccia al collo e la stringe. «Grazie, Grace, mi stai simpatica.» le dice.

Eva le guarda e sorride, non avrebbe mai immaginato che un giorno sua sorella potesse mettersi con uno dei suoi amici, n’è contenta ed è anche contenta di vedere che tutti l’hanno accolta come se fosse una di loro, perché non ha molti amici per via della sua timidezza. Sono molto diverse le due sorelle: la maggiore è estroversa, esuberante e solare e a conferma di ciò sono i suoi capelli tinti di viola, che la rispecchiano parecchio; la sorellina invece è molto timida e riservata, e il suo aspetto – per certi versi ancora bambinesco – anche se ormai è una signorina di quattordici anni n’è la conferma. I suoi capelli castani, che porta acconciati con due piccole codine che legano le ciocche più corte, facendo ricadere quelle lunghe ondulate e morbide fin sulle spalle e le mollette colorate a tenerle un lato della frangia – solo di recente le ha chiesto di colorarle le punte di viola e lei non se l’è fatto ripetere due volte: spera che questo possa renderla meno introversa e che anche l’aver trovato un ragazzo e dei nuovi amici – anche se più grandi di lei – possano farla sbocciare.

«Allora Katherine anche a te piace il calcio?» le chiede ad un certo punto Karl, sorridendo nel vederla ridere e scherzare con la fidanzata. «Non proprio, preferisco la danza, ma ieri sono andata allo stadio a vedere la partita della vostra squadra e non è stata così noiosa come pensavo.» risponde lei, ora meno in imbarazzo, iniziando a prendere confidenza. «Anche la mia sorellina ama la danza, però ama anche il calcio e le piace venire allo stadio a vederci giocare, magari appena mi sarò ripreso e uscirò da qui potrei fartela conoscere.» le sorride ancora il Kaiser, facendola annuire felice. Kaltz guarda il suo migliore amico e sorride, poi sospira e si rabbuia. «Anche se la partita di ieri è stata uno schifo totale… scusate, ragazzi, ho deluso le aspettative che avete riposto in me, ho fallito come capitano.» sussurra chinando lo sguardo.

«E invece no, caro il mio Herr Zahnstocher,[9] avete fatto una grande partita. Io e Karl siamo orgogliosi di voi e anche se avete perso vi siete battuti come leoni, avete giocato un primo tempo impeccabile, solo avete avuto sfortuna nel secondo.» gli risponde Benji, dandogli una pacca sulla schiena, facendolo sorridere. «Concordo, siete stati tutti bravissimi e tu sei stato un gran capitano.» aggiunge Karl stringendo i suoi migliori amici. «Esatto, quanto a noi vedremo di tornare in campo il prima possibile.» aggiunge ancora Benji con un sorriso. «Grazie.» sorride Hermann guardandoli. «Però ancora io non ho ben capito che hai combinato tu, caro Herr Hut.[10]» risponde ritrovato il sorriso.

Il portiere sospira e si guarda il braccio destro. «Diciamo che ho fatto la figura dell’imbecille.» ammette, sospirando ancora, facendo alzare un sopracciglio al compagno. «Diciamo che il nostro amico è ruzzolato giù dalle scale per la febbre, e il suo povero braccio già malmesso ha avuto un incontro ravvicinato con il pavimento.» gli spiega Karl, guadando Benji sospirare ancora e Kaltz scoppiare a ridere come un matto. «Scusa, Benji… ahahah! Ma sto immaginando la scena ed è troppo divertente.» dice Hermann tenendosi la pancia e ridendo ancora con le lacrime – anche gli altri ridono – seppur meno sguaiatamente. «No, ma tranquillo fa pure, tanto ormai la mia ruzzolata ha fatto il giro del mondo. Grazie a questa simpatica pettegola del nostro Kaiser lo sanno anche in Francia.» dice Benji, alla fine unendosi alle risate. La restante parte del pomeriggio continua ridendo e scherzando, regalando ai due ragazzi ricoverati dei momenti felici che riempiono i loro cuori di allegria – facendo dimenticar loro i momenti difficili. È questo il magnifico potere dell’amicizia.

***

Tokyo: lunedì 6 marzo, 2018 h. 10:00.

La Mambo guidata dal loro capitano, Julian Ross, sta correndo sulla strada che costeggia il parco per mantenere la forma fisica, ma senza strafare troppo;  Fanny e Amy seguono la squadra in bici. La mora osserva i ragazzi con indosso la loro divisa gialla e sorride, le sembra di esser tornata indietro nel tempo, anche se non era manager prima, le capitava ogni tanto di guardare gli allenamenti dei ragazzi. Amy pedala e osserva in silenzio i calciatori, Julian in particolare, ritornando con la mente a un episodio analogo, rendendola taciturna e distratta.

«Amy che hai? Di solito non sei così silenziosa…» le chiede la mora, distogliendola dai suoi pensieri. «Nulla, Fanny, solo questo posto mi ha riportato alla mente un ricordo infelice e messo addosso un po’ di ansia e paura…» sussurra la ragazza dai capelli rossi, riposando di nuovo lo sguardo su Julian, che corre tranquillo, guidando la sua squadra come ha sempre fatto. «Ovvero?» chiede ancora la Ross, curiosa, ma anche con l’intento di far sfogare l’amica e tranquillizzarla. Non ha idea di che cosa possa esser successo, ma se la conosce – e la conosce abbastanza bene sin dai tempi delle elementari – sa che solo una cosa può spaventarla così tanto: ovvero vedere suo cugino star male.

Inizio flashback.

Era il tramonto di una bellissima giornata di inizio maggio, la Mambo stava concludendo il proprio allenamento pomeridiano con una corsa lungo la strada che costeggia il parco e l’attiguo fiume Edo. «Su, acceleriamo un po’, facciamo un ottimo allenamento, ragazzi.» li esortò Julian, da bravo leader, già in tenera età. «Sì, capitano.» rispose prontamente il resto della squadra, seguendolo; Amy e il mister li seguivano in sella a delle biciclette e non c’èra nulla di più perfetto in quello scenario ideale.

«Sono allegri, sembra che tutto vada bene.» disse la manager con un sorriso allegro e spensierato – degno della bambina di undici anni qual era. «Sì, presto vinceremo il torneo regionale e se la squadra resta in forma abbiamo buone possibilità anche in quello nazionale.» le rispose il mister con un largo sorriso, fiero dei suoi ragazzi. «Eih… ragazzi! Forza! Siete già stanchi? Dovete correre almeno per altri quindici minuti.» li esortò la dolce Amy affiancando i calciatori in sella alla sua bici, facendo voltare Julian in testa al gruppo che sorrise – allegro e spensierato – continuando a correre come se niente e nessuno potesse mai fermarlo.

Fu questione di un attimo, e quel perfetto pomeriggio, si trasformò nel peggiore degli incubi: Julian improvvisamente rallentò, portando entrambe le mani al petto, colpito da una violenta fitta che gli tolse il respiro facendolo boccheggiare alla disperata ricerca d’aria, facendolo gemere e cadere letteralmente al suolo. «Capitano!» urlò la manager, stupita e preoccupata. «Che hai, Julian?» le fece subito eco il mister, preoccupato per il suo leader, mentre egli cadde per terra privo di sensi.

«Ti sei sentito male perché il tuo cuore ha delle dimensioni troppo piccole, insomma… non si è sviluppato come doveva rispetto agli altri organi e agli altri muscoli. È abbastanza strano che tu non abbia avuto malori del genere fino adesso.» disse il medico dopo che lo portarono in ospedale. «Ah… potrò continuare a giocare a calcio?» chiese subito Julian Ross, sorpreso di questa scoperta, ma pensando sempre all’amato sport. «Come medico devo avvertirti che nelle tue condizioni sarebbe molto pericoloso praticare una qualsiasi attività sportiva per più di alcuni minuti.» rispose sinceramente il medico, dispiaciuto.

Julian impallidì e spalancò la bocca, mentre la manager scoppiò a piangere – devastata, sconvolta, disperata. «Dai, non piangere, Amy.» tentò di consolarla il mister poggiandole la mano sulle spalle. «È solo grazie a lui che la squadra potrà giocare il campionato nazionale e Jualin… wuaaah! Non è giusto.» urlò in lacrime la ragazzina, cacciando fuori tutta la sua rabbia e disperazione, stringendo il mister che ricambiò subito la stretta, distrutto e dispiaciuto anche lui.

«Ma cosa dite? Questo non significa che io non giocherò più.» disse improvvisamente il piccolo calciatore, attirando la loro attenzione, distogliendoli dai loro tristi pensieri. «Lei ha appena detto che io non posso fare sport per più di alcuni minuti, quindi per qualche minuto posso giocare, no?» disse poi al medico determinato a non farsi fermare da una malformazione cardiaca. «Ragazzo cerca di non fare pazzie, potresti rimetterci la vita, te ne rendi conto?» lo riprese il dottore, alzando lievemente la voce per dar più enfasi alla frase. «Ma io non posso vivere senza giocare a pallone, non posso rinunciarci, io con un palla tra i piedi mi sento felice. Per favore, mi lasci giocare a calcio, la supplico. Mi ascolti, lei deve soltanto dirmi quanto tempo esattamente posso giocare senza correre rischi. La prego, mi dica quanto tempo.» gridò Julian in lacrime, supplicando il medico di non togliergli quella felicità.

«Aspetta, Julian.» si intromise il mister cercando di farlo ragionare. «Capitano…» aggiunse Amy ancora in lacrime, mentre il medico sospirava e scuoteva il capo. «Vedo che per te è molto importante. Beh…  fammi pensare, il calcio è uno sport duro e faticoso, beh… sì, io direi quindici minuti al giorno e basta, altrimenti rischi un attacco di cuore, capito? Quindici minuti.» rispose. «D’accordo.» rispose Julian con un largo sorriso. Quell’episodio cambiò profondamente le loro vite, i loro legami, da allora nulla fu mai più come prima – da allora Julian e Amy furono costretti a diventare dei piccoli adulti.

Fine flashback[11]

Fu questo l’episodio che ripercosse la mente di Amy: la prima volta che scoprirono la malattia, quella meravigliosa e perfetta giornate, trasformatasi improvvisamente nel più terribile degli incubi. «Ripensavo a quando scoprimmo la malformazione cardiaca di Julian, fu proprio in questo posto…» risponde all’amica, che poi venne in seguito a conoscenza di essa – assieme ai parenti – ma mai era stato specificato il dove o il come. «Non sapevo che fosse successo qui, mi dispiace che ti siano tornati in menti brutti ricordi.» risponde Fanny fermandosi e stringendola, proprio mentre anche i ragazzi si fermano dietro al loro capitano, che fa un respiro più profondo e una leggera smorfia deturpa il suo bel viso. «Capitano…» lo chiama Stephen memore anche lui di quel maledetto pomeriggio, assieme ai compagni che trattengono il fiato – ricordando tutti lo stesso episodio – attirando anche l’attenzione delle due ragazze, mentre gli occhi di Amy si riempiono di lacrime, facendole sembrare di vivere un déjà-vu.

«Va tutto bene, ragazzi, non mi sento male. È stata solo una lieve fitta, ma adesso è passata.» li rassicura Julian sorridendo ai compagni e guardando la cugina e la fidanzata che lo hanno raggiunto immediatamente. «Amore… dimmi che stai bene, ti prego.» sussurra Amy con le lacrime agli occhi, scendendo dalla sua bici che cade per terra, fiondandosi a stringerlo. «Sto bene, mia piccola dolce manager. Lo so cosa stai pensando, il luogo è lo stesso, ma non è come quella volta è già passato.» le risponde Julian con dolcezza, stringendola e baciandole la fronte. «Ho avuto una paura assurda, Julian, appena siamo arrivati qui mi è subito tornato alla mente quel dannato giorno.» sussurra ancora la ragazza, poggiandogli la mano sul petto, sentendo quel cuore capriccioso battere regolarmente e tranquillizzandosi.

«Non accadrà come quella volta.» le sorride ancora Julian, baciandola sulle labbra, mentre i compagni di squadra e la cugina tirano un sospiro di sollievo. «Dio mio che paura, per fortuna è stato solo un ricordo.» sospira Stephen, poggiando il braccio sulla spalla di Fanny che lo guarda con un sorriso. «Scusa…» si affretta a dire il ragazzo togliendo il braccio imbarazzato. «Di cosa esattamente? Io non ho detto nulla…» risponde la ragazza con un sorriso furbetto, che fa sorridere anche il calciatore. «Tu non c’eri quella volta, ma è stato terribile.» ammette Mallory. «Lo immagino, ma ora lo sappiamo e Julian non è così incosciente da ammazzarsi.» risponde Fanny stringendolo – come ai vecchi tempi – e baciandolo sulla guanci facendolo sorride, mentre Julian si schiarisce la voce ed esorta i compagni a riprendere la corsa – che prontamente eseguono – mentre lui prende a camminare a fianco alle ragazze che portano mano le loro biciclette.

***

Dopo esser tornati a casa, fatta una veloce doccia e cambiato gli abiti, Julian è andato a prendere la fidanzata per passare il resto della giornata in tranquillità, rilassarsi insieme e vivere il loro amore come tutti i ragazzi della loro età. La manager ha preparato del delizioso sushi, che entrambi hanno gustato e consumato nel meraviglioso Parco di Ueno[12] seduti sulla coperta stesa sul prato, godendo di quel fresco e piacevole venticello quasi primaverile e di quel meraviglioso spettacolo che è l’Hanami – ovvero la fioritura degli alberi di ciliegio – che puntualmente con i loro petali delicati tingono il paese di rosa, creando un emozionante panorama, molto amato dai giapponesi che ogni anno amano festeggiare l’arrivo della primavera rilassandosi nei parchi cittadini, osservare quella lenta caduta dei Sakura, che rappresentano la bellezza e, allo stesso tempo, la fragilità della vita.

Julian è disteso sulla coperta a occhi chiusi, il bel viso rilassato e l’espressione pensierosa, lo fanno sembrare ancora più bello agli occhi della fidanzata, che lo osserva con un dolcissimo sorriso e gli carezza la guancia con la punta delle dita. «A cosa pensa il mio bellissimo Baronetto?» sussurra con un tono dolce e melodioso. «Pensavo a Benji, tra qualche ora papà lo opererà.» ammette il ragazzo, aprendo gli occhi e specchiandosi nelle iridi verdi della fidanzata, che sorride e gli carezza la guancia con il palmo della mano. «Hai paura che qualcosa possa andar storto?» chiede ancora Amy, ricambiando quello sguardo dolce e intenso. «No, non è paura, so quanto valga l’esperienza e la bravura di mio padre è solo che… tutti gli interventi mi fanno un po’ paura.» ammette ancora Julian, stringendo la mano della sua bellissima e dolcissima manager.

«Oh, Julian, amore mio… lo so e so anche il perché e di certo non posso biasimare il tuo terrore, ma quello a cui verrà sottoposto Benji non è delicato e difficile come quello che subisti tu da piccolo.» sussurra ancora Amy, chinandosi su di lui e baciandolo con delicatezza sulle labbra. «Lo so, la sala operatoria è una mia paura, e credo lo resterà per sempre indipendentemente dal fatto che là dentro ci sia io o un’altra persona.» risponde Julian con sincerità, stringendola forte e baciandola con dolcezza. «Julian… lo sai vero, che un giorno quando anche tu sarai diventato medico, dovrai entrarci per operare. Te la senti di andare avanti per questa strada?»

Il calciatore la guarda negli occhi e annuisce con un sorriso. «Forse i primi tempi non sarà facile, forse all’inizio vedrò sempre il me bambino disteso su quel tavolo operatorio e ciò mi provocherà ansia e paura… ma col passare del tempo e l’acquisizione delle esperienza sul campo, tutto questo rimarrà solo un brutto ricordo dal quale potrò attingere forza e coraggio ed esser in grado di salvare le vite come ho sempre desiderato. Sì, Amy, è questa la strada che voglio percorrere nella vita in parallelo al calcio e al fianco della meravigliosa ragazza che amo e che è sempre stata parte fondamentale della mia vita, in qualunque occasione, e so che tu ci sarai sempre, amore mio.» le risponde guardandola con determinazione e felicità.

«Sono certa che riuscirai a far tutto questo, so quanta forza hai e che questa ti aiuterà a diventare un eccellente medico come tuo padre e tuo zio. Sono fiera di te e orgogliosa di essere la tua ragazza, ti amo di un amore immenso e ti amerò ogni giorno della mia vita di più e starò sempre accanto a te mio bellissimo Principe – anche se la strada sarà difficile e in salita – com’è già capitato, insieme riusciremo ad arrivare in cima mano nella mano, come abbiamo sempre fatto e come sempre faremo.» sussurra Amy, con dolcezza e sincerità, stringendolo forte e baciandolo ancora. «Ti, amo, Amy. Grazie di esserci sempre stata e so che sempre ci sarai.» sussurra Julian dopo il bacio, stendendosi sulla coperte, tenendola stretta tra le sue braccia – come se fosse la più delicata e preziosa delle creature – e un po’ lo è: la sua piccola dolce manager è delicata e incantevole come quei petali rosa, che forse hanno davvero qualcosa di magico e incantato. Amy sorride raggiante, lo guarda negli occhi, lo stringe e lo bacia in guancia, osservando anche lei  quello spettacolo naturale che l’ha sempre affascinata sin da bambina – godendosi il calore e l’amore del fidanzato.

 

 

***

 

Angolo dell’Autrice: una cosa che vorrei precisare: è la parte del dialogo tra Benji e Karl – quando si fa riferimento alla famiglia del portiere – da bambina, non sapendo dell’esistenza del manga – ho sempre immaginato che in quella villa gigantesca ci vivesse solo Benji con Freddy – c’è anche stato un periodo in cui pensavo che l’allenatore fosse suo padre – ma poi ho capito che non era così, poi da grande ho scoperto l’esistenza dei manga e – pur non avendolo letto – ho visto la scan con la famiglia, ma dato che io mi riferisco al cartone, continuerò su questa linea immaginando i suoi genitori sempre in viaggio per lavoro, in chissà quale parte del mondo e lui come figlio unico. Detto questo, ringrazio sempre tutti coloro che seguono e recensiscono questa storia, un grazie particolare sempre alla mia meravigliosa e insostituibile Darling e uno alla carissima Molly, che nonostante la moltitudine di impegni legge sempre i miei capitoli e recensisce quando può, facendomi provare sempre un immenso piacere nel trovare una sua recensione inaspettata e un altro grazie a Mae Wakabayashi che mi ha sempre seguita e non me ne sono mai accorta, con la quale adesso sono in contatto e sto aiutando a migliorarsi, e infine ma non meno importante, un altro grazie va a Barby_Ettelenie_91 che è entrata a far parte di questo gruppo solo da poco e ha avuto il coraggio di leggere tutto il “Ritiro” e l’attuale sequel tutto d’un fiato, non facendomi mancare i suoi pareri. Grazie infinitamente a tutti quanti, alla prossima. Amy

 

 

 

 

 

[1] lo so benissimo che lui è il portiere dello Stoccarda e della nazionale tedesca, ma dato che gli altri due portieri dell’Amburgo non si sono mai visti, o almeno io non li ho mai visti seppur esistono e hanno anche un nome, ho deciso di mettere lui perché mi piace, ho pensato anche che, il suo soprannome “Portiere Enigmatico” potesse dipendere dal fatto che essendo secondo a Benji molti non sanno come egli giochi

[2] Difensore dell’Amburgo, gioca con il numero 4 (ovviamente riferendosi all’anime)

[3] Difensore dell’Amburgo, gioca il numero 6 (ovviamente riferendosi all’anime)

[4] Vaffanculo

[5] Sì, proprio quella, come probabilmente molti di voi avranno intuito, faccio riferimento alla meravigliosa e magica –     nonché imprendibile – punizione del Maestro, il grande Pirlo

[6] attaccante dell’Amburgo nel Road to 2002 gioca con il numero 9

[7] Trovate tutto Qui

[8] Merda

[9] Signor Stecchino/Stuzzicadenti

[10] Signor Cappellino

[11] Parte presa dall’anime, precisamente dal “Che Campioni”, episodio 17: “Quindici minuti di felicità”

[12] Questa meraviglia, la trovate  Qui

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Amily Ross