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Autore: Vago    28/09/2018    3 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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L’aquila atterrò nei recessi di quella piana spoglia, permettendo al carico che trasportava di poter tornare a reggersi sulle proprie gambe.
La lama del coltello di Razer baluginò, scivolando rapida fuori dal suo fodero.
- Chi di loro è il re dei draghi? – chiese l’uomo dagli occhi profondi, guardando di fronte a sé.
Quattro figure si stagliavano all’orizzonte, risplendenti ai raggi del sole calante. Ai loro piedi si agitavano diversi corpi chini, ricoperti da del pellame scuro.
Tre imponenti creature coperte da squame lucenti atterrarono poco distanti, quasi calpestando il cadavere maciullato del loro compagno caduto.
- Il tipo magro che si sta nascondendo dietro la donna con la spada. – gli rispose una voce eterea, accompagnata dall’arrivo di un vortice di denso fumo nero – Ma non andarci contro ora. Non è lui il più pericoloso. –
- Non mi interessa sapere chi è il più pericoloso. Io lo voglio solo ammazzare. –
L’uomo dal polpaccio ustionato si lanciò a testa bassa verso il gruppo che si stagliava verso l’orizzonte, afferrando con la mano destra Noir per costringerlo a seguirlo con uno strattone.

Idiota!

Un tentacolo nero si allungò dalla nube che si stava addensando, saettando in direzione dei due uomini.
La lama della spada eterea si frappose sul suo percorso, bloccando quell’appendice.

Hai detto che non sarebbe successo a Noir, se lui non l’avesse voluto!
Epica, sei sempre stata una maledetta primadonna, ma questa non sei più tu. La vera te avrebbe davvero salvato quell’uomo.
Toccherà a me, allora, risolvere questo casino. Come ho fatto negli ultimi millenni.

Non gli succederà nulla, ci penserò io a lui.

Spero vorrai scusarmi, ma non ho più fiducia in te.

Un elfo dai capelli neri partì all’inseguimento dei due uomini, stringendo in pugno uno stiletto argenteo.
Razer strinse le palpebre, alzando lo sguardo dal terreno per correggere la sua corsa. Le sue dita migliorarono la loro presa sul braccio di Noir.
Aveva bisogno di lui, almeno all’inizio. Poi lo avrebbe lasciato andare.
Cinque belve vennero liberate dai loro vincoli e sguinzagliate contro i due intrusi.
Le loro urla disumane che riempivano l’aria, si spensero non appena furono abbastanza vicini dal fiutare l’odore delle loro prede. Le grida divennero lamenti, mentre le pellicce irte si appiattivano lungo i corpi scarni e le mani artigliate venivano alzate al di sopra dei crani animaleschi.
Le membra di Noir vennero buttate in direzione di quegli esseri, che si aprirono, permettendo all’uomo con il pugnale stretto in mano di proseguire nella sua corsa attraverso di loro.
Un urlo, questa volta umano, si levò dal gruppo. Bastò quel verso per riscuotere dal loro terrore i Demo che, tenendosi lontani dal corpo caduto a terra di Noir, si mossero rapidi e rabbiosi verso Razer, che non accennava a voler rallentare la sua corsa verso il suo obbiettivo.
L’elfo dalla ciocca bianca si chinò su Noir, alzandolo di forza dalla terra nuda. I suoi occhi verdi, intanto, si puntarono sull’uomo dal polpaccio ustionato, seguendo i suoi movimenti che si stavano per incrociare con quelli degli esseri immondi.


Perché?
Solamente… perché?
Ti salverò, questa volta, ma non credo lo farò volentieri.

Gli occhi dell’elfo si strinsero in maniera serpentesca, mentre la sua stretta si sistemava attorno all’elsa del pugnale divino che stringeva in pugno.
I suoi piedi si mossero rapidi, emettendo solamente flebili tonfi ogni volta che si appoggiavano.
Un lampo dorato gli passò accanto, seguito dai latrati di dolore dei Demo, che caddero a terra, macchiandola del loro sangue scuro.
La Spada degli Abissi fendette l’aria a vuoto, facendo cadere dalla sua lama eterea le gocce di linfa vitale che le erano rimaste legate.
La fanciulla, ora, nascondeva buona parte delle sue fattezze all’interno di una spessa armatura bronzea, probabilmente troppo grossa per il corpo esile che aveva mostrato fino ad allora. La fine lama cristallina dello spadone che impugnava, d’altro canto, sembrava non essere adatta a quell’armatura, così massiccia.
Il soldato si fermò di colpo non appena il suo braccio concluse la mezzaluna che aveva cominciato, riponendo con un gesto fluido la lama nel fodero che gli pendeva al fianco.
Rimase quindi rigida, attenta, con gli occhi dorati che puntavano la schiena dell’uomo ustionato che non si era degnato nemmeno di rallentare alla morte dei suoi inseguitori.

Quella spada…

Gli occhi dell’elfo si adombrarono per un attimo, le sue iridi verdi quasi si offuscarono per un secondo, come se non potessero più vedere il mondo davanti a loro.

Forse con qualche decina di anni di giovinezza in più, Frida sarebbe anche riuscita a dare due colpi utilizzando in una mano quella spada e nell’altra il suo spadone originario.

Dannazione! Perché mi tornano alla mente questi ricordi?
Non mi servono. Non mi servono ora e non mi serviranno mai in futuro.
Sono morti, sono andati.
I Cavalieri sono definitivamente morti e non ho intenzione di rientrare nell’esistenza di quegli assassini senza futuro.
I mortali passano e io devo andare avanti.
Non gli devo nulla.

Di cosa vai blaterando?

Nulla.
Nulla che ti possa riguardare.
E non era il caso che tu intervenissi, li avrei uccisi in un istante.

Non era tuo compito quello di toglierli di mezzo.

E sarebbe tuo, questo compito?

No. Ma il mio compito, al momento, è accompagnare quell’uomo verso la sua gloria.

Tu sai che questi sono entrambi Buchi della Trama?
Nessuno di loro ha davvero un destino glorioso.

Certo che me ne sono accorto, ma, rispondimi, perché non dovrebbero averne diritto, loro?
Sono comunque dei mortali e come tali ho intenzione di trattarli.

Non è questione di essere mortali con un destino o meno!
Non voglio che il sentiero che si stanno tracciando davanti venga spezzato dai nostri!

Questi mortali, per quanto mi paia strano da dire, condividono con noi il nostro peso.
Non siamo stati noi a condurli su questo cammino, non sei stato tu. Sono state unicamente le loro scelte, che si sono incrociate con le tue.

Qual è la differenza?

La differenza sta nel chi sta guidando ora i suoi passi.
Tu hai provato a fermarlo e lui non ti ha dato ascolto, non è stata questa una scelta libera?

E tu? Cosa avresti fatto o non fatto, tu?

Io?
Sto facendo quello che ho sempre fatto con tutti.
Lo sto accompagnando verso la sua scelta.

L’elfo non riuscì a trattenere uno sbuffo stizzito, facendo un passo avanti. I suoi occhi verdi tornarono a farsi duri, concentrati.

Per una volta prova a far finta che io sia un’altra Musa. Una qualunque.
O un tuo commilitone, come ogni tanto ti lasciavi scappare, quando tornavi da una campagna di quel vecchio mondo.
Cosa vuoi fare con quelli là?

Aspettare.

Gli occhi dell’elfo si strinsero ancor più.

Non mi avevi appena detto che vuoi accompagnarlo?

Questo non vuol dire che voglio lasciarmi sconfiggere per lui, mai lo farei per un mortale.

E allora?
Cosa vuoi aspettare?

Il mio obiettivo è la spada nera. Non appena lei si muoverà, io la intercetterò.
Non avverto lo stesso potere di quando mi imprigionarono, non credo sia potente come allora il suo portatore.

All’epoca c’era Follia che utilizzava quel poveraccio come marionetta.
Non so se le manie di un semidio siano più pericolose di quelle di un mortale…

E l’armatura divina? Come intendi gestirla?
Senza dimenticarsi del re dei draghi e dei suoi servitori. Anzi, se vuoi proteggere il tuo eroe moderno ti conviene andare ad impalare quelle lucertole prima che lo carbonizzino una volta per tutte.

Una cosa alla volta.
Basterà reagire alle loro mosse.

Un’ultima cosa, considerala un piacere personale.
Krave Dunnont, quel grassone, è mio. Devi solo lasciarmelo.






Angolo dell'autore:

Ebbene, rieccomi e, come un corvo, portatore di brutte notizie. Brutte per chi sperava di veder la fine di questa storia in tempi molto brevi, per lo meno.
Iniziamo con la solita premessa, tanto ormai ci siete abituati.
Avrete sentito tutti del blocco dello scrittore o della sindrome da pagina bianca.
Sono difficoltà leggermente differenti tra di loro che ogni autore sperimenta almeno una volta, e li conosco fin troppo bene entrambi.
Il primo è un'incapacità di scrivere qualcosa, avere una storia e non riuscire a metterla nero su bianco. La seconda, invece, è il contrario, aver voglia di scrivere e non avere una storia da raccontare e, quindi, rimanere a fissare la pagina bianca.
Al momento, tranquilli, non ho nessuno dei due.
Ho, però, una difficoltà nello scirvere. Ho la storia, la tirò giù, nero su bianco, ma non mi piace, la qualità dei capitoli si sta abbassando, almeno ai miei occhi.. Mancano pochi capitoli alla fine di questa storia, meno di una decina, e non voglio rovinare tutto. Non voglio che il lavoro di anni, e per una volta sono mortalmente serio, vada sprecato in un finale rozzo.
Tornerò a pubblicare una volta ogni due settimane, almeno finchè non avrò ripreso un po' di ritmo di scrittura.
Mi dispiace, davvero, ma, per lo meno, non dovrò scusarmi più avanti per aver tirato fuori un finale brutto.
Potevo anche prendermi una pausa, è vero, ma, conoscendomi, non avreste visto per mesi gli ultimi capitoli di questa storia.
Voglio finire questo viaggio, è arrivato il momento.
Ci ritroveremo, quindi, venerdì 12.
Scusatemi ancora e, ironicamente, scusatemi se mi sto scusando così tanto, ma questa situazione mi da sui nervi.

Grazie per essere arrivati fin qui.
Vago
   
 
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