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Autore: Abby_da_Edoras    05/08/2018    9 recensioni
Questa mia storia è una long fic ispirata agli avvenimenti di Infinity War. La storia inizia legandosi alle storie su Steve e Bucky che avevo scritto tre anni fa, riallineando ciò che è accaduto in Civil War secondo la mia versione e preparando la strada a quello che dovrà succedere in Infinity War. Si tratta però di una storia AU, in cui tengo conto solo marginalmente dei film e faccio andare diversamente molte cose: Visione ha una premonizione del futuro e perciò avvertirà in anticipo tutti gli Avengers del pericolo rappresentato da Thanos, spingendoli a rimanere uniti e a combattere insieme.
Nella mia storia le ships saranno:
Steve/Bucky
Stark/Parker
Grazie a chiunque seguirà questa mia storia.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori dell'universo cinematografico Marvel e a chiunque ne detenga i diritti.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legends never die'
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Capitolo 11: Hall of fame

 

You could go the distance you could run the mile
You could walk straight through hell with a smile

You could be the hero you could get the gold
Breaking all the records that thought never could be broke

Do it for your people do it for your pride
How you ever gonna know if you never even try?

Do it for your country do it for you name
'Cause there's gonna be a day

When you’re standing in the hall of fame
And the world's gonna know your name
'Cause you burn with the brightest flame
And the world's gonna know your name
And you'll be on the walls of the hall of fame!

(“Hall of fame” – The Script ft. Will.i.am.)

 

 

T’Challa e Shuri erano giunti al quartier generale degli Avengers e la giovane aveva subito iniziato il suo lavoro, mentre Steve spiegava all’amico come sarebbero arrivati sul pianeta Titano e che cosa avrebbero fatto. Non c’era molto tempo, il Dottor Strange era riuscito a vedere Thanos e aveva scoperto che si stava recando sul pianeta Vormir, dove avrebbe trovato la Gemma dell’Anima. Ormai era questione di pochissimi giorni… forse anche di ore… Shuri doveva mettercela tutta per modificare le Gemme rimanenti e consegnare il frammento a Visione e al Dottore in modo che lo tenessero celato, al sicuro.

Stark continuava a pensare che quel piano fosse un’emerita stronzata e si aggirava torvo per le ampie sale della Avengers Tower, senza rivolgere la parola a nessuno e riflettendo disperatamente alla ricerca di un’idea meno folle e, soprattutto, meno rischiosa per Peter.

Non poteva sopportare nemmeno il pensiero di vederlo così come l’aveva visto nel sogno, terrorizzato, a implorare il suo aiuto, mentre lui non poteva fare niente per salvarlo. E se poi Strange non fosse riuscito a riportarlo indietro? Doveva davvero rischiare di perderlo? Ma, comunque, non sarebbe stato lo stesso? Nessun posto nell’intero maledetto universo sarebbe stato sicuro per quel ragazzo!

Era ormai sera e, all’improvviso, Tony si ritrovò di fronte Peter che lo guardava a disagio, come se avesse qualcosa da dirgli ma non osasse farlo. Si tormentava l’orlo della felpa e sul volto aveva una smorfietta imbarazzata che lo rendeva più tenero del solito. Così sembrava ancora più indifeso, come si poteva anche soltanto pensare di coinvolgerlo in una lotta senza speranza con un mostro come Thanos?

“Qualcosa non va, ragazzo? Sembri preoccupato” disse Stark, pensando che fosse quello il problema.

“No, io… ecco, mi stavo chiedendo se… magari lei è arrabbiato con me per qualcosa, signor Stark?” buttò fuori il ragazzino tutto d’un fiato, prima di potersene pentire.

“Arrabbiato con te? Certo che no, perché dovrei esserlo?” la risposta di Peter aveva del tutto spiazzato Tony.

“Perché… beh, insomma… sono più di due giorni che non mi rivolge la parola e credevo che forse…”

“Ragazzo, se fossi arrabbiato con te, te ne saresti accorto” tagliò corto Stark, sempre senza capire bene dove volesse andare a parare Peter. “A dirla tutta, sono più di due giorni che cerco di stare per conto mio a riflettere su quel piano cretino e a cercare di farmi venire un’idea migliore. Credo di non aver rivolto la parola a nessuno, non solo a te.”

La risposta dell’uomo sembrò rassicurare Peter. Un po’ di tensione scomparve dal suo volto, ma restava sempre quella strana smorfia imbarazzata. Cosa c’era sotto?

“Ah, ecco, meno male, perché io credevo… ma era solo una sciocchezza, allora, meglio così” disse Peter, guardandosi intorno in cerca, apparentemente, di una via di fuga dignitosa.

“Eh, no, adesso mi spieghi. Ti ho detto che non ce l’ho con te e che sono semplicemente preoccupato perché il piano di Rogers non mi convince, ma c’è qualcos’altro che non mi hai detto” insisté Stark, che aveva notato la reticenza del ragazzo, solitamente tanto loquace… fin troppo. “Per quale motivo pensavi che dovessi essere arrabbiato con te? Hai combinato qualcosa?”

“Io? Io no… però… Ecco, mi era persino venuto in mente di andarmene da qui, di tornare a casa, credevo di… di metterla a disagio, ecco!”

La cosa si faceva sempre più misteriosa.

“Okay, a quanto pare stasera devo tirarti fuori le risposte con le tenaglie, ma non c’è problema, sono in grado di farlo. Pensavi di mettermi a disagio e volevi andartene per questo… non penserai che io ci creda, vero?” Tony cominciava a perdere la pazienza.

“E’ che… non so come spiegarlo, signor Stark!” esclamò Peter, sempre più imbarazzato. “Visto che non mi parlava ho cominciato a pensare che lei non mi volesse qui e per questo pensavo di andarmene… avevo anche iniziato a riempire lo zaino…”

“Va bene, magari ho dato l’impressione di non volerti qui, di non volerti nella missione, questo è vero, ma ne avevamo già discusso, mi pare. Sono preoccupato per te e non voglio che quel maledetto sogno si avveri, nemmeno se lo stregone mi assicura che è in grado di riportarti indietro” ammise Stark, di malavoglia. Odiava uscire allo scoperto e svelare quello che provava, ma chissà per quale motivo con Peter finiva sempre per dire più di quanto avrebbe voluto.

“Ma non è questo!” replicò Peter. “Voglio dire, lo so che è preoccupato per me, che non vorrebbe che venissi su Titano, ma abbiamo anche chiarito che non c’è altra soluzione, no? Se dovesse succedermi qualcosa…”

“Non ti succederà niente!”

“No, va bene, ma… se succedesse, il Dottor Strange potrebbe aiutarmi solo se fossi su Titano e quindi sappiamo entrambi che non c’è scelta” ripeté Peter, tagliando corto. “Io credevo che lei non mi volesse qui per… per quell’altra cosa che è successa, ecco!”

“Quale altra cosa…” iniziò a dire Tony, poi però vide che Peter arrossiva violentemente e una lucina si accese nella sua mente. “Ah, quella cosa. Beh, perché hai pensato che fossi arrabbiato con te per… per quello?”

Adesso Peter era davvero a disagio. Teneva gli occhi fissi sulla punta delle scarpe di Stark e sembrava voler sprofondare nelle viscere della Terra…

“Credevo che lei… che non avesse voluto davvero… che forse era solo perché avevamo fatto quel sogno ed eravamo turbati e che quindi fosse arrabbiato con me perché… insomma…”

Per la prima volta negli ultimi giorni, Tony Stark scoppiò in una risata che gli veniva proprio dal cuore. Da quanto tempo non rideva così? Troppo… eppure quel ragazzino, con la sua ingenuità, era riuscito per qualche istante a fargli dimenticare la terribile minaccia che pendeva su tutti loro.

“Ragazzo, non mi hai sedotto, se è questo che intendi” ribatté, divertito ancora di più dall’effetto che le sue parole stavano avendo su Peter. “E, caso mai, dovresti essere tu a sentirti a disagio per quello che è successo.”

“Ah, io? No di certo, perché? Io… volevo che lei dormisse con me e poi è venuto tutto così naturale e… e quella notte ero davvero fuori di me e mi ricordo anche poco. No, io non sono a disagio con lei per questo, ma pensavo che mi evitasse perché… magari perché non voleva creare un legame con me, non so, qualcosa del genere, io… non sono esperto in queste cose…”

“Oh, si vede, ragazzo, si vede” ridacchiò ancora Tony, allo stesso tempo intenerito e divertito. “Senti, parlando seriamente, è vero che non vorrei che tu ti legassi troppo a me. Sei ancora tanto giovane e potresti cambiare idea un milione di volte… forse dovresti farlo… ma non mi sono fatto problemi per questo e, soprattutto, non avevo la minima intenzione di evitarti. Sono solo preoccupato per la missione su Titano, il piano di Rogers è troppo rischioso e io non voglio… beh, lo sai. Comunque, per dimostrarti che non ce l’ho con te, voglio farti vedere una cosa.”

Dovette accorgersi che la frase, detta così, suonava veramente male, perché si affrettò a correggersi.

“Ho apportato nuovi miglioramenti alla tua tuta e volevo mostrarti un paio di cose” aggiunse in fretta. “Vedi che non volevo mandarti via? Ho pensato anche a perfezionare il tuo costume. Andiamo?”

E si avviò verso il laboratorio, seguito da un Peter finalmente tranquillizzato e entusiasta.

Quando furono là, Tony sbloccò uno scomparto e ne trasse fuori un dispositivo che emetteva luce blu, proprio come il Reattore Arc che aveva lui sul petto, poi lo porse a Peter con un sorriso, mentre il ragazzo lo guardava meravigliato e affascinato insieme.

“Cos’è questo?” mormorò Peter, non appena ritrovò fiato sufficiente per parlare.

“E’ la tua nuova armatura” rispose Tony, facendo il misterioso.

Titubante, Peter prese in mano il dispositivo.

“Mi sta prendendo in giro, signor Stark?”

“Per niente. E’ la novità che ti avevo promesso, una tuta molto più leggera, che si materializza direttamente sopra i vestiti. Ho sfruttato la nanotecnologia per realizzarla ed è lo stesso tipo di armatura che ho io” spiegò l’uomo. Tanto per farsi capire meglio, ne diede una dimostrazione pratica premendo il Reattore sul suo petto. “Ecco, funziona così.”

Ancora più sbalordito, Peter guardò a bocca aperta l’armatura di Iron Man che andava a costruirsi strato dopo strato di acciaio sul corpo di Tony, lasciando scoperta solo la testa per permettere all’uomo di continuare a parlare con lui.

“Devi solo premere quel pulsante blu, Peter, non scoppierà tutto, te lo assicuro” scherzò di nuovo Stark. La sorpresa entusiastica del ragazzino, come sempre, gli scaldava il cuore.

Timidamente, Peter obbedì ed ecco che una nuova tuta, molto più simile a quella del suo mentore ma caratterizzata dai colori e dall’immagine della normale tuta di Spiderman, si formò sul corpo del ragazzo, lasciandolo completamente strabiliato.

“Wow, ma… è pazzesco! Questa tuta è una figata, grazie mille, signor Stark! E’… oh mio Dio…” come sempre faceva in momenti come quelli (e in molti altri, a dire il vero…), Peter iniziò a parlare a raffica, senza nemmeno concludere le frasi.

“Ho pensato anche a una piccola dimostrazione pratica” gli annunciò Tony, guidandolo fuori dal laboratorio, fino alla terrazza più alta dell’edificio che faceva da nuovo quartier generale per gli Avengers. “Niente di che, tanto per vedere se ti piaceva. Vogliamo farci un giro?”

“Un giro per dove?” domandò Peter, guardandosi attorno confuso.

“Diciamo… fino alle stelle e ritorno?”

“Cosa?” Peter sgranò gli occhi, sbalordito. “Ma la mia tuta non può volare… o forse sì? Ha messo qualcosa di nuovo in questo senso, signor Stark?”

“No… non ancora, ci devo pensare” rispose lui, con un sorriso pieno di tenerezza. Se fosse andato tutto bene, magari avrebbe fatto un’ulteriore sorpresa al suo ragazzino dotando la tuta anche di quella particolare funzionalità. Sì, magari se fossero riusciti a sconfiggere Thanos gli avrebbe fatto quel regalo. Era un modo come un altro per augurarsi che andasse tutto bene e che loro fossero ancora insieme dopo quella battaglia. “La tua tuta non può volare… ma la mia armatura sì.”

Detto questo, prese Peter tra le braccia e si sollevò in aria. Strinse a sé il ragazzo e si divertì a farlo volare, volteggiare, danzare in cielo, come una coppia di pattinatori artistici molto particolari. Gli fece sorvolare l’Avengers Tower e poi via, verso le luci della città, poi una puntata verso le stelle, una giravolta e di nuovo verso la città, sopra i grattacieli di New York, in un gioco infinito e meraviglioso che emozionava Stark tanto quanto il suo più giovane compagno.

Come tutte le belle cose, però, anche quella incredibile e stupefacente danza tra le stelle ebbe fine e Tony riportò Peter sulla grande terrazza dell’Avengers Tower. Il ragazzino era scarmigliato e le sue guance erano arrossate per la gioia e l’eccitazione di quel viaggio a sorpresa, ancora incantato da tutto quello che aveva provato e visto.

“Signor Stark, io… oh, mio Dio, grazie, è stato… è stata la cosa più straordinaria che… ora capisco cosa significa ballare tra le stelle!” Peter sembrava a corto di fiato tanto era emozionato. “Però non deve barare, si è divertito anche lei, signor Stark, lo ammetta!”

Le uniche stelle che ho visto io sono state quelle che brillavano nei tuoi occhi e nella luce del tuo sorriso, ragazzino, pensò Tony, ma si sarebbe fatto scuoiare prima di dire una cosa simile. La buttò di nuovo sullo scherzo e fece un sorrisetto storto.

“Certo che mi sono divertito. Nonostante la mia età, per tante cose sono ancora un ragazzone mai cresciuto, che ti credi?” rispose. Non era una bugia, lui si divertiva davvero a sperimentare cose sempre nuove per la sua armatura e poter condividere questo con Peter, vederlo illuminarsi per ogni sorpresa e trucchetto era diventata la cosa più importante di tutta la sua vita.

A volte si chiedeva come avesse fatto a sopravvivere prima di conoscere Peter… e a come avrebbe mai potuto sopportare di restare in vita se gli fosse accaduto qualcosa.

Ma quella era una notte speciale in cui erano banditi i pensieri oscuri e l’intero universo risplendeva nel sorriso e negli occhi pieni di gioia del suo dolce e preziosissimo ragazzino.

Fine capitolo undici

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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