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Autore: NPC_Stories    10/10/2018    2 recensioni
“Holly... come si dice in elfico?”
Holly sollevò un angolo della bocca in un lievissimo sorriso. Era quasi invisibile, ma era il primo sorriso sincero che vedevo da quando era morto.
“L'amicizia non genera debiti” si corresse, recitando la frase che gli avevamo attribuito nel corso della cerimonia in cui lo avevamo nominato Amico degli Elfi. Ogni Ruathar ha una sua frase personale in lingua elfica, intrisa di una nota magica che lo identifica infallibilmente come Ruathar davanti a qualunque elfo.

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[Jolly Adventures, capitolo L'altra mia tomba è sempre un albero (Parte 3)]
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Quando Johel ha portato il suo strano amico (all'epoca vivo e vegeto) a conoscere la sua famiglia, inizialmente non è andata molto bene.
Questa non è la storia di come è cominciata, ma è la storia di come la più improbabile delle creature è diventata un Ruathar, aiutando un elfo che era stato rapito e preso prigioniero. È una storia di gesta eroiche, manipolazioni a fin di bene, gente morta e sensi di colpa, ma anche di amicizia e rapporti familiari, insomma come tutte le loro storie.
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Warning: più avanti si parla di tortura, sesso e violenza non descrittivi; si sconsiglia la lettura ad un pubblico troppo giovane.
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1287 DR: La loro caccia


Il negozio era un posto abbastanza di lusso, con un tendone blu e argento che si apriva sulla strada e ben due guardie nerborute all’entrata. I due omaccioni non mossero un muscolo quando l’ultimo cliente uscì dalla bottega, ma lo seguirono con lo sguardo nel caso in cui il loro padrone stesse per gridare al ladro. L’uomo che era appena uscito aveva un aspetto ordinario, con abiti modesti da mercante di classe media, un taglio di capelli molto comune e dei colori che lo identificavano come discendente dell’etnia calishita. Sembrava un po’ troppo povero per potersi permettere di fare compere lì dentro, ma il negoziante non aveva mosso obiezioni, quindi le due guardie si dimenticarono del tizio non appena lui svoltò l’angolo, uscendo dal loro campo visivo.
Più o meno come facevano tutti.
Raerlan soppesò il sacchetto con i preziosi che aveva appena acquistato. Una buona scorta di berillo scarlatto, pietra di luna e foglia d’argento. Prima del mercante di pietre preziose, aveva visitato uno speziale per procurarsi alcune erbe e un po’ di cera d’api. Aveva dovuto rimpinguare le sue scorte di componenti per rituali, perché un duplice compito lo attendeva non appena si fosse lasciato la città di Saradush alle spalle.
Il suo primo, onnipresente dovere era rimanere nascosto. Proteggere il suo segreto e non rendersi individuabile. Il travestimento che indossava ora, frutto di un semplice cappello magico, avrebbe ingannato solo gli umani e altre creature superficiali. Gli servivano protezioni più forti, gli serviva la sua magia rituale seelie.
Il secondo obiettivo che si era prefissato era trovare la maledetta insoril. Durante il combattimento contro i drow era scappata, sparendo nel nulla grazie ad un momento di confusione. Aveva lanciato un incantesimo Colpo Infuocato, uccidendo anche molti dei suoi cosiddetti alleati, pur di coprire la sua fuga.
Una così, non poteva essere lasciata libera di portare disperazione nel mondo.
Parte degli ingredienti che aveva acquistato quella mattina gli sarebbero serviti per un incantesimo di tracciamento. Aveva con sé un oggetto che era appartenuto a Sulerin: il suo pugnale di cristallo. Di solito un oggetto simile non sarebbe stato sufficiente per un rituale come quello, sarebbe stato necessario avere un pezzo del corpo della persona, una ciocca di capelli, una goccia di sangue… ma Sulerin usava quel pugnale per derubare gli altri della loro magia, quindi era un oggetto molto legato a lei e alle sue energie.
Sempre in previsione dello scontro con la perfida predagioia, l’alicorn mascherato da umano aveva anche preso i contatti con un mercante nano per acquistare una rarissima pietra omlar. Quel minerale simile ad acquamarina aveva il potere grezzo di assorbire gli incantesimi, ma era necessario saperlo usare.
Raerlan uscì dalle porte della città prima che facesse notte. Le guardie all’uscita della città lo fermarono per cercare di dissuaderlo, perché la regione di notte poteva diventare pericolosa a causa della popolazione di viverne delle Montagne Omlarandin, sempre più vivaci e in cerca di nuovi terreni di caccia.
Raerlan li ringraziò per la loro solerzia ma decise di proseguire per la sua strada. Le viverne erano l’ultimo dei suoi problemi.

Il primo dei suoi problemi in quel momento stava scrutando il cielo verso ponente, il volto perennemente ingrugnito per metà nascosto dal cappuccio. I suoi occhi erano braci in cui un’ira rovente consumava quella vista mozzafiato senza riuscire a coglierne la bellezza. Da una delle cime sud-occidentali delle Montagne delle Ali il panorama si apriva immediatamente sul gigantesco lago chiamato Grande Erosione, che rifletteva come uno specchio tutto l'arco di stelle del firmamento. L'acqua immobile sembrava pura come il cielo terso e pulito di quella notte, e l'intera scena pulsava di una luce che sembrava quasi viva. Qualcuno con un animo più poetico avrebbe osservato che sembrava di avere il firmamento sia sotto che sopra di sé, ma l’uomo ammantato non aveva un animo poetico. Le uniche luci che gli interessava vedere erano quelle dei glifi magici che risplendevano intorno al suo capo, fluttuando nell’aria.
La città lucertoloide di Surkh sorgeva proprio ai piedi delle montagne, le luci di alcune torce tradivano la sua posizione e le sue dimensioni. Il misterioso viandante stimò di poterci arrivare… in un istante, con un teletrasporto.
Non riusciva più a trovare quello che pochi giorni prima aveva percepito, un grandissimo potere di natura quasi divina. Chiunque ne fosse stato la causa, forse si era trattato di un’evocazione momentanea? Il Cercatore non conosceva la città di Surkh, non ne sapeva neanche il nome, ma era una città, quindi forse ci vivevano dei maghi o dei chierici. Nella sua ignoranza, dava per scontato che si trattasse di una città di umani. Gli umani sembravano essere dappertutto.
Quando arrivò laggiù e si rese conto che si trattava semplicemente di un ammasso di capanne di fango, l’omaccione si arrabbiò… parecchio.
I sopravvissuti avrebbero impiegato anni a ricostruire la città, senza mai sapere cosa fosse successo, o perché il terreno all’improvviso fosse esploso sotto le loro case.
Appena pochi istanti dopo aver portato a termine quell’inutile carneficina, il Cercatore estrasse una piccola bussola magica. Era sintonizzata sull’ultimo luogo in cui aveva percepito quell’enorme potere, e la piccola freccia di magnetite puntava ancora verso sud-ovest. Il mago scrollò le spalle e approntò velocemente un altro teletrasporto. Non doveva preoccuparsi di sprecare incantesimi, ne aveva una scorta quasi infinita.

Sulerin stava scappando ininterrottamente da giorni. Sapeva che doveva trovare un modo per nascondere la sua esistenza anche ai più raffinati incantesimi di divinazione. Fuggire non era sufficiente.
Per il momento si era limitata a spingersi verso oriente, perché ad ovest e a sud c’era il mare, e a nord per come la vedeva lei c’era ancora troppo poco spazio attraverso cui fuggire. Però aveva sentito le storie più favolose sul lontano oriente, e soprattutto sul fatto che fosse lontano.
Forse le sarebbe convenuto scappare addirittura su un altro Piano di esistenza, ma non aveva modo di farlo da sola.
Ma per quanto tempo avrebbe potuto continuare così? Sapeva che se lo sciamano avesse usato una divinazione per trovarla, poi avrebbe potuto raggiungerla con un qualche tipo di trasporto magico, e quindi doveva stare bene attenta a non avvicinarsi ad elementi particolari e riconoscibili come edifici importanti, monumenti, grandi monoliti, alberi particolarmente antichi e simili cose. Fino a quel momento aveva volato al massimo della sua velocità nascondendosi nella foresta, giocando sul fatto che il panorama del bosco fosse più o meno sempre uguale.
Si trovava ancora a Sarenestar e sapeva che rimanere lì era pericoloso. Lo sciamano aveva amici in quella foresta, e gli elfi dei boschi erano ottimi cacciatori.
Ora aveva raggiunto le propaggini orientali, e uscire allo scoperto sarebbe stato altrettanto pericoloso… ma non aveva scelta. Memorizzò con cura la direzione in cui voleva muoversi, si sdraiò a terra a faccia in su e si lasciò calare verso il basso, scivolando all’interno del terreno. Non appena la sua testa scomparve al di sotto del manto erboso, Sulerin divenne completamente cieca. Ora si trovava sottoterra, una condizione che non le piaceva per niente, ma in casi di emergenza era necessario sapersi adattare.
Cercò di non pensare al fatto che in quel momento poteva esserci qualche verme o qualche insetto all’interno del suo bellissimo corpo intangibile. Restare viva era più importante. Si concentrò per fare una cosa che non le veniva molto naturale: muoversi “in avanti” da una posizione in cui, per farlo, doveva invece immaginare di stare volando verso l’alto. In questo modo avrebbe potuto procedere all’interno del terreno come se stesse nuotando a dorso, ma senza dover muovere braccia o gambe.
È poco dignitoso. È disgustoso. Quel maledetto seelie pagherà anche per questo!
Ma Sulerin sapeva benissimo che al momento non poteva fargli pagare un bel niente, non era abbastanza potente per affrontarlo e sopravvivere. Doveva trovare qualcuno. La bella fata aveva una lunga esperienza nel circuire e sfruttare maghi o chierici potenti. Zeerith non era stato il primo a cadere nella sua rete.

Il Cercatore si teletrasportò molto più vicino al luogo in cui probabilmente era comparsa la fonte del potere che aveva percepito qualche giorno prima; purtroppo la sua bussola magica indicava solo la direzione, non la distanza.
Adesso però era sicuro di essere vicino, gli sembrava di avvertirlo a pelle. C’era qualcosa… qualcosa che gli ricordava il pizzicore che aveva percepito quando quell’energia divina si era liberata, un po’ come una leggerissima traccia olfattiva ma che non faceva appello a nessuno dei cinque sensi.
Quella leggerissima traccia si stava avvicinando. Forse quel che percepiva era proprio l’energia della creatura a cui stava dando la caccia, che non era stata capace di mascherarsi perfettamente, oppure si trattava di un suo emissario, un sottoposto di poco conto.
Il Cercatore lanciò su se stesso un incantesimo di Individuazione del Magico, sfiorandosi le palpebre con la punta delle dita. Rabbrividì quando i suoi polpastrelli sfiorarono un bubbone disgustoso che gli copriva il sopracciglio destro. Tutto il suo corpo era coperto da escrescenze nerastre, un segno visibile della malattia che lo affliggeva da anni. Ricordare il suo aspetto tumefatto gli fece salire una fiammata di rabbia direttamente dallo stomaco alla testa, e per un momento gli sembrò di vedere rosso e di perdere il controllo.
Recuperò la calma, sebbene a fatica. Non c’era tempo adesso per la rabbia. Non ancora. Prima doveva catturare la sua preda.
L’incantesimo di divinazione gli rivelò che qualcosa di magico si stava davvero avvicinando, ma l’aura magica risplendeva dalla terra, come se l’oggetto della sua ricerca si trovasse appena sotto il livello del terreno.
Il Cercatore sorrise e preparò un altro incantesimo. Avrebbe potuto fermare la creatura in qualche modo innocuo, ma se era una preda degna non sarebbe morta per così poco, e se invece non era la sua preda non gli importava che morisse.

Sulerin capì che la sua sfortuna cronica non aveva ancora rinunciato a seguirla, quando il terreno intorno a lei esplose sotto l’effetto di un Colpo Infuocato.
La bella insoril venne sbalzata verso l’alto dalla pura forza distruttiva dell’incantesimo, e per un momento non riuscì a capire niente, né a sentire niente che non fosse quel tremendo calore e le sue stesse urla. Poi tutto finì all’improvviso, e si accorse con grande sollievo di essere ancora viva. Stava galleggiando a mezz’aria, il mondo si era capovolto… no, lei era capovolta.
Un uomo avvolto in un mantello scuro era in piedi a poca distanza da lei, la mano destra ancora protesa nell’atto di lanciare l’incantesimo. Il suo volto era coperto da un cappuccio e lei non riusciva a vederlo bene, ma aveva degli strani glifi luminosi che gli galleggiavano intorno alla testa. Sulerin era ancora troppo sconvolta per essere arrabbiata, ma soprattutto era spaventata. Quello non era lo sciamano, o almeno non sembrava lo sciamano, ma se avesse cambiato aspetto per darle la caccia?
Si girò rapidamente con i piedi di nuovo verso il basso, passando in rassegna il proprio corpo per capire quanto fossero gravi le ustioni. Era rimasta sfigurata? No, pareva di no… la sua natura incorporea l’aveva protetta almeno in quello.
Sulerin cercò il pugnale che aveva recuperato prima di fuggire dal covo dei drow. La sua magia di per sé non era molto potente, la fata si basava soprattutto sull’inganno e sulla seduzione, e in particolare sullo sciamano nessun incantesimo finora aveva funzionato al meglio. Nemmeno le micidiali maledizioni di Zeerith.
Un pugnale forse non sarebbe servito a molto, ma se fosse stata brava sarebbe riuscita a rubargli un po’ della sua magia e scappare.
L’uomo però abbassò la mano.
“Non sei quello che cercavo.” Osservò, con una voce che non assomigliava per niente a quella dell’alicorn. Sulerin capì che aveva parlato in un linguaggio che le era sconosciuto, ma un incantesimo aveva tradotto automaticamente le sue parole per lei. “Però porti su di te una traccia dell’energia divina di qualcun altro. Parla! Sei una servitrice?”
Sulerin deglutì a vuoto, nervosa perché non capiva cosa stesse succedendo.
“Io non servo nessun padrone. Ma… ho incontrato molte persone di recente. Forse è la loro impronta che senti su di me.”
Energia divina… pensò intanto, facendo mente locale. Zeerith era un chierico, faceva uso di magia divina. Forse è lui che quest’uomo sta cercando? O magari quel sacerdote degli elfi?
“Sei in cerca di un sacerdote?” Gli domandò, desiderando rendersi utile. Non voleva inimicarsi qualcuno capace di lanciare incantesimi così potenti.
L’uomo rise, ma la sua risata non esprimeva divertimento. Soltanto odio, beffa… forse perfino rabbia.
“Un sacerdote? No, piccola sciocca. Io cerco un semidio.”
Sulerin rimase scioccata a questa affermazione. Un semidio? All’improvviso tutti i pezzi andarono al loro posto. La strana energia che aveva avvertito provenire dall’alicorn, il fatto che fosse quasi impossibile scalfirlo…
Senza dire una parola, fece ricorso al suo potere divinatorio per cercare di stimare la potenza magica del nuovo arrivato. Quello che vide la lasciò senza fiato, l’uomo - un mago? - brillava di energia arcana come un piccolo sole. L’astuta insoril capì che aveva fatto bene a scegliere di collaborare.
L’uomo davanti a lei le faceva paura, per il potere magico che chiaramente emanava, per tutto il livore che avvertiva nel suo tono di voce, per la chiara indifferenza che stava mostrando nonostante il suo fascino femminile. Però poteva essere la sua unica opportunità.
Il nemico del mio nemico è mio amico. Decise la insoril, facendosi coraggio.
“Tu dai la caccia all’uomo che dà la caccia a me.” Ammise, anche se rivelare un’informazione del genere era pericoloso. “Potremmo esserci utili a vicenda.”
Il volto del mago era ancora in ombra, ma dalle sue parole seguenti Sulerin capì che stava sorridendo.
“Oh, bene. Mi piace quando le pedine decidono di collaborare.”

Nel frattempo, molte miglia più a nord, un Raerlan del tutto inconsapevole dei piani malvagi dei suoi nemici sacrificò diverse ore del suo tempo per coprire maniacalmente ogni traccia della sua vera natura, con un rituale lungo e complesso e quanto mai opportuno.
Ancora non lo sapeva, ma una nuova battaglia era alle porte.

           

   
 
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