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Autore: methamorphose    21/08/2018    1 recensioni
La storia di Gianluca, un ragazzo al primo anno di Medicina a Roma.Nuovi posti, nuova vita? O nuovi posti, stessa storia?
Dove finirà questa storia lo scopriremo solo leggendo.Storia dagli occhi di un'adulto, uno di noi che si trova a compiere scelte nella vita di tutti i giorni. (Con flashback in momenti inaspettati e in ogni capitolo)
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ero a casa di mio nonno. Gli volevo molto bene, ricordo solo questo. Era morto quando avevo quasi quindici anni e mezzo e dalla sua perdita non mi ero mai ripreso. Era la colonna portante della nostra famiglia e ogni estate quando ero piccolo la passavo con lui e la nonna. Non gli ho mai detto quanto gliene volessi, a dire il vero.
“Gianluca, che fai? Guardi la tv?”Mi fissa con il suo solito sorriso amorevole di sempre; da piccolo lo associavo a Paperon de’ Paperoni per il suo modo composto di essere. “Vieni a cenare! Su, è pronto!” La nonna aveva già messo il brodino in tavola, ne sentivo l’odore. Aveva perso suo figlio primogenito e da quel dolore non si era mai ripresa, ma i miei occhi di bambino di questo non se n’erano mai resi conto. Lui, a quarant’anni, li aveva lasciati senza che io ne sapessi quasi nulla di lui. Lei è morta una decina di anni dopo di Alzheimer.
Vado a tavola, mentre anche la nonna ha un sorriso da parte a parte, quasi con la voglia di mandarmi a fanculo. Con il suo solito modo di fare burbero, Rosa non si lasciava andare a tanti sentimentalismi.
Mi risveglio sul pavimento freddo con su un sorriso felice e sornione, mentre vedo un sacco di gente intorno a me, tra cui anche David. Mi fa male la testa e sento un peso sulle gambe. Non riesco a muovermi. Su di esse, la ragazza bionda con la maglia fosforescente che mi guarda con un fare tra il dispiaciuto e il preoccupata.
“Ehi, ci sei? Mi senti? Stai bene? Ehm..scusa se ti sono caduta addosso” mi dice.
Guardo lei e poi intorno a me un po’ confuso, come se non capissi cosa sta succedendo. Sento male un po’ dappertutto, dalle costole in giù fino alle caviglie.
“Ehm..non preoccuparti”, le rispondo, mentre tento di capire cosa stia accadendo e se mi fossi rotto qualcosa. “Sto bene,” le dico, mentre tento di ritrarre le gambe sotto di lei e di ricompormi. Prima stavo ballando fissandola ed ero tranquillo, poi lei è caduta dal palo di lap dance e..non ho visto che mi è caduta addosso da quanto stavo imbambolato! Mi alzo e le porgo la mano per aiutarla ad alzarsi. La sua chioma di capelli lunghi biondi è meravigliosa mentre, con fare deciso, accetta di buon grado e si rimette in piedi. “Tu, piuttosto..tutto bene?Sei scivolata dal palchetto..”
“Si”, mi risponde lei, in modo gentile. “Non è la prima volta, ma non dico di esserci abituata.”
“Ileana!Ileana!”, sento una voce gridare mentre vedo la ragazza castana accorrere ed avvicinarsi a noi. “Tutto a posto? Hai fatto un volo che mi ha spaventata!”.
“Sisi. Per fortuna non mi sono fatta niente, Katerina. Tu, piuttosto, ti sei fatta mettere ancora le mani addosso da quel porco di Sergei! Ma non era finita? Ti sentivo ansimare davanti a tutti!”
Il cambio di discorso sorprende Katerina al punto da farla diventare tutta rossa e farle abbassare gli occhi. “Beh, sai com’è..Ci amiamo,avevo voglia di lui e l’ho lasciato fare” dice, mentre sorride ancora sotto gli effetti dell’alcool. “Andiamo in camerino, e porta anche il ragazzo con te. Abbiamo il kit di pronto soccorso e potete rinfrescarvi un’attimo”. Io e Ileana ci guardiamo un secondo e non so cosa rispondere. Mi si avvicina David facendomi l’occhiolino, mentre la folla si dirada e il barista rimette la musica invitando le persone a riprendere a ballare con l’unica tipa che balla sul palchetto. Vedo l’uomo biondo in lontananza mentre si aggiusta la patta dei pantaloni. Sicuramente gli era diventato duro e sembrava disturbato da quello che era successo dopo che non gli aveva permesso di finire. Avevo come l’impressione che Katerina gli stesse facendo un pompino sul palchetto di lap dance, poco prima che Ileana mi cadesse addosso, a giudicare dallo sguardo furente di quest’ultima e dagli atteggiamenti di Sergei.

“Vuoi venire anche tu?”, mi chiede Ileana. Al che faccio segno di sì con la testa, scuotendola, e la seguo senza fare domande.

 

 

Sono le 21.50 ed esco di casa, dirigendomi al pub dove ho l’appuntamento con Ileana, tenendo in mente quello che avevo da dirle. Sono un po’ nervoso, a dire il vero, ma questo non mi ferma dal dover mettere in chiaro le cose con lei.

L’ultima volta c’eravamo lasciati litigando, lasciando intendere che ero arrivato da poco in città sapendo che il primo anno in Medicina sarebbe stato abbastanza impegnativo da non lasciarmi quasi tempo per altro; d’altronde, era quello che avevo deciso di fare all’ultimo ed ora non c’era scampo. Non potevo tornare indietro a questa decisione e dovevo farlo capire anche a lei. Nonostante la conoscessi da poco, sapevo già quali erano i suoi fiori preferiti, il suo colore preferito e che preferiva il the al caffè, anche se non lo disdegnava. Aveva comunque cinque anni più di me, ventiquattro. Ma la cosa non mi importava perché mi piaceva. Sicuramente era in un periodo diverso dal mio che era più sognante che mai. Lei aveva altre ambizioni. Voleva andare a Parigi a studiare alla Sorbona e stava mettendo i soldi da parte. Studiava architettura e si manteneva con dei lavoretti.

Arrivo al pub e ordino una tequila, mentre la stazione radio dà Inevitable di Dulce Maria. ‘Canzone vecchia’, penso, ‘ma sempre attuale’. Lei arriva con un vestitino bianco davvero adorabile, le sue cosce in bella vista. E’ davvero stupenda. E’ bella truccata e sta davvero benissimo. E’ uno schianto. Il suo profumo mi inebria già dall’entrata. Degli altri che sono nel pub non mi importa. Solo di lei.

“Andiamo a sederci ad un tavolino più appartato?”, le dico.

“No, va bene qui. Devo restare pochi minuti. Devo uscire con delle amiche dopo”, mi risponde un po’ dura ma sempre con quella dolcezza d’animo che mi ha colpito praticamente da quando le ho parlato la prima volta.

“Arriviamo subito al punto”, inizio con fare fermo e determinato a chiudere subito la cosa.

“Come vuoi”, dice. “Una vodka liscia, grazie”, indicando con le sue dita magre il barista. Dopo essere stata servita, riprendo il discorso:

“Non credo che per il momento posso impegnarmi troppo in una relazione. Non sarei quasi per niente presente, vista la mole di cose da studiare e devo concentrarmi sul mio futuro per il momento. E’ questa la mia priorità. Non so tu, ma io voglio una persona che comprenda questo ed accetti che per adesso essere una coppia non mi sembra la cosa giusta da fare. Ti amo e per me sei la miglior persona che abbia mai incontrato nella mia vita, insostituibile.”

“Ti capisco ed è per questo che ti lascio andare. Fra un anno anche io ho intenzione di partire alla volta dei miei sogni, lo sai..”, mi dice, con uno sguardo un po’ contrito verso il bicchierino di vodka. Poi beve. “Io volevo comunque dirti grazie per i bei momenti che abbiamo vissuto insieme, ma so che ora non puoi darmi quello che voglio. Chissà..magari un giorno qualcun altro ci darà quello che abbiamo sempre desiderato e che abbiamo avuto l’uno dall’altro. Sono felice di averti incontrato. Sei una bellissima persona. Non cambiare mai.”

“Grazie. Anche io ti ho adorato tantissimo. Sei una di quelle persone che si incontrano una sola volta nella vita e non ti ringrazierò mai abbastanza del tempo che abbiamo passato insieme. Sei unica e speciale. Mi hai dato quello che nessuno prima è mai riuscito a darmi.”

Squilla lo smartphone. E’ il suo. Lo tira fuori dal seno prosperoso e risponde:”Si, Katerina. Si,si. Ci vediamo lì.”

Chiude la telefonata, si gira verso di me. “Allora..è tutto.” “Si, è tutto.”, le dico di rimando. Mi si avvicina e mi dà uno dei suoi baci con la lingua lingua, che ricambio. Poi mi sussurra:”Dasvidanija”. Deve avere imparato un po’ di russo da Katerina. Rimango confuso e le dico:”Arrivederci”.

Riprende lo smartphone e va via, lasciando la sua scia di profumo tutto intorno a me. Giurai di vedere una lacrima scenderle dal viso, ma non ne ero sicuro al cento per cento.

[Non lo sapevo allora, ma non l’avrei rivista per tantissimo tempo, portando i momenti che avevamo condiviso per molto tempo dentro di me.]

   
 
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