Capitolo 11: Hall of fame
You could go the
distance you could run the mile
You could walk straight through hell with a smile
You could be the
hero you could get the gold
Breaking all the records that thought never could be broke
Do it for your
people do it for your pride
How you ever gonna know if you never even try?
Do it for your
country do it for you name
'Cause there's gonna be a day
When you’re
standing in the hall of fame
And the world's gonna know your name
'Cause you burn with the brightest flame
And the world's gonna know your name
And you'll be on the walls of the hall of fame!
(“Hall of fame”
– The Script ft. Will.i.am.)
T’Challa e Shuri erano giunti al
quartier generale degli Avengers e la giovane aveva subito iniziato il suo
lavoro, mentre Steve spiegava all’amico come sarebbero arrivati sul pianeta
Titano e che cosa avrebbero fatto. Non c’era molto tempo, il Dottor Strange era
riuscito a vedere Thanos e aveva scoperto che si stava recando sul pianeta
Vormir, dove avrebbe trovato la Gemma dell’Anima. Ormai era questione di
pochissimi giorni… forse anche di ore… Shuri doveva mettercela tutta per
modificare le Gemme rimanenti e consegnare il frammento a Visione e al Dottore
in modo che lo tenessero celato, al sicuro.
Stark continuava a pensare che quel
piano fosse un’emerita stronzata e si aggirava torvo per le ampie sale della
Avengers Tower, senza rivolgere la parola a nessuno e riflettendo
disperatamente alla ricerca di un’idea meno folle e, soprattutto, meno
rischiosa per Peter.
Non poteva sopportare nemmeno il
pensiero di vederlo così come l’aveva visto nel sogno, terrorizzato, a
implorare il suo aiuto, mentre lui non poteva fare niente per salvarlo. E se
poi Strange non fosse riuscito a riportarlo indietro? Doveva davvero rischiare
di perderlo? Ma, comunque, non sarebbe stato lo stesso? Nessun posto
nell’intero maledetto universo sarebbe stato sicuro per quel ragazzo!
Era ormai sera e, all’improvviso, Tony
si ritrovò di fronte Peter che lo guardava a disagio, come se avesse qualcosa
da dirgli ma non osasse farlo. Si tormentava l’orlo della felpa e sul volto
aveva una smorfietta imbarazzata che lo rendeva più tenero del solito. Così
sembrava ancora più indifeso, come si poteva anche soltanto pensare di
coinvolgerlo in una lotta senza speranza con un mostro come Thanos?
“Qualcosa non va, ragazzo? Sembri
preoccupato” disse Stark, pensando che fosse quello il problema.
“No, io… ecco, mi stavo chiedendo se…
magari lei è arrabbiato con me per qualcosa, signor Stark?” buttò fuori il
ragazzino tutto d’un fiato, prima di potersene pentire.
“Arrabbiato con te? Certo che no, perché
dovrei esserlo?” la risposta di Peter aveva del tutto spiazzato Tony.
“Perché… beh, insomma… sono più di due
giorni che non mi rivolge la parola e credevo che forse…”
“Ragazzo, se fossi arrabbiato con te, te
ne saresti accorto” tagliò corto Stark, sempre senza capire bene dove volesse
andare a parare Peter. “A dirla tutta, sono più di due giorni che cerco di
stare per conto mio a riflettere su quel piano cretino e a cercare di farmi
venire un’idea migliore. Credo di non aver rivolto la parola a nessuno, non
solo a te.”
La risposta dell’uomo sembrò rassicurare
Peter. Un po’ di tensione scomparve dal suo volto, ma restava sempre quella
strana smorfia imbarazzata. Cosa c’era sotto?
“Ah, ecco, meno male, perché io credevo…
ma era solo una sciocchezza, allora, meglio così” disse Peter, guardandosi
intorno in cerca, apparentemente, di una via di fuga dignitosa.
“Eh, no, adesso mi spieghi. Ti ho detto
che non ce l’ho con te e che sono semplicemente preoccupato perché il piano di
Rogers non mi convince, ma c’è qualcos’altro che non mi hai detto” insisté
Stark, che aveva notato la reticenza del ragazzo, solitamente tanto loquace…
fin troppo. “Per quale motivo pensavi che dovessi essere arrabbiato con te? Hai
combinato qualcosa?”
“Io? Io no… però… Ecco, mi era persino
venuto in mente di andarmene da qui, di tornare a casa, credevo di… di metterla
a disagio, ecco!”
La cosa si faceva sempre più misteriosa.
“Okay, a quanto pare stasera devo
tirarti fuori le risposte con le tenaglie, ma non c’è problema, sono in grado
di farlo. Pensavi di mettermi a disagio e volevi andartene per questo… non penserai
che io ci creda, vero?” Tony cominciava a perdere la pazienza.
“E’ che… non so come spiegarlo, signor
Stark!” esclamò Peter, sempre più imbarazzato. “Visto che non mi parlava ho
cominciato a pensare che lei non mi volesse qui e per questo pensavo di
andarmene… avevo anche iniziato a riempire lo zaino…”
“Va bene, magari ho dato l’impressione
di non volerti qui, di non volerti nella missione, questo è vero, ma ne avevamo
già discusso, mi pare. Sono preoccupato per te e non voglio che quel maledetto
sogno si avveri, nemmeno se lo stregone mi assicura che è in grado di
riportarti indietro” ammise Stark, di malavoglia. Odiava uscire allo scoperto e
svelare quello che provava, ma chissà per quale motivo con Peter finiva sempre
per dire più di quanto avrebbe voluto.
“Ma non è questo!” replicò Peter.
“Voglio dire, lo so che è preoccupato per me, che non vorrebbe che venissi su
Titano, ma abbiamo anche chiarito che non c’è altra soluzione, no? Se dovesse
succedermi qualcosa…”
“Non ti succederà niente!”
“No, va bene, ma… se succedesse, il
Dottor Strange potrebbe aiutarmi solo se fossi su Titano e quindi sappiamo
entrambi che non c’è scelta” ripeté Peter, tagliando corto. “Io credevo che lei
non mi volesse qui per… per quell’altra
cosa che è successa, ecco!”
“Quale altra cosa…” iniziò a dire Tony, poi però vide che Peter arrossiva
violentemente e una lucina si accese nella sua mente. “Ah, quella cosa. Beh, perché hai pensato che fossi arrabbiato con te
per… per quello?”
Adesso Peter era davvero a disagio. Teneva
gli occhi fissi sulla punta delle scarpe di Stark e sembrava voler sprofondare
nelle viscere della Terra…
“Credevo che lei… che non avesse voluto
davvero… che forse era solo perché avevamo fatto quel sogno ed eravamo turbati
e che quindi fosse arrabbiato con me perché… insomma…”
Per la prima volta negli ultimi giorni,
Tony Stark scoppiò in una risata che gli veniva proprio dal cuore. Da quanto
tempo non rideva così? Troppo… eppure quel ragazzino, con la sua ingenuità, era
riuscito per qualche istante a fargli dimenticare la terribile minaccia che
pendeva su tutti loro.
“Ragazzo, non mi hai sedotto, se è questo che intendi”
ribatté, divertito ancora di più dall’effetto che le sue parole stavano avendo
su Peter. “E, caso mai, dovresti essere tu a sentirti a disagio per quello che
è successo.”
“Ah, io? No di certo, perché? Io… volevo
che lei dormisse con me e poi è venuto tutto così naturale e… e quella notte
ero davvero fuori di me e mi ricordo anche poco. No, io non sono a disagio con
lei per questo, ma pensavo che mi evitasse perché… magari perché non voleva
creare un legame con me, non so, qualcosa del genere, io… non sono esperto in
queste cose…”
“Oh, si vede, ragazzo, si vede”
ridacchiò ancora Tony, allo stesso tempo intenerito e divertito. “Senti, parlando
seriamente, è vero che non vorrei che tu ti legassi troppo a me. Sei ancora
tanto giovane e potresti cambiare idea un milione di volte… forse dovresti
farlo… ma non mi sono fatto problemi per questo e, soprattutto, non avevo la
minima intenzione di evitarti. Sono solo preoccupato per la missione su Titano,
il piano di Rogers è troppo rischioso e io non voglio… beh, lo sai. Comunque,
per dimostrarti che non ce l’ho con te, voglio farti vedere una cosa.”
Dovette accorgersi che la frase, detta
così, suonava veramente male, perché si affrettò a correggersi.
“Ho apportato nuovi miglioramenti alla
tua tuta e volevo mostrarti un paio di cose” aggiunse in fretta. “Vedi che non
volevo mandarti via? Ho pensato anche a perfezionare il tuo costume. Andiamo?”
E si avviò verso il laboratorio, seguito
da un Peter finalmente tranquillizzato e entusiasta.
Quando furono là, Tony sbloccò uno
scomparto e ne trasse fuori un dispositivo che emetteva luce blu, proprio come
il Reattore Arc che aveva lui sul petto, poi lo porse a Peter con un sorriso,
mentre il ragazzo lo guardava meravigliato e affascinato insieme.
“Cos’è questo?” mormorò Peter, non
appena ritrovò fiato sufficiente per parlare.
“E’ la tua nuova armatura” rispose Tony,
facendo il misterioso.
Titubante, Peter prese in mano il
dispositivo.
“Mi sta prendendo in giro, signor
Stark?”
“Per niente. E’ la novità che ti avevo
promesso, una tuta molto più leggera, che si materializza direttamente sopra i
vestiti. Ho sfruttato la nanotecnologia per realizzarla ed è lo stesso tipo di
armatura che ho io” spiegò l’uomo. Tanto per farsi capire meglio, ne diede una
dimostrazione pratica premendo il Reattore sul suo petto. “Ecco, funziona
così.”
Ancora più sbalordito, Peter guardò a
bocca aperta l’armatura di Iron Man che andava a costruirsi strato dopo strato
di acciaio sul corpo di Tony, lasciando scoperta solo la testa per permettere
all’uomo di continuare a parlare con lui.
“Devi solo premere quel pulsante blu,
Peter, non scoppierà tutto, te lo assicuro” scherzò di nuovo Stark. La sorpresa
entusiastica del ragazzino, come sempre, gli scaldava il cuore.
Timidamente, Peter obbedì ed ecco che
una nuova tuta, molto più simile a quella del suo mentore ma caratterizzata dai
colori e dall’immagine della normale tuta di Spiderman, si formò sul corpo del
ragazzo, lasciandolo completamente strabiliato.
“Wow, ma… è pazzesco! Questa tuta è una
figata, grazie mille, signor Stark! E’… oh mio Dio…” come sempre faceva in
momenti come quelli (e in molti altri, a dire il vero…), Peter iniziò a parlare
a raffica, senza nemmeno concludere le frasi.
“Ho pensato anche a una piccola
dimostrazione pratica” gli annunciò Tony, guidandolo fuori dal laboratorio,
fino alla terrazza più alta dell’edificio che faceva da nuovo quartier generale
per gli Avengers. “Niente di che, tanto per vedere se ti piaceva. Vogliamo
farci un giro?”
“Un giro per dove?” domandò Peter,
guardandosi attorno confuso.
“Diciamo… fino alle stelle e ritorno?”
“Cosa?” Peter sgranò gli occhi, sbalordito.
“Ma la mia tuta non può volare… o forse sì? Ha messo qualcosa di nuovo in
questo senso, signor Stark?”
“No… non ancora, ci devo pensare”
rispose lui, con un sorriso pieno di tenerezza. Se fosse andato tutto bene,
magari avrebbe fatto un’ulteriore sorpresa al suo ragazzino dotando la tuta
anche di quella particolare funzionalità. Sì, magari se fossero riusciti a
sconfiggere Thanos gli avrebbe fatto quel regalo. Era un modo come un altro per
augurarsi che andasse tutto bene e che loro fossero ancora insieme dopo quella
battaglia. “La tua tuta non può volare… ma la mia armatura sì.”
Detto questo, prese Peter tra le braccia
e si sollevò in aria. Strinse a sé il ragazzo e si divertì a farlo volare,
volteggiare, danzare in cielo, come una coppia di pattinatori artistici molto
particolari. Gli fece sorvolare l’Avengers Tower e poi via, verso le luci della
città, poi una puntata verso le stelle, una giravolta e di nuovo verso la
città, sopra i grattacieli di New York, in un gioco infinito e meraviglioso che
emozionava Stark tanto quanto il suo più giovane compagno.
Come tutte le belle cose, però, anche
quella incredibile e stupefacente danza tra le stelle ebbe fine e Tony riportò
Peter sulla grande terrazza dell’Avengers Tower. Il ragazzino era scarmigliato
e le sue guance erano arrossate per la gioia e l’eccitazione di quel viaggio a sorpresa, ancora incantato da tutto quello che aveva provato e
visto.
“Signor Stark, io… oh, mio Dio, grazie,
è stato… è stata la cosa più straordinaria che… ora capisco cosa significa ballare tra le stelle!” Peter sembrava a
corto di fiato tanto era emozionato. “Però non deve barare, si è divertito
anche lei, signor Stark, lo ammetta!”
Le uniche stelle che
ho visto io sono state quelle che brillavano nei tuoi occhi e nella luce del
tuo sorriso, ragazzino, pensò Tony, ma si sarebbe fatto scuoiare prima di dire
una cosa simile. La buttò di nuovo sullo scherzo e fece un sorrisetto storto.
“Certo che mi sono divertito. Nonostante
la mia età, per tante cose sono ancora un ragazzone mai cresciuto, che ti
credi?” rispose. Non era una bugia, lui si divertiva davvero a sperimentare
cose sempre nuove per la sua armatura e poter condividere questo con Peter,
vederlo illuminarsi per ogni sorpresa e trucchetto era diventata la cosa più
importante di tutta la sua vita.
A volte si chiedeva come avesse fatto a
sopravvivere prima di conoscere Peter… e a come avrebbe mai potuto sopportare
di restare in vita se gli fosse accaduto qualcosa.
Ma quella era una notte speciale in cui
erano banditi i pensieri oscuri e l’intero universo risplendeva nel sorriso e
negli occhi pieni di gioia del suo dolce e preziosissimo ragazzino.
Fine capitolo undici