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Autore: queenjane    24/07/2018    2 recensioni
Gli ultimi zar di Russia, un grande amore, una tragica fine.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Alix tirò fuori delle vecchie foto, dei suoi soggiorni in Italia, Firenze e Venezia, quando sua nonna la regina Vittoria svernava al Sud. Giovane e splendida, eccola nei giardini di aprile, a Firenze, stupita che vi fossero già l’erba e i fiori, rispetto agli inverni tedeschi, avvolta dalla luce dei canali di Venezia, che lo zar Pietro il grande aveva voluto ricreare costruendo la sua capitale, tanto che l’avevano appellata la Venezia del Nord. Sorridente e lieve, aveva vent’anni, era giovane, il mondo nelle sue mani, tutto poteva avere e nulla aveva ottenuto.
E ripensava ai matrimoni e i loro effetti, rifletteva, monotona.
Il primo, tra i suoi genitori, Ludwig von Hesse und Rhein e  Alice d’Inghilterra.

Correva il luglio 1862, appena sei mesi dopo la morte del Principe consorte, Alberto di Sassonia Coburgo, un matrimonio che pareva un funerale, la sposa aveva lasciato gli scuri abiti da lutto giusto per la cerimonia, nessuna luna di miele, appena usciti dalla chiesa si era scatenato un temporale, un tragico presagio di sventura.

La corte degli Assia non era ricca,  le continue guerre ne ridussero ancora di più le sostanze, la famiglia granducale era in continua crescita, i soldi mancavano, tanto che Alice allattava lei stessa i bambini per risparmiare, riciclava i vestiti e faceva fare i bagni in acqua fredda ai figli, non concedeva mollezze, come educazione in generale, facendo di necessità virtù nel particolare.
 
Dura e inflessibile, sosteneva che la vita era fatta di doveri, non di piaceri,  la felicità non appartiene a questo mondo.
La sua sesta figlia, Alix, aveva solo un anno nel 1873, quando il suo bambino, teneramente detto Frittie, era morto a  36 mesi, per “il morbo reale”, l’emofilia, tale morte ossessionò, aveva ossessionato Alice, che non si era ripresa. Intanto Luois rimaneva farfallone e distratto, che si faceva vanto di leggere poco e scrivere meno ancora, in compenso adorava lo sherry, le Norfolk jackets ed i cavalli,  e parlava di politica, argomento aborrito dalla suocera.

Ricordava l’orgoglio di  Alice  di definirsi colta, era atea, o quasi, adorava il teologo Strauss, era rigida e altezzosa, a disagio in pubblico, tutti difetti aumentati quando .. nel 1877 Luigi era diventato granduca.
Nel novembre 1878 tutti i suoi fratelli, tranne lei, si erano ammalati di difterite, come il granduca padre, la piccolina, May, era morta per il morbo di cui sopra, come Alice.  
Mancava poco a Natale.
Giocattoli e regali vennero bruciati per paura del contagio, un corteo rispettoso seguì la bara avvolta nella bandiera inglese. 
L’aria profumava di fiori,  destò commozione la ghirlanda di rosmarino inviata da una contadina e il mazzo di violette appassite donato da due orfane che Alice aveva aiutato.
Venne poi sepolta in una tomba raffinata disegnata da E. B. Boehm,  raffigurata a capo basso, con la figlia May tra le braccia.
Gli anni erano trascorsi, con lunghi soggiorni presso la nonna Vittoria, tranquilli, di ruotine, i parenti in numero così elevato che Luigi von Hesse li chiamava la “folla reale”. Ma sua sorella Vittoria si era sposata nella primavera del 1884 con Luigi di Mountbatten, il loro padre si era risposato  pochi giorni prima con una russa divorziata, di credo ortodosso, già sua amante. Alessandra Von Kolemine, uno scandalo, anche se era un matrimonio morganatico, di affetto, il divorzio fu rapido, la regina non tollerava quello scandalo.
Come non tollerava che lei, Elisabetta, si fosse fidanzata con Sergey di Russia, figlio dello zar Alessandro II, fratello dello zar regnante, Alessandro III.
Lei che era stata oggetto di amore e poesie di Guglielmo di Prussia, futuro imperatore di Germania, a 18, 20 anni era bellissima, dolce di carattere e con il viso armonioso.
Ella, che aveva fatto da tramite, tra lei e Nicky, quella lettera in cui lo rifiutava le era costata.
Convertirsi.. che prezzo esigeva la sua felicità.. Sua madre era morta da tanto, come la sua sorellina, il granduca Luigi nel 1892, presto suo fratello Ernie si sarebbe sposato. Che ne sarebbe stato di Lei?
“.. Mio caro Nicky, cerca di capirmi, sai quello che provo per te.. ma questo fatto mi tormenta e mi rende infelice …. Non posso agire contro la mia coscienza e mutare credo religioso, sarei afflitta per tutta la vita. Come potrebbe essere felice una unione che inizia senza la benedizione di Dio? È un peccato cambiare la religione in cui sono cresciuta e che amo, perderei la pace e sarei una compagna indegna, di nessun aiuto nelle difficoltà della vita…”
 
Quando la principessa Ella lesse quelle parole comprese perché le fosse piombato in casa, triste e ubriaco, quella era l'ultima lettera di Alix a Nicola, dell’autunno del 1893.
Suo marito era assente, via con la guarnigione, erano loro due soli, tranne la servitù e l’attendente dello zarevic e la sua guardia del corpo .
Altre parole, altro alcol, la corazza della principessa Ella si andava sfaldando, collera e gelosia verso chi buttava via la speranza, lei avrebbe barattato il suo titolo, il suo matrimonio disgraziato per avere quella possibilità che Alix andava calpestando.
Erano insieme e, nel contempo, Nicky pensava a quella sciocca colma di scrupoli, Ella la riteneva così e non si curava delle ragioni sottese dell’altra ragazza.
Lei era libera di scegliere e rifiutava Nicholas per scrupoli religiosi, lui l’amava e pareva non importare, invece di prendere a sua occasione lo respingeva.
Che ironia, lei era sposata, in metaforiche catene e non aveva potuto scegliere.

Mio principe, lo appellò, lui rispose pronunciando il suo appellativo, Ella, percependo le mani di lei ferme sulle sue clavicole, la sua voce di seta, olio e miele, già una carezza.
Rimani con me, stanotte, a posteriori nessuno dei due ricordava chi avesse detto quelle parole.

La loro attrazione era lì, palese, evidente, in tutta la sua nuda forza,almeno in quel momento non avevano il cuore di occultarla,  furono leali verso loro stessi e un sogno che sarebbe durato appena un battito di cuore.
Che sarebbe stato solo allora e mai più.
O così credevano, ignorando che sarebbero stati legati per la vita e per la morte, fine e principio dell'altra l'uno.

La principessa Ella fece preparare la stanza azzurra per l’augusto ospite, poi si congedarono, formali, l’uno dall’altra, due guardie avrebbero vigilato la porta della stanza ove dormiva lo zarevic, Ella si era ritirata.
Un quarto d’ora dopo, emerse da un passaggio segreto, annuì quando lui le chiese se era sicura, lo aveva desiderato per tutta la vita.
I suoi capelli scuri piovevano come una pioggia oscura sulle spalle e la schiena, Nicola strinse una ciocca, il desiderio lo percuoteva come una febbre.
In quel momento, a Ella importava poco se era lì per lei o per chi…
Lo aveva sognato per tutta la vita.
Era invitante, teso e allusivo, saggiava la sua pelle e i suoi seni come un cartografo, un navigante che conosce nuove rotte, dentro lei era fuoco e potenza, veloci e furiosi nel rapido amore dei giovani amanti, profumava di arancia amara e bergamotto, le sue spezie preferite.
 
La storia tra lo zarevic e la principessa principiò nel mese di novembre 1893, entrambi si sentivano due bari, due giocolieri, due maestri di sotterfugi.  .
Il marito di Ella le badava poco, in verità, come al solito, Nicky mantenne pro forma la sua relazione con la ballerina  Matilde K. (che non raccontava a nessuno come non avessero più rapporti, lui da lei dormiva e basta, pur accordandole i segni del suo favore, con elargizioni di soldi e protezione nel balletto imperiale) e cercava il modo di sposare Alix, cercando di vincere la ritrosia degli imperiali genitori.

Il rapporto con Ella era cosa a parte, sapevano che era a tempo determinato, per lei era una parentesi in un matrimonio che faceva acqua da tutte le parti, per lui una stagione prima delle nozze e della definitiva fedeltà.
 

Lo zar Alessandro III si ammalò sempre di più, occorreva che lo zarevic si sposasse, a quel punto meglio Alix che nessuna.
 

Nel mese di aprile 1894 Nicola si recò a Coburgo per le nozze di Ernesto, il nuovo Granduca di Assia, amato fratello di Alix,  essendo il loro padre Luigi morto nel 1892, dopo una vita di scandali e illusioni mancate.
Nicholas aveva il permesso di proporsi, tuttavia, ove lei lo avesse rifiutato, si sarebbe messo l’anima in pace e avrebbe cercato altrove.
La sposa, Vittoria Melita di Edimburgo, era molto graziosa, faceva una splendida figura con Ernie, era un accordo, non un amore, lui era omosessuale, lei era innamorata di un altro, tranne che le attenzioni erano rivolte a Alix e a Nicola.
Lui si propose e lei rifiutò, in lacrime.
 
Tuttavia, il loro comune cugino, Guglielmo, detto Willy, imperatore di Germania dai folti baffi e dalla radiosa risata, si mise in mezzo, come la granduchessa Elisabetta, sorella di Alix e zia acquisita di Nicola, che aveva sposato uno dei fratelli dello zar Alessandro III, ovvero Sergio.
Il cugino Willy convinse Nicola a riprovare, poi parlò alla “cara Alix”, rilevando che era una grande occasione e Elisabetta rincarò la dose, evidenziando i punti di contatto tra il credo luterano e quello ortodosso.
Era inutile che facesse la martire, la vita era già un duro affare e ormai aveva quasi 22 anni, rischiava di rimanere zitella, la assediarono con quei discorsi e la ragazza un poco piangeva e un poco rideva.. Si voleva solo far convincere e recitare la martire.



Non era affatto una stupida e comprese che quella era davvero la sua ultima occasione.
Il giorno dopo, Nicky si propose di nuovo e lei accettò,tra lacrime e preghiere,  cosi che furono fidanzati, in modo ufficiale,  la sua felicità era palese, era vestita di grigio fumo e tra rose e lillà Nicola la baciava, si sarebbero sposati, aveva il suo lieto fine, al dito il suo anello di fidanzamento con le perle rosa e in testa un suntuoso elenco di gioielli da chiedere. Amava sia perle e zaffiri come rubini e smeraldi e ametiste, la futura suocera chiedeva di scegliere tra una di quelle gemme, la cara Alix precisò di non avere preferenze, che tutte erano gradire, fin da principio apparve avida e smaniosa.
Molti anni dopo, Alix rievocava quei giorni di primavera, i lillà e i baci di Nicola.
Da figlia di una nullità o quasi in termini araldici, dopo avere rifiutato proposte più o meno prestigiose, sarebbe divenuta imperatrice di Russia, signora di un sesto delle terre emerse, ricca, riverita e potente, sposata all’uomo che amava.
 

Ella accettò di incontrarlo in una piccola dacha del parco imperiale di Carskoe Selo, ovvero il villaggio degli zar, cittadina a 20 chilometri da San Pietroburgo.
In quella piccola casa di campagna, intima e lussuosa, si erano spesso dati convegno, attardandosi nelle lunghe ore buie tra le lenzuola e le rispettive strette, riposando e poi iniziando il gioco della passione, spartendo una merenda e un bagno. 
 
Quel giorno piovigginava e aveva stille di pioggia sul viso e i capelli, le gocce battevano sui muri di legno, era finita.
A congratularsi non ce la fece, non era così ipocrita, lui la strinse, neanche lui se la sentiva di parlare, e celebrarono un addio carnale, era l’ultima volta, l’estremo regalo.
Quando si riversò dentro di lei, Ella lo cinse con le braccia e le gambe, in quel momento era suo soltanto.
Tra loro avevano sempre parlato molto poco a parole, si erano guardati in un milione di modi,negli anni, avevano fatto l’amore infinite volte in quei mesi, si erano scritti lettere appassionate, quello era un addio perfetto.
O parve sul momento.
La gente guarda ma pochi vedono davvero quello che  hai dentro, sfumature di parole ma non di sentimento, non dovevano badare alla gente, solo occuparsi di loro due.
Forse non era amore eterno ma era amore vero. Una specie di attesa  e credito contro la sorte, amore, appunto, e attenzione e cura..
Ignoravano gli anni seguenti.
                                                      
Che di nuovo si sarebbero assaggiati  la pelle e le anime e le ossa.

Nel mese di maggio 1894 Ella dedusse di essere incinta, tra mal di testa e nausea e un ciclo mancato.
Suo marito impazzì di gioia, in quel periodo frequentava il suo letto ma… da settimane non compiva l’atto - collassava ubriaco ma non ricordava che NON faceva e .. pensava di adempiere.
Una mossa pragmatica, un segreto che ora era incinta, dopo tre anni di matrimonio circa e altrettanti anni di rimbrotti su una sua presunta sterilità, che gli uomini mai hanno colpa.
Quando Alexander, fratello di Ella, lo disse a Nicky, in via informale, dato che Ella non era nemmeno di due mesi, il principe si congratulò, un sorriso radioso per mascherare altri pensieri (Andava con me e suo marito? Che posso fare? Sarebbe uno scandalo senza pari, fosse figlio mio che potrei fare? Non siamo ai tempi del 1700, sto per sposarmi e.. ) .
Quella sera prese una sbronza solenne, era giovane ma non stupido, poteva essere suo come di Pietr, evitò indagini..
Le volle evitare di proposito, la domanda precisa gliela fece molto dopo.
 
Gli venne chiesto di essere padrino della creatura e suggerì il nome di Alessandro per un maschio, Catherine per una femmina, alla francese, come la zarina sua grande antenata.
Intanto si apprestava nel corso dell’estate a raggiungere Alix che faceva le sue vacanze in Scozia, studiava il russo e il credo ortodosso in vista della sua conversione.
Nicky raccontò alla sua fidanzata della relazione intrattenuta con la ballerina, stette muto della SUA principessa, per tutela di entrambi.
Alix era ferrea nel senso della morale, non tollerava che una donna sposata avesse relazioni, mentre una etoile era ammissibile che fosse di facili costumi, uno scapolo doveva pur sfogarsi.
Ella sarebbe sempre stata una sottile  ombra, una eclissi nel loro rapporto e mai Nicola l’avrebbe obliata, a suo modo l’avrebbe amata per sempre.
 
Alix era bella e fredda e timida, così timida che il suo disagio e la sua goffaggine passavano per alterigia e freddezza e noncuranza.
Intanto, lo zar Alessandro III peggiorava di ora in ora, scriveva Aleksander, fratello di Ella a Livadja, in Crimea, i medici erano costernati, incerti i ministri, lo zarevic in attesa dell’arrivo della fidanzata.

Non sono pronto, disse Nicholas, al principe Rostov-Raulov, nella camera ardente, lo zar suo padre spirato da poche ore, era il 10 novembre 1894 e adesso era lui lo ZAR, supremo autocrate di tutte le Russie, e si chiedeva cosa sarebbe stato di tutti loro, non sapeva governare o parlare con i ministri, diceva,sono il sovrano ma senza idea di come agire.
Rostov-Raulov tacque, per lealtà ma i dubbi erano leciti, se entrava in crisi per organizzare i funerali del padre, come se la sarebbe cavata a governare la nazione?
Alla fine la salma del defunto giunse, dopo un lungo viaggio, nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo, dopo un trasporto in ferrovia, i funerali si tennero tra incenso, preghiere e centinaia di candele e canti ..
 
Lei si convertì alla religione ortodossa, assumendo il nome di Alessandra Feodorovna, devota credente.
 
 
 
Non fu a favore di Alessandra giungere dietro a una bara, quella dello zar Alessandro III, e sposarsi pochi giorni dopo, la chiamavano per quello la sposa in lutto . Per i più, avrebbe portato solo lutti e devastazione, appunto, con il senno di poi siamo tutti dei maghi, rilevava Ella molti anni dopo.
 

Il 26 novembre 1894 lo zar Nicola II sposò Alix, pardon Alessandra, ornata di seta candida e oro e diamanti e piume.
 
 
 
 
Ella ascoltava le cronache da suo fratello e suo marito, che non rispondevano  a dettagli curiosi e femminili che potevano essere la foggia delle balze o dei riccioli,la misura del velo da sposa e  i preziosi indossati, non capivano una gestante di sette mesi circa..
Suo fratello Ernie l’aveva accompagnata all’altare, scortandola attraverso una galleria umana di uniformi e abiti di lusso inaudito, che la scrutavano in ogni minimo particolare.
Prima della vestizione aveva pianto, per la tensione, la stanchezza, il nervosismo, ma era orgogliosa e felice mentre si avvicinava all’altare, un mazzo di rose e mirto tra le dita, sorrideva a Nicola che ricambiava di rimando, erano una coppia innamorata e felice.
La  cerimonia si tenne nel primo pomeriggio, seguì un lungo banchetto e poi gli sposi si ritirarono, che lei aveva il  mal di testa..
 
Ella non aveva partecipato, in via ufficiale alle cerimonie, la sua gravidanza era troppo avanzata, il bambino troppo agitato nel suo seno, tranne che la principessa si era recata a pregare per Alessandro III, spandendo molto tempo e riflessioni presso la sua bara, un velo nero sul viso, il ventre occultato dal busto.
 
Con il matrimonio Alessandra Fëdorovna rinunciò al suo titolo di principessa d'Assia e Renania e assunse invece un nuovo e prestigioso rango. Nelle cerimonie solenni le spettava l'appellativo di: Sua Maestà Imperiale la zarina Aleksandra Fëdorovna, imperatrice di Russia, granduchessa di Smolensk, di Lituania, Volinia, Podolia e Finlandia, principessa di Estonia, Livonia, Curlandia e Semgalia, Bialystock, Carelia, Tver, Juguria, Perm', Vjatka, Bulgaria e altri Paesi; granduchessa del Basso Novgorod, di Černigov, Rjazan', Polotsk, Rostov, Jaroslavl', Belozersk, Oudoria, Obdoria, Condja, Vitebsk, Mstislav' e del Nord; Augusta consorte del sovrano di Cartalinia, Iveria, Kabardinia, Armenia, Turkestan; erede al trono di Norvegia, duchessa di Schleswig-Holstein, Stormarn, Ditmars e Oldenburg, della dinastia dei Romanov-Holstein-Gottorp
Era molto decisa, anche troppo, rispetto allo zar .. che chiamava Nicola in pubblico, non badando alle apparenze, in teoria doveva essere la prima dei suoi sudditi a mostragli rispetto e così non era, le sue caricature, fatte nei primi mesi di matrimonio, rimasero una leggenda ..
Nicola era ritratto come un bambino recalcitrante che non voleva mangiare la minestra, la zarina madre come una mamma severa e brontolona, la principessa Ella poi ebbe il dubbio onore di essere ritratta con un lungo collo di cigno e piccoli piedi di danzatrice , ne rise, una tra le poche.
 
Sua figlia nacque il 27 gennaio 1895, la primogenita degli zar nel novembre dello stesso anno.
Nicola fu tra suoi padrini di battesimo, annotava che la neonata somigliava alla madre, nei lineamenti  e nei colori, scure le ciocche, di onice le iridi, il visino ben fatto, non aveva pianto né si era agitata quando le veniva imposto il crisma battesimale.
La chiamarono poi Catherine, alla francese, in luogo di Ekaterina Petrovna RAULOVA.
Quella bambina ero io.
 
   
 
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