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Autore: Vanya Imyarek    08/08/2018    4 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                     CAPITOLO  19

 

DOVE  EMERGE  L’IMPORTANZA  DELLA  CONTROVERSIA  SULLA  MOBILITA’  SOCIALE

 

 

 

 

                                                              Dal Manoscritto di Simay

 

Nei giorni successivi la frenesia regnò incontrastata.

 Io al Tempio di Achesay ero occupatissimo con i preparativi della consacrazione ormai imminente, che per un novizio consisteva principalmente nel pregare per buoni auspici per una buona reggenza sacerdotale di Waray, e aiutare gli attendenti nel lavori più manuali, come l’allestimento del Tempio, la preparazione dei tavoli per il banchetto, il trasporto delle vivande. Erano tutti compiti che impegnavano tutta la giornata, e che al suo termine mi facevano crollare esausto: riunioni notturne in quelle condizioni sarebbero già state la penitenza per averle compiute.

 Qillalla tornò il giorno successivo a cercare di parlarmi, ma gli attendenti la allontanarono subito, dicendole che qualunque cosa poteva aspettare a dopo le celebrazioni e di tornare quando la situazione si sarebbe calmata. Io non riuscii a scambiare neppure una parola con lei, e non ne vidi traccia nei giorni successivi. Per coincidenza, il giorno dopo al mio crollo da eccessiva penitenza, giunse un messaggero dall’Imperatore Manco: la guerra era conclusa, e il regno di Yrchlle, ormai caduto, era nostro. Il ritorno del sovrano era imminente.

 Qualcuno si starà interrogando sui miei pensieri al vedere, per la prima volta in vita mia, il mio padre biologico? In qualsiasi altra situazione, forse ne sarei stato incuriosito, forse mi sarei chiesto che tipo di padre sarebbe stato, o come sarebbe cambiata la mia vita se fossi stato cresciuto riconosciuto da lui. In quel momento, queste domande erano le ultime cose nella mia mente: l’ingresso di Manco sulla scena di intrighi in cui ci eravamo invischiati non mi risultava per niente comodo.

Anzitutto il ritorno richiedeva, al palazzo e a tutta la città, preparativi molto più sfarzosi di quelli correntemente in atto al nostro Tempio: probabilmente non sarebbe giunto prima di un paio di settimane, ma si trattava di preparativi impressionanti, mi diceva chi aveva già assistito al ritorno di una campagna militare. Tutti gli schiavi del palazzo, compresa dunque Corinna, sarebbero stati cooptati a questo scopo, a prescindere dalle loro mansioni precedenti; e a sua volta, il Tempio di Pachtu avrebbe dovuto organizzare le necessarie danze e sacrifici per celebrare il ritorno dei soldati (e soprattutto del sovrano) sopravvissuti, senza presumibilmente avere tempo per una dei tanti schiavi che volevano diventare novizi.

 Un risvolto positivo della faccenda era che anche Llyra sarebbe stata indaffarata nei giorni successivi: presiedere ai già menzionati preparativi, decidere quale popolazione alleata potesse essere trasferita nei territori di Yrchlle e i cui territori sarebbero stati adatti a confinare gli yrchllesi in attesa che trovassero la loro armonia all’interno dell’Impero, gestire l’adattamento e il corretto utilizzo di queste popolazioni l’una nei territori dell’altra, stimare i cambiamenti che i nuovi possedimenti avrebbero portato nella nostra economia. Questo in aggiunta a quelli che di norma erano i suoi compiti. Potevo intuire già all’epoca che lasciasse pochissimo tempo libero, in questo caso tempo che lei avrebbe potuto usare per pianificare contro di noi.

 Sfortunatamente, se sacerdoti e potenti erano così impegnati, gli artigiani non lo erano affatto, almeno per il momento; tutto quello che Sayre si sarebbe trovato a gestire sarebbe stato un cambio nelle mode dei gioielli commissionati, che per un certo periodo avrebbero assunto tutti le caratteristiche dell’oreficeria di Yrchlle, ma probabilmente sarebbe stato un cambiamento solo qualitativo e non quantitativo, da svolgersi comunque solo dopo il ritorno di Manco.

 Mentre tutti noi eravamo preoccupati in altre faccende, l’Incendiario era la persona più libera e tranquilla da quelle parti, e la situazione diventava la più pericolosa che avessimo affrontato fino a quel momento. Il ritorno dell’Imperatore, mio padre biologico? Con me nella stessa città, pronto per un’osservazione che rivelasse eventuali somiglianze e interrogatori sulle circostanze della mia adozione? Sarei stato immediatamente riconosciuto come primogenito di Manco, colui che probabilmente sarebbe stato nominato suo erede.

 La cosa più imprevedibile che Sayre avrebbe potuto fare sarebbe stato non approfittare della situazione, non inviando in qualche modo la famigerata lettera al sovrano … sempre che Llyra non si fosse stancata di vedersela rubare da pressochè chiunque e non l’avesse distrutta, facendomi involontariamente un gran favore.

 Come evitare ciò? Avrei potuto denunciare la lettera come un falso? C’era la possibilità che dopo sedici anni l’Imperatore non ricordasse la grafia di mia madre. Ma nessuno della mia famiglia avrebbe potuto rivelare vere origini alternative, dunque la mancata conferma non sarebbe stata uguale a una completa negazione.

 Forse cercando di rifiutare chiaramente la posizione di potere, sarei riuscito a ingraziarmi Llyra? Sarebbe stata la cosa migliore: lei era non solo la persona che mi voleva morto, ma anche quella più esperta nel gestire le faccende della corte. Inoltre, era discendente del Sole, il tramite tra il volere di Achemay e il mondo degli uomini insieme al suo consorte: forse lei avrebbe saputo, meglio di tutti, come affrontare la minaccia dell’Incendiario. Averla come alleata anziché nemica sarebbe stata la cosa migliore. Certo, lei stessa si era rivelata una sacrilega, se anche non avesse avuto nulla contro di me non sarei stato felice di collaborare con lei; ma a confronto con l’Incendiario, diventava decisamente il male minore.

 Ma avrei potuto convincerla? Io ero un semplice novizio, non sarei mai neppure stato ammesso alla sua presenza. Avrei potuto inviare semmai il Sommo Sacerdote, se fossi riuscito a spiegargli la situazione: avevo a disposizione Waray, che a prima vista sembrava meno propenso ad aiutare di Pacha … che aveva comunque fallito.

 Cosa potevo fare? Le persone peggiori erano in libertà, e quelle migliori per occuparsene, ne erano all’oscuro e non avrebbero collaborato con me. Che ero troppo stupido per trovare una soluzione …quanto avrei voluto potermi confrontare con le sue alleate certe che mi erano rimaste.

 Accolsi dunque con gran sollievo il giorno in cui finalmente Waray avrebbe assunto la carica di Sommo Sacerdote: praticamente tutta Alcanta si sarebbe riunita, chi prima chi dopo, nel cortile principale del Tempio, a recare i propri omaggi. Finalmente avrei potuto rivedere le ragazze, cercare di stabilire un piano d’azione, fare una qualunque cosa che non mi lasciasse addosso un senso di incredibile impotenza e inutilità.

 I preparativi che ci avevano massacrati nei giorni precedenti erano conclusi: adesso il cortile era colmo di novizi e Sacerdoti che approfittavano della pausa prima della cerimonia per riunirsi con le loro famiglie e gli amici rimasti laici. La prima a raggiungermi fu Qillalla.

 “Stai bene?” fu la primissima cosa che mi chiese. “Mi è stato detto che hai avuto un mancamento proprio il giorno dopo … quello che abbiamo scoperto. Sei sicuro di non esserti sconvolto troppo?”

 “Non avevo dormito e mangiato per una penitenza” risposi, reprimendo la tentazione di aggiungere: se la malattia fosse stata la mia reazione allo scoprire di qualcuno che mi minacciava, a quel punto sarei stato già morto da tempo. “Tu sei stata bene? Non ti è successo niente di … strano, in questi ultimi giorni?”

 “Credo che se l’Incendiario volesse manipolare gli eventi attorno a noi, sembrerebbero cose perfettamente normali” replicò lei, per poi sorridere appena. “Voglio che tu stia tranquillo, sai”

 Mi ritrovai a sorridere a mia volta.

 “Finalmente, cazzo!” il brontolio annunciò il sopraggiungere dell’ultimo membro del nostro gruppo. “Non credereste a tutto quello che quelle maledette pazze vogliono nel bel mezzo di questa calca. Passami il ventaglio, trova il mio specchio, voglio sapere se il mio trucco non sembra troppo eccessivo, il mio non è sufficiente, passami le mie polveri, aggiustami la spilla, è di mezzo millimetro troppo a destra … chi credono che se ne freghi, siamo in mezzo a una ressa, la gente si preoccupa che tu non la schiacci, mica delle tue spille!”

 “E’ bello risentire le tue soavi opinioni sul resto di noi” sospirò Qillalla. “E soprattutto vedere che stai bene. Sembravi singolarmente scossa dopo aver parlato con l’Incendiario”

 Effettivamente il suo attardarsi, seguito da un’uscita così furiosa, aveva lasciato perplesso anche me; ma lo sguardo a dir poco omicida che la ragazza ci rivolse mi fece desistere dall’inquisire ulteriormente. Anzi, fui felice di avere notizie più liete su cui dirottare la sua attenzione.

 “Sono finalmente riuscito a mettermi in contatto con la Somma Sacerdotessa di Pachtu, Dolina” esordii, catturando immediatamente la sua attenzione. “Schiavi e liberi sono uguali in quel culto: se passerai determinate prove, potrai essere accettata come novizia”

 La ragazza emise un suono tra un sospiro e uno sbuffo.  “Sembra una fiaba: passa le prove, per vivere per sempre felice e contenta senza servire delle arpie” non mi era ben chiaro di che stesse parlando. “E quali sono queste prove?”

 “Ti verranno comunicate da un emissario del Tempio dei Fulmini, a tempo debito. Quando le celebrazioni per il ritorno dell’Imperatore saranno finite” chiarii.

 Lei sospirò. “Non farmici pensare. Non poteva starsene in guerra a vita? Cioè, senza offesa …” mi lanciò un’occhiata preoccupata.

 Io mi schiarii la voce. “Già, uhm. Il suo ritorno sarebbe un’occasione di gioia per molte persone. Capita sempre che a un sovrano di ritorno dalla guerra, i suoi sottoposti vogliano recare omaggi”

 In questo caso, una particolare lettera. Sperai che le ragazze capissero: discutere pubblicamente dell’Incendiario e delle mie vere origini non era un’idea che mi sorridesse.

 “Sì, tra gli schiavi si discute già di come gestire il flusso di doni da mezzo Impero” commentò Corinna. “I più vecchi mi hanno detto che è un lavoraccio. Bisogna distinguere quali siano i doni più utili e inviati dalle persone più importanti da quelli degli alleati di seconda categoria, cercare di sistemare tutto quanto, e nella confusione generale, capita sempre che qualcosa vada perso”

 Almeno una delle due aveva non solo capito, ma aveva anche improvvisato un vero e proprio codice dalle mie allusioni. Mi vergognai di aver stimato così poco le ragazze.

“Spero per loro che almeno gli artigiani che vivono a palazzo abbiano metodi più veloci e sicuri di consegna” commentò Qillalla con un sorriso incredibilmente falso. “Insomma, vivono proprio lì, sarebbe un’ingiustizia altrimenti!”

 “Se sono lì, è perché sono gli artigiani migliori. E infatti esiste un sistema speciale per loro.” sospirò Corinna. “Non sono nobili e quindi non possono portargli direttamente le loro cose davanti al naso, quindi si accordano con un pezzo grosso che commissioni loro un dono e lo presenti al sovrano, ufficialmente solo a nome proprio ma in pratica a titolo di entrambi. Perché a quanto pare un dono presentato da un riccone fa meno schifo di quello portato da chi l’ha fatto”

 Per me era naturale che i semplici artigiani non potessero presentarsi al sovrano come se nulla fosse, ma Corinna pareva crederla un’ingiustizia. Di nuovo, da dove veniva?

 “Ma se sono tanto bravi, nessun nobile si farà problemi con questo incarico” commentò Qillalla. “Specie se l’artigiano è lì da tempo e ben conosciuto”

 “E queste transazioni spesso sono assistite dagli schiavi personali dell’artigiano, se ne ha” concluse Corinna con uno sbuffo. “Quelli della corte possono metterci le mani sopra solo a dono effettuato, per sistemarlo”

 “Ma se il dono è, ad esempio, una scatola che contiene qualcosa d’altro? Lo schiavo potrebbe prenderla prima che Sua Altezza si accorga della sua presenza? E’ un pensiero che mi preoccupa” intervenni.

 Entrambe le ragazze mi guardarono con vaga esasperazione: credo non ritenessero le mie allusioni tanto sottili. Fui quasi tentato di far notare la loro strana concordia su qualche cosa, prima che Corinna riprendesse.

 “Nessuno sarebbe tanto stupido da farlo. A meno che non sia un contenuto segreto, o talmente leggero da non essere percepibile o lasciare segni nella scatola, e non vedo perché dovrebbe essere una qualunque di queste cose, ci si accorgerebbe subito che è stato involato. E a quanto pare rubare dall’Imperatore è questo grande sacrilegio che ti fa letteralmente saltare la testa, quindi se qualcuno di prova meriterà la punizione”

 “Una scatola è solo un esempio” notò Qillalla. “Ci sono tanti modi di nascondere qualcosa in un oggetto, se qualcuno ha un po’ di immaginazione. Pensate solo a tutti i casi di omicidi in cui l’arma era stata nascosta anche alle perquisizioni più accurate! Sarebbe spaventoso se succedesse anche al nostro Imperatore”

 “Hai ragione. Preghiamo solo che non ci siano sacrilegi che attentino alla sua persona” che frase inutile, sapevamo benissimo che persona simile ci fosse in giro.

 Corinna sbuffò. “E a proposito di sacrilegi, qui come li punite? Da dove vengo io, si usa qualcosa di calzante a una vendetta degli dei, tipo … seppellirli sottoterra, o magari si potrebbe fare un attacco con dell’acqua, non dico che si sciolga tipo la Malvagia Strega dell’Ovest, però …”

 “Scusa?!” Qillalla mi aveva tolto le parole di bocca, non avevo capito la nuova direzione del discorso.

 “Vuoi fargli lo scherzo della secchiata d’acqua a sorpresa? Sì, ti prego, lo odia!”

 Grazie, Linca”

 Sobbalzammo tutti. A nemmeno tre passi da noi, Sayre e Linca ci stavano osservando, il primo con un’espressione indispettita, la seconda con un gran sogghigno, ed entrambi con l’aria di chi è lì già da un po’.

 “E per tua informazione, no, posso compatire questa sfortunata signora che è stata in qualche modo sciolta con dell’acqua, ma non condividere la sua sorte. Sono un comune essere umano, dopotutto, e non ho all’acqua reazioni diverse dalle vostre” proseguì lui, tranquillissimo.

 “L’ultima volta che ci siamo beccati un temporale fuori casa ho sentito letteralmente tre ore di lamentele ininterrotte”

 “Non è quello il punto. Il punto è che, se voi tre state per chiedermi da quanto tempo io sia qui, o come sia arrivato …”

 “Esattamente” lo interruppi, con lo sguardo più freddo che mi riuscì.

 “Ricordatevi che questa è una celebrazione pubblica. Tutta Alcanta cercherà di essere qui, anche solo per pochi minuti: per assistere alla cerimonia, per poter fare bella figura dicendo di esserci stato, o, nella stragrande maggioranza dei casi, per accaparrarsi cibo senza pagare. E chi lavora al palazzo è abbastanza rispettato per non avere guardie che gli ordino di fare spazio ad altri dopo poco”

 “E noi eravamo così concentrati che sarebbe potuta arrivare Llyra in persona e non ce ne saremmo accorti” sospirai.

 “Spero che vi serva di lezione. Bei discorsi in codice, comunque: fossi stato estraneo ai fatti, non avrei capito nulla”

 “Grazie, sentivamo un bisogno indispensabile della tua approvazione” ribatté Corinna, fulminandolo con lo sguardo.

 “Di nulla” rispose lui con un sorriso.

 “Che sei venuto a fare qui?”

 “Ma a godermi la festa, come tutti. E portare i miei rispetti al nuovo tramite della Grande Madre con noi poveri mortali”

 Ebbi la sensazione che mi si stessero rivoltando le viscere. Dopo quello che aveva fatto, aveva la faccia tosta …!

“Lo stesso trucco non funzionerà due volte. Giuro che piuttosto che permetterti di usarmi come un pupazzo per distruggere la vita di uomini devoti, io mi ammazzo”

 Il sorriso di Sayre, da sereno che era, divenne vagamente malizioso. “Uomini devoti. Me ne ricorderò, ma temo che questo sia un discorso per un altro giorno. Piuttosto, per qualcuno che ama tanto l’idea di ‘dovere’, sembri singolarmente avverso a quella di ‘responsabilità’”

 “Come?”

 “C’è Yzda che salta come se avesse bevuto una pinta di latte di Shillqui” ci avvertì Linca. Spostai lo sguardo, ed effettivamente vidi il farmacista che saltellava facendo cenno di avvicinarsi, mentre Alasu guardava a terra, alquanto mortificata.

 “Non disturbatevi, sta chiamando me” sospirò Sayre. “Scusatemi, ma devo andare a prendermi cura di una faccenda. Godetevi la festa”

 Si defilò con la sua schiava al seguito. Noi tenemmo lo sguardo fisso su di loro.

 “Secondo voi cos’ha a che fare quello stronzo con i farmacisti?” mormorò Corinna.

 Qillalla alzò un sopracciglio. “Sei molto amica di quella ragazza?”

 “Che …”

“Simay!” Capac sbucò dalla folla, afferrandomi per un braccio. “Corri, sta per iniziare la cerimonia. Ci servi nelle linee dei novizi”

 Mi ero quasi dimenticato di cosa eravamo lì a fare! Salutai frettolosamente le ragazze, e presi il mio posto, dentro al Tempio, nel recinto interno dedicato ai Sacerdoti e ai novizi, dietro ai miei superiori. Era stato tutto predisposto con ordine: piante sacre sull’altare sistemate ai lati di un tripode per bruciarle in sacrificio. Un gruppo di musici iniziò a suonare un inno ad Achesay, la folla si zittì, per iniziare a sciamare (i pochi tra i nobili e i ricchi che riuscirono a farsi spazio) all’interno del Tempio, o fu costretta a rimanere fuori.

 Da una porta laterale entrò Waray, scortato da altri Sacerdoti di alto rango, con indosso una semplice tunica nera. Tutti si inginocchiarono, meno l’Imperatrice; nel chinarmi, colsi l’espressione di quello che era stato il mio maestro e me ne sorpresi molto. Erano piccoli cambiamenti nella sua espressione solitamente pensosa ai limiti dell’apatia, ma i suoi occhi parevano brillare, le labbra erano tese come se stesse cercando di sopprimere un sorriso. Non era una grande emotività, ma era la maggiore che avesse dimostrato da quando lo avevo visto per la prima volta. Era solo naturale, mi dissi. Chiunque sarebbe stato emozionato al pensiero di assumere un simile servigio per la Grande Madre.

 Waray avanzò fino a trovarsi esattamente davanti all’altare, ove si inginocchiò davanti alla statua della dea.

 “Il consiglio degli uomini mi ha eletto, o dea, come tuo sommo rappresentante su questa terra” esordì con la formula rituale. “Signora e Madre di tutte le cose, il giudizio dei tuoi figli è imperfetto, la nostra natura ottenebra la giusta ragione: mai un mortale potrebbe raggiungere in saggezza un dio. Eppure, così è stato deciso; questo il dovere che i tuoi figli che ti venerano hanno imposto sulle mie spalle. Posso solo supplicarvi, mia signora, di avere compassione di me e assistermi nel mio servigio, sopperendo con la vostra natura sublime le mancanze della mia sì limitata. Come la madre che guida il figlioletto mentre muove i primi passi è per tutti una buona madre, e le azioni del fanciullo prima e dell’uomo poi le renderanno onore, così voi guidatemi in questa vita che consacro a voi, così che i miei atti possano sempre esaltare la vostra gloria”

 Si alzò in piedi, afferrando la fiaccola accanto all’altare. “Eccovi la prima offerta di questa mia nuova vita come vostro tramite con il resto dei vostri figli” Appiccò il fuoco alle erbe. “Accetta, madre, l’umile omaggio dei tuoi figli”

 “Accetta, Madre, l’umile omaggio dei tuoi figli” ripeté l’intera congregazione, io con loro.

 Le fiamme si levarono subito alte e vivide, il profumo delle erbe riempì il luogo santo: l’offerta era stata accettata. Waray era stato accettato come Sommo Sacerdote.

 Lasciai un piccolo sospiro di sollievo. Perché l’avevo trattenuto? Avevo temuto che qualcosa sarebbe andato storto?

 I Sacerdoti che lo avevano accompagnato all’altare gli si accostarono e deposero sulle sue spalle il mantello dai colori della terra che era stato di Pacha. Waray si voltò a guardare tutti, e i presenti nel Tempio si inginocchiarono, questa volta a lui, nuovo rappresentante della volontà di Achesay nel mondo dei mortali. Un paio di attendenti infilarono con discrezione la porta, per avvertire chi era rimasto fuori che la consacrazione era avvenuta e intimare che si inginocchiassero a loro volta. Chissà se l’avrebbe fatto anche Sayre, per salvare le apparenze.

 I musici si lanciarono nell’esecuzione di un nuovo inno, uno che solitamente si usava nelle cerimonie di buon augurio per le messi, ma era stato reputato adatto a tutti i nuovi inizi, come in questo caso. Il suo tono gioioso me ne fece ben capire il perché, e mi ritrovai incredibilmente sollevato, e felice, nel cantare con tutti gli altri. Sarebbe andato tutto bene, era quello che sembravano dire le parole.

 Questa sensazione di felicità e benessere si protrasse per tutta la durata del canto; poi la musica cessò, e si diffuse il silenzio: la congregazione aspettava per il primo discorso del nuovo Sommo Sacerdote. Mi sporsi appena, per un’occhiata migliore al volto di Waray: il suo sorriso era più marcato, ora, lo sguardo negli occhi più fiero e soddisfatto.

 L’avrei detta quasi un’espressione di trionfo, che mal si accordava all’umiltà dinnanzi al divino richiesta dalla sua posizione … ma la volevo smettere di pensar male di quel pover’uomo? Prima criticavo le sue doti di insegnante, adesso speculavo sulle sue espressioni di neoeletto Sommo Sacerdote. Aveva ben diritto ad essere felice di poter dare un servigio così grande ad Achesay, no? Semmai ero io il superbo, per sentirmi in diritto di giudicare qualcuno che era stato manifestamente approvato dalla dea. Credevo il mio giudizio superiore al suo? Quello che dovevo fare era prestare attenzione, e dare a Waray la stessa ammirazione e obbedienza che avevo dato a Pacha (con risultati migliori, speravo).

 L’uomo si schiarì la voce. “Questo giorno mi consacra come primo tra i servi della grande Achesay; incarico che porterò con me fino al giorno della mia morte o quello in cui, come già in altri casi avvenuto, ne sia ritenuto indegno”

 Il silenzio dell’assemblea fu rotto da qualche colpetto di tosse, addirittura qualche bisbiglio subito zittito. Mi dispiacque per Waray: quasi di sicuro aveva detto quella frase con completa innocenza, ma il ricordo di Pacha, di quanto fosse stato amato e benvoluto da tutti, e delle circostanze del suo esilio erano ancora fresche nella mente di tutti. Purtroppo la devozione non faceva per forza un gran diplomatico.

 “Affronto questo incarico con una grande consapevolezza: che la fede si è affievolita. Il mio predecessore è stato un uomo buono e misericordioso, ma spesso la misericordia, invece di invitare gentilmente alla rettitudine morale, ne favorisce la mollezza. Siamo stati troppo docili con i peccatori: ricordate, tutti voi, che d’ora in avanti la bestemmia contro gli dei avrà un grave prezzo. Siamo stati troppo docili con chi metteva in discussione la nostra autorità: tutti voi, ricordate che d’ora in avanti la protesta contro il Tempio sarà protesta contro la dea”

 Sentii un mormorio fuori: sospettai che gli artigiani lesi da quel famoso errore nelle distribuzioni non fossero molto entusiasti di questo discorso. Mi sembrava che tutti, qui in giro, non fossero entusiasti di questo discorso: di nuovo, Waray non era un diplomatico, e forse far sì che le sue primissime parole come Sommo Sacerdote fossero di condanna forse non era un’idea delle più brillanti.

 “E siamo stati troppo docili anche con noi stessi. Noi richiediamo rispetto, ma dobbiamo, a nostra volta, non esaltarci nell’arroganza. Il mio predecessore ha fatto molte incaute concessioni: abbreviare il noviziato di giovani che lui riteneva meritevoli, concedere a giovani anche di umili origini la speranza di poter accedere a una carica quale il maestro dei novizi, solo perché li riteneva dotati di una devozione superiore”

 Al mio fianco, sentii Capac irrigidirsi. Oh … aveva detto queste cose apposta per lui? Non avevo mai sentito di arrangiamenti particolari tra lui e Pacha, ma li ritenevo possibilissimi e anche giusti: Capac si era realmente mostrato un vero devoto. Ma Waray lo credeva un superbo …?

 “Non vi è modo a un uomo, anche al rappresentante della dea, di conoscere ciò che vi è davvero nel cuore di un altro uomo. Le convinzioni di un Sommo Sacerdote sono passibili di errore come quelle di qualsiasi altro uomo. Il nostro Impero è dotato di una struttura sociale ben consolidata, tramandato dai nostri padri, che ha sorretto la nostra potenza da tempo immemorabile: perché sovvertirlo? Salvo rare eccezioni, contadini e artigiani non sono, per loro natura, capaci di amministrare il potere: se ne ricevono in misura superiore a quanto sia loro lecito, si insuperbiscono e si corrompono. Noi non accetteremo corruzione all’interno del nostro Tempio. La Grande Madre saprà riconoscere i suoi devoti, e premiarne il valore dell’animo quando si saranno congiunti a lei nel mondo degli dei; nel frattempo, non induciamo in tentazione con il potere quelli che sarebbero uomini buoni”

 Non sapevo come sentirmi nei confronti di quel discorso. Da un lato, lo approvavo. Il potere era cosa da non affidare ciecamente: era un elemento di corruzione sufficientemente valido perché l’Incendiario lo avesse reso parte integrante della sua strategia. Se qualcuno nasceva senza potere, e improvvisamente lo riceveva senza alcun merito, avrebbe potuto credere a una sua superiorità intrinseca su quelli che fino a un istante prima erano i suoi pari, e avrebbe finito con l’abusarne in un modo che se fosse rimasto un uomo umile, egli sarebbe stato il primo a condannare.

 D’altro canto, qui non si stava parlando di regalare ciecamente potere: si stava parlando di affidarlo a chi si era dimostrato in grado di riceverlo. Stavamo parlando di devozione, e anche se Waray era molto umile ad ammettere che anche il Sommo Sacerdote poteva sbagliare in merito, io mi ero fidato abbastanza che Pacha fosse in grado di discernere chi era già consacrato alla dea nel proprio cuore da chi lo era soltanto come formalità.

 Ma che ci pensavo a fare? Waray era il Sommo Sacerdote. Era più anziano di me, più esperto di me, e soprattutto la dea aveva scelto lui, non certo me, per rappresentarla. Da quel momento, la sua parola sarebbe stata per me indiscutibile quanto quella della Grande Madre. Se avessi iniziato a dubitare, se avessi iniziato a credere il mio giudizio superiore a quello di un dio, quanto mi ci sarebbe voluto a cedere a Sayre? Non volevo scoprirlo.

 Il sermone, intanto, continuava. “Ma l’eccessiva debolezza non è stata l’unica delle nostre colpe. Siamo anche stati indifferenti. Siamo stati indifferenti alla condotta del popolino nelle loro umili case, dei potenti nei loro grandi palazzi, dei Sacerdoti nei santi Templi di altri dei”

 Cosa? Era accettabile che volesse che il culto di Achesay avesse un ruolo più prominente nella vita di tutti gli abitanti di Tahuantinsuyu, ma immischiarsi negli altri Templi? No, forse non era un immischiarsi, forse voleva trovare un maggiore accordo e coinvolgimento nelle rispettive celebrazioni, o qualcosa di quel genere, se solo avesse continuato il suo discorso in modo più sciolto …

 “Che la vita del laico sia costantemente preda del vizio e della corruzione, questo è ben noto. Ma poco si è riflettuto sul vizio e sulla corruzione che possono dominare i Sacerdoti di un dio, e ammorbando un intero culto; e quando questo avviene, cosa possano fare i Sacerdoti di altri culti. Gli dei non sono immuni alla corruzione: Sulema era la figlia perfetta del Supremo Achemay, creata da lui solo, ma ciò finì per insuperbirla e renderla folle di odio, abbattendola infine al di sotto di tutti gli dei e di tutti i mortali” e chissà cosa stava pensando, proprio là fuori. “Un Sacerdote è ancora più fallibile; un intero culto può deviarsi e smettere di rendere onore al dio quanto crede. Contro Sulema agì un’altra dea, la grande Chicosi, e Achemay stesso sancì la sua condanna. Contro dei Sacerdoti, chi meglio può agire se non dei Sacerdoti? Noi vediamo molte cose che fanno vacillare i Templi. Il culto delle Datrici di Morte di Qisna ormai non è altro che un bordello infame; il culto di Achemay è padrone assoluto e superbo nella capitale, ma concentrato sul suo potere qui lascia che i suoi Templi nel resto dell’Impero cadano nell’incuria e i suoi ministri nella sregolatezza; il culto di Pachtu ha, ormai da molto tempo, ufficializzato la trasgressione all’ordine sociale, ammettendo che miseri schiavi abbandonino la posizione di servitù che gli dei hanno loro consegnato per elevarli a membri dei loro ranghi”

 Le prime parti del suo discorso erano state accolte dal silenzio: un silenzio confuso e spiazzato, a giudicare dai volti degli astanti. Questo si era protratto fino a quando Waray non aveva lanciato le sue accuse contro il culto di Achemay: se le Datrici di Morte di Qisna erano una piccola setta molto malvista, ora si tirava in ballo in culto del dio supremo, antenato della stirpe imperiale, i cui Sacerdoti erano quelli che probabilmente avevano più importanza all’interno della corte.

 Davvero erano colpevoli di essere troppo concentrati su questo potere? Più un tempio distava da quello principale ad Alcanta, più diventava difficile controllarlo, con il rischio che si diffondessero eresie o i Sacerdoti cadessero nella dissolutezza; ma mi risultava che fosse un problema comune a tutti i culti, non a quello di Achemay nello specifico. Perché Waray aveva scelto di biasimare un culto particolare, invece di promettere migliori controlli sui templi di Achesay nelle regioni più lontane dell’Impero?

 Il bisbiglio aumentò in un vero e proprio vocio, più insistente, ma nei limiti del tollerabile, di cui erano responsabili in particolare i rappresentanti dei Sacerdoti del Sole, e quei nobili che, più vicini alla famiglia imperiale, davano particolare importanza al loro antenato. Llyra, invece, che pure ne era la discendente più diretta, non aveva proferito verbo o battuto ciglio: fissava Waray con un’espressione di assoluta calma ed educato interesse che aveva mantenuto fin dall’inizio della cerimonia.

 Che stava pensando? Di sicuro ci sarebbero stati scontri, lei avrebbe dovuto dirimere liti tra sacerdoti, forse anche tra il popolo, notoriamente più rissoso e pronto a cadere nel disordine, come faceva a restare così calma?

 Questi pensieri furono bruscamente interrotti dall’ultima parte del discorso. Come? Waray voleva opporsi alle politiche del Tempio di Pachtu? Ma non aveva senso! Sarebbe andato contro ai precetti del dio: tutti gli esseri viventi erano uguali innanzi a lui, e tutti dovevano avere il diritto di servirlo, se così desideravano! Questa non era una corruzione successiva, era parte dei fondamenti del culto stesso! E lui era il Sacerdote di un’altra dea, che diritti credeva di poter avanzare? E Corinna, cosa ne sarebbe stato del suo sogni di diventare Sacerdotessa?

 Il Tempio di Achesay era potente e influente, in un’eventuale disputa contro quello di Pachtu non sarebbe rimasto senza sostenitori. Specie se queste erano le parole del Sommo Sacerdote. Io poi avrei dovuto lottare per una causa opposta alla sua, non potevo farlo, dopo tutto quello che aveva fatto per me …!

 No, che idiota. Non dovevo disobbedire al Sommo Sacerdote. Di nuovo, lui era stato scelto dalla dea. I suoi sacrifici accettati, da lei che sapeva prima di tutti noi cosa meditava nel suo cuore. E questo poteva significare solo che Waray era nel giusto. Forse ciò che sarebbe successo sarebbe stato lo specchio sul piano umano di una disputa tra Achesay e Pachtu, ma io non potevo giudicare chi tra due dei avesse ragione. Io avevo giurato la mia lealtà e devozione alla Grande Madre, e non sarei mai, per nessuna ragione, venuto meno al giuramento con cui ero diventato novizio. Fino a un istante prima mi ero impegnato per dare a Corinna la possibilità di diventare Sacerdotessa; ora mi sarei battuto per l’esatto opposto.

 No, non ne ero felice. Avrei voluto essermi solo mosso prima, che Corinna per ora fosse già novizia, dove sarebbe stato più difficile attaccarla! La sua brutta situazione era colpa mia, ma non potevo fare nulla per rimediare. Avrei voluto che di tutte le parole che Waray avrebbe potuto proferire, quelle fossero state le ultime.

 Ma questo suo ordine era un ordine della dea. Noi eravamo mortali, i suoi figli che le dovevamo rispetto e obbedienza. Era questo che significava essere Sacerdoti: sacrificare alla dea tutto quello che dovevamo, inclusi i nostri ideali e quello che avremmo desiderato per le persone a noi care. Corinna stessa, se davvero voleva diventare Sacerdotessa per devozione e non per sfuggire alla schiavitù, lo avrebbe capito. Sarebbe stata una devota seguace di Pachtu anche da laica, e il dio l’avrebbe compensata alla sua morte. Avrei capito il suo dolore all’inizio, ma non si poteva fare diversamente.

 Il mio sconvolgimento mi aveva impedito di prestare la dovuta attenzione a ciò che accadeva intorno a me. Il Tempio era letteralmente esploso nelle discussioni: se quello che Waray aveva detto fino a quel momento era condivisibile, la sua ultima frase doveva apparire incomprensibile.

 Gli attendenti dovettero darsi il loro daffare a calmare gli astanti, in particolare la rappresentante inviata dal Tempio dei Fulmini, che protestava con … veemenza, per dirla in parole che rendessero giustizia al suo rango. Mi ritrovai a pensare che forse Corinna non sarebbe stata così fuori posto come Sacerdotessa, in mezzo a loro – un pensiero che castigai subito: non dovevo pensare a ciò che andava contro la volontà della dea.

 Restare calmo e composto. Waray aveva ragione. Non potevo permettermi di pensare diversamente. Se avessi iniziato a dubitare degli dei … Sayre era proprio là fuori. Quanto ci avrei messo a cedere alle sue lusinghe? No, io di tutte le persone non potevo muovermi dalle mie posizioni. Non potevo, non dovevo, non importava quanto mi sembrasse di sentire le proteste di Corinna anche da là fuori.

 Waray parlava di nuovo: dettava i termini delle richieste che sarebbero state inviate agli altri Templi e all’autorità imperiale. Il rappresentante di Achemay lo fulminò con lo sguardo, la rappresentante di Pachtu quasi ringhiò, la rappresentante di Qisna e l’Imperatrice rimasero, ognuna a modo proprio, impassibili.

 Dovetti sforzarmi per seguire il resto del discorso: più quello che mi aspettavo da un discorso del nuovo Sacerdote: benedizione alla coppia imperiale, specie la sovrana gravida; promesse di sostegno agli artigiani che traevano i propri materiali dai doni di Achesay; promesse di mutuo scambio con i contadini, che dalle risorse della madre avrebbero provveduto il nutrimento per tutto l’Impero. Ormai riuscivo solo a capire a grandi linee: come avrei affrontato Corinna, una volta uscito da lì? Come l’avrebbe presa? Come avrei potuto confortarla? Mi avrebbe ancora aiutato?

 No, quello era un pensiero egoista. Già non avrei dovuto avere di quelle riflessioni durante il discorso, figuriamoci pensieri ancora più indegni.

 La ripresa degli inni festanti dei musici mi segnalò la fine del discorso e l’inizio della celebrazione. Il nuovo Sommo Sacerdote si recò fuori, ad esporsi alla vista anche del popolo, seguito via via dai Sacerdoti più importanti, da quelli più umili e infine dai novizi. La corte imperiale, Llyra compresa, solo ed esclusivamente per queste occasioni doveva camminare dietro di noi.

 L’accoglienza che ci attendeva non era quella esultante che avrei immaginato. Certo, persone come contadini e certi artigiani festeggiavano, ritenevano che controversie con i gemelli della vita e della morte non li toccassero, e forse pensavano che castigare il culto deviante di Achemay avrebbe ricevuto l’approvazione del dio; altri, non sembravano condividere la loro opinione.

 La mia attenzione fu calamitata da un gruppo di schiavi che discuteva animatamente, alcuni agitandosi come in preda al morso di un serpente, altri addirittura in lacrime, altri urlanti di rabbia: tra loro c’era Corinna. Appena la ragazza mi vide, marciò spedita verso di me. Cerimonia terminata, avrei potuto parlare con chi volevo … mi preparai alla sua ira.

 “Che cazzo è questa storia?!” furono le prime parole che le uscirono di bocca. “Quel coglione all’ingresso si è sbagliato a riferire il messaggio? Che c’entra il vostro Tempio, che diritto ne hanno, che …”

 “Calmati” mi sorpresi io stessi di quanto freddo suonassi. Non era quello che volevo, ma come potevo spiegarmi in altro modo? “Mi dispiace. Non avevo previsto che questa sarebbe stata la volontà della dea …”

 “La volontà della dea un paio di palle! Perché Pacha non ha mai detto niente di simile, sentiamo!”

 “Noi non siamo nessuno per mettere in discussione i rappresentanti degli dei”

 “Sì, ma questa è una cazzata. Quello era classista fin dall’inizio, lo si capisce come parla! Sta rappresentando sé stesso, non la tua adorata dea”

 “La Grande Madre lo ha scelto, tu non hai visto che la sua offerta è stata accettata, te lo assicuro io …”

 “Senti, a proposito di te …” per la prima volta da quando la conoscevo, lo sguardo che mi rivolse fu puramente angosciato. “Tu non stai sostenendo questa … cosa? Cercherai di ficcare un po’ di buonsenso nella zucca di quell’idiota?”

 “Non posso farlo!” mi sfuggì subito. Chi si ricordava la diplomazia, dopo una richiesta così oltraggiosa. “E’ lui che rappresenta la dea, non io. Seguirò la sua volontà”

 “Ma che cazzo …” Corinna guardò a terra. Sembrava così persa e spaventata, come se avesse visto realizzarsi un incubo. Davvero non potevo fare nulla per lei? No, per le stesse ragioni che le avevo appena detto! “Vaffanculo. Vai … mi fai davvero dare ragione a quella merda di Sayre? Sei completamente sottomesso agli dei, hai buttato nel cesso la tua stessa capacità di pensare. Io ho rischiato la pelle per te, tu non vuoi rischiare una brutta figura con i tuoi superiori!”

 Precisamente quello che avevo temuto. E non potevo neppure darle torto. Fossi stato una persona più blasfema, avrei criticato la dea, chiesto perché avesse scelto di mettermi contro una delle uniche due persone che potevano davvero fare qualcosa per aiutarmi, che razza di prova doveva essere … ma no, non potevo mettere in discussione nulla.

 “E’ la volontà della dea” non potei fare altro che replicare. Ed era la pura verità, per quanto potevo capire.

 Corinna alzò gli occhi di scatto, uno sguardo così furioso che quasi mi spaventò. “E va bene, seguila, la tua dea. O meglio, continua a leccare il culo acriticamente a tutti quelli che ti dicono di seguirla. Già che ci sei, chiedile di passarti informazioni su quello che succede a palazzo. Perché stai solo fresco se ti aspetti che io ti faccia da schiava”

 “Tecnicamente, in effetti, saresti …” si intromise Qillalla.

 “E vai a fanculo pure tu, con la tua puzza sotto il naso. Per tutte le arie che ti dai, hai mai fatto qualcosa di davvero utile?”

 “Non mi sono fatta usare dall’Incendiario”

 “No! E allora inizia ad alzare il culo, principessina! Poi voglio vedere, se ve la caverete bene come prima!”

 Si voltò di scatto e marciò via, pestando forte i piedi sul suolo. Avrei dovuto seguirla, cercare di confortarla … ma non avrei potuto fare davvero nulla per lei. Aveva deciso di rompere il nostro accordo, e per quanto mi dispiacesse, per quanto potessi perfettamente vedere le sue ragioni e desiderassi fare qualcosa per aiutarla, magari era meglio troncare ogni legame del tutto.

 “Ecco la grande, nobile e disinteressata aspirante sacerdotessa” commentò Qillalla, mettendomi una mano su una spalla. Non era appropriato, ma non ci pensai subito. “Non è una cosa bella, ma nel Tempio di Pachtu molti schiavi vedono solo la strada per la libertà. Se questa è la sua reazione, lei è probabilmente una dei loro. E’ meglio così, magari Achesay voleva terminare questa tradizione proprio per questo”

 Sarebbe stato bello crederci, ma come esserne sicuro? La reazione di Corinna poteva essere sia quella di una schiava che si vedeva sottrarre la via di fuga, sia di un’aspirante Sacerdotessa che si vedeva sottrarre la possibilità di adorare il suo dio.

 “Forse hai ragione” fu tutto quello che potei concedere al tentativo di Qillalla di confortarmi. Alzai gli occhi da terra con un sospiro, pronto a far finta che andasse tutto bene e riprendere i miei doveri di assistenza ai Sacerdoti più anziani.

 La prima cosa che vidi fu Sayre, tranquillamente appoggiato al muro di fronte a me, che sorseggiava chomwa da una ciotola con un sorriso distratto. Si accorse del mio sguardo, mi sorrise, e alzò appena la ciotola come in un brindisi.

 Tornai a guardare il suolo.

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

Ladies & Gentlemen,

come promesso, ecco un capitolo piuttosto importante, le cui conseguenze si faranno sentire per tutta la prima parte della storia. Cosa ne pensate di Waray? E del comportamento di Simay?

Per quanto riguarda lo spin-off: siccome ho ricevuto due votazioni (grazie Spettro94 e Old Fashioned), ognuna delle quali sceglieva un’opzione diversa, la decisione finale è stata affidata al lancio di una moneta: è risultata vincitrice l’opzione 2, lo spin-off su Etahuepa e Simay. Il primo capitolo uscirà in concomitanza con il prossimo di questa storia. Le opzioni perdenti, invece, riceveranno una seconda possibilità nel caso la storia dovesse arrivare a 200 recensioni, insieme a una nuova proposta.

Detto questo, chiudo ringraziando tutti i lettori e soprattutto i recensori!


  
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