Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: SabrinaSala    30/08/2018    15 recensioni
André l’aveva penetrata con quel suo sguardo irriverente e sornione, annientandola, spazzando via in un battito di ciglia la sua ostentata sicurezza, fragile come il più sottile bicchiere di cristallo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17 - Rivoluzione
ATTENZIONE! Il capitolo prosegue DOPO l'immagine.
 
Oscar aveva rinunciato a tutto. Al titolo, alla carica, al comando dei Soldati della Guardia. Eppure era lì, con i suoi uomini - quelli rimasti. Sotto a un ponte, lungo la Senna che scorreva placida ai suoi piedi, ignara o indifferente a quanto stava accadendo.
Seduta leggermente in disparte dagli altri, cercava di scrollarsi via di dosso i brividi che le battevano, spietati, le membra. Il pensiero dei soldati caduti sotto ai colpi delle baionette, le ottenebrava il cervello. Uomini caduti sotto un fuoco che, fino a qualche ora prima, avrebbe ritenuto amico…
Eppure, unirsi ai rivoluzionari di Bernard Chatelet era stata l’unica decisione possibile, visto il rapido precipitare delle cose. Né lei né tantomeno il plotone che comandava avrebbero potuto eseguire gli ordini. Sparare sulla folla non poteva e non doveva essere un ordine. Ma non avrebbe mai pensato di dover pagare un prezzo tanto alto. A questo no, non era preparata.
«Va tutto bene, comandante?»
La voce affabile ma stanca di Alain la distolse da quei pensieri.
Sollevò appena la testa per guardarlo, incrociando i suoi occhi nocciola che sorrisero nella penombra. Non si era mai accorta di quanto fossero dolci e profondi, quegli occhi. Gli occhi di chi, come molti dei suoi commilitoni, aveva perso e sofferto molto.
Si alzò.
«Muoviamo»,  disse.
Alain annuì, portandosi due dita alla fronte e accennando il classico gesto militare in risposta agli ordini. 
«Signorsì, comandante…» mormorò con un sorriso carico di tensione. Poi fece un passo indietro, perché André potesse raggiungerla e schierarsi al suo fianco.
Lentamente, quel che rimaneva del plotone si rassettò. Oscar passò tutti in rassegna, con uno sguardo  preoccupato e severo. Quanti anni avevano, quei ragazzi? Alcuni erano decisamente più giovani di lei. Eppure, nessuno di loro si era sottratto al proprio dovere: servire Parigi e il suo popolo. Tutti, nessuno escluso, avevano preteso che Oscar rimanesse al comando della truppa quando lei aveva deciso di fare un passo indietro. Aveva deciso di rimettere il mandato proprio nelle loro mani.  
Un cenno del capo, e Oscar indicò l’uscita. Sarebbe andata per prima. Glielo doveva, in qualità di comandante…
Alle sue spalle, André si rimangiò le proteste salite istintivamente alle labbra e l’istinto di proteggerla e rispettò la gerarchia che tutti loro avevano votato. Oscar era e rimaneva il comandante e a lei spettava il diritto di prendere e dare ordini.
Oscar impugnò la pistola. Onestamente, non sapeva cosa aspettarsi.
Una netta linea di demarcazione, tracciata dal sole, separava il loro rifugio improvvisato dal tornare allo scoperto.
Un passo dopo l’altro, silenziosamente, si portò in piena luce. Un rilesso sul pelo dell’acqua le rivelò la presenza di una sentinella. Fu questione di un istante.  
La sagoma scura. Un bagliore. Il suono familiare di uno sparo. La risposta immediata. Ombre confuse. Rumori. Voci.
«Oscar!» il grido sordo di André…
 
***
 
Oscar sedeva sui gradini della Chiesa. La testa tra le mani. I capelli a ghermirle le dita, capricciosi, e coprirle gli occhi stanchi e lucidi.  Alle sue spalle, dalle porte socchiuse si irradiava la debole luce delle candele.
Con il calare della sera, tutto si era acquietato. Non un rumore, una voce, uno sparo. Nel rispetto di quella che sembrava una tregua decisa a tavolino tra signori della guerra. Eppure, in quella guerra, non c’era nulla di strategico e perfetto. Solo il tumultuoso precipitare degli eventi.
«Oscar…»
La voce di André le scaldò l’anima. Sollevò la testa. Lo cercò, scrutando l’oscurità tutto attorno. Trovandolo,  svelta represse un sospiro.
«Come sta Alain? » si informò.
André, che aveva appena lasciato i compagni rifocillarsi e riposare dopo le ore frenetiche che avevano trascorso, uscì definitivamente dall’ombra per raggiungerla e sedersi accanto a lei.
«Sta bene» mormorò. «Ha la pelle dura» sorrise, passandosi una mano sugli occhi stanchi.
«Se non fosse stato per quel diario…» sbottò Oscar.
André poggiò i gomiti sul gradino superiore e si lasciò andare di spalle, abbandonando la testa all’indietro.
Un cielo scuro li sovrastava. Un manto nero trapunto di poche stelle.
Quattordici Luglio… Da una manciata di minuti, era il quattordici Luglio.
Se Alain non avesse trafugato il suo diario, quella sera avrebbe sicuramente scritto qualcosa. Qualcosa di importante.
Ma il suo amico e commilitone aveva deciso diversamente, impossessandosi di quel libretto e  infilandoselo tra la giubba e la maglia, all’altezza del cuore. Per restituirglielo, aveva detto…
«Già», rispose socchiudendo le palpebre e avvertendo un leggero indolenzimento laddove la cicatrice si allungava sullo zigomo sporco di polvere.
«Ho temuto di perderti, André!»
L’uomo dilatò lo sguardo.
«Quando è partito quel colpo di fucile… Ho temuto di perderti» continuò Oscar, fissando lontano.
André si tirò su, voltandosi a guardarla, mentre lei continuava a rivolgersi altrove.
«E ho creduto di morire…» concluse lei. La voce arrochita e impastata dall’emozione. Un’emozione che André non le riconosceva. Un’emozione diversa da tutte quelle che  aveva fatto emergere fino a quel momento. Ancora più forte e profonda di quella espressa dopo la notte di Saint’Antoine, quando era stata la vita di entrambi ad essere in pericolo, ma era stata soprattutto Oscar a rischiare…
Per un attimo, André ripensò ai momenti concitati di qualche ora prima. La sentinella. Oscar che si era piegata e aveva risposto al fuoco. Lui che si era accorto dello scintillio della baionetta sotto al sole e si era fatto da parte. Alain che era rimasto sulla traiettoria di tiro...
«E’ tutto a posto, Oscar…» la rassicurò.
Lei strinse le mani sulle gambe snelle.
«Non è tutto a posto, André. Non questa volta» disse e improvvisamente i suoi occhi turchesi tornarono a fissarlo. E più metteva a fuoco quei tratti marcati, più il cuore andava in mille pezzi. Possibile che André non capisse?
Ma era Oscar a non capire. Oscar che ancora non aveva imparato a leggere negli occhi di André come lui leggeva nei suoi e nella sua anima. Se solo fosse stata già in grado di decifrare il suo sguardo, avrebbe capito che quel sentimento di impotenza e angoscia profonda André lo conosceva bene. Che la vita di André, fino a quel momento, non era stata che un continuo altalenare timori e frustrazioni.
André piegò istintivamente le labbra. Appena, appena. Fermandosi in tempo perché lei non potesse credere che quel sorriso fosse un sorriso di scherno. Perché non lo era, ma Oscar avrebbe certamente frainteso.
Dolce Oscar… pensò, riconoscendole quell’immaturità sentimentale che oggettivamente ancora  la caratterizzava.
«Alzati! » ordinò tirandosi in piedi.
Oscar gli rivolse uno sguardo interrogativo.
In silenzio, André attese che lei obbedisse. Sul volto, una maschera inespugnabile. Gli occhi verdi, velati di notturno, fattisi impenetrabili.
Oscar si alzò. Sollevò il mento. Ma prima che potesse replicare, André aveva già salito i gradini, precedendola sul sagrato.
La guardò.
Oscar lo seguì, in silenzio. Solo il rumore dei tacchi sulla pietra consunta dal tempo e dal passaggio di chissà quali e quante persone.
Con una mano, André spalancò il pesante portone d’accesso alla Chiesa.
«Vieni» disse.
Ancora un ordine. Ancora quel tono perentorio nella voce, mentre immobile, sulla soglia, attendeva che lei lo raggiungesse.
Poi la invitò a entrare.
Passando sotto al suo braccio teso, Oscar si fermò, inebriata e sorpresa dal profumo di incenso che si mescolava al fumo lieve delle candele. L’aria fresca della sera non poteva competere con la frescura dell’interno.
Sulla sua pelle corse un brivido che la voce di André, improvvisamente giunta all’ orecchio, non poté che acuire.
«Non fermarti…» le sussurrò tra le ciocche bionde.
E lei, come ipnotizzata, proseguì fino all’altare.
Il suono dei loro passi, riecheggiò riempiendo la volta. Rincorrendosi da un affresco all’altro.
«Oscar…» e sembrò che le statue di marmo, tutte,  pronunciassero il suo nome.
«Mia dolce Oscar…» ripeté André, facendo sì che lei si voltasse a guardarlo.
«Sposami, Oscar».
Gli occhi di Oscar si dilatarono, mentre André afferrava le sue mani. 
«Sposami. E fallo adesso».
Le labbra di Oscar si schiusero, fecero un battito, ma non uscì una parola né un fiato.
Il profumo dell’incenso si era fatto quasi acre e penetrava la gola prima dei polmoni.
«Vedi…» mormorò André. «Io non temo di perderti» disse. «Non sarebbe possibile. Perché resterò sempre al tuo fianco» si fermò. Una breve pausa, durante la quale non le tolse gli occhi di dosso. Occhi tornati quelli di sempre.
«Tu farai lo stesso?» domandò, poi.
«André… io…»
André affondò le mani nei suoi capelli e la zittì, togliendole l’aria con un bacio del quale avrebbe chiesto perdono. Ma in un secondo momento.
Quando Oscar tornò a respirare, non servirono parole.
Con una luce negli occhi che Oscar non gli aveva ancora mai visto – forse il riflesso delle fiammelle? – André sembrò cercare qualcosa. Poi sorrise.
Recuperò un po’ di cera dalle candele. Cera morbida, non ancora solidificata,  e forgiò un cerchietto.
A lavoro finito, lo sollevò tra l’indice e il pollice ed esortò Oscar perché gli porgesse la mano sinistra.
Delicatamente ma inesorabilmente, l’anello di cera scivolò al suo dito.
«Con questo anello…» proclamò André, «Io ti sposo».

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 Epilogo

Parigi, 1794
 
Le mani, grandi e ruvide, sciacquarono l’ennesimo bicchiere.
«Alain!»
La vocetta garrula sulla soglia della taverna indusse l’uomo a voltarsi e il suo sguardo si imbatté nella sagoma snella di una giovane donna.
Il controluce impediva ad Alain di definire i contorni di quella figura, tuttavia quella voce, inconfondibile, gli rivelò la sua identità senza dare adito a dubbi.
«Rosalie!» sbottò, sorpreso da quella visita inattesa.
Svelto, si asciugò le mani e lasciò il bancone della mescita per invitarla ad entrare.
«Che piacevole sorpresa! » sorrise.
Alle spalle della donna, si profilò il marito. E anche Bernard fu accolto con lo stesso autentico calore.
Quando gli ospiti si furono accomodati e finite le formule di rito, Alain domandò loro il reale motivo della loro visita. Nonostante gli eventi li avessero necessariamente avvicinati, durante la Rivoluzione e negli anni immediatamente successivi, non era usuale che i coniugi Chatelet si spingessero fino alla taverna. E infine, era trascorso molto tempo dall’ultima volta che si erano visti.
Lo sguardo di Rosalie si adombrò leggermente, mentre da sotto al mantello  estraeva una rosa di stoffa bianca.
«Sai che ho prestato servizio alla Regina, mentre era prigioniera alla Conciergerie…» disse.
Alain annuì lentamente e la sua fronte fu attraversata da una ruga profonda.
«Ebbene…» proseguì la ragazza, «La Regina mi ha dato questa la mattina che si avviò al patibolo. Consegnandomela, mi ha chiesto di tingerla del colore preferito da Oscar… Non l’ha mai dimenticata. Fino all’ultimo ha parlato di lei», la voce di Rosalì si incrinò per la commozione.
Sul volto del marito e di Alain aleggiò una smorfia. Un’amara constatazione legata ai ricordi di quegli anni terribili. Un periodo di ferocia inaudita, giustamente definito Il Terrore.
«Sai Alain?» proruppe Rosalie, afferrando con la propria piccola mano bianca quella più grande e abbronzata dell’uomo. Lo guardò, sgranandogli addosso i grandi occhi turchesi. «In tanti anni passati al fianco di Madamigella Oscar, non le ho mai chiesto di che colore preferisse le rose…» confessò.
Alain socchiuse le palpebre. Poi piegò le labbra in un sorriso, passando lo stecchino di legno da una parte all’altra. Un’abitudine che, nonostante tutto, non aveva ancora perso.
Una piccola ruga si disegnò all’angolo della bocca, segno del tempo che passava inesorabile, ma soprattutto di dolorose vicissitudini.
«Vedi, questo non lo so nemmeno io… » ammise. Poi si sollevò dalla sedia che aveva occupato e riprese in mano lo straccio abbandonato sul tavolo.
«Ma André avrebbe certamente detto bianche… Le rose bianche» mormorò. Poi si portò con le spalle al bancone e vi si appoggiò, guardandola serio.
«Ma possiamo chiederglielo…» aggiunse per fugare ogni traccia di perplessità dal volto di lei.
Rosalie dilatò le pupille.
«Sai come metterti in contatto con loro?» esclamò, portandosi le mani alle labbra.
Alain annuì, lentamente.
«Ho ricevuto una lettera dai signori Grandier proprio qualche giorno fa» sorrise.
«Hanno raggiunto l’Inghilterra e il viaggio è andato molto bene» comunicò. «Chiederò a mia moglie di cercarla e di farvela avere» promise, passandosi una mano tra i capelli scuri. «E’ lei che tiene in ordine la casa» si schermì.
Rosalie si alzò, già paga delle buone notizie.
Gli ultimi anni erano stati difficili per Oscar e la decisione di raggiungere l’Inghilterra, dove l’intera famiglia Jarjayes l’aveva preceduta trovando rifugio, era stata l’unica da prendere. Anche se a malincuore. Unirsi ai rivoltosi l’aveva resa colpevole di alto tradimento prima e le sue origini aristocratiche un bersaglio troppo facile poi…
Ora, sia Rosalie che i due uomini speravano che Oscar e André potessero finalmente rifarsi una vita e viverla nel migliore dei modi, nonostante gli eco di una ferocia che ancora era ben lontana dal sopirsi…
«Alain!» dal retro della taverna, una voce femminile riportò l’ex-soldato della Guardia al presente.
«Queste donne… » fischiò, strizzando l’occhio a Bernard. «Tutte che mi cercano! »
Il giornalista portò una mano alle labbra per reprimere una risata.
«Ne hai deluse parecchie, mettendo la testa a posto…» disse. «E hai dovuto faticare altrettanto per dare lustro e dignità a questo posto» continuò accennando a quella che era stata una bettola e che ora si fregiava del nome, ben più onorevole, di taverna. «Anche per molti uomini è stato difficile rinunciare ai piaceri della vita…» concluse.
L’apparizione di una splendida donna dai capelli fulvi mise tutti a tacere, mentre gli occhi di Alain, al ricordo dei rispettivi trascorsi, divennero improvvisamente più scuri. Carichi di un desiderio urgente.  
Camille li raggiunse e appena il marito l’ebbe a portata di braccio, l’afferrò per la vita portandosela addosso. Affondò le mani tra i suoi capelli e le labbra su quelle, sorprese e dischiuse, di lei, tuttavia pronta a riceverlo.
«La testa a posto o la picca!» affermò poi, lasciandole riprendere fiato.  
Rosalie avvampò e Bernard le offrì il braccio perché togliessero il disturbo.
Dopo tanto dolore, le buone notizie e gli attimi di gioia non andavano sprecati né deprecati.
I due stavano già guadagnando la porta, quando Rosalie si volse per un ultima domanda.
«E Diane? » chiese.
Alain impedì a Camille di sgattaiolare nel retro, deciso a non concederle tregua e a riprendere il discorso interrotto non appena si fossero trovati soli. Poi scosse leggermente la testa.
«Si sposa» disse, laconico.
Le labbra di Rosalie si piegarono in un sorriso.
«Con un soldato» continuò lui.
E nel suo tono, quasi un rimbrotto, si percepiva un leggero rimprovero.
Congratulandosi per le nozze imminenti, Rosalie e Bernard lasciarono La Fille Rouge e l’instancabile Alain libero di tornare a fare quello che stava facendo…
  
                                                                                                                                                                                                                             Fine
 
 
DUE CHIACCHIERE… 
Ebbene, siamo giunti alla fine di questa avventura… O almeno alla fine della parte di questa avventura scritta per voi.
Procederò per punti, ormai sapete che questo mi aiuta e visto il fastidioso mal di denti che mi tormenta da settimane, ben venga ogni sollievo!
1 – GRAZIE! Grazie a tutti voi che avete letto, apprezzato, discusso o commentato questo racconto. GRAZIE per la pazienza e per avermi attesa quando mi sono dovuta assentare per tanto, troppo tempo.
2 – L’ultimo disegno dedicato a questa storia è solo uno schizzo e mi dispiace… Il motivo? Mentre lo disegnavo, mi si affacciavano alla mente diverse opzioni per la colorazione. Ma la lucidità mi fa difetto, in questo momento, e ho preferito offrirvelo così, per ora. Riservandomi di farvi vedere, poi, l’illustrazione conclusa. PERDONO!
3 – Ma adesso veniamo alla storia… Alcuni avranno apprezzato la conclusione, altri sicuramente un po’ meno. Non posso che dirvi che TUTTO ERA GIA’ SCRITTO. Dal primo all’ultimo capitolo… Mi spiego. Ogni volta che progetto una storia, ho l’INIZIO e ho la FINE. Quel che succede NEL MENTRE, capitolo dopo capitolo, non è che lo sviluppo naturale che porta dal primo all’ultimo punto. Quindi, quando grazie alle vostre richieste ho fatto di questa ONE SHOT una LONGUETTE, la fine era già stabilita. Negli intenti, non nei dettagli. Quelli vengono sempre man mano che scrivo, suggeriti dai protagonisti che sono gli UNICI a sapere come – nel dettaglio - devono andare le cose. Sapevo che André sarebbe sopravvissuto. Sapevo anche che si sarebbe sposato… Come e dove lo ha deciso lui.
Perché chiudere con Alain, Rosalie e Bernard e non con Oscar e André? Beh, perché capitolo dopo capitolo, fatta eccezione per le mie scelte personali, ho cercato di seguire l’ordine degli eventi più importanti così come sono apparsi nella serie. Potevo evitare di chiudere allo stesso modo? No. E questa chiusura, tra l’altro, mi ha dato modo di farvi sapere quel che è successo ai nostri eroi, ad Alain e anche alla spregiudicata Camille. Camille che credo non possa assolutamente lamentarsi di come le siano infine andate le cose, eheheheh!
In sintesi: tutti i protagonisti sono sopravvissuti. E ho voluto fare anche un regalo al mio caro Alain, concedendo un’occasione alla sua Diane. Ebbene sì! Ecco la conferma di quanto la Sensei IKEDA sia GRANDIOSA! Se la storia fosse stata questa, nessuno se la sarebbe ricordata per oltre di 30 anni!
4 – Qualcuno, alla fine del precedente capitolo, mi ha chiesto un collegamento con “Soldato Blu”. E qui devo CONFESSARE! Intanto, il collegamento c’è… O meglio, un’ulteriore autocitazione grazie al DIARIO. Ma soprattutto, confesso che inizialmente, ma proprio agli albori dell’idea, avevo immaginato di chiudere “NON POSSO…” con il PRIMO CAPITOLO di “SOLDATO BLU”. Ma la cosa è sfumata subito. E per un certo numero di motivi. Le due storie, infatti, non possono assolutamente essere collegate perché si basano su trascorsi tra Oscar e André molto diversi. In “SOLDATO BLU”, André e Oscar sono reduci dalla storia animata originale. André ha perso il proprio occhio sinistro. Oscar, anche se in modo diverso, è comunque malata. Quindi, ovviamente, la cosa non poteva funzionare. Ma mi sono tolta comunque il gusto di usare il diario ma consegnandolo nelle grandi mani di Alain!
5 – In un ultimo, e con questo punto concludo (o avrò scritto una nota più lunga dello stesso capitolo), con questa storia,  “Soldato Blu” e i “missing moments” dei miei racconti brevi, credo di aver detto e dato tutto quello che avevo nel cuore sui nostri amati Oscar e André. Spero vi siano piaciuti!
 
Un saluto e ancora un IMMENSO GRAZIE!
Sabrina 
   
 
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