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Autore: Blue Flash    12/09/2018    2 recensioni
«Prego, sedetevi pure dove preferite—… anzi, Killian, potresti fare portare qualcosa da bere per i nostri ospiti? Io prendo il mio solito caffè e latte ghiacciato con la cannella.» e dopo aver detto tali parole la ragazza si voltò verso di loro. «Voi cosa volete?»
«Io del tè.» rispose All Might sorridendo.
«Io dell’acqua, grazie.» aggiunse il preside.
«Io che iniziamo a discutere di quello che dobbiamo proporti, Stoner.» concluse Aizawa beccandosi, ancora una volta, le occhiatacce dei propri colleghi.
La ragazza, invece, che era la diretta interessata, incurvò leggermente le labbra in un sorriso accennato ed allora inarcò un sopracciglio.
«Odio quel nome, non chiamarmi più così, te ne sarei davvero grata, Eraser—… in ogni caso noto che avete fretta quindi, esponetemi pure quel che avete da dire. Signori, avevate la mia curiosità ma ora avete la mia attenzione.»
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Fanfiction ambientata dopo la terza stagione e che vede coinvolti un po' tutti i personaggi e la missione segreta dell'eroina Stoner, ovvero quella di infiltrarsi alla UA per far uscire allo scoperto la spia della Lega dei Criminali. [Oc]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: All Might, Hawks, Nuovo personaggio, Shōta Aizawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2. Decisions

L’ennesimo notiziario non faceva altro che esporre i fatti più salienti della giornata.
In prima linea vi era un’inviata speciale, che reggeva un microfono e faceva segno al cameraman di riprendere quanto accaduto alle proprie spalle. Un altro attacco di un criminale nel pieno centro della città, cosa più che normale, se non fosse che avevano impiegato troppo per fermarlo. Era chiaro che l’indice di criminalità, nonostante tutto, stesse continuando a salire in maniera considerevole, pur avendo ancora un nuovo Numero uno in circolazione. Rin aveva sempre trovato Endeavor un tipo davvero spietato, ma allo stesso tempo apprezzava il suo voler sempre migliorare per superare All Might. Il suo animo si forgiava dalla perseveranza, ed alla fine era riuscito nel suo intento, anche se era curiosa di sapere che cosa davvero ne pensasse l’eroe del fuoco di quella nuova classifica. Eppure erano riusciti a dimostrare che gli eroi, i veri eroi, continuavano ad esistere ed a proteggere la gente, un punto a favore della nuova classifica e generazione. Ma per quanto tutto ciò potesse risultare interessante o preoccupante agli occhi della normale gente, a Rin non importava più molto. 
Aveva preferito allontanarsi da tutto ciò dopo l’incidente che l’aveva vista coinvolta. Ci aveva provato, il suo mentore, a farla tornare ed in parte si pentiva di non essere stata con lui nel momento del bisogno, perché una parte della ragazza aveva sperato che quella predizione fosse sbagliata, ma la chiamata dall’ospedale aveva frantumato ogni sua certezza. 
Sir Nighteye era stato un maestro di vita per Rin, quando ancora non riusciva ad usare il proprio quirk nel migliore dei modi, l’aveva inserita lui nel vero mondo degli eroi e l’aveva fatta crescere durante i suoi anni alla UA. Ma le loro strade si erano divise dopo la cattura di Hanzo. Una rottura che aveva portato i due su strade differenti: uno aveva continuato ad essere un vero eroe, l’altra aveva abbandonato tutto per dedicarsi all’azienda del padre, non essendoci più nessuno a gestirla. La figura della giovane ragazza, seduta su quella poltrona troppo grande per lei, era rannicchiata, con tanto di gambe strette contro il petto, mentre col telecomando cambiava canale ogni due secondi. Non sapeva neanche lei che cosa stesse cercando, anzi, non aveva nessuna voglia di guardare per davvero la televisione. Però non riusciva a dormire e questo accadeva praticamene ogni notte. 
Il grandissimo studio agli ultimi piani delle Nishimura Industries di notte le faceva paura. Tutta quell’oscurità che si prostrava intorno a sé, accompagnata da una città dormiente, mentre lei non riusciva a chiudere occhio. Era l’abitudine, ormai, forse anche per via di tutti i caffè che prendeva nel corso della giornata. Quello poggiato sulla scrivania, in un bicchiere ancora fumante, doveva essere il sesto, ma probabilmente aveva perso il conto, anche perché ad imbrogliare anche di più i pensieri della ragazza vi erano i professori della UA.
Quando il preside l’aveva chiamata per chiederle di parlare Rin era sicura che volessero proporle qualcosa di strano, perché non accadeva spesso che la vecchia scuola iniziasse a rintracciare i propri alunni, ed infatti così era stato considerato che si era portato dietro All Might ed Eraserhead. Le avevano proposto qualcosa di allucinante nel quale lei non voleva averci nulla a che fare, perché sapeva bene come potevano finire male quel genere di missioni sotto copertura ed infiltrazione. Lei stessa ne aveva pagato le conseguenze un anno prima e ripetere l’esperienza, anche se adesso non le rimaneva più nessuno, non le andava neanche un poco. 
Però, se da un lato vi era quella forte e determinata parte di sé che non aveva intenzione di rimettersi a fare quei lavoro da eroe, una parte meno insistente le sussurrava che quella attuale non era la sua vera vita. Passava intere giornate dietro una scrivania o in riunione con il proprio staff per cercare di decidere come portare avanti un’azienda.
E lei non ne capiva niente dei numeri e della contabilità che ogni giorno scorreva sui monitor, non sapeva neanche a che cosa stessero lavorando nei laboratori sottostanti.
No, lei si limitava ad essere il volto giovane di un’azienda che doveva continuare ad andare avanti a qualsiasi costo.
Aveva rapporti con personalità importanti, con tutti gli eroi che le commissionavano qualcosa o con chi avevano intenzione di sponsorizzare. Era invitata ad eventi di qualsiasi tipo, che però evitava a meno che non fosse necessario la presenza dell’amministratore. Quella non era la sua vita vera, specialmente dopo tutta la fatica fatta per prendere la licenza da eroe e dopo tutti i sacrifici e gli allenamenti. 
Ma ad un certo punto si cresce e si deve andare avanti, lasciandosi le cose piacevoli alle spalle. 
L’ascensore si illuminò, segno che qualcuno stava per arrivare al proprio piano, ed infatti qualche attimo dopo le porte si aprirono rivelando la figura di Killian, che sembrava stanco tanto quanto lei. Killian la conosceva fin da quando era piccola, amico del padre, suo stretto confidente nonché maggiordomo di casa. Insomma Killian faceva di tutto per Rin, ed infatti era stato lui a prendersi cura della ragazza dopo la morte dei genitori. 
L’uomo, stanco come non mai, si sollevò gli occhiali da vista per strofinarsi gli occhi e nel mentre trattenne uno sbadiglio. 
«Signorina Rin, che cosa ci fa ancora sveglia? Che ore sono?» domandò cercando un orologio da parete nello studio altamente moderno e suggestivo. 
«Non avevo sonno, Killian, e sono le tre e mezza di notte. Non volevo svegliarti, scusami.» mormorò la ragazza allungando una mano per prendere il proprio caffè nel bicchiere. 
«La vostra faccia suggerisce il contrario, anche voi avete sonno.»
«Dormire è sopravvalutato e poi stavo facendo un giro per capire che cosa si dicesse nel paese—… criminali ovunque.» e Rin scrollò le spalle con tranquillità riprendendo il suo giro fra i canali della tv. 
Killian, dal canto suo, a piccoli passi la raggiunse. Le maniche della camicia erano alzate fino al gomito, ed uno sospirò uscì dalle sue labbra, assumendo un’aria decisamente seria. 
«Quanto avete dormito per ora?» 
«Cinque ore—…» rispose pacata la ragazzina. «Negli ultimi tre giorni.»
«Signorina!! Lo sapete benissimo che la notte dovete dormire altrimenti il giorno dopo non sarete in grado di reggere tutto questo, vostro padre aveva una vita assolutamente regolare e la sera, massimo alle dieci, andava a dormire nell’appartamento di sopra.» ed esasperato come non mai si interpose fra la scrivania ed il grande monitor della televisione, impedendo a Rin di poter vedere oltre. 
«Scusa, sono ancora nel pieno delle mie facoltà mentali, quindi posso continuare a rimanere sveglia finché voglio.»
«No, non è vero e poi perché sono tre giorni che dormite così poco? Che cosa vi tormenta? Perché ormai lo so che c’è qualcosa che non va e non voglio che voi mi teniate all’oscuro per logorarvi in questo modo—…»
Le labbra di Rin s’incurvarono in un sorriso e dopo aver bevuto l’ennesimo sorso di caffè poggiò il proprio grande bicchiere sulla scrivania in vetro e si mise seduta composta, mentre le dita trafficarono rapidamente sulla tastiera del proprio computer portatile. Inserì la sua password per aprire la schermata e poi, con aria stanca, voltò lentamente il monitor in direzione dell’uomo, lasciando che anche lui vedesse. 
In un primo momento Killian assottigliò lo sguardo, leggendo ed osservando, e solamente allora schiuse le labbra in un’espressione sorpresa, tanto da sistemarsi gli occhiali da vista. Lentamente, così, portò una mano a sistemare gli occhiali e poi annuì. 
«Quindi è per questo che vi state logorando, capisco bene, Signorina Rin.» ammise con tranquillità lui. 
«Non mi sto logorando, ci sto semplicemente pensando—… sto valutando i pro ed i contro di questa situazione.»
«Volete un mio personale consiglio?»
Rin annuì scuotendo i capelli biondini e poi accennò un sorriso, mordendosi leggermente le labbra. 
«Accettate immediatamente questa missione, non c’è alcun dubbio, voi siete la migliore in questo campo, anche se lo sanno in pochi. Sono venuti fin qui perché il paese necessita del vostro aiuto.»
«Ci sono eroi migliori che sanno tenere al sicuro il paese.» protestò lei con una lieve nota di pessimismo. «Io ho solamente combinato casini.»
«No, non è colpa vostra quello che è successo e lo sapete bene. Colpevolizzarsi è inutile—… e poi un’esperienza fuori da questo palazzo vi farà bene. State perdendo tutta la vostra gioventù.» aggiunse l’uomo intento ad elencarle i fattori positivi dell’esperienza alla UA per ricercare quella spia. 
«Esagerato—… vado ancora alle feste.»
«Ma non vi vedo mai divertirvi come facevate un tempo. Quello che sto cercando di dirvi è che avrete tempo per gestire questo posto stando seduta in poltrona, adesso loro hanno bisogno di Stoner—… non è questo che fanno gli eroi? Rispondere alle chiamate d’aiuto?»
«Stoner, quel nome stupidissimo che ho scelto a scuola—… » mormorò lei prima di sollevare una mano ed osservarsi i polpastrelli leggermente più rossi del previsto, ovvero la caratteristica del proprio quirk. 
Ricordava bene quando per sbaglio, distraendosi, trasformava in pietra tutto ciò che le proprie dita toccavano, compresi i computer od i tasti del cellulare. Un quirk interessante ed assolutamente normale, da come aveva sempre sostenuto la ragazza, ma che se usato correttamente in battaglia poteva diventare fatale per i nemici. Con un singolo tocco di un dito poteva pietrificare qualsiasi cosa toccasse, che fosse una persona o un oggetto inanimato, e con un altro tocco può annullarlo. L’effetto del suo quirk non durava tanto e soprattutto, se usato troppo a lungo, spreca così tante energie tanto da farle perdere i sensi. 
«E’ un bel nome. Insomma l’unione della parola “Stone” e dell’iniziale del suo nome vanno più che bene insieme, ma non si distragga, non parlavamo di questo.»
«Scusa, hai ragione—… però infiltrarsi fra dei ragazzi? Mi hanno mandato i filmati degli attacchi, le schede di quasi tutti e soprattutto i cattivi conosciuti con le rispettive specialità, anche se non sono tutte conosciute. Come posso trovare una spia fra quei ragazzi?»
Killian le sorrise con fare accondiscendente e poi girò lato della scrivania, poggiandole una mano sulla spalla, in un gesto quasi paterno. 
«Siete brava a capire le persone, per questo motivo riuscivate a farlo sempre—… riuscirete anche a capire chi sia questa spia.»
«Non lo so—… avevo detto che partecipare a missioni simili non faceva per me. L’ho detto anche al maestro prima che andasse.»
«Era un caso diverso e poi il vostro maestro ha detto che ha visto per lei un futuro incredibile, non lo dimentichi mai.»
Aveva ragione. Killian non c’era quando lei, seduta sulla poltrona, aveva parlato per un’ultima volta con Sir Nighteye, che le aveva svelato quanto sarebbe accaduto nei successivi giorni, e lei non era riuscita a fermarlo.
«Già, ma a che prezzo?» domandò con un sospiro forzato la ragazza, prima di socchiudere leggermente i castani occhi. «Alla fine si riduce tutto ad una semplice domanda: rischiare o no?» 
L’uomo, ancora fermo accanto alla giovane Nishimura, non riuscì a nascondere un sorriso soddisfatto, prima di scombinarle un poco i capelli e poi darsi una spinta per andar via. 
«Avete tempo fino domani mattina alle nove per pensarci—… sono sicuro, Signorina Rin, che qualsiasi sarà la vostra decisione non ve ne pentirete, adesso, se volete scusarmi, andrò a dormire un poco, perché domani sarà una lunga giornata.»
«D’accordo Killian, ci vediamo domani mattina.» mormorò in risposta Rin, che sollevò una mano mentre guardava uscire dallo studio il proprio maggiordomo nonché collaboratore assoluto. Senza di lui non sarebbe mai riuscita a gestire le Industries, anzi, avrebbe mandato a monte qualsiasi cosa. Ed invece, lui, assistendola ogni giorno, le aveva spiegato cosa fare e soprattutto come comportarsi, probabilmente senza Killian sarebbe stata persa, e poi lui era davvero l’unico che si occupava della sua salute fisica e mentale, come solamente un genitore apprensivo avrebbe fatto. 
Pure in quell’attimo, nel cuore della notte, Killian non aveva esitato nel cercare di darle una mano, sperando di riuscire a placare quella tempesta che c’era dentro di sé.
Ancora una volta si stava ritrovando nel dover prendere un’importante decisione che avrebbe messo a rischio la propria vita, perché sapeva bene che entrare in quella scuola equivaleva a mettersi dentro ad un gioco ben più grande e pericoloso dei confini della UA. Accettare la missione equivaleva a dire mettersi contro la Lega dei Criminali e lei quanta voglia aveva di provare a giocare? Anzi, non riusciva ad immaginare come le cose sarebbero potute andare, ma stare rinchiusa in un ufficio come quello quanto faceva per lei?
E così, nel cuore della notte e con il restante caffè che le era rimasto, Rin prese la sua decisione inesorabile che avrebbe cambiato, successivamente, il corso di moltissime cose.
Ma non si pentiva, anzi, era convinta della propria scelta appena fatta. 

La mattina dopo 

Il grande cancello che sanciva l’entrata ufficiale della UA era esattamente come lo aveva lasciato tempo addietro. Ricordava bene l’entusiasmo e l’ammirazione con cui aveva attraversato quell’entrata, tanto da lasciarla senza parole per il primo giorno di scuola. Ormai era passato qualche anno di troppo ed una lieve sorta d’amarezza non fece altro che appesantirle il cuore prima ancora di entrar dentro. Il preside, molto furbamente, le aveva lasciato precise istruzioni in codice nella penna USB in modo tale da prepararla su cosa fare o come comportarsi nel caso avesse accettato quella missione. E Rin le aveva prese alla lettera, mostrandosi però sempre sé stessa, ovvero una ventenne in carriera e con molti soldi da spendere. La moda, per quanto le veniva possibile, era da sempre uno dei suoi punti di forza, qualcosa per il quale veniva sempre lodata durante gli incontri ufficiali. Niente di eccessivo, ovviamente, ma l’eleganza che lei riusciva a sfoggiare faceva invidia a chiunque, anche solo mettendo delle t shirt e dei jeans. 
Ma quello era il suo primo giorno e se voleva risultare credibile doveva essere sé stessa sempre e comunque. Fare uscire una spia allo scoperto o scoprirne l’identità non era mai stato per nulla semplice, specialmente se i sospettati erano dei ragazzi più piccoli di lei di svariati anni. I pantaloni a vita alta e la camicetta chiara che aveva scelto per quel giorno le conferivano un’aria di freschezza non indifferente, nonostante il freddo stesse iniziando a farsi sentire. Degli occhiali da sole rotondi, che nascondevano in parte le iridi, erano calati sul naso, mentre i capelli sciolti e lisci incorniciavano quel viso divertito, espressione che non l’abbandonava mai, anche nei peggiori momenti. 
Killian, qualche metro dietro di sé stava scrivendo le ultime cose sul suo ipad e presto sarebbe tornato con la grande macchina scusa con la quale avevano accompagnato Rin. 
«Fantastico, mi raccomando fai portare tutte le mie cose nel nuovo appartamento—… ci sarà qualcuno ad aspettarti.» disse la ragazzina mentre controllava il telefono per constatare che mancava poco all’orario d’entrata. Quindi sospirò profondamente prendendo tutto il coraggio di cui era disposta, poiché Stoner era tornata in azione. 
«Non crede di aver scelto un po’ troppe cose da portarsi dietro? E’ pur sempre un appartamento scolastico in un dormitorio—…» balbettò l’uomo mentre si sistemava gli occhiali sulla punta del naso. 
«No, ho portato solo lo stretto indispensabile.»
«I vestiti e quelle cianfrusaglie non sono lo stretto indispensabile, Signorina Rin.»
«Per me lo sono, adesso devo andare Killian, il mio primo giorno di lavoro e non voglio arrivare in ritardo.» e con ritrovato entusiasmo la ragazza si voltò, sistemandosi il cappotto coordinato al completo e poi iniziò ad incamminarsi lungo il viale lungo che l’avrebbe condotta fino all’ingresso. 
Ricordava piuttosto bene la strada che avrebbe dovuto prendere, anzi, sapeva addirittura le perfette scorciatoie, così, sotto gli occhi disperati di Killian che si ritrovava ad aver a che fare con lei e gli studenti che invece si dirigevano verso le loro classi, Rin fece il suo ingresso alla UA, presentandosi come tutti volevano vederla: una ragazza di successo finanziario non indifferente.
Qualche volta le avevano fatto delle interviste e durante essere aveva fatto finta di essere solo un’eccentrica ricca che era riuscita ad elaborare il proprio lutto fingendo indifferenza, ma Killian sapeva la verità, come anche le poche persone di cui poteva fidarsi per davvero. Ed adesso le toccava sfoggiare quel lato di sé che per anni aveva ricacciato per far posto all’eroe che c’era dentro di lei. 
Un sorriso stampato sulle labbra, vestiti alla moda ed i capelli che svolazzavano al vento. Non avrebbe potuto chiedere niente di meglio.
Lungo i corridoi sentì qualche ragazzo mormorare alle proprie spalle. Possibile che già l’avessero riconosciuta? In fondo quei ragazzi erano giovani e lei non faceva l’eroe da tempo.
Quanto si interessavano di economia? 
Si limitò a farsi strada, seguendo i corridoi che conosceva a memoria, svoltando l’angolo con sicurezza e senza ostentare nulla, ed infattti ci mise relativamente poco a raggiungere l’ufficio del preside Nazu, e sulla soglia, a discutere con uomo alto e con i capelli bianchi vi era Eraserhead, che si voltò a guardarla leggermente stupito, tanto da risultare decisamente assente mentre colui con cui parlava continuava i suoi discorsi. 
Rin, che dal canto suo non poteva perdere troppo tempo, si fermò sulla soglia della porta occupata appunto dai due colleghi, e tossicchiò leggermente. 
«Buongiorno, posso passare?» la domanda le sorse spontanea, accompagnata da un sorrisetto ed a balbettare fu lo stesso tipo muscoloso che si spostò appena. 
«Non ci posso credere, quindi è vero, sei arrivata anche tu!»
«Sorpresa—…» rispose la ragazza all’affermazione dell’uomo che non conosceva ma che aveva visto in tv con Eraser. 
«Sei in ritardo.» tagliò corto, infatti, il corvino per poi spostarsi dandole lo spazio necessario per oltrepassare la porta. «E non hai un costume da eroe? Perché sei vestita così?»
Nel sentire quelle parole l’espressione della ragazza assunse una smorfia infastidita, tanto da dargli una gomitata non indifferente, per poi andare oltre la soglia. 
«Preferisco andare vestita con normali abiti.» 
«Lasciala in pace, Aizawa, non c’è nessun obbligo—…» precisò l’uomo che seguì i due all’interno dello studio del preside. 
«Lo so, ma è consigliabile, Vlad. In caso di immediata emergenza e—…»
«Chi ti dice che non abbia qualche accessorio con me? E perché hai sempre quella faccia infastidita?» non riuscì a non porgli quella domanda, perché da quando l’aveva conosciuto Eraser era monotono e soprattutto infastidito da qualsiasi cosa. Ma forse era stata solo un’impressione della ragazza, che infatti indicò ad i propri piedi le proprie scarpe da ginnastica e sorrise. «Non sono poi tanto sprovveduta, ho anche io qualche asso nascosto.»
«Signorina Nishimura, sarà un vero onore lavorare insieme, non mi sono ancora presentato ma sono Vlad King
Sorpresa dalle parole del collega di Aizawa, infatti, Rin ricambio il sorriso e gli porse la mano che Vlad non esitò a stringerle. 
«Il piacere è mio, Vlad King, chiamami semplicemente Rin, ti prego.»
Il grosso uomo annuì mostrando i propri denti leggermente più affilati del previsto, forse era per tale motivo che aveva avuto il suo nome da eroe, ma su questo poi avrebbe indagato, perché una volta dentro lo studio, il preside non esitò a tossicchiare per richiamare l’attenzione su di sé, mostrando un viso decisamente soddisfatto. 
Era certa che Nezu avrebbe apprezzato quella sua iniziativa e per quanto fosse possibile, come le aveva spiegato nel file della penna, avrebbero parlato poco di ciò che lei avrebbe realmente fatto alla UA, limitandosi ad usare momenti fuori dalla scuola per poter avere aggiornamenti od informazioni simili. Quindi quell’incontro della mattina serviva unicamente per spiegarle come si sarebbero svolte le cose durante le ore del giorno. 
«Mia cara Rin, sono così contento che alla fine tu abbia deciso di unirti a noi e sono sicuro che tu abbia letto ogni dettaglio che ti ho fornito sul tuo nuovo posto di lavoro.» asserì con sicurezza il preside, mentre girava sulla propria poltrona. 
«Ovviamente, tutto chiaro, anzi, Killian in mattinata farà portare tutte le mie cose nel nuovo appartamento, però vorrei dirle che dovrò anche continuare a gestire le Industries, ma non nei momenti scolastici.» s’affrettò a rispondere la ragazza passandosi una mano fra i capelli ed annuendo. 
«Mi sembra più che giusto, nessun problema—… tutto ciò che vuoi. In ogni caso le tue guide, in questi primi giorni, saranno Eraserhead e Vlad King, rispettivamente i coordinatori delle classi 1-A e 1-B. Quindi conoscerai gli orari e sarai la loro assistente anche durante le lezioni, sia teoriche che fisiche. Poi ovviamente i ragazzi potranno rivolgersi a te per qualsiasi dubbio o se avessero bisogno di aiuto, diciamo che sarai un supporto sia per i ragazzi che per gli insegnanti.»
Ecco, quello era ciò che la spaventava un po’, perché riuscire a gestire dei ragazzini non sarebbe stato facile, ma se voleva davvero scovare l’ipotetica talpa avrebbe dovuto fare questo ed altro, quindi le andava più che bene. Infatti, dopo tali parole, scosse il capo e poi allargò le braccia indicando i due che le stavano accanto. 
«Va benissimo, ed anzi, non vedo l’ora di iniziare!»
Quell’esclamazione entusiasta fece costrinse Aizawa a roteare gli occhi, mentre Vlad King, al proprio fianco, annuì con altrettanto fervore. 
«Benissimo, in ogni caso, per qualsiasi problema sai anche dove trovarmi, però ti avverto a scuola abbiamo apportato delle modifica per via dei recenti avvenimenti—… tipo nuove palestre o cose simili, ma vedrai sarà semplicissimo orientarti.»
Ed in quell’attimo Rin avrebbe tanto voluto dirgli che lei era davvero pessima con il senso dell’orientamento, che rischiava di perdersi più del dovuto, ma decise che questo sarebbe stato un problema che sarebbe andato sistemato col tempo, ed infatti si limitò ancora una volta ad annuire. 
«Perfetto, allora ci aggiorniamo a più tardi, preside.»
Il preside Nezu afferrò un paio di fogli dalla scrivania, che mise accuratamente in ordine e senza guardarli più sorrise. 
«Benvenuta ufficialmente alla UA, Stoner.»
Il suo nome da eroina, pronunziato in quella maniera, la lasciò senza parole perché era da troppo tempo che nessuno la chiamava in quel modo credendoci sul serio, cosa che sembrava esser andata nel dimenticatoio, purtroppo. Si limitò a fissare qualche secondo di troppo il preside, ormai intento a fare le sue cose, e poi, finalmente, si voltò ed iniziò a seguire i nuovi colleghi per capire che cosa avrebbero dovuto fare da quel momento in avanti. 
Era piacevole la sensazione provata al momento, come se si sentisse al proprio posto dopo parecchio tempo, ma purtroppo Rin ha sempre saputo bene che le cose belle e piacevoli giungono sempre a termine, per questo, dopo quel brivido lungo la schiena, scosse il capo cercando di ristabilire la sua normale calma fra i pensieri, anche perché adesso iniziava il vero lavoro per scoprire qualcosa. Ma come si faceva a far parlare dei ragazzi? Forse allo stesso modo in cui era riuscita ad introdursi in quel giro mafioso che l’aveva portata fino ad i piani alti. Ma le condizioni sono decisamente diverse, non vi sarà bisogno di fare nulla di sconveniente per provare a diventare amica dei ragazzi. 
Seguì in silenzio di due, camminando lungo i corridoi ormai vuoi, segno che tutti quanti dovevano già essere in classe, ma improvvisamente Shota Aizawa si voltò verso di lei e le puntò un dito contro. 
«Da questo momento in avanti sarai la nostra assistente, se hai domande puoi pure chiedere a me od a Sekijiro.» ed allora puntò il dito in direzione di Vlad King, che annuì. 
«Non esitare ad interpellarci anche perché questi mocciosi sono tosti.»
Rin inarcò un sopracciglio, cercando di capire quanto veritiere e soprattutto spaventose fossero le parole dell’insegnante. Tosti o meno dovevano diventare degli eroi, quindi era giusto che non si sarebbe trovata davanti dei veri buoni a nulla. 
«Nessun problema, penso di riuscire a gestire dei ragazzi—…» od almeno lo sperava vivamente. 
Aizawa annuì con il suo solito modo di fare annoisato, riparandosi dietro le proprie bende che fasciavano parte del suo busto intorno al collo, e poi le fece cenno di seguirla. 
«Inizierai a conoscere i ragazzi della 1-A, i miei alunni—…»
Così dopo aver rivolto un cordiale sorriso a Vlad King, diretto dalla parte opposta, andò insieme al corvino lungo quel corridoio, fermandosi esattamente davanti ad una porta chiusa dalla quale provenivano parecchie voci e risate. All’esterno della porta era chiaramente scritto “1-A”, la sua stessa vecchia classe, perché sapeva bene che i primi due corsi fossero solamente per gli eroi.
«Qualcosa da ricordare in particolare, Aizawa?» domandò con cautela la ragazza, intrecciando le braccia all’altezza del seno. 
«Non abbassare mai la guardia con loro.»
Ma che consiglio del cavolo era quello di Eraserhead? Insomma non le aveva detto nulla di particolare, anzi, le aveva messo in testa ancora più dubbi di quanti ne avesse un attimo prima, ed infatti un sorrisetto soddisfatto fece capolino dietro le bende che gli oscuravano parte del viso. Era un vero maledetto, e lo sapeva benissimo, perché senza dare altre spiegazioni aprì la porta, dando inizio alla missione di Rin. 
   
 
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