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Autore: Asteroide307    24/09/2018    0 recensioni
Titolo: "Quello che non vedevo"
Dal testo
"Eri Yoshida aveva compiuto da qualche giorno sedici anni e iniziavano per lei le superiori. Ormai era la terza volta che cambiava scuola, arrivata a quel punto sapeva che non avrebbe avuto una quarta possibilità. [...] Eppure Eri era troppo alta rispetto alle ragazze della sua età. I suoi polsi erano più spessi di quelli delle ragazze della sua età. Non aveva chiesto lei di nascere così, eppure era successo e per quanto continuasse a correre ogni giorno, per quanto non mangiasse regolarmente, le sue ossa restavano spesse e sgraziate, a detta di tutti i compagni delle sue classi precedenti."

«P-Posso t-togliermi.» Balbettò, terrorizzata ed insicura.
Lui inizialmente sospirò soltanto. «Non importa, avendoti davanti non riuscirei comunque a vedere – spostò la sedia nel banco avanti a quello del compagno con cui era entrato in classe – sei una ragazza, dovresti essere più sottile.»
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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«La vostra separazione deve averlo turbato molto.»

Miura si era trovato lì per caso, era sceso in cortile per bere dalle fontanelle vicino al campo e ci aveva trovato Naoko con le sue stupide amiche a chiacchierare, sedute poco lontano dalla sua postazione. Non le guardava ma riusciva a sentire bene le loro parole.

«E’ vero, Nao-chan – Ryuu poteva percepire una certa falsità nella preoccupazione dell’altra ragazza che aveva parlato – adesso frequenta il boiler, mi chiedo come si possa passare da un fiore come Nao-chan a quella roba!» La grossa risata che seguì lo irritò particolarmente.

Naoko se ne restava in silenzio, Miura la conosceva, era debole come allora. Si aggrappava a quelle ragazze per non restare sola, inoltre, quelle due erano in qualche modo rilevanti all’interno della scuola, per lei era una buona situazione, meglio di quello che avrebbe mai sperato. Era sempre stata così, debole.

«Perché non provi a riprendertelo? Non hai detto che è stato lui a lasciarti? A me non sembra essere molto sereno, si sarà già pentito!» Continuò la prima.

Ryuu smise di premere sul bottoncino della fontanella, l’acqua gli gocciolava lungo il collo. Rivolse a Naoko un’occhiataccia mentre ritornava a scuola, lei sul momento ricambiò ma poi distolse lo sguardo.

«Io… potrei rifarlo.»


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«Alla fine non abbiamo vinto – commentò Issei alla fine della lezione, non erano riusciti a vincere la visita di tre giorni a Tokyo ma in effetti non si sarebbe creata una bella situazione con quel genere di compagni, anche se in fondo, un po’ sperava di poter andare a Tokyo insieme ad Eri, pensava questo mentre la guardava assorta nel mettere in ordine la cartella – a te non dispiace?»

«Un giorno – sorrise appena la compagna – vorrei andarci comunque, vorrei andare al mare.»

«Non ci sei mai stata?»

Lei mugugnò qualcosa per dire di no.

In fondo le vacanze estive non erano particolarmente lontane, forse avrebbero potuto organizzare qualcosa insieme, certo, con Atsuko e forse anche Miura si sarebbe unito a loro. Quel genere di prospettiva non gli dispiaceva.

Non appena Yoshida fu pronta ad andare anche lui raccolse la sua più maltrattata borsa scolastica, uscendo dopo di lei. Atsuko era andata un po’ prima, doveva prendere delle fotocopie per il professore in sala docenti, invece Ryuu non aveva proprio partecipato alla lezione, non gli era mai piaciuta letteratura e così aveva finto un malore per dormicchiare in infermeria.

«A-Andiamo a controllare come sta Miura-kun?» Domandò timidamente l’amica e Issei acconsentì svogliatamente.

Come sospettava, Ryuu dormiva beatamente sul lettino nella stanza, l’infermiera che si occupava dello studio era una donna particolarmente simpatica e alla mano, facilmente la convincevano a coprirli. Probabilmente il fatto che fosse molto giovane la rendeva più vicina ai ragazzi. Quando Issei ed Eri entrarono li aveva accolti con un bel sorriso, poi, raccogliendo alcuni fogli era uscita.

Miura aprì un occhio, vedendo i due compagni entrare. «Hase-chan eri preoccupato per me?»

«Non potrebbe fregarmene di meno, era lei quella preoccupata.» Sbottò orgoglioso, incrociando le braccia al petto con aria annoiata.

Yoshida sembrò morire d’imbarazzo.

«Eri-chan! - balzò immediatamente fuori dalle coperte, saltandole addosso nell’intento di abbracciarla, Issei sorpreso del gesto inizialmente non seppe come reagire – Sei così adorabile!»

«MIURA!» Urlò una voce familiare, prima che Hasegawa potesse tirarlo via, era Atsuko.

Ryuu scattò all’indietro, spaventato, inciampando contro il letto. In effetti Nomura doveva terrorizzarlo.

«Non è come pensi, cara, era solo un abbraccio fraterno il mio! Ho occhi solo per te, davvero!» Spiegò frettolosamente, recitando un po’.

Yoshida sorrideva divertita e Issei non poteva che dimenticare tutto il resto per concentrarsi sulla sua bocca, così rosea, dai bordi ben delineati e le labbra carnose, si sentiva spesso uno stupido a restare imbambolato a causa sua ma non poteva evitarlo in nessun modo, non più.

Nomura, intanto, colpiva Miura con la sua cartella.

Da quel giorno sul tetto non c’erano più stati contatti strettamente fisici tra di loro e questo non poteva che turbarlo, sentiva come un morboso attaccamento alla ragazza e quel loro stringersi così intimamente non aveva che solidificato il rapporto, evolvendolo in qualcosa che Issei non riusciva bene a definire.

Quando aveva iniziato a frequentarsi con Naoko aveva soltanto quindici anni e il loro approccio era stato completamente diverso, la sua ex ragazza si era dimostrata più intraprendente e sfacciata nei suoi confronti, anche se sembrò solo un modo per nascondere la sua natura timida e accondiscendente. Guardando Eri, con gli occhi del presente, non riusciva proprio ad immaginare che potesse fingersi una persona socievole o alla mano, almeno per com’era davvero fatta lei. Naoko era ancora un punto interrogativo per lui e la cosa un po’ l’aveva allontanata dal suo cuore, specialmente dopo le parole di Miura.

Da quel momento non ci capiva più nulla.

«Prendiamo un gelato? Una crepes?» Propose Nomura, prima di lasciare Hasegawa e Yoshida davanti la fermata.

Eri sembrava contenta ma non si sporse. Issei capì che probabilmente lei voleva farlo ma non era sicura che tutti gli altri fossero d’accordo quindi non aveva detto niente. «Ma dove?»

Miura si grattò la nuca con fare disinteressato. «C’è un centro commerciale nei dintorni, c’è anche un cinema.»

Tra l’entusiasmo delle due ragazze, con Nomura che diceva ad Eri che c’era un peluche a forma di scimmia in una di quelle macchinette col braccio meccanico che desiderava da tanto tempo e avrebbe provato a recuperarlo e Yoshida che si perdeva nell’accurata descrizione di quello che sembrava essere un bellissimo pupazzetto, Hasegawa e Miura rimasero poco indietro.

«Sei contento?»

Ryuu inarcò un sopracciglio. «Che?»

«Finalmente potrai uscire con Nomura.» Parlò sottovoce anche se era certo che Atsuko non gli stesse prestando minimamente attenzione.

«Significa che ci lascerete da soli?»

Issei avvampò, voleva metterlo a disagio ma era finito lui a sentirsi imbarazzato. «Prova tu a separarle.»

Ryuu assottigliò gli occhi verso le due ragazze, sorridendo sinceramente felice. «Sono contento, mi piace vederle insieme. Sembrano aver trovato il loro equilibrio.»

«E’ tutto merito di Nomura.» Acconsentì Issei, sollevato dal fatto che il discorso fosse cambiato.

«E’ anche merito di Yoshida, guardala, è così dolce che è impossibile resisterle.» Miura scoppiò a ridere quando Hasegawa lo prese per il colletto della camicia bianca della divisa scolastica.

«Non fai che dire queste cazzate, che intenzioni hai?!»

«Mi piace solo darti fastidio – dopo essersi liberato della presa dell’ex amico, sollevò le mani in segno di resto – non hai idea di che faccia stupida fai ogni volta che ti ingelosisci.»

Il ragazzo dalla folta frangetta scura sbuffò, mettendo le mani in tasca e riprendendo a camminare. In realtà sapeva bene che Miura non nutriva alcun interesse per Yoshida ma il fatto che ci scherzasse su lo faceva imbestialire, forse perché ricordava ancora bene quello che era successo con Naoko. Issei si sentiva preso in giro, sapendo come tutto quello che era successo non fosse che un fraintendimento, il senso di colpa lo portava a reagire in modo aggressivo. Era troppo impulsivo.

«Wow!» Esultò, meravigliata, Yoshida. Forse non aveva mai visto quel centro commerciale prima d’ora, in effetti passava tutto il tempo tra casa e lavoro, inoltre, prima di allora con chi avrebbe potuto visitarlo?

«Yoshida!» La chiamò Issei, come illuminato.

La ragazza si voltò immediatamente, spaventata.

«Ma tu non devi andare a lavoro?!»

«Ah no, non preoccuparti, s-sono stata licenziata.» Lo disse con un certo sorriso ingenuo che quasi gli venne da ridere, riconosceva che la situazione non fosse per niente positiva ma lei era così carina anche quando diceva cose del genere.

Nomura l’afferrò per le spalle. «Come licenziata? Perché?»

«La biblioteca sta per chiudere, non conosco tutti i motivi ma pare che non ci siano dei conti proprio in regola. C-Comunque non è un problema, eh! Ho già mandato dei curriculum! E poi… tengo sempre qualche soldo da parte per questi momenti difficili, non è la prima volta.»

Yoshida, al contrario di tutti loro, era davvero la più matura. Parlava, in quel momento, più come una donna che come una ragazzina del liceo. Hasegawa rimase talmente meravigliato da sentire le guance andare a fuoco, poi tossì per evitare di pensarci.

«Sai cosa Yoshida? - iniziò a parlare Miura, guadagnandosi due brutte occhiatacce – Mi sembra di aver letto in un bar di maid che cercano personale, tu sei molto particolare come ragazza e lì ci vanno spesso i maniaci, basterebbe scoprire un po’ il seno e mettere qualche filo di trucco, poi con una divisa da maid staresti benissimo.»

Eri rimase pietrificata davanti alla proposta, il suo viso bianco come il latte si colorò di un aggressivo rosso, Nomura rimase in silenzio qualche secondo prima di tirargli un assestante pugno nello stomaco. Anche la reazione di Hasegawa non fu delle migliori, la proposta di Miura era del tutto fuori luogo e quelle osservazioni che aveva fatto avrebbe voluto fargliele rimangiare, d’altra parte gli era apparsa in mente Eri vestita da cameriera che gentilmente gli chiedeva cosa avrebbe voluto ordinare e le reazioni nel suo corpo iniziarono a non rispondere più.

Sono uno di quei maniaci?

Io… sono uno di quei maniaci… No, non può essere!

Comprendendo la pericolosità delle idee che gli erano venute in mente solo immaginando Eri vestita in quel modo capì quanto Miura meritava le botte. «Quindi… - sussurrò con la frangetta davanti al volto, Hasegawa che aveva catturato l’attenzione di tutti – quindi tu frequenti i bar per le ragazze… sei disgustoso.»

Nomura si allontanò, sconvolta. «Miura-kun è un maniaco!» Corse da Eri per abbracciarla, quasi volesse difenderla.

«Perché non apprezzate il mio modo di scherzare? - Sussurrò Ryuu mentre teneva l’addome, dolorante – Se voi non avete il senso dell’umorismo è un problema vostro!»

 

Entrati al centro commerciale Yoshida sembrava essersi completamente ripresa dall’imbarazzo di prima e finalmente si concentrava sulla bellezza del luogo, con le sue luci, i suoi grandi negozi e le fontanelle nei centri di ritrovo. Nomura le indicava i posti più convenienti dove a volte aveva comperato qualcosa.

«Quindi? Avete deciso? Crepes o cinema?» Chiese Ryuu.

«Che fanno al cinema?» Rispose Atsuko.

Issei cercava qualcosa di interessante lì, in effetti quel genere di posti non si addicevano per niente a lui. Mentre i due discutevano sul da farsi anche Yoshida si era allontanata appena per avvicinarsi alla vetrina di un negozio, dalla sua posizione non riusciva a capire cosa vendessero così si avvicinò all’amica. Un grazioso cucciolo bianco e peloso scodinzolava e saltava su se stesso mentre Yoshida batteva il dito contro il vetro per salutarlo.

Che carina.

«Abbiamo deciso!» Li richiamò all’attenti Nomura, contenta.

«Beh, che si fa?»

«Il cinema salta, non voglio che Yoshida spenda troppo quindi possiamo andare a mangiare qualcosa.»

Issei storse le labbra, il risultato non lo aveva convinto. «Yoshida, tu vuoi andare al cinema? Ci andresti se il prezzo non fosse un problema?»

«P-Possiamo andare a prescindere! Non potrà essere così caro...n-no?»

«Lo è abbastanza perché possa offrirtelo quel riccone di Hasegawa, sai?» Commentò Miura, ridacchiando.

Eri arrossì. «N-No!»

«Non è un problema per me e comunque è uscito da poco un film che volevo vedere, ci ho pensato solo adesso.»

«A-Allora andiamo a vederlo. Ho già d-detto che non è un problema il prezzo!»

«Puoi comunque usarli per qualcos’altro, per tua madre, o che ne so. Lascia stare, io non ho nessuna spesa.»

«Allora lo offrirò anch’io a Nomura, così come farebbero due bravi fidanzati.» Scherzò Miura che si coprì agilmente il viso, pensando che Nomura l’avrebbe colpito a breve. Quando il colpo non arrivò guardò la ragazza per capire che cosa poteva essere successo ma vide soltanto l’amica un po’ confusa, con le guance teneramente colorate di rosa. Che razza di reazione era quella? Divenne rosso anche lui.

«Non pensarci neanche.» Ritornò in fretta sulle sue, Nomura, girando il capo per nascondere l’imbarazzo.

Anche Hasegawa era abbastanza confuso e sorpreso di quella reazione.

«No! Non lo faccio per te, Nomura! - Cercò di mantenere un’aria scherzosa Miura che tuttavia non poteva nascondere quanto quella situazione l’avesse colpito – Ma pensa se ci vede di nuovo l’omone! Potrebbe succedere, devo assolutamente comportarmi così per il tuo bene, almeno per un periodo.»

«Non prendermi in giro!»

«Avete finito?» Sbottò Hasegawa, che iniziava a sentirsi in imbarazzo tra di loro, Yoshida era diventata in qualche modo trasparente. Prese il ragazzo dal braccio prima che Nomura potesse solo uscire il portafogli dal borsone, trascinandolo fino al banco per fare i biglietti, quella non sembrò reagire.

«Ma che le prende?» Il ragazzo sembrava svuotato dall’interno, Issei trovava la cosa parecchio tenera.

«Forse ha le sue cose, diventano pazze quando sono in quei giorni.»

Miura sorrise, divertito, intanto la fila scorreva. «E’ cambiato qualcosa, me lo sento! Ma non capisco cosa, non capisco neppure se è una cosa positiva o meno.»

«Non hai notato niente di strano ultimamente?»

«Non è che le sto appiccicato tutto il giorno addosso, come te con Yoshida.»

«Beh a lei sta bene, non sto cercando mica il suo santo perdono.»

Miura sollevò il dito medio con grande nonchalance.

Presi i biglietti tornarono dalle compagne di classe, non sembravano aver parlato in loro assenza. Nomura era evidentemente scossa ma non capiva bene da cosa, anche lo sguardo di Ryuu tradiva una certa confusione. Comunque all’inizio del film mancava ancora un po’, potevano fare un giro per la sala giochi.

«Hasegawa-kun… g-grazie.» Parlò così tanto a bassa voce che fu difficile scandire bene le parole di Eri tra quel baccano, eppure Issei le offriva sempre la sua completa attenzione, era certo che avrebbe potuto sentirla dappertutto, in qualsiasi momento.

«Te lo scordi in continuazione.»

«C-Cosa?»

«Io, quello che faccio, lo faccio solo perché mi va.»

Non faceva che pensarci, per quanto avesse provato ad ignorarlo, un senso di pesantezza si era bloccato sul suo stomaco e ogni volta che guardava di sfuggita Nomura si sentiva frastornato. Voleva capire, a tutti i costi.

Yoshida ed Issei, secondo indicazioni di quest’ultimo, si erano allontanati e a Ryuu quello era sembrato un gesto di pace da parte di Hasegawa. Erano andati a vedere dei giochi a coppia in cui si usava una pistola di plastica per sparare agli zombie, infatti, prima di poter entrare nelle sale del cinema c’era un angolo totalmente dedicato a quel genere di giochi, anche la macchina col braccio meccanico che ricordava Atsuko si trovava in quella zona. Alla fine si erano semplicemente separati.

«Quindi, ricordi dov’è la scimmia di pezza?»

Nomura, stranamente silenziosa, indicò il gioco e insieme si avvicinarono, prima di loro c’era una coppia, non che lo sapesse ma lo sospettava da come si sorridevano. Atsuko si grattava nervosamente il braccio scoperto dalla manica corta della camicetta della divisa scolastica. Non voleva parlargli forse.

Quei due avevano preso di mira proprio la scimmia che piaceva ad Atsuko, la cosa lo preoccupò perché il ragazzo la volta precedente l’aveva quasi presa. Guardò la ragazza più bassa che invece si concentrava con aria malinconica sulla loro preda.

Quando il tipo riuscì finalmente a prenderla qualcosa si spense in lei, al contrario la ragazza della coppia saltò in braccio all’altro, per ringraziarlo. Il premio non è che fosse particolarmente bello, la scimmia era cucita un po’ male e la faccia non era molto carina, anzi, metteva un po’ paura. Non si sorprese che quel pupazzo piacesse alla stramba Nomura che in quel momento sembrava essersi ammutolita del tutto, mentre i due andavano via soddisfatti.

«Ci sono peluche più carini, puoi provare a prenderne un altro. Poi, la loro è stata solo fortuna, queste macchine sono difettose.»

Atsuko annuì. «Non importa, è come hai detto tu sono difettose. A me piaceva la scimmietta, non ne voglio un altro, va bene così. Avremmo dovuto arrivare prima.»

Non tollerava di vederla così triste, non gli piaceva. Il suo viso era bello quando sorrideva, voleva vederlo sempre sorridente. Una fitta al petto lo costrinse a distogliere lo sguardo, doveva assolutamente fare qualcosa per lei.

«Vai da Yoshida, io devo andare al bagno per un momento.»

Atsuko annuì poco convinta e si allontanò.

Guardandosi intorno con fare sospetto anche lui si allontanò, voleva capire dove sarebbero andati i due ragazzi. Voleva solo parlare con loro, magari avrebbero capito, certo non è che fosse particolarmente contento della cosa, non aveva voglia di mostrarsi gentile verso di loro, perché avrebbero dovuto prendere proprio la scimmia? Era pieno di pupazzi rosa e confettosi, come la ragazza dai capelli biondi e i vestiti attillati, non si addiceva affatto a lei, che fastidiosi.

No, si stava arrabbiando senza ragione.

I due non sembravano dover andare al cinema infatti uscirono dalla zona per ritornare al centro commerciale, camminavano e ridacchiavano mentre lei si aggrappava scioccamente al suo braccio. Miura sbuffò prima di fermarli.

«S-Scusate!» Alzò il tono di voce.

La prima a girarsi fu la ragazza che gli sorrise un po’ sfacciatamente, subito dopo di lei lo fece il fidanzato che invece non aveva in faccia stampato proprio il buon umore.

«Sì?» Sembrò sforzarsi di essere gentile, lui.

«Posso acquistare il vostro coso...peluche, la scimmia insomma.»

«Cosa? No!» Strillò la ragazza che sembrava aspettarsi qualcos’altro dalla sua presenza.

Miura pensò al modo migliore per convincerli.

«Insomma, a me serve davvero, la mia sorellina fa collezione di questo genere di peluche e purtroppo non ce ne sono altri. Ma – bloccò il ragazzo che voleva dire qualcosa, alzando ancora la voce – se io lo comprassi, non guadagnereste almeno il triplo di quello che avete speso per quel gettone? Se volete anche il quadruplo. E poi, rimanga tra noi, non è molto carino quel pupazzo, per una bella ragazza come lei – si rivolse al fidanzato, mentre la tipa sorrideva come un’oca – non sarebbe meglio qualcosa come un orsetto o un coniglio? Se me lo vendeste con quei soldi potreste cercare di prenderne uno molto più bello.»

Quello guardò la compagna come per chiederle consiglio, sembrava abbastanza tentato, Ryuu rimase in silenzio a studiare le loro espressioni. Volevano venderlo ma non volevano cederlo facilmente, come per un senso d’orgoglio.

«E va bene – sospirò la biondina, avvicinandosi – ma voglio almeno cinque volte il prezzo del gettone.»

Ma guarda tu questa… pensò infastidito mentre dal portafogli contava le banconote da cedere ai due sconosciuti. Non che fosse un problema per lui spendere quei soldi ma non gli piaceva avere a che fare con quel genere di gente, era solo un peluche del cavolo, cucito anche male.

Quando glielo misero tra le mani andarono via e lui guardò per qualche minuto la scimmia, profondamente, negli occhi. Chissà cosa c’era di speciale in quel pezzo di stoffa per piacere tanto ad Atsuko.

Yoshida era del tutto goffa con quel genere di cose e la cosa lo faceva ridere parecchio, probabilmente non si aspettava di dover sparare in ambientazioni così lugubri e spaventose come vecchi ospedali o manicomi abbandonati. Teneva con una certa difficoltà la pistola giocattolo mentre sparava e quando appariva qualche jumpscare di uno zombie sobbalzava emettendo un urletto, a volte si era persino dimenticato del gioco perché l’aveva guardata troppo a lungo.

Finiti i turni disponibili si accorsero di Atsuko che silenziosamente stava dietro di loro, da sola, Miura non era con lei.

«Sei riuscita a prendere la scimmia?»

«Veramente no. C’erano due ragazzi davanti a noi e l’hanno presa, purtroppo.»

Yoshida corrugò la fronte. «Mi spiace tanto.»

«Su, su, non è la fine del mondo.» Mentiva, era chiaro dalla sua espressione triste.

Miura tornò poco dopo, a detta di Nomura era andato al bagno un secondo e intanto l’ora dello spettacolo era arrivata così sarebbero potuti entrare. Atsuko ed Eri sedettero tra i due ragazzi, occupando una piccola porzione di una fila di sedili al centro della sala, la vista da lì era decisamente ottima.

«Non urlate troppo.» Li avvertì Miura, facendo ridere Hasegawa.

Atsuko strinse le spalle. «Non mi hanno mai spaventata questi film.»

«S-Spaventata?» Domandò, incosciente, Yoshida. Ryuu scoppiò a ridere e Nomura impallidì, Issei in effetti doveva aspettarselo che quello non era proprio il genere della vicina di banco, anche a giudicare dalla reazione per un gioco sciocco come quello che avevano fatto prima.

«Non hai letto il titolo sul biglietto? Fuori c’erano le anteprime di cartone.» Spiegò Miura, mostrandole il titolo del film.

Hasegawa tossì colpevole. «Veramente… le ho dato il biglietto solo prima di entrare. N-Non ci ho pensato.»

Yoshida si era irrigidita sulla poltroncina. «N-Non c’è problema. È colpa mia che non ho c-chiesto. E poi… n-non mi fanno c-così paura!»

Nomura, preoccupata, le mise una mano sulla spalla. «Quale film horror hai visto fino ad oggi?»

«C-Credo nessuno.»

«MA E’ IMPOSSIBILE!» Il biondo non la smetteva di ridere.

Nomura gli tirò una lieve gomitata. «E-Eri-chan, quando avrai paura stringimi forte oppure chiudi gli occhi.»

«C’è anche Issei, può stringersi a lui, così quando mi spavento io posso abbracciarti.» Continuava a scherzare, Atsuko arrossì di nuovo, stavolta meno freddamente ma più divertita.

In effetti poteva tenersi anche ad Issei, per lui era tutt’altro che un problema. Allargò le braccia, un po’ come Gesù. «Mi sacrificherò, Yoshida, lo farò.»

Finalmente la vide sorridere.

All’improvviso si spensero tutte le luci, il film stava per cominciare, ma questo Eri non doveva averlo capito subito visto che tremò sorpresa.

Hasegawa prevedeva due ore piene di piacevole tensione, era pronto.

 

Quel film non era molto spaventoso, in effetti, neppure Yoshida venne coinvolta molto a giudicare dalle poche volte che la vide terrorizzata, comunque i pochi jumpscare buttati in mezzo al film per non far addormentare lo spettatore la fecero urlare ogni volta, fortunatamente, o sfortunatamente – non era sicuro se definirsi un sadico o qualcosa del genere -, comunque le volte che Miura si era gettato scherzosamente addosso a Nomura che reagiva sempre più timidamente, Eri fu costretta a prendere la mano di Hasegawa, mentre il cuore di quest’ultimo scoppiava dentro al petto.

Sarebbero dovuti uscire più spesso insieme, Miura si era rivelato più utile di quello che avrebbe potuto credere.

Il film si era chiuso nel modo più violento possibile, non si addiceva alla poca violenza vista fino a quel momento, comunque fu sufficiente per costringere Eri a nascondere il viso sul suo petto. Più che impaurita, doveva essere proprio schifata da quella visione; intanto Issei sudava freddo in quanto il bracciolo della poltrona si era messo tra la vita di Yoshida e il suo braccio, che poggiava esattamente sul suo prosperoso seno. Non riusciva a muoversi, era paralizzato dall’imbarazzo. Yoshida non doveva averci fatto caso e per quanto ragionevole potesse essere, il ragazzo, non poteva certo desiderare di liberarsi.

No, non doveva pensare a quel genere di cose, non con Yoshida. Lei era ingenua, quasi infantile sotto quel punto di vista, era come se la stesse molestando solo pensandoci.

Riaccese le luci tutto finì ed Eri tirò un respiro di sollievo.

«Com’è stato?» Domandò, preoccupata, Atsuko, rivolgendosi all’amica ancora un po’ evidentemente scossa.

Anche Issei si riprese. «Faticoso.»

Gli occhioni di Yoshida divennero subito lucidi, a causa dell’imbarazzo. «S-Scusa!»

Hasegawa e Yoshida avevano già preso il treno, così non restava  a lei e Ryuu che tornare a casa, avevano camminato fianco a fianco per tutto il tempo senza parlare di nulla. A volte Miura aveva cercato di iniziare un discorso, facendo vari commenti sul film deludente, tuttavia lei non sentiva di riuscire a discutere con lui in modo normale. Odiava che quei sentimenti trasparissero così evidentemente.

Dopo le parole di Mori non riusciva a comportarsi normalmente con Miura, anche se non poteva dire di non averci provato. Lui sembrava sempre lo stesso ma qualcosa in lei stava lentamente cambiando, qualcosa del tutto sconosciuto.

Che Miura si stesse davvero prendendo gioco di lei?

«Miura-kun.» Lo chiamò, all’improvviso.

Il ragazzo si grattò la nuca, confuso. «Sì?»

«Pensi che io sia carina?»

Lui balzò all’indietro, visibilmente arrossito. «C-Cosa?»

«S-Stavo pensando – strinse le labbra timidamente – tu pensi che io sia carina? Da quei giorni in cui mi trattavi in quel modo… io f-forse potrei essere più carina. Mi tratti bene per questo motivo?»

Miura sembrò arrabbiarsi al suono di quelle parole, le rivolse uno sguardo quasi ringhioso e quel comportamento la spaventò un po’. «Tu sei uguale a quei giorni, ai miei occhi.»

Qualcosa, come una piccola luce, dentro al suo petto sembrò spegnersi. Non capiva a cosa era dovuta quella strana sensazione, tuttavia, era ben consapevole di dover essere felice di quella risposta.

Sì, era felice di quella risposta.

Sospirò sollevata, sorridendo appena. «Beh, allora va bene così, immagino.»

Ryuu le diede le spalle, riprendendo a camminare. Non era certa del perché l’avesse fatto arrabbiare, gli dispiaceva, prima sembrava tanto di buon umore che quel suo brusco cambio d’umore doveva essere causato proprio dalla sua domanda strana.

Erano arrivati davanti casa sua.

Senza pensarci, alla fine, Miura l’aveva accompagnata fino a casa.

Perché faceva tutte quelle cose gentili verso di lei? E perché quei gesti sembravano provocarle quella strana gioia?

«Tu non ti fidi ancora di me, giusto?» Miura non la guardava, si era semplicemente seduto sul muretto di fronte casa sua, aveva guardato distrattamente l’ora sullo schermo del cellulare.

Atsuko prese a grattarsi il gomito nervosamente. «N-Non penso ci siano motivi per non fidarmi di te.»

«Allora perché mi hai chiesto una cosa del genere? Forse… forse io non ho il diritto di dirlo però – fece una breve pausa, evitava ad ogni costo il viso di Nomura – però non è per niente carino quello che hai pensato.»

«In effetti mi sono sopravvalutata appena un po’.» Rise, veloce, nascondendo una certa amarezza.

Ryuu sbuffò, spazientito. «Ma non è per questo, idiota! Pensavi che mi fossi avvicinato a te solo… solo per quel motivo. Io… so benissimo che non posso fare l’offeso, so bene che le mie azioni hanno sempre dimostrato il contrario, però, io non sono quel genere di persona. E comunque non ho detto che non sei bella, ho solo detto che fai dei ragionamenti stupidi e offensivi.»

Forse lui non poteva vederlo, teneva lo sguardo basso, eppure il cuore di Atsuko aveva preso a battere irregolarmente, i suoi grandi occhi castani si erano sgranati sorpresi. Quelle parole erano state molto brusche, l’ultima cosa che avrebbe voluto rendere a Miura, che si dimostrava invece un buon amico, era il dubbio della sua buona fede. Era normale essere un po’ confusi, però aveva sbagliato ad insinuare quel genere di cose, erano davvero terribili e degni di una persona orribile.

Eppure Miura era stato orribile.

Perché si sentiva così in colpa?

Ryuu aveva abbandonato il borsone scolastico ai suoi piedi, si era appena chinato di fronte a lei per prendere qualcosa. Forse era un segnale per dirle di andare via.

«M-Mi dispiace…» Balbettò insicura, andava verso il cancello basso del cortile davanti casa.

«Aspetta!»

Atsuko si voltò immediatamente.

Miura stringeva con una mano la tanto desiderata scimmia di stoffa che quel pomeriggio l’aveva resa così triste, finendo nelle mani di quegli estranei. Non riusciva più a controllare le sue emozioni e le lacrime scesero velocemente giù per il suo viso. Il biondo sembrò parecchio a disagio nel vederla piangere ma per quanto cercasse di asciugare le gocce d’acqua con le mani, continuavano a scendere sempre più copiosamente.

Atsuko, era lei quella che era stata orribile con Miura.

Come aveva potuto dire quelle cose? Ma soprattutto, perché faceva quelle cose per lei?

«N-Non la vuoi più?» Visto che la ragazza non riusciva a muovere le gambe e piangeva, forse Miura aveva pensato che non la volesse più.

Atsuko si fece forza e chiamando a raccolta tutto il suo coraggio, velocemente, lo abbracciò. Lui rimase con il braccio disteso verso il vuoto, paralizzato dal gesto, mentre la compagna di classe si stringeva affettuosamente intorno al suo addome. Lui era effettivamente troppo alto per lei, appena qualche centimetro meno di Issei.

Insomma, due giganti.

«Mi dispiace tantissimo, Ryuu-kun!»

Anche lui sembrò singhiozzare. Velocemente coprì il viso, Atsuko rimase a guardarlo dal basso, per qualche secondo, riusciva chiaramente a vedere i suoi occhi socchiusi e bagnati, era davvero tenero.

Non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere.

«P-Prendila e basta. È i-imbarazzante.» Anche il suo tono di voce aveva preso un’intonazione particolarmente carina.

In fondo, Mori non conosceva Miura, e certo non l’aveva frequentato come lei in quelle settimane. Non poteva sapere che persona era diventato, non sapeva proprio nulla di quello che aveva fatto per lei.

Atsuko afferrò dolcemente la scimmietta, stringendola sul petto e allontanandosi lentamente dall’amico. Gli sorrise, sinceramente, anche se le lacrime scivolavano, sempre più piano, sul suo viso. «Non succederà mai più, Ryuu!»

«B-Beh, lo s-spero per te. L-La prossima volta ti picchierò!»

 

Tornata in casa la prima cosa che fece fu salire in camera per gettarsi sul letto con la sua nuova amica, o il suo nuovo amico, avrebbe dovuto sceglierlo. Distrattamente si accorse, dalla finestra, che Miura era rimasto seduto sul muretto. Si era raccolto le ginocchia al petto, sembrava un riccio biondo. Scostò leggermente la tenda per vedere meglio e lui sembrò accorgersene, non aveva un’aria triste, anzi, sembrava abbastanza sereno mentre scuoteva la mano per salutarla.

Atsuko non aveva mai provato quelle emozioni, si sentì un'ebete a ricambiare il saluto.


Yoshida non aveva proprio un bell’aspetto la mattina successiva, Hasegawa si chiedeva cosa potesse essere successo per non farla dormire bene.

Che stesse pensando al loro contatto al cinema? Che stesse pensando a lui?

Devo smetterla una buona volta.

«Cosa sono quelle occhiaie?» Domandò, rude.

Eri si toccò le guance, più sotto gli occhi, imbarazzata. Forse non avrebbe dovuto chiedere con quel tono. «Ho f-fatto i compiti fino a tardi, n-non ho dormito molto bene.»

Atsuko strillò subito dopo, come terrorizzata. «I COMPITI!»

«I comp… Quali compiti?!» Anche Issei era sorpreso. Si era totalmente dimenticato di quello, dopo essere ritornato a casa non aveva fatto che giocare alla play station, continuando a chiedersi se Yoshida si fosse accorta di qualcosa.

Che fosse lui a pensarla troppo?

Lei sembrava piuttosto tranquilla, sotto quel punto di vista.

No, io non la penso affatto. Pensò, fieramente. Cazzo lo sto facendo di nuovo, adesso il problema sono i compiti!

«Quanto siete inutili – commentò Miura, appena entrato in classe, si era appoggiato alla finestra vicino il banco di Yoshida – siete degli studenti, come fate a dimenticare di studiare, è proprio idiozia.»

Issei aspettò la solita battuta acida di Atsuko, per rincarare la dose, ma questa non arrivò neanche dopo diversi secondi. Lei sembrava sul punto di dire qualcosa ma le sue guance rosse parlavano per lei, anche Miura si dimostrava particolarmente vulnerabile quando incontrava il suo sguardo.

Decise di fare da sé. «Gli studenti seguono le lezioni senza fingere malanni.»

«Non puoi capirlo tu, guarda la tua comune faccia, io, al contrario, penso così tanto spesso a quanto sono bello che mi sento addirittura male.»

Yoshida scoppiò a ridere, lui sembrava soddisfatto del risultato.

«Eri-chan! - la richiamò, finalmente Atsuko che mostrava segni di vita – Non partecipare al suo sporco gioco, aumenti solo il suo smisurato ego.»

Issei aveva notato da un po’ lo sguardo di Fujihara, sembrava sorpresa di vederli così contenti e allegri, anche abbastanza infastidita.

Poco dopo entrò anche il professore così tutti dovettero prendere velocemente posto. Teneva alcuni fogli raccolti nelle braccia, goffamente. Sistemò la cattedra per ordinarla, poi, dopo averli invitati a fare silenzio, prese alcuni gessetti per scrivere alla lavagna.

Il piccolo festival che la loro scuola organizzava prima delle vacanze estive si avvicinava e tutti gli studenti avrebbero dovuto organizzare un raduno quantomeno dignitoso. Era una sorta di tradizione, lo facevano anche alle medie.

«Dividetevi i ruoli, siete ufficialmente in autogestione.»

In effetti nessuno avrebbe pensato ad un imprevisto del genere, erano in largo anticipo.

«Se vi state chiedendo perché – parlò l’uomo, notando i visi interrogativi davanti a sé – vi viene chiesto di organizzarlo in anticipo, è perché l’ultima volta è stato un vero fallimento e la nostra scuola vuole dare una buona impressione ai nuovi studenti, in visita. Le nostre tradizioni sono oggetto di grande curiosità per i nuovi studenti.»

Il liceo che frequentavano era particolarmente famoso, considerato tra i migliori per istruzione e festività di quel tipo. Ci tenevano davvero molto e questo permetteva quasi ogni anno di organizzare grandiosi festival. Quel genere di eventi serviva per dare un’idea agli studenti che avrebbero voluto iscriversi l’anno successivo, inoltre, il fatto che la scuola organizzasse ben due fiere, al contrario del normali istituti.

Il festival prima delle vacanze estive permette loro anche di avere un’idea chiara su cosa migliorare durante il bunkasai.

Una volta che il professore lasciò la classe tutti ricominciarono a parlare, eccitati ed emozionati.

Eri guardava la lavagna con aria pensierosa.

«Hai già pensato di cosa vorresti occuparti?» Domandò Atsuko che aveva lasciato sbadatamente la sua postazione per poggiarsi sul bordo della finestra.

La riccia strinse le spalle, assolta. «Io non so cos’è.»

«Una sorta di bunkasai ma molto meno in grande.» L’aiutò Miura, che aveva preso il posto davanti a Yoshida.

«Oh, misono sempre piaciuto questo genere di cose, però, non so se riusciremo a metterci d’accordo con la classe. Dovremmo vedere di cosa si occupano nelle altre?»

Eri trovò quella un’ottima idea e senza fare troppi complimenti uscì insieme all’amica, lasciandolo da solo con Ryuu. Molti erano usciti, probabilmente per poltrire, altri, i più secchioni si erano muniti di carta e penna per organizzare prima di tutto le attività.

«Guarda chi è curioso di sapere che club si formerà in questa classe.» Disse, Miura, ridendo in modo abbastanza fastidioso, mentre indicava fuori dalla porta.

Hasegawa si prese un colpo, Naoko nascondeva metà del viso dietro la porta e sbirciava timidamente dentro la classe, come se non conoscesse nessuno lì. In realtà molti membri del gruppo classe erano proprio suoi amici.

Forse si sentiva a disagio perché c’era lui. Forse sarebbe dovuto uscire.

Quando i loro occhi si incontrarono lei sembrò arrossire tristemente, Issei distolse solo lo sguardo. Si sentiva colpevole di qualcosa ma non era sicuro di cosa. Quando lei decise di entrare, Ryuu si alzò agilmente per uscire. Non la sopportava proprio quella ragazza.

Anche Issei sarebbe voluto fuggire con lui ma avrebbe dovuto affrontare in modo maturo il fatto che lei si era avvicinata proprio per sedersi nel posto di Yoshida, vuoto.

«Ciao.» Disse soltanto, raccogliendo una delle sue lunghissime ciocche dietro l’orecchio.

«Che sei venuta a fare?»

«Volevo vederti.»

Non si aspettava una risposta del genere, inevitabilmente sentì il cuore battere a causa di quella spregiudicata affermazione. Era proprio come sospettava, non era ancora riuscito a cancellare Naoko dalla sua vita; d’altronde come avrebbe potuto dopo tutto il tempo che aveva trascorso con lei?

«Ho sentito Eichi, mi ha raccontato della tua nuova amica.»

Hasegawa s’irrigidì, in parte era spaventato da quello che avrebbe potuto dirle, dall’altra, qualcosa dentro di lui, sentiva in modo positivo il fatto che Eichi avesse potuto dirle che era interessato a Yoshida, in quel caso anche lui lo avrebbe dovuto accettare.

«E cosa ti ha detto?»

«Che è molto gentile – sorrise, divertita, era bella come sempre – pare che questa ragazza sia davvero una bella persona. Sono...contenta che sia tua amica. Anche Nomura, vi vedo spesso insieme. Certo, non mi sarei mai aspettato un tuo atteggiamento, in genere te ne fregavi di queste persone.»

Lo irritò, quel modo di parlare, lo irritò terribilmente. In che senso “quelle persone”? Cosa c’era in Yoshida o in Nomura di speciale?

«Non fraintendermi, sono davvero contenta di questo. Sai, anche io sono stanca della mia compagnia, sono ragazze presuntuose...troppo spesso cattive, anche con me. È un bene che tu sia amico loro. Mi fido ciecamente di Eichi.»

La presenza di Naoko iniziava a stargli stretta, per qualche motivo. Si allargò il colletto della camicia, sospirando. «Mi dispiace.»

«A proposito di lui mi ha detto che non gli hai inviato ancora il numero di Yoshida, potresti farlo?»

Si alzò, quasi scazzato. Dopo tutto quel tempo era venuta a parlargli solo per ricordargli di mettere Eichi ed Eri a loro agio? Non c’era nient’altro?

Quel pizzico di ipocrisia nel suo stesso atteggiamento gli fece venire la nausea. Si stava lamentando di una cosa del genere solo nel momento in cui ci era finita di mezzo Eri, e Kouda, continuava a rispuntare fuori.

«Che ne sa lui, magari le ho dato il numero ma lei non gli ha voluto scrivere.»

Gli occhi di Naoko si gonfiarono immediatamente di lacrime dopo quell’acida risposta, forse aveva lasciato trasparire fin troppo la sua posizione, dimenticando che la ragazza davanti a lui non era che la sua storia ex fidanzata. Naoko si era alzata, in silenzio, e così com’era entrata in classe – ossia come un fantasma – era uscita.

Issei rimase qualche secondo fermo, pensava a cosa dirle, come scusarsi, poi corse fuori.

Mentre Atsuko parlava di quello che avrebbe preferito fare durante il festival, il cervello di Eri si sconnesse totalmente quando vide correre fuori dalla sua classe una ragazza, la ragazza del corridoio, la ragazza di Issei, o quella che lui definiva la sua ex fidanzata. Per qualche ragione sentì una certa preoccupazione crescergli dentro al petto.

Cosa ci faceva nella sua classe?

Poco dopo, ad uscire, arrivò anche Hasegawa, che cercava disperatamente di raggiungerla.

Quella situazione le fece sentire le ginocchia quasi cedere. Non che ne capisse il motivo, non sapeva perché, non capiva tutta quella delusione, quella tristezza, quel malessere che poco a poco le aveva afferrato lo stomaco.

«Eri-chan? Eri….»

 
 
   
 
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