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Autore: Ready_to_go    29/07/2018    0 recensioni
Primo settembre 1998, sono molti gli studenti che partono dalla stazione di King Cross diretti ad Hogwart. Hermione è una di loro, pronta ad affrontare i MAGO e determinata ad ottenere il massimo. Ma all'arrivo a scuola ecco la notizia: è stato indetto un torneo a squadre, volto a testare la preparazione magica di tutti gli studenti. Hermione sarebbe entusiasta se non fosse per uno dei compagni di squadra.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Un mese prima.
- Mamma non potete andarvene!
La voce di Draco era quasi lacrimosa mentre supplicava la madre, indaffaratissima a dar ordini agli elfi domestici. Narcissa, impeccabile ed elegante nel mantello da viaggio color grigio antracite, muoveva la bacchetta con movimenti secchi e precisi e ad ogni tocco qualcosa nella grande e lussuosa stanza si spostava. I preparativi erano stati rapidi ed organizzati. Erano nella camera da letto padronale, quella che Lucius e Narcissa dividevano da vent’anni. Sette enormi bauli con le rifiniture in argento e l’imbottitura in pesante broccato di seta verde con l’emblema di Serpeverde ingombravano il pavimento di finissimo marmo bianco. Le luci erano tutte accese nonostante non fossero che le sei di sera e il sole non fosse ancora tramontato. Dalla finestra Draco poteva vedere quella che un tempo era stata una magnifica fontana, ora ridotta ad un ammasso di pietre. Tutta la casa aveva perso gran parte della sua magnificenza durante la guerra e il Ministero della Magia aveva dato il colpo di grazia. Fino a pochi anni prima era stata una delle ville più belle della Gran Bretagna. Lucius aveva fatto arrivare per il laghetto, nel quale galleggiavano bianche ninfee, delle meravigliose carpe koi dal Giappone e decine di bianchi pavoni passeggiavano nel curatissimo giardino con siepi di tasso.  Tutti e tre avevano sempre amato la loro casa elegante, status symbol della loro condizione agiata, del loro tenore di vita molto superiore a quello quasi tutti i maghi.
- Draco, te l’abbiamo già spiegato. -  La voce di Narcissa era secca, forse addirittura più del solito. Aprì l’armadio e con un colpo di bacchetta trasferì gli ultimi due spessi mantelli di velluto blu notte nel baule meno pieno. 
- Non me lo avete spiegato, me lo avete comunicato! – 
Il viso pallido di Draco era rosso per la rabbia e il nervoso, il mento pareva ancora più affilato del solito. Con la mano destra si tormentava l’avambraccio sinistro in un gesto inconscio e convulso. Il Marchio Nero stava lentamente svanendo troppo lentamente. Non gli era dispiaciuto portare il simbolo del Signore Oscuro finché era al culmine del suo potere, finché quel marchio gli portava rispetto, o per lo meno paura, ma ora che era morto gli pareva solo di recare addosso il simbolo di un fallimento. Draco non voleva la morte di Babbani e Mezzosangue ma rimaneva convinto che i Purosangue fossero loro superiori. Vederli tutti al servizio dei veri maghi, i Purosangue, era sempre stata l’unica cosa in cui aveva sempre creduto. Non aveva ucciso durante la guerra e non se ne era pentito, ma non per bontà d’animo. Quando le sorti del conflitto erano incerte e non più a favore dei Mangiamorte aveva lasciato che la sua natura prendesse il sopravvento: si era comportato in modo tale da potersi garantire la sopravvivenza qualunque fosse l’esito della battaglia.
Narcissa si fermò per un momento. Tese la mano al figlio, che tanto somigliava al padre nel corpo, quanto a lei nel carattere, e insieme si sedettero sul materasso nudo, spogliato delle eleganti lenzuola di seta. Narcissa prese tra le sue mani sottili, da pianista, le mani ormai più grandi di quelle di Draco.
- Draco, ho tradito il Signore Oscuro per te. E casualmente questo ha permesso a… - un istintivo moto di repulsione le attraversò il viso - …Harry Potter di vincere la guerra. Devo confessarti che non mi è dispiaciuto. Io condivido le idee del Signore Oscuro, noi maghi Purosangue siamo migliori di tutti gli altri, Babbani, Mezzosague e sudici ibridi. Ma il regime di terrore che aveva instaurato era troppo pressante. Se siamo migliori non dovremmo essere comandati da una sola persona che ha diritto di vita e di morte su di noi e sulle nostre famiglie. Il Signore Oscuro è morto ma siamo comunque in una situazione delicata. Ho salvato la vita a Potter e questo ci ha garantito protezione, ma la nostra famiglia ha perso molto del prestigio che aveva. Tuo padre è stato interdetto da ogni carica all’interno del ministero. Ogni volta che attraversiamo Diagon Alley veniamo additati, vediamo le smorfie. Non possiamo restare qui, Draco. E tu non puoi venire con noi. Devi prima finire la scuola per dare l’impressione che siamo fuggiti.
Draco passò le dita sugli occhi, per scacciare una ciocca dei capelli biondi, camuffando così le due piccole lacrime che minacciavano di scendere sulle guance diafane.
- Mamma, ma voi state fuggendo.
- No, ci stiamo recando nel nostro castello di Transilvania per controllare i lavori di ristrutturazione. È questo che dovrai dire a tutti i tuoi amici.
Draco sogghignò con tristezza. – Amici? Quali amici? Tiger è morto, Goyle e Nott sono stati arrestati e condannati a sette anni di Azkaban. Zabini è riuscito per miracolo ad uscire pulito da tutta questa storia, non che ne dubitassi, e non vuole avere niente a che fare con me. E la sola idea di tenere una conversazione con Pansy mi fa venire il mal di testa.
Le labbra di Narcissa si incurvarono nell’abbozzo di un sorriso freddo, che non coinvolgeva gli occhi di ghiaccio scuro. Lucius aveva sempre insistito sul fatto che Draco doveva uscire con la piccola erede della famiglia Parkinson ma lei aveva sempre trovato quella ragazza sciocca e insulsa, per niente adeguata a stare al fianco del suo perfetto figlioletto.  Ai suoi occhi di madre orgogliosa Pansy non aveva che mancanze: non era bella perché assomigliava ad un carlino, non era simpatica, non era intelligente, non era piacevole. 
- Tesoro, sarà solo per un anno. – Narcissa gli accarezzò la testa come quando era bambino. - E poi saremo solo a quattro minuti di materializzazione da qui, ormai la patente l’hai presa.
- Non è questo il punto. È che non capisco perché dobbiate travasare la vostra vita in un altro stato solo perché qualche bacchettone vi guarda male quando andate alla Gringott. 
Lucius entrò nella stanza, sospeso sopra alla sua bacchetta c’era un grosso mucchio di libri si spostava ordinatamente. La guerra aveva invecchiato in maniera catastrofica del padre. I capelli biondissimi, come quelli del figlio, avevano diverse ciocche bianche, alcune rughe marcate gli segnavano la fronte e due solchi sotto gli occhi acquosi gli conferivano un aspetto affaticato e perennemente stanco. La pelle delle sue guance pendeva floscia e grigiastra e le mani gli tremavano incessantemente, ma il suo sguardo era fiero e arrogante come sempre, lì non c’era alcuna traccia di vecchiaia. Anche i libri finirono in uno dei bauli. 
- Siamo quasi pronti. – disse scompigliando i capelli al figlio in un gesto affettuoso. – Vuoi venire con noi? Potresti stare in Romania finché non dovrai prendere il treno per tornare a scuola. Nel castello lo spazio non manca.
- Nemmeno qui. – mormorò Draco, scuotendo la testa. 
Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura ma dopo aver avuto, per quasi un anno, la casa invasa da Mangiamorte, lupi mannari e maghi di quart’ordine senza nemmeno il Marchio Nero, la tranquillità non gli dispiaceva, sebbene non fosse ancora pronto a lasciar partire i genitori. Dalla fine della guerra gli inviati del Ministero della Magia avevano fatto ventisette incursioni senza essere invitati. Avevano messo a ferro e fuoco la casa, distrutto letti, rotto pavimenti molto più antichi del casato di quei sedicenti magi, scardinato porte e abbattuto muri alla ricerca di passaggi segreti e materiali oscuri che potessero incastrare quei pochi Mangiamorte di cui non si conosceva il nome. Alla sedicesima perquisizione Lucius aveva smesso di sistemare la sua povera villa ma l’idea di andarsene si era lentamente fatta strada in lui.
- Draco, ci accompagni almeno? – Chiese Narcissa chiudendo l’ultimo baule con un colpo di bacchetta. Poi lanciò uno sguardo ad uno dei due elfi che stavano aiutando i padroni a prepararsi alla partenza. – Porta i bagagli al Castello. Muoviti, scansafatiche. 
L’elfo si smaterializzò insieme a tutti i bauli. Con un altro colpo di bacchetta Narcissa fece volare via un quadro (un grazioso laghetto di montagna) rivelando una cassaforte. Draco guardò i genitori poggiare il palmo destro sulla porticina blindata che si aprì con un colpo secco. Sebbene fosse alta poco più di sessanta centimetri e larga altrettanto, l’interno di quella minuscola camera blindata era incredibile. Non c’era molto denaro, quello era chiuso alla Gringott con i più preziosi tesori di famiglia, ma c’erano i gioielli personali di Narcissa, ed erano incredibili. La donna evocò uno splendido forziere e con calma iniziò a spostare i suoi monili, uno alla volta, con calma, dando al figlio la possibilità di vederli. una collana di diamanti che terminava con uno zaffiro a goccia, grosso come una mandorla, un bracciale a forma di serpente tempestato di smeraldi e con due rubini scarlatti al posto degli occhi, anelli con pietre grosse come monete e orecchini di pietre preziose.
Narcissa tolse tutti i gioielli, lasciando il denaro, circa venticinquemila galeoni d’oro. – Questo sarà sufficiente fino a Natale ma se dovessi aver bisogno scrivici e te ne manderemo altro. – Attirò il figlio in un abbraccio. – Mi mancherai, Draco. Ma ci vedremo presto. 
Draco ricambiò l’abbraccio della madre e strinse, con affettuosa formalità, la mano del padre. Poi guardò con un pizzico di tristezza i genitori che si smaterializzavano.
 
Tutti lo guardavano. Aveva ragione sua madre quando lo diceva. Aveva incontrato sedici persone che conosceva, otto di Serpeverde, e nessuno gli aveva detto una parola o rivolto un sorriso. Chi non lo conosceva personalmente invece lo fissava con marcato cipiglio. 
Era la sua prima uscita da quando, una settimana prima, i genitori erano partiti e l’aveva fatto solo per comprare il nuovo materiale per Hogwarts. Diagon Alley non era più triste e tesa, come l’ultima volta che c’era stato, intorno a febbraio, ma garrula e vivace, nonostante non si fosse ancora ripresa del tutto dal lungo periodo di terrore che aveva vissuto. Non poteva affermare di preferirla prima, quando nemmeno un colore vivacizzava le strade desolate, ma ora avrebbe tanto voluto che non ci fosse nessuno. La gelateria di Fortebraccio era ancora chiusa, ma il cartello sulla porta diceva che la nuova apertura era imminente: un nipote aveva rilevato la fiorente attività dello zio. Olivander era tornato al suo posto e molti nuovi, piccoli maghi aspettavano pazientemente il loro turno per comprare la loro prima, preziosa bacchetta. Dall’interno proveniva rumore di vetri infranti e scatole ribaltate ogniqualvolta un maghetto brandiva la bacchetta sbagliata. Per la sua nuova bacchetta Draco non era andato da Olivander, si vergognava troppo a farsi vedere dall’uomo che per tanti mesi era stato ostaggio in casa sua e che aveva visto torturare da sua zia e dal Signore Oscuro. Kallisperoes era il migliore fabbricante della Grecia e la bacchetta che gli aveva costruito era eccezionale: legno di acero, adatta ai viaggiatori e agli ambiziosi, e crine di unicorno femmina. 
Dai Tiri Vispi Waesley c’era una coda così lunga che Draco per un momento pensò che regalassero scope da corsa. Enormi striscioni animati pubblicizzavano prodotti nuovi che Gazza avrebbe dichiarato illegali al primo sguardo. Lui non era mai entrato in quel negozio e la voglia di andare a sbirciare era forte. Si chiese come se la passasse il gemello senza un orecchio.  Draco era stato al funerale di Fred. C’era andato con la consapevolezza di non averne diritto e senza dirlo ai genitori, nascondendo così al mondo, come una vergogna, la parte buona del suo cuore. Era rimasto in fondo e aveva salutato con il pensiero tutti i maghi che erano morti in quella guerra. Per un attimo aveva disprezzato sé stesso e il marchio che portava impresso sul braccio sinistro. Ma poi l’arroganza e l’orgoglio avevano avuto la meglio. Si era smaterializzato prima che la funzione finisse, senza che nessuno lo vedesse, o così credeva.
Ignorando gli sguardi ostili Draco entrò al Ghirigoro dove acquistò tutti i libri per il suo ultimo anno. Poi andò a comprare le uniformi perché quelle vecchie non gli andavano più bene. Da Madame Malkin aveva passato una lunghissima mezz’ora in piedi a farsi prendere le misure. Chi passava davanti gli lanciava occhiate di disgusto, i genitori tiravano via i figli come se lui potesse morderli e i suoi coetanei lo additavano. Da Mr Mulpepper infine rifornì la sua scorta di ingredienti per la lezione di Pozioni, spendendo una vera fortuna.
Tornò a casa di pessimo umore per maltrattare gli elfi domestici rimasti. 
 
Primo settembre 1998, Hogwarts
Era in camera da solo. Non era mai stato in camera da solo da quando frequentava Hogwarts. Aveva sempre diviso la stanza con Tiger, Goyle e Nott. Ma nessuno di loro era tornato a scuola. Erano così pochi gli studenti del sesto e del settimo anno che in molti avevano la camera singola. Questo sarebbe stato sufficiente a farlo innervosire ma scoprire di dover passare l’anno in squadra con un insulso Corvonero, la Mezzosangue e quella rossa traditrice del proprio sangue l’aveva messo ancor più di cattivo umore. Aveva letteralmente scaraventato i vestiti nell’armadio, senza nemmeno usare la magia e si era disteso sul letto con ancora le scarpe ai piedi. Sentiva le lacrime che premevano agli angoli degli occhi, fin da piccolo aveva usato le lacrime come arma di ricatto per ottenere ciò che voleva. Era stato durante la guerra che aveva scoperto che le sue lacrime erano inutili e aveva smesso di piangere. Con la bacchetta si sfilò le scarpe, scaraventando all’altro lato della stanza e dando fuoco alle pregiate calze di filo di scozia. 
- Aguamenti! 
Dalla bacchetta uscì un forte getto d’acqua che stroncò all’istante il piccolo incendio e ridusse in poltiglia i compiti di Trasfigurazione. Draco prese a pugni il cuscino e qualche leggera piuma d’oca scappò dalla candida federa che profumava di bucato. 
Toc toc.
Draco si voltò verso la porta, quasi deciso ad ignorare il seccatore. Poi, con un sospiro scocciato, si alzò e andò ad aprire la porta. Due minuscoli alunni del primo anno che cercavano di non guardarlo in volto, neanche fosse un Basilisco affamato, gli passarono un foglietto di pergamena piegato in quattro. Draco chiuse loro la porta in faccia senza nemmeno ringraziare. 
"Draco, dobbiamo discutere sulla preparazione del gruppo per il torneo. abbiamo già parlato con Anthony. Vediamoci domani subito dopo le lezioni, alla quercia vicino alla serra numero quattro. Hermione e Ginny."
   
 
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