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Autore: Tame_san_03    19/08/2018    1 recensioni
La storia è ambientata dopo la sconfitta di Voldemort. I ragazzi tornano a scuola per il loro ultimo anno (molti di loro, come Harry, Hermione e Ron recuperano l’anno che hanno saltato). Ci saranno lacrime, gioia e ansia per gli esami finali, ma soprattutto ci sarà tanto tanto amore...
I personaggi non sono di mia proprietà ma appartengono alla scrittrice J. K. Rowling.
Questa è la mia prima storia che pubblico su Efp, fatemi sapere cosa ne pensate. Un bacio, Chiara
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Luna/Neville, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Verso le tre di notte Hermione cominciò ad agitarsi nel sonno, apriva gli occhi di colpo e li richiudeva subito come se non fosse successo nulla di strano, tremava leggermente sotto le braccia del fidanzato e aveva la fronte sudata come se avesse corso una maratona. Fuori la pioggia si era trasformata in tempesta, con alcuni momenti di sfogo assoluto in cui i vetri non era più rigati dalla pioggia, ma picchiati dalla grossa grandine, che con il suo rumore si insinuava nel sonno già molto leggero di Hermione.

“Ron...” sussurrò lei svegliandosi, senza riuscire a scandire bene le parole per la voce impastata dal sonno.

Il rosso non rispose, continuando a emettere un leggero russare come aveva sempre fatto. Hermione però non si stupì: aveva sempre saputo che Ron aveva il sonno pesante, che appena toccava il morbido tessuto delle coperte si addormentava immediatamente e che da quel momento entrava in un letargo da cui era praticamente impossibile svegliarlo.

Tuttavia la ragazza aveva assolutamente bisogno di parlare con qualcuno.

“Ron?” ripetè tentando di muoverlo un po’ dalla posizione in cui era.

Non riusciva a vederlo negli occhi, lui le abbracciava i fianchi da dietro e lei si accorse di stare un po’ scomoda a causa dell’eccessivo peso di Ron scaricato in parte sulla sua schiena. Gli diede una gomitata in pancia, ma lui non parve esserne infastidito.

“Mmmh” lo sentì grugnire lei.

“Non riesco a dormire”

Si ricordò solo in quel momento che si trovava nel dormitorio maschile. Si alzò leggermente, si guardò intorno preoccupata, convinta di vedere delle figure avvolte nelle coperte degli altri letti, ma rimase stupita nel constatare che, oltre a loro, non c’era nessuno.

“Dove sono gli altri, Ron?” chiese voltandosi verso il fidanzato “Per favore svegliati”

Lui si stiracchiò con i suoi soliti modi pochi eleganti e aprì finalmente gli occhi.

“Mh?”

“Certo che non riesci proprio a non parlare a monosillabi” commentò Hermione con un sorriso.

Ron non diede ancora nessun segno di voler riprendere coscienza, infatti alla battuta della ragazza non mosse un dito.

Un fulmine fuori dalla finestra attraversò il cielo spaccandolo a metà. Il lampo di luce illuminò la camera del dormitorio maschile e le iridi castane di Hermione. Lei ebbe l’istinto di stringersi nelle coperte ma optò più per le braccia di Ron, che, anche nel sonno, non mancò di circondarle i fianchi.

“Tranquilla, dormi. È solo un temporale”

La ragazza si voltò e alzò lo sguardo per incontrare quello del rosso, che si era finalmente svegliato. Lui si passò una mano tra il ciuffo di capelli spettinati e sbadigliò.

“Ci ho provato” rispose Hermione.

Non ci fu bisogno di specificare il motivo della sua notte insonne.

L’immagine del brutto volto pallido, incavato e piatto del Signore Oscuro non smetteva di tormentare i ragazzi più grandi, quelli che avevano combattuto la battaglia e avevano visto i loro compagni cadere sotto tradimenti e maledizioni senza perdono. I sogni venivano popolati dai volti insanguinati, spenti e senza vita del professor Lupin, di Tonks (tra gli studenti rimbombava ancora nelle orecchie la sua voce che intimava di non chiamarla Nymphadora), di Malocchio e... di Fred. Lui era quello di cui si sentiva di più la mancanza nelle vite dei compagni. Nei corridoi molte volte si sentivano ancora i nomi dei due gemelli più divertenti di Hogwarts, ma al ricordo delle loro bravate tutti si fermavano, smettevano di parlare e, rendendosi conto che uno di loro non abitava in altri luoghi che non fossero i cuori delle persone che gli avevano voluto bene, abbassavano lo sguardo in segno di lutto, soprattutto se in quel momento passava accanto a loro Ron, o Ginny.

Hermione, al pensiero di quegli incubi, scoppiò a piangere silenziosamente, cercando di non farsi notare dal ragazzo accanto a lui: non voleva fargli ricordare il fratello, già causa di molte sue lacrime nascoste.

“Come fai?” chiese cedendo alla tentazione di parlare.

“A fare cosa?”

Ron si posizionò in modo tale da avere il proprio viso di fronte a quello di Hermione, ancora abbassato per non mostrare gli occhi lucidi e arrossati.

“Insomma, non ci pensi? O lo fai, ma dato che hai poco tatto, queste cose non ti smuovono per nulla...”

“Hermione, calmati” disse lui dolcemente, sollevandole il mento con le dite “Ti prego non piangere”

“Perché non posso?! Tutti quelli che ci hanno aiutato, sostenuto e affiancato sono morti! Cosa facciamo ora? Da chi andremo dopo la scuola, chi ci guiderà nel nostro futuro?! I miei sono ancora in Australia e non sanno nemmeno che hanno una figlia!”

Il suo respiro era affannato, agitato, come se qualcuno gli stesse dando continui pugni alla schiena per farle sollevare il petto. Aveva urlato, alle tre di notte, lo sapeva, ma non gli importava di essere stata così dura, nemmeno con Ron: erano settimane che questi pensieri le avvolgevano il cervello, la stritolavano e le provocavano un gran mal di testa, e non vedeva l’ora di gridare al mondo intero.

“Non urlare, sveglierai tutti, Hermione” rispose il rosso nel modo più pacato possibile.

Hermione lo guardò, non più con l’espressione con cui aveva lasciato andare quelle parole amare, ma con una tristezza che sembrava volerlo sgridare per non averla assecondata.

“Non ti importa nulla, vero? A te basta essere sopravvissuto”

“Cosa?”

“Ti basta essere tornato a casa da mamma sano e salvo” continuò con le lacrime agli occhi che cercavano di uscire e raggiungere quelle già scese e assorbite dalle guance della ragazza.

“Certo! Tanto non è morto nessuno! Siamo tutti e sette vivi e vegeti, vero?” sbottò Ron mentre le sue orecchie cominciava a essere sempre più in tinta con il colore dei suoi capelli. Gettò la testa in alto per evitare alle lacrime di fuoriuscire “Hermione cosa stai dicendo?” chiese dopo qualche secondo, che però gli bastò per ricomporsi.

“Non lo so!” urlò lei prima di buttarsi a capofitto su di lui e affondare il viso nella sua maglietta che ormai gli stava stretta di spalle “La colpa deve pur esser di qualcuno!”

“Lo sappiamo di chi è”

“Non lui, Voldemort è...”

“Non dir...” cominciò a interromperla il rosso, ma si accorse presto che quella era solo una sua abitudine che ora non aveva più alcun senso. Quel nome era sulla bocca di tutti ora, ed era una cosa stupida evitare di dirlo, non c’era più paura dato che era stato sconfitto, da loro stessi per giunta “Scusa, va avanti” sorrise.

Hermione fece altrettanto e proseguì con la sua frase: “Intendevo qualcuno punibile, che non è morto”

“Lucius”

“Si è pentito, era da un po’ che voleva passare dalla nostra parte”

“Ma non ne ha avuto il coraggio, se lui gli avesse detto che non lo sosteneva più, forse...”

“Voldemort avrebbe ordinato a Nagini di ucciderlo, glielo avrebbe dato come pasto e sarebbe stato ancora più vendicativo. Per non parlare del fatto che avrebbe ucciso anche il figlio”

“Poteva farci un favore allora...” commentò Ron inarcando le sopracciglia in un modo antipatico.

“Ron... davvero avresti voluto vedere Draco morire?” chiese lei gentilmente, guardandolo dal basso verso l’alto con un’espressione di rimprovero che al rosso ricordò tanto sua madre quando lo scopriva a fare qualcosa che non doveva.

“Sempre meglio lui che Fred, no?” rispose il fidanzato incupendosi, distogliendo lo sguardo da lei e posandolo sul soffitto di legno.

I due ragazzi erano ancora distesi sul letto di Ron, immobili, le braccia di lui le circondavano le spalle, le mani di Hermione incontrarono quelle del rosso e intrecciarono le dita con le sue.

“Certo...” fece lei dopo qualche secondo di silenzio “Ron, mi dispiace”

“Per cosa?”

“Per tutto, per averti urlato contro due minuti fa, per non essermi accorta prima che mi piacevi, per non aver accettato il fatto che eri così...così... te stesso, ti ho sempre criticato, per i tuoi modi rozzi e volgari e per quello che mangiavi a colazione, per non essermi fidata di te qualche volta...beh... molte volte, e perché quando te ne sei andato io... noi...” riuscì a dire tutto d’un fiato prima di cedere il posto alle lacrime che fremevano di uscire dagli occhi.

“Ti stai davvero scusando per cose di cui è colpa mia, solo mia? Herm, sono io lo stupido qui, sono io l’idiota”

“No! Ho sempre cercato e pensato di essere la migliore in quello che facevo, ma se avessi avuto più interesse per altre cose, oltre alla scuola, ai voti e allo studio, forse tutto questo non sarebbe successo”

“Allora io? Che mi sono sempre sentito un peso inutile che eravate costretti a trascinare ogni volta che ve ne uscivate con qualche scoperta, invenzione o anche solo un dubbio che volevate chiarire? Sono sempre stato io quello meno produttivo, quello più ingenuo e stupido”

“Non sei stupido, Ron. Tu ci sei servito, fidati, nei pochi giorni che abbiamo trascorso dopo te ne sei andato non abbiamo più fatto una risata come si deve, una vera, vivevamo tra ricerche, morti, tristezza e pericoli. Davvero Ron, credimi. Mi sei mancato un sacco, non c’era cosa che non mi faceva pensare a te. Poi, quando sei tornato, non sono riuscita a correrti incontro ma avrei voluto aggrapparmi al tuo collo e stare lì per sempre. Tu sei stato fondamentale” spiegò lei posandogli una mano sul petto e appoggiandoci poi anche la guancia.

“Anche tu, credi davvero che saremmo sopravvissuti anche solo un giorno senza di te? Non saremmo neanche riusciti a uscire di casa senza inciampare, l’ho detto a Harry, se vuoi chiediglielo è vero...”

“Lo so, me l’ha già detto” lo interruppe Hermione con un sorriso sulle labbra.

“Ah, quando?” chiese lui, rimasto interdetto. Aveva ancora la ragazza appoggiata al torace e sosteneva il peso di entrambi con le mani posate dietro di lui, sul materasso.

“Due giorni fa, quando siamo andati a Diagon Alley per prendere i libri di quest’anno. Ti aveva promesso di non dirmelo ma dato che siamo fidanzati non aveva più importanza. Comunque grazie, apprezzo davvero il complimento”

“Di nulla amore, è la verità” rispose “Riguardo ai tuoi genitori, troveremo un controincantesimo di Oblivion, tranquilla, non permetterò che tu rimanga sola”

“Non c’è problema per quello, so che ci sarai sempre almeno tu” concluse chiudendo gli occhi e cercando di riposare. Ron si distese e fece stare Hermione ancora sopra di lui, con le sue mani piccole che gli circondavano il collo e le spalle.

Erano ormai quasi le quattro quando entrambi riuscirono ad addormentarsi definitamente, abbracciati, uno accanto all’altro; entrambi con l’unica certezza che ci sarebbe sempre stato qualcuno, nel presente e nel futuro, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per non lasciarli soli.

L’ultimo pensiero di Ron, prima di abbandonarsi al sonno, fu cosa avrebbe detto Fred se lo avesse visto in quel momento: forse un “Finalmente fratellino!” o un “Era ora” ma anche solo la sua presenza sarebbe stata più che ben accetta.

   
 
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