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Autore: Iskara    19/09/2018    0 recensioni
"Arena Colosseum. Un bellissimo nome per una scuola di magia e stregoneria italiana, quanto impronunciabile e antico. [...] . Il mio nome è Emma Cornelia Angelica Levante. Sì, qui in Italia nelle famiglie di maghi importanti, si danno nomi altrettanto importanti, si deve seguire la prassi. [...] Mi chiamano tutti Emma, tranne qualche imbecille della Domus Caligolea, che si diverte a prendere in giro gli altri. Che poi che avranno da scherzare: il loro araldo rappresenta un cavallo senatore, al loro posto mi sotterrerei, e invece ridono. Ma il mondo è bello perché è vario, o per lo meno così dicono. Io faccio parte della Domus Augustea, intelligenti e creativi, dicono, come i miei genitori e mia sorella, dicono. [...]e poi c’ero io, che avevo voti da paura in materie come “Niente” o “Nulla di importante”, e Larsen sapeva che questo mi feriva e lui infilava il dito nella piaga."
Chi è Larsen?! Un figlio di... La mamma. Povera la mamma!
Genere: Comico, Parodia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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-LARSEN! – urlai, spalancando la porta degli spogliatoi maschili con un calcio.
Okai, non era un calcio, ma una spallata. Solo che non ero stata in grado di regolarmi con la forza e la porta si era aperta con uno schianto assordante. Notai del vapore provenire dalle docce e il rumore dell’acqua scrosciare.
-LARSEN! – gridai di nuovo con quanto fiato avevo in gola.
Per un attimo pensai di averlo perso, forse se ne era già andato e il tipo sotto la doccia non era Kenneth.
Attesi qualche istante, nella speranza che i pensieri che mi stavano letteralmente bombardando il cervello si dessero una calmata, senza successo. D’un tratto scossi violentemente la testa e mi fiondai a passo di marcia verso le docce.
Feci capolino con la testa a sbirciare se fosse proprio lui.
-LA….! – il resto del nome mi morì in gola. O non lo so, le altre lettere probabilmente le ingoiai.
Kenneth era sdraiato a terra, privo di sensi.
-Cazzo! – dissi portandomi le mani al viso.
Non so se il problema fosse il fatto che era svenuto sotto la doccia, oppure che fosse nudo.
O tutte e due.
O…
-Ma porca…– mi inginocchiai accanto a lui ed iniziai a fare ciò che avrei sempre voluto fare nella vita. Sarebbe potuto diventare il mio passatempo preferito, prenderlo a sberle.
-Kenneth! Cazzo! – gli urlavo.
Mi venne in mente di cambiare la temperatura dell’acqua e di buttarcelo sotto, ma in quell’istante dopo una sessione di svariati schiaffoni, Larsen aprì gli occhi.
Quasi mi dispiacque.
-Oh! – dissi mo’ di saluto.
-Che è successo? – mi chiese, mettendosi a sedere a fatica.
In quell’istante percepii un campanello di allarme nella testa: qualcosa di sbagliato, non avrei dovuto essere lì. Poi capii dove fosse il problema: in mezzo alle gambe di Larsen, un problema grosso e in bella vista.
-Hai notato qualcosa che ti interessa, Svart? – sogghignò Larsen, provando ad alzarsi.
Avvampai e scattai in piedi, fiondandomi alle panche con il fiato grosso e il cuore pieno di sette nani, che si erano sicuramente moltiplicati dopo i cenoni delle svariate feste.
-Svart. – sentii.
-Che? – deglutii.
Rumorosamente in silenzio.
-L’asciugamano. –
Solo in quel momento mi accorsi di averlo appiccicato alla divisa. Cosa avevo addosso, la colla?!
Lo presi e lo consegnai al legittimo proprietario senza guardare, ma lo udii sghignazzare.
Accidenti a lui.
Larsen chiuse la doccia e uscì, sedendosi su una delle panche, io occupai quella di fronte a lui.
-Stai… Stai bene? – domandai incerta.
-Non lo so, qualcuno mi ha stordito. – disse lui passandosi una mano sulla nuca.
Quel movimento fece distendere l’addome piatto e muscoloso, cosi perfetto, che sembrava scolpito da Michelangelo.
Accidenti a Michelangelo e alle sculture greche.
E pure al David.
E dannato Larsen.
-E perché? – domandai a disagio.
Larsen lanciò uno sguardo alla sua borsa da Quidditch: era completamente sottosopra, e i suoi vestiti erano a terra.
-Ma che…! – esclamò dirigendosi svelto alle sue cose. Iniziò a frugarci dentro con gesti convulsi.
-Cazzo! – imprecò a denti stretti.
-Che succede manca qualcosa? –
-Porca …. – e seguitò ad imprecare per altri cinque minuti, continuando a spostare le sue cose.
Pensai di dileguarmi silenziosamente, ma le mie scarpe mi tradirono con dei rumori sinistri, mentre mi dirigevo alla porta e il mio tentativo di fuga, fu scoperto.
-È sparito. –
-Cosa? – domandai di getto. Non che mi interessasse, ma quella situazione era proprio strana e volevo capirci qualcosa.
Quindi sì, accidenti, mi interessava.
 -La Meridiana. – rispose tra un’imprecazione e l’altra.
-Eh? –
La Meridiana: manufatto magico utilizzato per rilevare la posizione di specifici oggetti o persone.
Dico manufatto perché in teoria non esistono più, o se esistono sono custoditi in teche di vetro al Museo Archeologico di Torino, e non vengono più utilizzate da migliaia di anni.
E gli Idiotus non sanno delle loro proprietà magiche.
E a meno che Larsen non fosse diventato un ladro professionista di fama, ciò che assolutamente non era, visto il suo spiccato egocentrismo e narcisismo e … Non poteva possederne una.
-Meridiana Svart? Ma i libri li studi o li porti in giro a prendere aria?! – domandò Larsen piantandomi gli occhi grigi addosso.
-Lo so cosa è una Meridiana. Quello che non so e forse non voglio sapere è: cosa te ne faresti tu, di un accidenti di Meridiana?! – sbraitai indispettita.
Kenneth sedette su una panca e si ficcò le mani nei capelli, l’espressione a metà tra ira e disperazione. Non credevo che sulla sua faccia potessero disegnarsi altre emozioni oltre al compiacimento.
-Serviva a tenerti d’occhio. – sbuffò.
La situazione stava diventando scomoda, ma soprattutto un tantino più assurda di quel che pensavo. Ciò fa notare quanto stessi iniziando a credere alle sue idiozie.
MA LUI ERA LARSEN.
IL PRINCIPE DELL’INGANNO.
Speravo che ripeterlo durante qualsiasi azione compissi nella giornata, mi aiutasse a non credergli.
A ricordarmi di che razza di stronzo fosse.
E invece alimentava solo curiosità.
Mannaggia agli gnomi da giardino.
In ogni caso quel commento mi provocò una risata isterica che avrebbe fatto in modo da non farmi più uscire dagli spogliatoi maschili di Quidditch.
Perché sarei morta.
La gente ci muore dal ridere, ma non dal piangere.
Quindi: perché ridevo di una situazione che avrebbe dovuto farmi piangere?!
-Svart non capisco cosa tu abbia da ridere. E poi che accidenti ci fai qui? –
Ammutolii.
Eh. Che ci facevo lì?!
   
 
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