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Autore: Marte97    19/08/2018    0 recensioni
Norma è una velenifera, un mostro potente, in grado si espandere intorno a sè esalazioni di veleno, ma ha ricevuto in dote un potere extra che lei chiama "imposizione": la capacità di far dire agli altri ciò che vuole, di poter imporre, appunto, la propria volontà. La sua famiglia è strana, altri cinque veleniferi che vivono con lei da che a memoria, ma che sembrano nascondere un terribile segreto. Sarà la dolce Colette il nemico interno? O forse Sarpedonte, così supponente e sempre di cattivo umore?
Mentre cerca di vedere chiaro ciò che accade nel suo piccolo mondo familiare perderà di vista bracconieri e frangiossa, i nemici dei veleniferi.
Norma, Norma, Norma, così alla ricerca della normalità si ritroverà in un vortice più grande di lei.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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I.
Uno, due, tre.
Ogni respiro era pura agonia, pura follia. Il cuore le pesava come un macigno, come un ammasso di ferraglia pieno di punti acuminati.
Uno, due, tre.
Prendere fiato per non impazzire, stringere gli occhi per non gridare.
Le capitava spesso, le accadeva quando usava troppo il suo potere extra: assorbiva tutto il dolore come una spugna e poi si ritrovava ad annegarci dentro.
Cercò di ricomporsi dinanzi allo specchio, cercando di darsi un aspetto più “umano”; fece sparire gli occhi rossi e mostruosi, si asciugò le lacrime color perla che le rigavano le guance e tutti gli altri accessori anatomici non ritenuti così “normali”.
Cielo la attendeva a braccia conserte fuori dal bagno « Ci hai messo un’eternità »
Norma aveva un grande senso dello scorrere del tempo e, pertanto, sapeva che non erano passati più di cinque minuti e mezzo « Sai che sono lenta ».
Per tutta risposta l’amica sbuffò.
« Mi ha già chiamato il tuo finto fratello » disse Cielo guardando il cellulare « dice che ti aspettano per pranzo ».
« Ma io non avevo intenzione di tornare per pranzo »
« Boh, mi ha detto che Margot ha cucinato anche per te e che sarebbe scortese se tu non tornassi ».
Quando varcò la porta di casa, Norma avrebbe voluto spiegare a Sarpedonte quale fosse il vero significato della parola scortesia; per esempio, dare buca a Cielo. Fu Colette ad andarle incontro nell’ingresso « Ciao tesoro! Come è andata? » chiese.
Gli occhi di ghiaccio della pseudo- sorella si ravvivarono di una luce nuova, allegra; era un po’ la mamma di tutti, rassettava casa, cucinava, stirava la biancheria. Colette era l’immagine rassicurante della famiglia, sempre truccata, sempre composta come una casalinga anni cinquanta, sempre in forma umana, mai mostruosa.
« Andava tutto alla grande prima che Sarpedonte mi facesse perdere il pranzo con la mia migliore amica » ribatté seccata.
« Oh tesoro, eri indispensabile qui. Margot è un po’ confusa, abbiamo paura che ci abbandoni sai ».
Margot era la loro copertura: una vecchia zitella grassoccia, con i capelli bianchi acconciati a riccioli, serviva a tenere in piedi tutta la baracca; firmava i documenti, pagava le bollette e mentiva per conto loro. Norma non era molto d’accordo dal punto di vista morale dell’inganno ma, quando aveva provato a muovere delle rimostranze, Sarpedonte le aveva detto chiaro e tondo ciò che più o meno le ripeteva sempre “la nostra morale è diversa da quella umana”.
Non era difficile notare un senso di moralità distorto, soprattutto se si guardava Colette baciare Ivan, suo fratello, l’amore della sua vita a detta sua, cosa che le aveva fatto guadagnare il soprannome mitologico di Biblide.
Quando scese al piano di sotto, Norma trovò Margot intenta a preparare una delle sue magiche frittate. Quella donna aveva la capacità di passare anche dieci ore attaccata ai fornelli.
« Norma cara, ciao »
« Ciao Margot »
« Cosa fai qui? » ecco la falla nel sistema. Margot doveva credere di vivere con loro, di essere una sorta di nonna adottiva in una casa famiglia.
Prese la donna per le spalle e la attaccò al muro, poi fissò i suoi occhi in quelli della vecchia, mentre le sue sclere diventavano rosse e le uscì una voce che non era sua, era più vellutata, più suadente, mentre le ripeteva tutto ciò che andava dimenticando.
Quando ebbe finito, la donna le fece un gran sorriso « Oh nipotina mia, buongiorno! »
« Buongiorno nonnina »
E, anche per questa volta, ce l’avevano fatta.
 
Si sedettero a tavola in silenzio. Se Colette, Ivan e Osiride apparivano in forma umana, Camille e Sarpedonte non ci provavano neppure. Le grandi ali da pipistrello bucavano le loro maglie, le sclere si coloravano del loro potere: nere per Sarpedonte, giallo zafferano per Camille, le guance di entrambi crepate di viola.
Colette li osservò con disappunto, da brava mammina di casa « Un po’ di creanza, siamo a pranzo ». Più o meno lo ripeteva ogni giorno e, circa sempre, nessuno dei due cercava di mostrarsi più umano. Se su Camille Norma nutriva dei dubbi, ovvero che per lei, per qualche ragione, potesse essere davvero faticoso mascherarsi, su Sarpedonte era sicura: lo faceva apposta, si comportava come un adolescente ribelle.
« E’ benzina quella? » disse invece Sarpedonte.
« Oh sì! Senza piombo » ribatté Colette piuttosto fiera.
Il pranzo si svolse fondamentalmente senza grandi discorsi; Ivan tubava con la sorella, Osiride leggeva le notizie dal cellulare e Norma fissava l’arrosto di tacchino con sguardo abbastanza vuoto. A fine pasto fu l’ora dei resoconti.
« Oggi i bracconieri non si sono visti né a nord né a sud. In compenso abbiamo un problema sul mare: i frangiossa ».
« Dobbiamo pagarli » esordì Norma alzandosi.
« Non abbiamo soldi e lo sai. Camille fa i doppi turni e la pensione di Margot ci serve per vivere. Non possiamo pagarli in eterno ». Ogni volta la stessa storia.
« Cielo abita sul mare: se prendessero lei? »
« E se prendessero un bambino due palazzi dopo? Non esiste solamente il tuo pupazzetto ».
Norma voleva terribilmente usare il suo potere, convincere Sarpedonte che pagare per salvare Cielo valeva la pena, al diavolo la morale ma, purtroppo, aveva una coscienza, ed usare l’imposizione sul suo pseudo- fratello non sarebbe stato corretto.
« Cosa hai intenzione di fare, eh?! »
Fu Osiride ad intervenire prima che anche le sclere di Norma diventassero di un altro colore « Quello per cui il sindaco accetta di coprire metà delle nostre falle: proteggere quelli che pagano ».
« Il padre di Cielo non paga quella tassa, Cielo potrebbe morire » stava urlando.
« Lo so Norma, lo so. Cercheremo di fare delle ronde anche lì come sempre » disse Osiride.
« No, non c’entra niente, no! » questa volta fu Sarpedonte ad urlare « noi non ci mescoliamo agli affari umani se non per tornaconto personale. Smettila di fare la bambina ».
A quel punto delle discussioni di solito avveniva sempre la stessa cosa: Sarpedonte spalancava gli occhi e se ne volava via dal balcone vicino, su, fino al tetto, e lì restava finchè Osiride non lo riandava a prendere. Proprio come un adolescente ribelle insomma.
   
 
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