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Autore: Le due zie    25/08/2018    14 recensioni
Il mondo intero in una scacchiera: bianco e nero, conquista e perdita, un alfiere ed una regina, mosse scontate o decisamente inaspettate, e un vincitore assoluto... perché cos'è la vita, se non una lunghissima partita a scacchi?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bianco Avorio
 
C'è profumo d’autunno, ovunque, intorno a lui. 
André appoggia il capo al tronco ruvido del grande olmo e chiude gli occhi, intenzionato a lasciarsi avvolgere da quell’aria ancor tiepida ma striata di foglie secche e impalpabili foschie. Dal prato, poco distante, gli giungono una serie di fruscii e di tintinnii: Oscar ha deciso di dedicare le ultime ore di luce per allenarsi con la pistola e, apparentemente infaticabile, sta disponendo con cura le bottiglie che userà come bersagli.
Appoggia meglio le spalle ed espira lentamente: dovrebbe riporre le spade, che ha lasciato cadere a poca distanza dalla coperta su cui si è abbandonato, ma prima sente il bisogno di rilassare la schiena indolenzita dal lungo allenamento cui Oscar lo ha sottoposto anche quel giorno; percepisce il proprio respiro tornare normale mentre raccoglie le gambe per appoggiarvi le braccia e inclina un poco la testa all’indietro per lasciarsi rapire dal baluginio dell’ultimo sole che filtra tra le foglie già rade. 
Adora i giorni stanchi di fine settembre intrisi del ricordo della calura estiva ma gonfi di promesse di gelo invernale, le serate sempre più lunghe e le prime nebbie da sconfiggere davanti ad un camino acceso, in compagnia di un bicchiere di buon cognac e di una scacchiera. 
Il pensiero del loro piccolo mondo bicolore e della partita che hanno in sospeso da più di una settimana gli strappa un lieve sospiro: quanto tempo hanno trascorso in compagnia degli scacchi, negli ultimi anni? Quanta vita è passata tra quei pezzi intagliati, quante lacrime si sono asciugate, quanti silenzi sono diventati parole, sullo sfondo bianco e nero della loro scacchiera? 
L'ombra di un sorriso gli stira le labbra al ricordo del borbottio irritato che sua nonna emette ogni qualvolta si trova a dover spiegare alla domestica incaricata di spolverare che la scacchiera nel salottino deve essere spolverata così com’è, senza che nessuno dei pezzi venga mosso dalla posizione in cui si trova. Era successo, e probabilmente sarebbe capitato ancora, che le loro partite durassero giorni, a volte anche settimane, abili come erano entrambi nel prevedere le reciproche mosse ed a parlarsi, muti ed immobili, con silenzi carichi di tutto ciò che le parole non potevano dire. 
Gli scacchi erano stati il ponte tra le loro anime, pensa André ed il sorriso che ancora gli aleggia sulle labbra scende ad avvolgergli il cuore mentre ritrova la consapevolezza di quanto ha sentito cambiare Oscar, partita dopo partita, in quegli ultimi anni, forse i più lunghi ed i più difficili delle loro vite; anni carichi di moti dolorosi dell'anima e sensazioni da accettare, soprattutto per lei, che si era ritrovata a dover affrontare per la prima volta i suoi sentimenti di donna, quelli che aveva deciso di soffocare fanciulla e che era sempre stata sicura di saper dominare. 
Il sorriso scompare definitivamente dal suo viso, mentre riapre gli occhi, richiamato dal cinguettio sommesso e dal frullare di ali di uno stormo in volo: il ricordo di quei lunghi mesi passati a dibattersi in una sofferenza che non trovava nemmeno il coraggio di manifestarsi è ancora oltremodo doloroso per lui. Avevano rimesso mano agli scacchi proprio in quello stesso periodo, sei anni prima, in una sera solitaria qualche settimana dopo la partenza del Conte di Fersen per il continente americano.  
Oscar, annichilita da un dolore che non poteva permettersi di esternare, aveva deciso di limitare allo stretto indispensabile le sue uscite pubbliche e le serate si erano susseguite vuote e silenziose fino a quando ad André era tornata in mente la scacchiera, dono di un lontano parente. Era stata loro compagna inseparabile nelle sere perdute dell’infanzia, quando pian piano avevano imparato a conoscersi ed avevano gettato le fondamenta della loro strana amicizia e forse avrebbe potuto esserlo di nuovo, ora che i percorsi della vita avevano tanto mutato il loro rapporto. 
Così, mentre disponeva meticolosamente i pezzi di ebano ed avorio finemente intagliati, aveva pregato una domestica di chiamare Oscar e si era augurato di essere in grado di aiutarla, una volta ancora. 
Lei era arrivata parecchi minuti dopo, gli occhi arrossati di lacrime appena scacciate ed il respiro ancora gonfio di singhiozzi trattenuti. André non aveva parlato: si era limitato a spostare la poltroncina che lei era solita occupare per poi sedersi a sua volta, in attesa.  
Quella sera e molte altre, nelle settimane successive, avevano giocato in assoluto silenzio, gli occhi fissi al legno intagliato e le urla mute delle loro diverse sofferenze a saturare ogni angolo della stanza. 
Poi, lentamente, il tempo aveva steso la sua trama misericordiosa sul cuore di Oscar ed i suoi occhi erano tornati quieti, a tratti quasi sereni. 
Le partite si erano arricchite di chiacchiere sulla giornata appena trascorsa e di piccole burle, specie quando uno dei due azzardava una mossa frettolosa che lo avrebbe portato inesorabilmente alla sconfitta, e le risate erano tornate a rincorrersi sotto le volte affrescate, come tanti anni prima. 
In quei lunghissimi mesi André aveva visto Oscar rinascere dalle ceneri del suo cuore infranto e ricostruirsi pezzo per pezzo. Quella rinascita l’aveva vissuta a sua volta nella profondità della sua anima e del suo cuore, entrambi feriti dal dolore di lei e gravati dal peso dell’amore che le portava e che mai aveva pensato di poterle confidare. 
Il cuore prende ad accelerare di colpo, al solo abbozzo di quel pensiero: mai, fino a quelle ultime settimane di sintonia assoluta. André aveva avuto sin dall'infanzia ben chiaro in mente quale sarebbe sempre stato il suo posto nel cuore e nella vita di Oscar e, benché la conoscesse abbastanza da sapere che non lo avrebbe mai considerato solamente un sottoposto, sapeva di doversi porre alla stregua di un fratello, per lei. Una spalla su cui piangere dopo una sbronza o una schiena ampia a cui appoggiarsi durante un’imboscata, non certo un abbraccio caldo in cui rifugiarsi ed al quale chiedere il conforto di un amore così unico da cancellare tutto il resto. Eppure … eppure quel ritrovarla, così meravigliosamente simile alla sua lontana amica d’infanzia, tanto inatteso quanto stupefacente, lo ha indotto suo malgrado a sperare. Non sa perché, ma in un minuscolo, remoto, indomito anfratto della sua anima si fa ogni giorno più tenace la convinzione che qualcosa in Oscar, si sia acceso per lui. E' certo di averlo visto nei suoi sorrisi, ogni giorno più caldi, colto nella sua voce più morbida, percepito nell’arrendevolezza dolce del corpo, quando cavalcano affiancati e lei abbandona l’abituale postura altera per seguire lieve i movimenti del cavallo senza timore di rivelarsi.
Incredibilmente anche le distanze sono tornate ad accorciarsi tra loro. Aveva avuto paura di sognare la prima volta che lei aveva cercato la sua mano per rialzarsi dopo un ruzzolone al termine di un duello ed il cuore gli si era quasi fermato quando qualche giorno dopo aveva appoggiato con una naturalezza disarmante la fronte alla sua spalla, stremata dall’allenamento. Trattenersi dall’accarezzarle i capelli era stata la cosa più difficile della sua vita, così come convincersi che era stato solo un gesto di amicizia, cosa che il suo cuore caparbio non aveva assolutamente inteso di fare.  
Di nuovo sente il battito accelerare mentre la cerca con lo sguardo e si ritrova a trattenere il fiato quando gli occhi si posano sulla sua figura a pochi passi di distanza da lui, il profilo di filigrana stagliato nell'oro del tramonto, concentratissima a prendere la mira per colpire la fila di bottiglie ben allineate davanti a lei. 
La osserva, le labbra distese in un sorriso suo malgrado gonfio di orgoglio, mentre preme ritmicamente il grilletto, il braccio ben fermo e la schiena flessuosa tesa fino allo spasimo, in un insieme armonioso e sicuro al tempo stesso, e nulla gli sembra più naturale, in quella luce dorata, di quell'inusuale binomio in cui la raffinata bellezza di Oscar diviene un tutt'uno con la forza dirompente che dal suo braccio si dirama per trasformare le bottiglie in scintille brillanti. 
I vetri tintinnano lievi mentre si posano sull'erba arrossata dal tramonto e per alcuni istanti, scemato il fragore dello sparo, non si ode che il gracchiare spaventato di alcuni corvi in volo; poi tutto è di nuovo silenzio, tranne le parole di disappunto con cui Oscar accompagna la scoperta di una bottiglia, incredibilmente intatta tra tutto quello scintillio di cocci. 
- Stai perdendo la mano - la apostrofa allegramente, accompagnando le parole con un ampio sorriso, mentre si muove per farle posto accanto a sé - Nessuna bottiglia è mai uscita intera da un confronto con te, prima d'ora! –
La risata lieve di Oscar lo avvolge mentre lei si lascia cadere pesantemente accanto a lui, uno sbuffo a gonfiarle per un attimo le guance.
- Hai ragione, accidenti a te! - risponde - Non mi alleno come si deve da un sacco di tempo! –
Ma, a dispetto delle parole, non c'è nervosismo nella sua voce, né nei gesti aggraziati con cui muove collo e spalle nel tentativo di liberarli dalla tensione; non ci sono regole da rispettare in quel momento o traguardi da raggiungere e limiti da non oltrepassare: è un momento perfetto, nella sua unicità, colmo solo dei raggi dorati del sole al tramonto e dei movimenti inconsapevolmente sensuali di Oscar che, gli occhi chiusi e la testa un poco arrovesciata all'indietro, porta le mani alla serica massa dorata dei suoi capelli per sollevarli sulla nuca e godere della fresca aria autunnale. Movimenti che parlano di un affiatamento profondo, di una fiducia totale, di una complicità che sconfina quasi nell'intimità.  
È questione di un istante: quando André percepisce la gola farsi arsa è già troppo tardi per staccare gli occhi dalle guance di lei, arrossate dal cimento di poco prima, e dalla vena azzurrina che pulsa rapida alla base del collo; tardi per rifuggire la visione della sua bocca sul calore di quel viso e sul picchiettare di quella vena a suggerne tepore e morbidezza. Gli effetti di quell'immagine uniti al suo profumo che lo avvolge, sono devastanti e non può far altro che spostarsi bruscamente da lei per impedire che la reazione del suo corpo sia manifesta: con una torsione improbabile e decisamente goffa cerca con la schiena il tronco nodoso dell'albero per appellarsi alla sua dolorosa ruvidezza e provare a riguadagnare un minimo di autocontrollo.
Un attimo dopo, consapevole che la visione del collo bianchissimo di Oscar da divorare con le labbra dopo averla mollemente adagiata sulla coperta, non lo abbandonerà facilmente, si accuccia sui talloni, una mano appoggiata ad un ginocchio, perché sia chiaro anche a lei il suo intento ad alzarsi per andarsene.
Ma Oscar non pare comprendere la sua fretta e, riaprendo gli occhi, meravigliata da quel gesto brusco, lo apostrofa stupita - Che diavolo ti prende? - domanda voltandosi a mezzo verso di lui, la scollatura della camicia che rivela la seta della pelle sottostante e precipita André in un pozzo di irrefrenabile tentazione - Vuoi già andartene? Non mi sembra poi così tardi! -  
Vorrebbe risponderle che per lui è tardi, tardissimo, che era già tardi, per salvarsi, un istante dopo averla guardata la prima volta, che tenerle nascosto il desiderio ardente che lo tortura quando lei gli è così vicina sta diventando ogni giorno più difficile, praticamente un'impresa titanica, ma non può farlo. E non vuole. Non vuole tornare a casa, non vuole privarsi di nessuno degli attimi preziosi che condivide da solo con lei, lunghi sorsi di una bevanda inebriante e insostituibile, non vuole che quel pomeriggio così speciale finisca, anche a costo di strozzarsi nel suo stesso respiro per ritrovare il governo di sé. Riesce a farlo giusto in tempo per la richiesta di Oscar, che si sta guardando intorno curiosa. - Si è per caso avanzata una mela, André? –
Mentre parla completa la sua torsione verso di lui ed appoggia con grazia una mano non lontana dalle sue gambe, per sorreggersi meglio e riuscire a sollevare il busto da terra, lo sguardo puntato oltre il corpo di lui, là dove sono posate le loro bisacce. 
Anche André, nel tentativo di esaudire la sua richiesta, allunga un braccio nella stessa direzione e, recuperato l'ultimo lucido frutto rosso, volge il braccio in direzione di Oscar e al contempo con l'altra mano cerca il terreno per puntellarsi e ritrovare l'equilibrio un poco compromesso dalla velocità dei movimenti. 
Ma non è l'erba quella che trovano le sue dita, quando giungono a destinazione.  
Sono le dita tiepide di lei quelle che percepisce sotto il suo palmo. 
La brezza pare arrestarsi, così come lo stormire delle foglie ed il cinguettare dei passeri mentre entrambi prendono consapevolezza l'uno del calore della mano dell'altra, e qualcosa suggerisce loro che quel tocco si sta prolungando oltre il dovuto, che le lunghe dita abbronzate di André non hanno alcuna intenzione di abbandonare quelle esili e candide di lei.  
La mela rotola lontana, tra l'erba alta oltre il bordo della coperta, nulla più di un fruscio che nessuno dei due percepisce davvero, ed ancora quelle mani non si sono lasciate, e gli occhi di entrambi si scoprono a guardarle affascinati, come se faticassero a credere a ciò che stanno vedendo. È Oscar la prima a sollevare lo sguardo, le palpebre percorse da un fremito lieve che diventa brivido leggero quando incontra lo sguardo di lui e ravvede in quel verde striato dall'oro del tramonto qualcosa che non vi aveva mai scorto. 
Un istante dopo l'oro scompare da quelle iridi che hanno catturato le sue e lo sguardo di André si fa scuro, caldissimo, quasi quanto la sua voce - Devo dirti una cosa, Oscar. -
È talmente dirompente il tono di quel bisbiglio che l'azzurro degli occhi di lei si colora di un tono diaccio di paura, e appena un poco più fredde si fanno anche le dita ancora dolcemente prigioniere sotto al palmo di lui.
- Ho paura anche io, credimi - continua André, percependo chiaro il timore di Oscar, - Ho una dannata paura di dire ciò che sto per dirti ma ... - il pollice si muove lentissimo sul dorso della sua mano, ora, a disegnare piccole mezzaluna tiepide e serene - ma ho ancora più paura a non farlo, perché temo che me ne pentirei per il resto dei miei giorni. –
Le dita di lui si intersecano strette e il suo tono è così urgente e diverso e bisognoso che Oscar sente il respiro accelerare e non può più reggere la forza di quello sguardo; il suo cuore sbanda, impazzito e i suoi occhi, in un piccolo vagare spaventato, trovano le labbra di lui, inspiegabilmente molto più vicine alle sue di quanto pensasse.
Le vede aprirsi quelle labbra, e percepisce la voce di lui, rovente ed ipnotica - Oscar, io ti ... - poi il mondo intorno a loro esplode in piccoli frammenti di vetro verde e, mentre sul terreno ricade inerte ciò che rimane della bottiglia superstite, il frangersi dello sparo si acquieta e lascia posto al risuonare di una risata quasi dimenticata ma inconfondibile.


Come il caldo soffocante, le zanzare e i temporali che rovinano le scampagnate, siamo tornate anche questa estate per festeggiare a modo nostro (e con un po' di anticipo) il compleanno di André.
Grazie fin d'ora a chi vorrà unirsi a noi!
Un bacio (anzi, due)
Le due zie
   
 
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