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Autore: Bluelectra    23/10/2018    5 recensioni
Sequel de "IlDestinoNonÈUnaCatenaMaUnVolo".
Dal Caos primordiale, in cui nessuna forma di vita poteva essere ospitata, nacquero le stelle. E solo grazie alla loro luce e al loro calore fu possibile concepire la vita.
Il Caos dentro di sé, i dolori a stento sopportabili, le peggiori cose della vita possono essere trasformate in gocce di splendore, in stelle in grado di illuminare la notte più buia e riportare a casa i dispersi.
Ritornano dopo quattro anni Angelique, Albus, James, Scorpius e tutti gli altri.
Dal Cap.16:
“Avanti Gigì, ora devi iniziare a comportarti in modo carino. Insomma deve essere almeno possibile il fatto che tu sia attratta da me!” ribatté James sporgendosi oltre il tavolino che condividevano.
Angie fece lo stesso, avvicinandosi a lui fino ad avere il suo viso molto vicino.
“E che cosa dovrei fare?” chiese sorridendo in modo delizioso.
“Beh per esempio potresti darmi un bacio, ci sono giusto quattro o cinque ragazzine che ci stanno guardando proprio adesso…” mormorò lui continuando a fissarla con i suoi occhi magnetici.
“Oppure potrei darti un pugno sul naso.” propose Angelique inclinando il capo.
“Oh Gigì, ma questo non è per nulla carino.”
“Io lo troverei adorabile!”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Cap.34

A Marghe,

 per La Gioia di quest’estate.

 

Cap. 34 Blood of my blood, Bone of my bone

 

Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è amore,
tenace come gli inferi la passione.

Cantico dei Cantici

 

Dopo l’annuncio del ritiro dalle scene politiche da parte del Primo Ministro Shacklebolt non erano state ancora presentate candidature ufficiali. Negli articoli delle diverse testate giornalistiche del paese si accennavano nomi, più o meno altisonanti, si iniziavano a ipotizzare le prime mosse strategiche, o al massimo si delineavano possibili schieramenti, ma nessuno fino a quel venerdì di inizio aprile aveva ancora fatto la prima mossa.

Quando gli occhi di Albus intercettarono il cognome Schatten in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta nell’articolo accanto all’editoriale si strozzò col porridge. Grazie a un paio di colpi di tosse riuscì a liberare le vie aeree.

Prima di affrontare il contenuto dell’articolo prese un sorso dalla propria tazza, ma subito dopo notò anche la fotografia dell’uomo che stringeva la mano dell’inconfondibile William Danes, barbuto e affascinante, lo Stregone Capo del Wizengamot.

Danes appoggia la candidatura ufficiale di Kurt Shatten.” Recitava il trafiletto sotto la foto animata dei due uomini sorridenti. Gli andò di traverso pure il caffè.

“Albus stamattina fai più pena del solito.” La voce di Scorpius era molto strascicata, per questo si poteva dedurre la compiacenza delle sue constatazioni para-scientifiche sul risveglio del Potter domestico.

Al gli mise sotto il naso l’articolo mentre ancora tossiva, aiutato dalle pacche tra le scapole offertegli generosamente da Octavius, che quasi gli spezzarono la colonna vertebrale.

Un sopracciglio di Scorpius scattò in alto e Martha seduta accanto a lui si sporse per leggere.

“Oh.” Lei alzò subito gli occhi per cercare i suoi. “Per questo a Natale…?”

Non finì la frase, non ce ne fu bisogno. Eppure Al apprezzò moltissimo la rapidità con cui la ragazza aveva ricollegato gli eventi.

“Sicuramente. Quale modo migliore per consolidare un’alleanza se non un matrimonio?! Cristo, sembra di essere tornati al Medioevo, mi fanno venire da vomitare.” L’amarezza delle proprie parole gli invase il palato come fiele.

La passione per la politica spesso lo poneva di fronte al quesito se ciò che gravitava attorno a quel mondo avesse prima o poi richiesto il prezzo della sua integrità. Se per cambiare effettivamente le cose avrebbe dovuto scegliere sempre i mali minori e corrompere la sua anima per asservirla a uno scopo più grande. E di fronte a Schatten e Danes che si stringevano fraternamente la mano, banchettando sul cadavere della libertà di Derek, non seppe darsi una risposta.

La mano di Martha si allungò attraverso il tavolo e afferrò la sua, intrecciando le dita.

“Ci sono ancora un sacco di mesi prima delle elezioni, sicuramente si faranno avanti candidati migliori. Vero?”

Il candore e la speranza delle sue parole spinsero Al a sorriderle con tenerezza.

Scorpius per tutta risposta sollevò anche l’altro sopracciglio, in un’espressione curiosa, tra il dubbioso e il divertito.

“Difficile trovare un uomo migliore di Schatten agli occhi della comunità magica: ha riguadagnato il patrimonio di famiglia dopo che suo padre lo aveva sperperato, ha una solida posizione nell’Ufficio del Trasporto Magico, ha una moglie devota e una bella famiglia, è amico di moltissimi uomini politici. È il garante perfetto delle ideologie e delle aspirazioni dei conservatori. Senza contare che ora gode dell’appoggio di Danes e ti posso garantire, Martha, che non è poco.” Spiegò il giovane mentre apriva il giornale e scorreva rapidamente le informazioni contenute nell’articolo.

“Ma è un mostro! Picchiava suo figlio e lo terrorizzava… Ha costretto Derek a fare cose orribili.” boccheggiò lei indignata.

“Certo, ma niente di tutto ciò è pubblico. Si è sempre tutelato in modo perfetto perché la verità non venisse a galla. È scaltro.” Intervenne Al.

Gli occhi grigi di Scorpius si alzarono dalla pagina e incrociarono i suoi. In essi brillava una luce che lui conosceva benissimo, la mente del giovane Malfoy si era appena immersa nelle macchinazioni politiche che la mossa di Schatten implicava.

Che cosa avrebbe fatto Draco Malfoy a questo punto? Come avrebbero pianificato le prossime mosse?

Martha lasciò la sua mano per passarsi i palmi sulle braccia frizionando un paio di volte il tessuto del maglione. La sua fronte era aggrottata in un’espressione preoccupata, che ricalcava le ombre sorte nei suoi occhi color cioccolato durante quella conversazione.

“Non mi piace quell’uomo. Mi fa venire i brividi.” Sussurrò infatti lei guardando male la prima pagina della Gazzetta del Profeta.

Albus le versò un’altra tazza di tè ben zuccherata sorridendo davanti alla sua espressione stupita per quel semplice gesto.

Martha aveva la capacità di prendersi cura di chiunque con una generosità quasi spropositata, eppure appena qualcuno le dedicava una piccola attenzione se ne stupiva genuinamente, come se non si aspettasse di valere tanto.

Lei che valeva tutti i brandelli di cuore che si trovava a raccattare ogni volta che gli sorrideva.

Aveva cercato di non far trapelare quanto le rivelazioni fatte a inizio settimana da Martha lo avessero preoccupato e sconvolto. Rimaneva la sua Martha, nulla in lei era cambiato ai suoi occhi, ma sentiva anche dentro di sé l’urgenza di trovare una soluzione.

Una soluzione come aveva promesso a tutti per capire che cosa fosse accaduto a Elena e un’altra, più intima, per comprendere come poterla aiutare a dominare il suo potere di veggente.

Avrebbe tanto voluto parlarne con Angelique, chiedere il suo aiuto per cercare qualche informazione, ma, conoscendola, quando aveva scoperto che si trattava di chiaroveggenza e non di epilessia aveva scartabellato tutti i volumi al riguardo della biblioteca.

Forse bisognava cercare nella sezione più divertente, come amava definire lei il Reparto Proibito…

Non seppe come ma in quel preciso istante un ingranaggio dentro di lui scattò finalmente, mettendo in moto tutti gli altri.

Il pungolo che aveva sentito sin da quando avevano ritrovato Elena incosciente e sanguinante, che lo ossessionava senza manifestarsi chiaramente ogni volta che ripensava a quella vicenda, quell’ignoto fattore che sapeva di star dimenticando e che nonostante tutto non riusciva a identificare gli si presentò. E fu tanto semplice e banale che scoppiò a ridere per la propria stupidità.

Scorpius guardò l’orologio che portava al polso e commentò:

“Ecco, infatti, è passata l’ora del risveglio.”

“La biblioteca!” esclamò sentendo le proprie labbra aprirsi in un sorriso.

Tre paia di occhi confusi si posarono su di lui. Non fu semplice parlare mentre la sua mente rielaborava febbrilmente le intuizioni appena avute, eppure ci provò per spiegare ai tre che cosa si fossero persi fino a quell’istante.

“Erano giorni che continuavo a pensarci e non riuscivo a capire che cosa mi sfuggisse! Nana ha passato un sacco di ore in biblioteca nei giorni prima dell’aggressione, vi ricordate che cosa ci ha raccontato proprio qui, a tavola?”

“Arthemius Copper.” Rispose inaspettatamente Octavius.

Ci fu un attimo di silenzio in cui lo osservarono allibiti per quell’intervento.

“Mi piacciono i racconti dell’orrore.” Borbottò il ragazzo stringendosi nelle spalle.

“Bravo Octavius! Elena stava facendo ricerche sui Cavalieri di Santa Brigida. Sappiamo che la mattina in cui l’hanno attaccata era stata in biblioteca e il corridoio in cui l’abbiamo trovata è sullo stesso piano.”

Albus riprese fiato mentre la fronte di Scorpius si corrugava, sotto la spinta dei suoi pensieri.

“È da lì che dobbiamo partire, vedere quali libri ha consultato e chi li ha consultati dopo di lei. Magari ne ha preso uno in prestito…”

“Non c’era nulla nella sua cartella.” Martha scosse la testa dubbiosa.

“Beh, comunque rimane la migliore opzione per ricostruire i suoi ultimi spostamenti. Sento che dobbiamo andare lì.” Replicò lui deciso.

“Guarda Al, che se lei diventa una merluzza, tu non diventi automaticamente un veggente.” Scherzò Scorpius rivolgendogli uno dei suoi ghigni sardonici.

“Oh taci!” lo rimbeccò Martha e gli assestò al polso uno dei suoi colpetti secchi e decisi, facendogli cadere il biscotto nel caffè. “Andremo in biblioteca Al.”

***

Molto tempo addietro tra le mani riluttanti di Lucy Weasley era capitato un libro di Babbanologia, materia studiata con fervore da sua sorella Molly, l’unica in grado di poter parlare per ore con nonno Arthur del mondo non magico.

Tuttavia non lo aveva riposto subito nella libreria come avrebbe fatto in qualunque altro caso, con la repulsione che sempre la coglieva davanti ai libri alti più di due centimetri.

Attratta dalla copertina lo aveva aperto e si era immersa nella lettura di “Storia delle popolazioni celtiche”, un brillante testo in cui venivano esposte in modo scorrevole e preciso le informazioni pervenute su uno dei ceppi linguistici e culturali più importanti d’Europa.

Si era innamorata perdutamente dell’animo celtico, della percezione dell’energia della vita, dell’intensità della loro fede, della tenacia nei secoli delle lingue gaeliche, di quell’identità impossibile da sradicare dai popoli che ne custodivano la memoria in Gran Bretagna.

Le formule dei giuramenti vibravano fin nelle ossa di chi li pronunciava. Lucy le percepiva vere e profonde in un modo che era parallelo e fin troppo simile agli incantesimi di magia.

Quel venerdì sera, mentre le sue labbra trovavano quelle di Benjamin senza nemmeno bisogno di cercarle e le sue mani affondavano nei muscoli delle sue spalle, continuava a pensare alle stesse parole.

Sangue del mio sangue, ossa delle mie ossa

Serrò le labbra per non lasciarsele sfuggire, mentre il suo corpo nudo sovrastava quello di Benji, arreso sotto di lei in una muta meraviglia, che lo rendeva tanto bello da ferirle gli occhi.

Il torace ampio, gli avvallamenti del suo addome, le braccia dalle curve armoniche, le linee della sua schiena, tutto in lui le era noto come i palmi delle proprie mani, non per questo la gioia del poterlo chiamare “suo” si era fatta meno intensa.

Si chinò su di lui e depositò un casto bacio sul lato sinistro del petto, dove il suo cuore pulsava frenetico.

Ti dono il mio corpo, così saremo una cosa sola

A quel gesto gli occhi di lui si illuminarono come una candela in una stanza buia, di quel tipo di luce intima e sensuale che più che svelare protegge, il bagliore cupo delle sue iridi paglierine perfettamente intonato al silenzio della notte.

E le sorrise. Semplicemente, un sorriso tutto per lei.

Il corpo di Lucy fu percorso da un tremito. Nonostante fosse a cavalcioni sul bacino di Benji, le sue ginocchia si ridussero a gelatina e il cuore si fermò per un istante prima di pulsare forte, quasi dolorosamente, dentro la sua gabbia toracica.

Ti dono il mio Spirito, finché l’Anima Nostra non sarà resa.

Lucy, stordita da quello che provava, sentì le sue labbra schiudersi, nell’ormai inevitabile confessione. Benji colse qualcosa sul suo viso perché si tirò su a sedere, fino a toccare con la propria pelle nuda il suo seno e per un istante si vide riflessa nel suo sguardo.

Occhi scuri spalancati, membra tremanti e labbra sull’orlo del precipizio.

Ma anziché parlare e lasciare che il suo cuore si aprisse finalmente, per liberare tutte quelle parole incastrate a metà tra il cervello e l’anima; anziché dirgli che lo amava, si mosse verso di lui, verso il suo sesso teso che le premeva contro il ventre. Lo accolse, conducendolo dentro di sé con la propria mano, osservando i tratti del suo viso sciogliersi al compiersi di quell’incastro perfetto.

Un suono rauco scaturì dalla gola di Benjamin. L’uomo seppellì il viso contro il suo collo e le sue mani le afferrarono i fianchi per affondare dentro di lei ancor di più.

Sangue del mio sangue, ossa delle mie ossa…

Sconvolta, si lasciò andare tra le braccia di Benji, scegliendo di annegare ogni riflessione, perché i suoi pensieri erano come spilli nel cuore.

Quelle erano le parole di un voto nunziale.

***

“In che senso sparito?” chiese lentamente Angelique guardando i propri amici.

“Sparito, andato, scomparso, disperso, eliminato, introvabile. In questo senso.” Scorpius si sedette elegantemente sulla poltrona della Sala Comune di Serpeverde e accavallò le gambe.

“La Pince ha avuto un ictus suppongo.”

“Sì… Sembrava che le si fossero troncate di botto tutte le sinapsi.” Commentò Martha accomodandosi sul divano.

“Poi ha iniziato a urlare.” Aggiunse Octavius rabbrividendo visibilmente al ricordo.

Al continuò a camminare in silenzio davanti al camino, con le mani intrecciate alla base della schiena e la fronte visibilmente corrugata.

Quando era arrivata dall’Infermeria quella mattina, dove era stata per un qualche minuto con Nana prima delle lezioni, Al le aveva spiegato i propri sospetti. Anche lei aveva trovato una buona idea indagare nell’ultimo luogo in cui l’amica era stata, ma non aveva potuto accompagnarli perché quel pomeriggio oltre all’abituale “punizione” in infermeria aveva anche lezione con James.

Tuttavia i suoi amici avevano avuto una spiacevole sorpresa: il registro dei prestiti dei libri di marzo era sparito.

Lo avevano chiesto alla bibliotecaria con l’intenzione di iniziare a capire quali fossero state le ricerche di Elena, ma quando la donna si era girata per guardare nel proprio archivio aveva trovato solo un buco dove prima era ospitato il faldone.

Questo ultimo sviluppo aveva trasformato i sospetti in timori veri e propri.

“Pensate… Pensate che chi ha aggredito Nana abbia preso anche il registro?” domandò Angie.

“Forse. Oppure qualcuno ha fatto uno scherzo alla Pince e ci stiamo andando di mezzo noi.” Disse Scorpius stringendosi nelle spalle.

I toni di Scorpius da qualche giorno a quella parte erano decisamente freddi e indolenti, segno lampante che il ragazzo era parecchio turbato.

“A questo punto è completamente inutile stare qui a fantasticare, semplicemente quel maledetto registro non era al suo posto. Non mi importa nemmeno più vedere punito chiunque abbia quasi ucciso la nostra Elena. Vorrei solo che si svegliasse. Vorrei solo…” ma la voce di Berty si spense, lasciando in sospeso quelle due parole, e tutti rimasero ammutoliti.

Vorrei solo…

Angelique guardò Berty, che si reggeva con un avambraccio all’architrave del camino. Lo strazio interiore si irradiava da lui in modo tangibile, tanto che qualunque parola di conforto sembrava inadeguata e banale.

Quelle parole che il ragazzo, tanto riservato e introverso, non avrebbe mai pronunciato erano stampate sui tratti del suo viso, scolpite nell’agonia di vedere sull’orlo della morte la persona amata.

Vorrei solo guarire le ferite che ce la stanno portando via.

Vorrei solo averla protetta.

La mia Elena.

Vorrei solo avere l’occasione di dirle che l’amo, da sempre.

“Nana si sveglierà. È monitorata e curata dai migliori medimaghi del paese, si è stabilizzata e ogni giorno che passa il suo corpo recupera forze. Le siamo accanto tutti i giorni, lei sa che la stiamo aspettando.” Disse Angie dopo quello che parve un silenzio infinito.

Lo pensava davvero, soprattutto quando si sedeva al capezzale della giovane e le accarezzava i corti capelli azzurri. Sentiva che, in qualche angolo della sua mente ferita e frammentata dall’Oblivion, Nana rideva dei suoi resoconti della vita scolastica e le chiedeva di leggere ancora le fiabe norvegesi che tanto le piacevano.

Berty annuì distrattamente, lasciandosi scivolare addosso quelle parole che recavano fin troppa speranza per lui. Si scusò e li avvisò che probabilmente non si sarebbe recato in Sala Grande per cena, e si allontanò dalla stanza senza altre parole. Al, la crocerossina di tutti i suoi amici, dopo qualche istante si dileguò per andare dall’amico.

Scorpius si alzò stiracchiandosi dalla poltrona su cui era rimasto fino a quel momento.

“Io vado al campo da Quidditch. Ho bisogno di fare un paio di tiri.” disse con il tono da nobile risorgimentale, annoiato dalla vita.

Octavius come telecomandato da una molla interiore si alzò a sua volta e seguì l’amico fuori dalla Sala Comune.

Il fatto che il giovane avesse deciso di andare a giocare a quidditch dopo che avevano appena scoperto del registro ad Angie non parve affatto irriguardoso. Scorp rielaborava molto lentamente le proprie emozioni e molte volte gli costava grande fatica scendere a patti con esse. L’apparenza fredda e distaccata era una difesa indispensabile a quel nucleo sensibile che raramente riusciva dimostrare. La sua uscita di scena così distaccata era quindi un’ulteriore prova che ci fosse dell’altro oltre allo stato di Elena a turbare il giovane Malfoy.

Finché non fosse stato lui a decidere di aprirsi non gli avrebbe cavato una sillaba nemmeno sotto tortura.

Angelique si lasciò andare contro i cuscini del divanetto accanto a Martha e con un gemito di soddisfazione si tolse le scarpe. Per qualche istante le due ragazze si limitarono a guardarsi in silenzio, godendosi quel frammento di pace tra loro.

“Allora com’è andata oggi?” le chiese Martha mentre un sorriso prendeva forma sulle sue belle labbra. Angie dal canto suo ricordando l’ora precedente sbuffò sonoramente.

“Come vuoi che sia andata?! Al solito. Più cerco di non pensarci, più continuo a produrre fantasie che scandalizzerebbero persino Nana.”

“Addirittura?”

Aveva immaginato in ordine: di pomiciare con Potter in mezzo al corridoio, di pomiciare molto intensamente con Potter contro la porta della loro aula degli esercizi, di togliere i vestiti a Potter, di venire messa a sedere sui banchi mezzi sgangherati e distruggerli del tutto in modo molto più dilettevole dei soliti Bombarda. E variazioni sui temi precedenti che vedevano coinvolti il pavimento e la cattedra.

“No beh, forse Nana no. Non credo esista nulla al mondo in grado di scandalizzarla.” Rettificò riflettendo meglio sulle proprie fantasie.

“Lei approverebbe di sicuro questo strano sviluppo.” Il sorriso sornione di Martha di tinse di una strana nota malinconica.

La mancanza dell’amica in qualunque gesto quotidiano era lacerante. Mancavano le sue battute, i suoi occhi enormi ed espressivi, i suoi disegni sparsi dovunque nella stanza, gli animali selvatici introdotti illecitamente in dormitorio, l’allegria che riusciva a portare con sé dovunque andasse. Elena mancava loro, ogni istante di ogni singolo giorno.

“Non c’è alcuno sviluppo. Non deve essercene nessuno. Prima o poi mi passerà.” Esclamò Angelique incupendosi.

“Certo. Oppure prima o poi gli salterai addosso davanti a trecento persone perché gli ormoni ti avranno fatto saltare per aria il cervello.”

“Grazie Martha. No, davvero grazie, non so come farei senza il tuo incredibile ottimismo.”

“Ti sto solo facendo riflettere su che cosa potrebbe succedere se continuassi a ignorare i tuoi istinti. Fino a prova contraria io sono un’autorità in questo campo.”

“Cos’è, un nuovo modo per dire che sei un’autorità in fatto di frustrazione sessuale?!”

Angie non riuscì a schivare lo schiaffo che Martha le elargì sul polpaccio mentre già entrambe stavano ridendo.

Quando la settimana prima era arrivata in camera con lo sguardo spiritato e le mani che non ne volevano sapere di restare ferme. Martha aveva impiegato parecchio a capire quale fosse il problema. Probabilmente perché appena apriva bocca, non riusciva a terminare una frase senza inframmezzarla di “Non è possibile.” “Come posso essere così stupida.” “Ma perché?”. Oppure  perché nemmeno con tutte le sue capacità di Veggente, Martha avrebbe mai potuto immaginare che a lei, Angelique Joy Girard Dursley, piacesse James Sirius Potter.

A lei piaceva Potter.

Aveva iniziato subito a esporre le innumerevoli ragioni per cui avrebbe dovuto smettere di prendere ripetizioni da Potter, ma Martha l’aveva bloccata con un gesto perentorio della mano.

“Non se ne parla neppure. Per la prima volta in vita tua stai imparando qualcosa di Trasfigurazione, senza contare che tra poco più di due mesi di sono i GUFO. Non hai alcuna speranza di passarli con i voti che ti servono senza di lui.” Le aveva detto senza alcuna pietà.

Quindi Angelique si era piegata alle istruzioni di Martha e nelle due lezioni che aveva ricevuto quella settimana aveva cercato in ogni modo di non far trapelare la propria attrazione per lui. Era abbastanza sicura di esserci riuscita, anche se James le aveva chiesto più di una volta se avesse bisogno di un tè per rilassarsi.

Era profondamente imbarazzata con sé stessa per ciò che la Piaga d’Egitto le suscitava.

Si distraeva a fissarne il profilo dritto, si scopriva a tendersi come una corda di violino nell’attesa di un suo tocco fugace e a provare un sollievo intollerabile quando poi la loro pelle si sfiorava davvero. Si rendeva conto di cercare la sua figura alta nella folla di studenti ai cambi d’ora.

Rideva alle sue battute.

A lei piaceva Potter.

Di conseguenza era molto grata per il fatto che l’indomani non sarebbe stata in giro per Hogsmeade, col rischio di trovarselo davanti avvinghiato a una delle tante ragazze che cadevano ai suoi piedi.

E quando la fastidiosa vocina dentro di lei, che aveva il timbro di Martha, le faceva notare che anche lei era parte di quell’esercito di pere cotte, cascate rovinosamente davanti a James, Angie si inalberava.

Non avrebbe mai ceduto.

James non avrebbe mai saputo.

Non sarebbe mai successo nulla.

Mai.

“Si vede lontano un miglio quando pensi a lui.”

Angelique si voltò inorridita verso Martha. Non voleva sentirle dire una delle classiche cose sdolcinate che si attribuiscono delle persone infatuate: gli occhi che si perdono nel vuoto, le espressioni da ebete, i sorrisi improvvisi e tutti gli altri sintomi dell’attrazione incoercibile.

“Ti si dipinge in faccia la stessa espressione di quando esplode una Mimbulus mimbletonia in una stanza senza finestre.” Le rivelò Martha imitando la sua espressione ripugnata.

Ne fu profondamente sollevata.

*** 

“Quindi devo bere più acqua?”

“Oh sì, vedrai subito la differenza anche sulla pelle. L’idratazione è il primo passo per ritrovare il proprio equilibrio. Se prendessi anche della malva per fare un decotto sarebbe perfetto.”

“Che caz… Ehm… Che cos’è la marva?”

“No caro, si chiama malva, ha effetti emollienti.”

“Emoche?”

“E-m-o-l-l-i-e-n-t-i! Significa che rende morbido qualcosa. Nel tuo caso è particolarmente indicata, se hai quel problemino.”

“Vi prego ditemi che sto immaginando tutto e Dominique non sta davvero facendo lezioni di trucco al Guercio.” Lucy aveva dipinta i viso un’espressione più che sconsolata.

“A meno che gli elfi abbiano drogato i nostri porridge a colazione, la risposta è no, Leda. Non stai immaginando nulla, è tutto reale.” Commentò Lily appoggiandosi con la spalla alla cornice di legno consunto della porta.

“Credo che più che altro gli stia consigliando come risolvere la stitichezza.” Disse Angie inclinando il capo mentre osservava da lontano la scena.

Le altre emisero simultaneamente un verso disgustato.

Dominique, elevata dagli immancabili tacchi e vestita con miniabito di jersey beige, intratteneva un sempre più perplesso Oswald, che da parte sua non sapeva se continuare ad ascoltare la visione celestiale che gli stava elargendo consigli preziosi sul suo tratto intestinale, oppure scappare a gambe levate. Come fossero giunti a quel punto rimaneva un mistero

“Puah, preferivo immaginarmelo con uno dei rossetti del Generale!” Esclamò Lily con un’espressione di puro ribrezzo stampata sul viso lentigginoso.

“Noto con piacere che come sempre sono l’unico a lavorare.”

Si voltarono tutti verso le scale cigolanti da cui stava salendo gli ultimi gradini Benji con una delle casse di alcolici tra le braccia.

“Oh avanti Benjamin, per una volta in cui muovi quel tuo adorabile sedere non farlo pesare a tutti.” Sbuffò Lucy entrando nella stanza in cui Dominique stava ancora tenendo in ostaggio il Guercio, seguita dalle risate e dai passi delle sue amiche.

Allucemonco borbottò qualcosa di incomprensibile mentre entrava per ultimo, ma subito dopo che ebbe posato la cassa per terra, Lucy sgusciò al suo fianco. Rose li osservò con la coda dell’occhio e notò che le dita di Lucy si allungarono per un istante a sfiorare quelle di Benji, il quale le restituì un’occhiata lunga e intensa.

Come concordato la settimana precedente, si erano ritrovati alla Stamberga Strillante sfruttando la gita ad Hogsmeade che avrebbe concesso alle giovani l’alibi perfetto. Avrebbero consegnato il pagamento a Benji, nascosto il malloppo per tornare a prenderlo col favore della notte, poi avrebbero lasciato la Stamberga a coppie prendendo direzioni diverse.

Rose si sentiva particolarmente tesa, anche perché era stata una sua idea organizzare lo scambio con quella modalità. Da quando avevano messo piede ad Hogsmeade aveva una fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco, che non centrava nulla col fatto di aver visto Scorpius Malfoy entrare ai Tre Manici di Scopa in compagnia di una Serpeverde del quarto anno. Dominique non aveva perso l’occasione di chiederle se avesse ingoiato un moscerino, proprio nell’istante in cui lui si era accomodato accanto alla ragazza.

Impossibile comprendere come una persona tanto miope potesse vedere tutte quelle cose.

“Bene, quindi che cosa ci avete portato questa volta?” chiese Lara strofinando le mani minute, i suoi occhi nocciola erano animati dallo sguardo cupido che solo i nuovi guadagni le sucitavano.

“Ci sono quaranta bottiglie di Firewhisky, otto di Acquaviola e una piccola aggiunta che piacerà molto a Dominique. Mi ha detto Lucy che la stavi aspettando da un po’.” E Benji sogghignò in direzione della bionda. I grandi occhi turchesi di lei rimasero vacui per qualche istante, e poi si illuminarono insieme al suo sorriso entusiasta.

“Ho sempre saputo che eri un ragazzo di solidi principi morali. Di che colore me l’hai presa?” chiese avvicinandosi come se stesse fluttuando sul pavimento lercio della Stamberga.

Benji assottigliò gli occhi dorati.

“Pensavo esistesse solo di un colore…” disse con circospezione.

“Stai scherzando? Madama Mcclain aveva almeno tre gradazioni di beige, spero che tu non mi abbia preso quell’orrore rosso che c’era in vetrina.”

I presenti si scambiarono occhiate profondamente perplesse. Dom sbatté un paio di volte le palpebre con quel fare impassibile, che si solito significava che non stava pensando assolutamente a nulla.

“Dominique, che cosa centra Madama Mcclain con la marjuana?” chiese Angelique dando voce ai pensieri di tutti.

“Ah… Quindi non mi hai preso la sciarpa di cashmere in saldo?” la delusione nella voce di Dom era tanto intensa che Benji la guardò mortificato.

“Ehm, no. Ti ho portato la droga.” Ribatté lui passandosi imbarazzato una mano tra i capelli scuri.

“Oh! Beh, è comunque una cosa molto carina da parte tua. Grazie caro.” E gli elargì uno dei suoi splendidi sorrisi da mille watt di luminosità.

“Generale, solo tu al mondo potresti pensare che dei contrabbandieri facciano shopping per te a Hogsmeade.” Lily aveva gli occhi fuori dalle orbite per lo sconcerto.

Rose, che quando cercava di capire i percorsi tortuosi della mente della cugina si ritrovava dispersa in lande di delirio, passò in rassegna le espressioni dei presenti che oscillavano tra l’ilarità e la parplessità, rispecchiando perfettamente anche la sua condizione.

“Bene, torniamo a noi. A quanto ammonta il conto?” chiese a Benji recuperando dal mantello una piccola agenda su cui segnarsi le varie spese durante le uscite ad Hogsmeade.

“Sono ottanta galeoni, come vi avevo anticipato.”

“Non credo proprio.” Lily si fece avanti con estrema naturalezza.

“Oh cielo no, per favore.” Sussurrò Angelique sconfortata.

“Come sarebbe a dire? Questo è il conto che dovete pagare se volete gli alcolici.” Insistette lui mettendole sotto il naso un foglio di pergamena con tutti i calcoli scritti.

Lily gettò un’occhiata fugace alle cifre e poi gli rivolse uno sguardo sereno e risulto.

“Sono sicurissima che l’ultima volta le bottiglie di Firewhisky ce le hai messe a quindici falci in meno.”

“Ma non è vero!” si difese Benji guardandola allibito.

Rose sospirò. Il povero diavolo non si era reso conto fino a quel momento che la confidenza di Lily significava dover scendere a infinite trattative anche per un solo zellino. E mentre i due continuavano a discutere in una trattativa che vedeva Allucemonco sempre più confuso e spaesato dall’atteggiamento di Lily, Rose percepì la tensione aumentare dentro di lei.

Le sue braccia erano percorse da piccoli brividi nonostante l’aria mite di aprile, ogni rumore di quella casa pericolante la metteva sull’attenti.

Voleva andarsene.

Voleva andare a dare due schiaffi a quel cretino di Scorpius Malfoy che era uscito con un’altra ragazza, una bella ragazza.

Voleva tornare in Sala Comune per piangersi un po’ addosso e mangiare cioccolata, al sicuro sulla sua poltrona preferita.

“Lara smettila di fare la tirchia. Pagali e andiamocene, maledizione!” Sbottò con tono severo interrompendo la concitata discussione tra i due.

Lily si zittì all’istante e la guardò con gli occhi spalancati. Dopo un paio di secondi, afferrò prontamente da dentro il mantello la sacca col denaro e la lanciò a Benji senza nemmeno guardarlo. L’uomo ancora più confuso da quel cambio repentino di atteggiamento riuscì a malapena ad afferrare il malloppo.

“Rosie Rose va tutto bene?” chiese la Potter con quel tono pacato che in lei era segno di allarme.

Rose sentì gli sguardi dei presenti attraversare lo spazio polveroso della stanza e posarsi su di lei. Intercettò quello verde e affilato di Angie e parlò col filo di voce che le restava.

“Vorrei andarmene il prima possibile.”

Le Menadi recuperarono in un istante la serietà che riservavano ai momenti più gravi. C’era tra loro quella speciale connessione che capita di trovare poche volte nella vita, per cui se una sola di loro era in difficoltà le altre riuscivano a comprendere e ad agire per il meglio senza bisogno di spiegazioni. E Rose fu immensamente grata alle sue cugine che si mossero come coordinate da fili invisibili disponendosi attorno a lei.

“Da ora in poi seguiamo il piano senza distrazioni. Rose e Lily, voi andrete per prime e uscirete dal territorio della Stamberga in direzione di High Street. Dom e Angie userete il passaggio che porta sotto al Platano. Io andrò per ultima, con Benji, verso la parte vecchia del villaggio. Andrà tutto bene, siamo preparate ad ogni evenienza. Ci ritroveremo stasera nella Sala della Memoria a festeggiare.” La voce roca di Lucy riuscì ad armonizzarle al punto che si distesero visibilmente.

Rose le sorrise commossa. Pensò che la sua evoluzione dall’inizio dell’anno era stata incredibile, la metamorfosi, che la stava portano ad una luce e una sicurezza sempre maggiori, aveva la spontaneità di un qualsiasi fenomeno naturale, come lo sbocciare di un mandorlo a primavera, ma non per questo risultava meno miracolosa.

Lily con un gesto completamente inusuale per lei la prese per mano e la condusse verso l’uscita, prima di imboccare le scale però si voltò verso Benji con un sorriso sardonico.

“Ciao Allucemonco. Vedi di non consumarmela troppo che altrimenti stasera non riesce a stare sveglia.” E poi fece l’occhiolino al Guercio.

Benji scoppiò a ridere mentre Lucy arrossiva fino alla radice dei capelli.

Rose posò i propri piedi in fila l’uno all’altro, il legno scricchiolò sotto di essi nel consueto cigolio. Arrivata a metà scala ebbe l’istinto di voltarsi un’ultima volta e vide Benji e Lucy che le osservavano.

La mano bruna dell’uomo era posata sulla spalla sinistra della ragazza, un fiotto di luce entrava dalla finestra del pianerottolo facendo brillare la polvere turbinante nell’aria, i capelli di Lucy sembravano lingue di fuoco.

Qualcosa nel modo in cui i loro corpi rimanevano vicini pur sfiorandosi appena, nei loro volti con le medesime espressioni serie ma distese, le fece pensare per la prima volta che sua cugina avesse trovato un degno compagno, nonostante la professione poco consona.

Benji era il giusto incastro di Lucy.

Alzò la mano e li salutò, prima di raggiungere Lily già arrivata ai piedi della scalinata.

Quando uscirono dalla Stamberga Strillante uno splendido sole primaverile investì il viso delle giovani. Rose socchiuse gli occhi dandosi un’occhiata attorno, tuttavia la radura che segnava il confine col bosco e il sentierino fangoso per Hogsmeade erano deserti.

Finalmente imboccando la strada del ritorno quella fastidiosa sensazione che la perseguitava dalla mattina si dissolse. La ragione le suggeriva che lasciandosi alle spalle l’incontro con i criminali di Hogsmeade, dove era andato tutto bene, avesse finalmente trovato il modo di distendersi.

Eppure una piccola parte di lei, che chiaramente cercava di ignorare, le stava suggerendo con una certa soddisfazione che era una balla. Faceva fatica a descrivere che cosa avesse provato vedendo Malfoy entrare in un pub in compagnia di un’altra. Un miscuglio di emozioni violente le si era aggrovigliato tra i polmoni, rendendole doloroso il respiro, per poi sedimentarsi nella pancia, dove aveva continuato a pulsare in modo persistente per tutto il tempo.

In quel momento aveva assaggiato una parte infinitesima del dolore a cui Angelique era sottoposta ogni giorno, vedendo Derek e Celia camminare mano nella mano per i corridoi del castello.

Era come se un organo vitale avesse preso fuoco dentro di lei.

Gelosia.

Rabbia.

Delusione.

Immersa nei suoi pensieri, aveva camminato accanto a una Lily stranamente silenziosa per il breve tragitto fino il recinto che segnalava il divieto di accesso alla Stamberga.

Lo oltrepassarono e si immisero nel boschetto ben curato che portava al villaggio.

Fu quando sollevò il viso verso le cime degli alberi, per godersi il panorama, che comprese che la sua ragione in quegli anni si era guadagnata a buon diritto il primato sul cuore.

Il suo istinto le aveva urlato fin dall’inizio che qualcosa sarebbe andato storto.

Infatti proprio in quel momento un gruppo di figure ammantate di scuro si stava facendo avanti nel folto della foresta, con le bacchette spianate verso loro due.

***

Per non aver ancora compiuto sedici anni, Martha pensava di avere una buona esperienza coi ragazzi.

Sin dal terzo anno aveva ricevuto molti inviti ad uscire da parte di ragazzi più grandi, aveva accettato solo quelli dei più carini e intelligenti, ne aveva baciati ancor meno e solo con un numero molto ristretto aveva deciso che la frequentazione potesse proseguire.

Queste occasioni le avevano dato modo di sviluppare quelli che lei chiamava gli “anticorpi da appuntamento”.

Gli anticorpi da appuntamento le consentivano di non lasciare che le emozioni o il nervosismo prendessero il sopravvento durante la giornata, facendole dire cose inappropriate o fare cose imbarazzanti. Erano l’ingrediente fondamentale del suo famoso contegno, di quell’aria sempre a proprio agio, che aveva capito da un pezzo piacere molto ai ragazzi.

Aveva dunque immaginato, nelle sue elucubrazioni lunghe anni, che se mai fosse riuscita a uscire da sola con Albus, avrebbe sfoderato la propria immunità all’eccessiva sudorazione, alle mani tremanti e alle gaffe, stregandolo col proprio fascino.

Se fosse stata minimamente più realista, avrebbe dovuto prevedere che gli anticorpi avevano funzionato solo perché non era mai stata innamorata di nessuno dei suoi corteggiatori. Il suo cuore era sempre stato di quella testa di capelli neri spettinati che ora la stava conducendo tra le corsie di Mielandia.

Di comune accordo avevano deciso di passare la giornata da soli. Nessuna intromissione esterna, nessun ritrovo con gli amici, che d’altra parte non avevano nemmeno accennato a tale prospettiva. Martha sospettava che ci fosse lo zampino di Angie nell’omertà che era scesa sul gruppo riguardo alla gita ad Hogsmeade.

Sin da quando aveva visto Albus attenderla in Sala Comune, aveva sentito il cuore balzarle in gola con uno strappo violento. Le aveva sorriso e l’aveva presa per mano, senza lasciarla mai in tutto il tragitto fino al villaggio, nonostante le occhiate maliziose degli altri studenti, ghiotti di nuovi pettegolezzi.

Mentre lei arrossiva, consapevole della propria vulnerabilità, lui aveva mantenuto la sua aria serena.

“Non ti dà fastidio?” gli aveva chiesto dopo qualche minuto indicando col mento un gruppo di Corvonero, che li aveva appena sorpassati squadrandoli da capo a piedi.

“No. Quando nasci con un cognome ingombrante impari presto a lasciarti scivolare addosso quel genere di sguardi. So che non è facile all’inizio.” Le aveva risposto e poi le aveva sorriso con dolcezza, decretando un ulteriore sobbalzo del suo povero cuore.

Nelle ore che erano seguite era riuscito a farle scordare il resto del mondo e le angosce degli ultimi tempi. Le aveva raccontato degli aneddoti sulla storia di Hogsmeade mentre passeggiavano tra le vie più antiche. Le aveva passato un braccio attorno alle spalle e l’aveva attirata più vicina mentre chiacchieravano, con spontaneità, come se l’avessero fatto mille altre volte. Aveva selezionato alcuni posti dove mangiare e aveva lasciato a lei la scelta finale.

E lei, che si era tanto ripromessa di sfoderare le sue tecniche collaudate di riservatezza e aria sostenuta, invece si era sciolta come gelato al sole. Rideva e si lasciava trasportare dall’entusiasmo fanciullesco di Al, sentiva il calore diffondersi dentro di lei quando intrecciavano le loro dita, quando il braccio di lui le cingeva la vita nel mezzo della folla di studenti.

In quel momento, dentro il negozio di Mielandia, il profumo dei dolci appena sfornati si combinava con quello di Albus, un odore fresco e pulito, che le faceva venire una fame che col cibo aveva ben poco a che vedere.

“Prendiamo anche i confetti al cioccolato!” esclamò il ragazzo mettendo nel sacchetto già stracolmo altri dolci.

“Albus quando pensi di mangiare tutta questa roba?!” gli chiese dando uno sguardo sconcertato ai suoi acquisti.

“Oggi. Con te.” Rispose lui serafico e si dileguò verso la cassa.

Martha lo vide mettersi in coda dietro gli altri studenti, e si fermò ad osservarlo in disparte. Le piaceva prendersi la libertà di guardarlo con sfacciata insistenza, finché lui non si accorgeva di essere oggetto dei suoi sguardi. A quel punto di solito lui abbassava il viso per un attimo e sorrideva, per poi rialzarlo con un luccichio malandrino negli occhi verdi. Altre volte, come quella, era distratto e non se ne rendeva conto.

Albus sorrise con cortesia al commesso e gli porse il sacchetto. Il commesso strabuzzò gli occhi mentre pesava il contenuto, Al per tutta risposta gli sorrise ancor di più scrollando le spalle. Anche Martha sorrise divertita per lo scambio silenzioso tra i due.

Era in un negozio con Albus, a comprare schifezze insieme, ad attendere che lui tornasse a prenderla per mano e condurla nella prossima tappa del loro primo appuntamento.

Quasi non voleva crederci. Per la prima volta da quando Elena era finita in coma, si sentiva euforica al punto da sfiorare l’ebrezza.

Una volta usciti dal negozio si misero alla ricerca di una panchina un po’ defilata dal traffico di studenti. Ne trovarono una vicina alla parte vecchia del villaggio, scaldata dal timido sole di Aprile e perfetta per la loro sosta. Si sedettero uno accanto all’altra iniziando subito a pescare dal sacchetto delle meraviglie.

“Assaggia questo.” disse Al passandole un quadratino glassato di bianco.

Martha addentò il dolce e subito si sparse nella sua bocca un morbido caramello, aromatizzato con una leggera essenza di rosa.

“Com’è?”

“Uhm… Non male, ma preferisco cose più semplici.”

“Ci avrei scommesso.” Sogghignò lui.

“Allora perché me l’hai fatto assaggiare?” chiese leggermente contrariata mentre con l’indice rovistava nella loro scorta di glucosio.

“Per poter fare questo.”

Una mano di Al si posò sulla sua nuca e la trasse verso di sé. Martha alzò gli occhi sorpresa, ma immediatamente Al chinò il capo verso di lei.

Le labbra del ragazzo si posarono sulle sue per la prima volta in quella giornata.

Il caldo e morbido tocco del suo bacio furono una liberazione per Martha. Sentì sciogliersi la tensione accumulata per tutta la gita, la soddisfazione di potersi finalmente perdere dentro il suo bacio le fece frizzare ogni nervo. La mano di Al si insinuò nei suoi ricci, sciogliendo il raccolto con cui aveva tentato di imbrigliare i propri capelli.

Inclinò il viso per dischiudere le labbra e sentì sulla lingua il sapore del suo palato.

Croccante alle mandorle.

Si scostò leggermente per guardare interrogativa il ragazzo.

“È ancora il tuo preferito no?” sussurrò Al con un sorriso.

Aveva mangiato apposta il suo dolce preferito perché potesse sentirlo nella sua bocca. Martha trovò quel pensiero dolce e sensuale, sentì accendersi dentro di lei un calore che trovò il proprio sfogo nel gettarsi nuovamente sulle labbra di Albus.

Baciò il suo sorriso e gustò il sapore delle mandorle e quello di Albus, finché non capì più quale fosse quello che preferiva.

***

“E con questo abbiamo fatto.”

Lucy nascose anche l’ultima cassa nello sgabuzzino e ne chiuse la porta. Angie si fece avanti per tracciare con ampi gesti della bacchetta gli incantesimi di occultamento, in modo che nessuno avesse potuto trovare la merce anche se avesse ispezionato la stanza centimetro per centimetro. Avevano iniziato a usare questo metodo quando si erano rese conto che a volte gruppi di giovani impavidi si introducevano nella Stamberga per provare il proprio coraggio, spinti dalla fama sinistra che l’edificio manteneva anche dopo cinquant’anni dalla sua costruzione.

Dominique osservò l’orlo del mantello di panno leggero, con un sorriso beato pensò a quando avrebbe potuto smettere tutto il guardaroba invernale per passare a quello estivo. Chiffon, lino, seta, tulle, cotone, organza, tessuti delicati e chiari che le avrebbero accarezzato la pelle come nubi raccolte attorno alle sue membra.

Angelique le passò accanto e le rivolse uno sorriso interrogativo.

“Pensavo all’estate.” Le rispose scrollando le spalle.

I tratti dell’altra si illuminarono, probabilmente per i ricordi legati alla Tana: le cene in giardino, i tuffi nello stagno vicino a casa, i giochi folli organizzati da Lily, Lucy e occasionalmente Roxanne, la quiete dei pomeriggi afosi… Quell’estate ci sarebbe stato anche il matrimonio di Vic e Teddy, un trionfo di perfezione a cui lei avrebbe dato vita.

“Ragazze, è ora di andare.” la voce graffiante di Lucy la riscosse dalle sue visioni di organza e bomboniere.

Dom alzò lo sguardo e colse l’espressione con cui Benji osservava Lucy dare le ultime istruzioni ad Angelique sul punto di ritrovo. Gli occhi dorati erano un turbine di preoccupazione e di ammirazione per la sua donna, celavano un impeto così ben ammansito da non trasparire quasi mai, ma che vibrava in lui come una melodia antica. Sangue latino, che vorticava nelle sue vene, rendendolo scaltro e contemporaneamente troppo fragile nei suoi sentimenti.

Benjamin si accorse di essere osservato e immediatamente quell’espressione che lei aveva avuto il privilegio di spiare si dissolse, lasciando posto ad una molto più fredda.

E fu proprio nel momento in cui lei sorrise a Benji con fare complice, in cui Angelique la chiamò per scendere insieme verso il passaggio segreto, in cui lo scambio si era concluso, che un boato scosse la Stamberga Strillante fino alle sue fondamenta. Qualcosa che non provava da molto tempo, precisamente da quando si era resa conto di amare Teddy, le si riversò nel sangue come acido.

Il panico.

Incrociò lo sguardo atterrito di Lucy e scattarono verso le scale, ma Benji fu più rapido di loro. L’uomo si frappose fra le ragazze e la porta, rimanendo al sicuro dietro l’intelaiatura, lanciò uno sguardo verso il piano inferiore.

Un lampo di luce scarlatta sfiorò di pochi centimetri il naso di Benji e si andò a schiantare contro la finestra, facendola esplodere in mille frammenti. Si chinarono tutti verso il pavimento, il rumore del vetro che andava in frantumi coprì solo in parte le loro grida di spavento.

Benjamin invece rimase impassibile al suo posto e con un movimento fulmineo lanciò uno Schiantesimo verso il basso, mirando attraverso la ringhiera. Si udì un tonfo, seguito un brusio lievissimo, che se non avessero avuto tutti i sensi in allerta sarebbe stato impossibile da udire. Erano il segno che l’incantesimo aveva trovato il proprio bersaglio.

Questo concesse all’uomo il vantaggio di potersi sporgere appena, per osservare finalmente chi avesse fatto irruzione nella Stamberga attaccandoli.

Quando ritirò la testa, aveva l’espressione più tremenda che Dom gli avesse mai visto.

Era la fusione di rabbia, frustrazione e paura distillate negli occhi da felino. Dominique intuì chi fossero i gentili signori al piano terra prima ancora che l’uomo parlasse; non pensava esistessero molte cose in grado di farlo uscire tanto dai gangheri.

“Auror.” Ruggì lui stingendo le labbra in una linea feroce.

Le ragazze si rimisero in piedi e si mossero silenziose in un angolo riparato della stanza, mentre il Guercio raggiunse Benji dall’altro lato della cornice della porta.

“Questo è potenzialmente un problema.” Bisbigliò Dominique.

“Il passaggio è occultato in fondo alle scale.” Gli occhi di Angelique si sbarrarono nella consapevolezza di essere in trappola.

Lei stava cercando di riportare alla mente tutte le stanze che avevano ispezionato prima della festa di Halloween. Era sicura che ci fosse un punto del piano superiore connesso alle cucine, ma non ricordava se fosse la stanza accanto al bagno o quella di fronte.

“Come hanno fatto a entrare? C’erano gli incantesimi di invalicabilità!” esclamò Lucy e nonostante provasse a stare calma, i suoi occhi erano specchi scuri di terrore.

“Sono Auror, Lucy! I vostri incantesimi da GUFO sono poco più che giochi di prestigio per loro.” Sibilò Benjamin lanciando un altro Schiantesimo.

Questa volta si udì il rumore del legno che si sbriciolava nell’impatto con l’incantesimo.

“Allucemonco sei circondato! Arrenditi e non ti verrà fatto alcun male.” Esordì una voce di donna dal fondo delle scale.

“Ah! Come se fosse la prima volta.” Il tono beffardo con cui rispose ben si accordava al ghigno sulle sue labbra.

L’uomo fece levitare un’ingombrante cassa di legno massiccio attraverso la stanza e con un colpo secco del polso la mandò a schiantarsi al piano inferiore. Qualcuno eresse uno scudo difensivo che polverizzò il mobile, ma l’uomo sfruttò quel momento per iniziare a tempestare di Schiantesimi e Maledizioni la pattuglia di Auror, il Guercio alla sua destra gli diede man forte.

In pochi secondi precipitarono nel caos. Gli Auror disponevano di forze nettamente superiori, così che per quanto fosse ristretta la soglia della porta, continuavano a piovere lampi di incantesimi che stavano distruggendo la stanza. Lo spazio libero per contrattaccare era troppo esiguo perché le ragazze potessero aiutare efficacemente i due uomini.

Lucy in una mossa spontanea le aveva attirate entrambe verso di sé, circondandole con le proprie braccia. Osservava impotente l’uomo che amava lottare in uno scontro impari, contro qualcuno che se li avesse catturati li avrebbe sbattuti tutti in galera.

In galera avevano quel dress-code orribile grigio topo, informe, peggio ancora della divisa scolastica, davano da mangiare schifezze e soprattutto non le avrebbero mai concesso di portarsi tutte le sue creme.

Dominique Weasley non sarebbe mai finita in prigione. E nemmeno le sue cugine, anche a costo di corrompere Lucifero in persona.

Gli oggetti attorno a lei esplodevano in continuazione, il corpo sottile di Lucy scattava ad ogni rumore più vicino. Angie si era posizionata davanti a loro, nel tentativo di neutralizzare gli incantesimi che sorpassavano le difese di Benji e Oswald.

Dovevano uscire da lì prima che crollasse l’intero palazzo.

“C’è una stanza collegata alla cucina.” Disse a Lucy. “Solo che non sono sicura di quale sia.”

Lucy sbatté un paio di volte le palpebre guardando la scena davanti a sé. Oswald era stato ferito a un braccio, che sanguinava attraverso la camicia, la cornice della porta dietro cui si stavano riparando era completamente distrutta, Angelique riusciva a stento a difendersi dalla pioggia di maledizioni, Benjamin sembrava stremato dallo sforzo.

Poi la scostò da sé lentamente e la prese per le spalle.

Si guardarono negli occhi per un attimo e quando quelli di Lucy si velarono di lacrime, Dominique scosse freneticamente la testa.

“NO. No, scordatelo!”

“Ascoltami, Dom…”

“Ho detto di no! Tu non sai truccarti, non sai vestirti decentemente, non sai farti la manicure. Non ti lascerò qui. No.” E per la prima volta in vita propria sentì che avrebbe potuto incenerire il mondo intero. Non avrebbe lasciato Lucy ad affrontare la prigione senza di lei, si sarebbe ridotta in modo pietoso, con le unghie rotte e le labbra screpolate.

“Dominique ascoltami: Oswald reggerà ancora per poco e poi gli Auror saranno qui. Io e Benji possiamo creare un diversivo per coprire la vostra fuga.” E le mostrò una busta di Polvere Buiopesto Peruviana, che portava con sé durante gli incontri di affari delle Menadi.

“Vieni con noi, ti prego.”

“Dominique!” Lucy affondò le dita nei muscoli delle sue spalle. Il dolore fisico le restituì la lucidità necessaria ad affrontare quello che stava davvero per succedere. “Non c’è più tempo.” Aveva perfettamente ragione, non avevano più tempo.

“Vi ho promesso che nessuna di voi sarebbe finita nei guai. Io posso affrontare le conseguenze di tutto questo solo se so che siete al sicuro. Devi portare via Angelique e Oswald. Se non puoi farlo per te stessa, fallo per Angie, per il suo futuro. Fallo per James.”

Sapeva che Lucy avrebbe usato qualunque arma pur di convincerla, ma un colpo così basso non se lo sarebbe mai aspettato. Forse, dopotutto, qualcosa era riuscita davvero ad insegnargliela.

Dominique le accarezzò uno zigomo spigoloso.

“Sei una vacca. Hai imparato dalla migliore.”

Le diede le spalle, inghiottendo il dolore e stampandosi in faccia il sorriso che da anni copriva la superficie spezzata della sua anima.

Lucy con uno scatto felino si portò dall’altro lato della stanza accanto ad Oswald, evitando per un soffio il lampo scarlatto che andò a neutralizzarsi contro il Protego di Angelique. Dominique invece si acquattò accanto ad Angie, mettendole una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione.

“Lucy ha un piano. Dobbiamo uscire più in fretta possibile quando lei e Benji ci daranno la copertura dagli incantesimi. Guercio tu verrai con noi, inteso?” la sua voce risultò chiara e forte nonostante il fracasso.

Gli occhi di Benji lampeggiarono allarmati verso la sua ragazza. Nello sguardo duro e pieno di determinazione che lei gli restituì trovò la spiegazione che cercava. Imprecò scagliando un incantesimo violentissimo contro un Auror, che in quel momento era uscito allo scoperto per coglierli finalmente di sorpresa. Lo prese in pieno petto e quello si accasciò svenuto sui gradini.

“Ragazzina, non ci provare nemmeno!” sbraitò lui.

“Sta’ zitto, Allucemonco. È l’unico modo.” Ribatté la rossa, scostando definitivamente Oswald e prendendo il suo posto nella difesa.

“Ma come…” Angelique con la fronte aggrottata tentò di esprime la propria perplessità, ma Dom la interruppe.

Fallo per James.

“Non preoccuparti, loro due ci raggiungeranno subito dopo. Dobbiamo raggiungere la stanza accanto al bagno.”

Il Guercio osservò interrogativo e calmo il suo Capo. Benji, con una faccia da funerale, annuì seccamente, approvando il piano di Lucy.

Entrambe le bionde si calarono il cappuccio del mantello sopra la testa, imitate subito dopo dal Guercio.

Attesero con i nervi a fior di pelle il segnale di Lucy che, dopo aver allontanato dalla scala l’ennesimo Auror che tentava di salire, fece loro un cenno del capo. La giovane lanciò oltre la balaustra la polvere scura e immediatamente si sparse una cortina nera e densissima fin quasi al loro piano. La squadra doveva essere molto ben addestra, perché non si udì il benché minimo verso di stupore.

Benjamin fu il primo a fiondarsi fuori dalla stanza, scagliando incantesimi a raffica. Lucy lo seguì subito dopo e attivò immediatamente lo scudo protettivo, che si rivelò essenziale, perché passato il primo momento di panico gli Auror iniziarono a contrattaccare.

Avevano i secondi contati prima che l’effetto della Polvere si esaurisse e gli Auror costringessero alla ritirata Lucy e Benji.

Dominique sospinse Angie verso l’uscita e agguantò per il mantello il Guercio, facendogli capire che non gli avrebbe consentito di rimanere accanto al suo capo. In quelli che dovettero essere pochi secondi uscirono dalla stanza, passarono dietro i due che li stavano proteggendo e raggiunsero illesi la loro meta. Eppure per Dominique fu un tempo lunghissimo, dilatato in modo innaturale. Il terrore per Lucy le riempì il cuore e si focalizzò su James per non tornare indietro ad ogni passo.

Doveva riportare Angie da lui, doveva proteggere quella flebile scintilla che si stava accendendo tra loro, doveva mantenere la concentrazione sui piccoli passi che li avrebbero condotti fuori dalla trappola.

“Angelique, controlla se accanto all’armadio c’è uno sportello nel muro.” Ordinò la Weasley chiudendosi la porta alle spalle e sigillandola con un Colloportus senza farsi vedere dagli altri due.

Aiutò Oswald a sedersi, il quale emise un flebile gemito strizzando gli occhi per il dolore. Dominique si chinò e gli scostò il mantello con delicatezza. Vide che la macchia si era allargata moltissimo sulla camicia sporcando di sangue anche parte del costato.

“Sì… è come un piccolo ascensore! Ma è troppo stretto per Oswald o Benji, probabilmente lo usavano per il cibo.” Le disse Angie alle sue spalle.

“Allora allarga il passaggio.”

“Oh certo, e poi trasfiguro quella sedia in un drago.”

“Sarebbe senza dubbio carino, ma poco pratico per una fuga defilata. Tu concentrati e fa’ come ti ho detto.”

Dirigere le azioni altrui in un frangente simile l’aiutava davvero. Le dava l’illusione di avere qualcosa sotto controllo, mentre fuori dalla porta continuavano i rumori della battaglia. Il Guercio era visibilmente pallido e respirava affannosamente, doveva evitare che si dissanguasse prima che Angelique avesse finito con il carrello.

Tagliò il tessuto dell’altra manica con la bacchetta ed eseguì una fasciatura con un “Ferula” attorno all’arto dell’uomo, che inspirò violentemente.

 “Fatto?” chiese alzandosi.

“Più o meno… Probabilmente ho fatto evanescere anche qualche muro portante.” Angelique abbozzò un sorriso che si ghiacciò sulle sue labbra quando sentirono un urlo sovrastare il fracasso degli incantesimi.

Era la voce di Lucy. Angelique si slanciò verso l’uscita ma Dominique le sbarrò la strada. La Dursley sgranò gli occhi stupita per quella mossa e la osservò come se fosse impazzita.

“Dobbiamo andare ad aiutarli.” Disse Angie.

“No. Altrimenti sarà stato tutto inutile.” Rispose e si voltò per lanciare un “Muffliato” contro la porta. Ci mancava solo che li trovassero gli Auror perché stavano litigando.

“Dominique…” Angie sussurrò il suo nome con un tale smarrimento che gli occhi le si inumidirono. Ma non aveva tempo per piangere. Non aveva tempo per provare confusione e smarrimento, doveva solo scappare.

“No. Ascoltatemi bene, tutti e due: quello che dobbiamo fare noi è uscire il prima possibile da questa topaia e dare il via alle misure di sicurezza.” Disse guardando prima uno e poi l’altra, che le restituì un’occhiata ribelle.

“Angelique, ragiona! L’unico modo che abbiamo per aiutarli è dall’esterno. Abbiamo un protocollo per le emergenze e dobbiamo applicarlo. Non fare sciocchezze.”

La bionda distolse lo sguardo e si morse il labbro inferiore, combattuta tra il fare di testa propria e il darle ascolto.

“Non hanno mai avuto intenzione di seguirci.” Concluse con un tono triste e rabbioso allo stesso tempo.

“No infatti, ma non avreste mai accettato senza perdere un mucchio di tempo. Forse un giorno mi perdonerete, o forse no, non mi importa. Ora entrate nel passaggio e…”

Non riuscì a concludere la frase perché la voce le venne meno. Una vera e propria carica di passi fece tremare il pavimento, mentre dall’altro capo del corridoio le urla disperate di Lucy si moltiplicarono unite a quelle di Benjamin.

“Benji. No! Lascialo, lurido bastardo, NO!”

Se anche le fosse rimasto un briciolo di cuore per vivere da quel giorno in poi, morì nell’istante in cui la sentì urlare in quel modo. Un silenzio innaturale scese sulla casa mentre gli Auror portavano via Lucy e Benji.

Sarebbero tornati entro pochi minuti per ispezionare la Stamberga.

“Guercio, tu sai che cosa fare una volta uscito da qui?” Gli chiese immaginando che pure gli uomini della Taverna delle Lucciole avessero un piano in caso in cui il loro capo fosse stato catturato. Oswald con espressione grave annuì.

Angie si avvicinò all’uomo per analizzare il bendaggio che aveva fermato l’emorragia. Annuì assorta, approvando il suo lavoro, e poi aiutò l’uomo a rimettersi in piedi.

“Vado io. Se ci sono altri Auror in giro, meglio che me ne sbarazzi prima di farvi scendere.” Disse Oswald e Dom si rese conto che erano le prime parole che gli sentivano dire da quando era scoppiato quel macello.

L’apertura nel muro era appena sufficiente per consentirgli di infilarvisi, ma all’interno lo spazio era decisamente più agevole. Oswald entrò e loro con un colpo di bacchetta avviarono il meccanismo del carrello.

Angelique evitava di guardarla negli occhi e si muoveva con fare meccanico, quasi che fingesse di essere sola. E il pensiero che, dopo tutto quello che era successo, Angelique fosse arrabbiata con lei le fece ribollire il sangue, proprio perché lei per prima si stava flagellando interiormente.

“Non pensare nemmeno per un istante che per me sia stato facile. Mentre li lasciavamo in quella stanza, io sapevo che li avrebbero persi. Mentre ti salvavo il culo, io sapevo che stavamo condannando Lucy. Quindi, per favore, evita di essere incazzata con me.” Sibilò afferrandola per un braccio.

Gli occhi di Angie finalmente si fissarono nei suoi, con una dolcezza spiazzante.

“Oh Dom… Non potrei mai essere arrabbiata con te. Hai fatto ciò che doveva essere fatto, anche se era la cosa più difficile.” Angie si interruppe alzando gli occhi verso il soffitto per ricacciare indietro le lacrime. “Stavo solo pensando che Benji ci aveva avvertite e noi lo abbiamo ignorato. Potevamo tirarci indietro quando le cose hanno iniziato a complicarsi, ma siamo state delle sciocche presuntuose. Ora Lucy ne pagherà le conseguenze.”

“Se abbiamo una sola speranza di limitare i danni dobbiamo raggiungere Rose il prima possibile. Corri Angie. Corri come se avessi il diavolo alle calcagna.”

*** 

Le avevano scoperte.

Rose saliva le scale continuando a ripetersi quelle parole.

Gli Auror, le squadre addestrate da zio Harry e suo padre, avevano arrestato Lucy e Benjamin. La famiglia intera sarebbe stata coinvolta in quella faccenda.

Erano davanti a qualcosa di irreparabile.

Lei e Lily avevano incrociato nel bosco di Hogsmeade gli Auror. Dopo un primo momento di sorpresa uno di loro era stato incaricato di riaccompagnarle verso il villaggio, perché, avevano spiegato loro, quella zona non era sicura. Rose non aveva quindi potuto inviare nessun Patronus alle cugine per avvisarle del pericolo.

Una volta liberatesi dell’Auror tanto zelante erano corse al castello, attendendo le altre vicino alla Sala d’Ingresso, il punto di ritrovo stabilito all’inizio, col cuore in mano per l’agitazione.

Ma quando aveva visto arrivare solo Angie e Dominique, stanche e stravolte, aveva capito che quella volta erano state scoperte.

Nessuna di loro aveva pianto, avevano ingoiato tutte quante le lacrime che bruciavano negli occhi e si erano coordinate per salvare Lucy e sé stesse. A lei era toccato il Quartier Generale.

Prima di dividersi erano passate dalla Sala d’Ingresso e lì avevano trovato un folto gruppo di studenti in fermento. Dominique, con una faccia di bronzo incredibile, aveva chiesto informazioni a un suo compagno di corso: era appena passata una squadra di Auror con due prigionieri incappucciati.

Ad ogni passo che macinava, pensava a che cosa fosse accaduto a Lucy, alla reazione di sua madre se avesse saputo in che cosa era stata coinvolta, alla possibile espulsione, ai GUFO, ai MAGO di Lucy. Sperava di svegliarsi da un momento all’altro nel suo letto e scoprire che era tutto un incubo, ma il terrore che la pervadeva era troppo reale per illudersi.

Si arrovellava pensando a quando avessero commesso il passo falso che le aveva condotte lì. Pensava così intensamente a tutte le scelte fatte fino a quel momento, che non si accorse di essere inseguita finché qualcuno non le toccò la spalla.

Si voltò di scatto sfoderando la bacchetta e si trovò davanti lo sguardo esterrefatto di Scorpius Malfoy. Il giovane alzò immediatamente le mani in aria.

Ci mancava solo Scorpius Malfoy sul suo cammino.

“Weasley, ti sto rincorrendo da cinque minuti. Non mi hai sentito?”

“No. Sparisci Malfoy, ho da fare.” Disse abbassando la bacchetta e ricominciando a camminare.

Impossibile sperare che almeno una cosa in quella giornata andasse per il verso giusto, ovviamente Scorpius non le diede retta e la bloccò ancora.

“Rose va tutto bene?”

Gli occhi grigi del ragazzo erano seri e pieni di una comprensione che Rose non desiderava. Voleva restare sola e portare a termine il proprio compito, prese un profondo respiro per evitare di esplodere appena avesse aperto bocca.

“No. È tutto un gran casino, ma tu comunque non puoi fare nulla. Quindi dammi retta Malfoy, sparisci e non farti coinvolgere.”

“Vengo con te.”

A quel punto fu troppo. La calma con cui aveva cercato di affrontare tutto crollò miseramente e si lasciò travolgere da quello che provava, dal tumulto indistinto di emozioni che facevano a pugni tra loro. Il senso di colpa, il sollievo di potersi sfogare su qualcuno, la frustrazione, la rabbia, la sconveniente felicità di vederlo interessato a lei, la paura.

“NO! Possibile che tu non riesca a capire una semplice parola? Vattene!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola e sentì le lacrime salirle agli occhi, per poi scendere sulle guance.

Oh Merlino, come era liberatorio concedersi finalmente di piangere un po’. Anche se lo stava facendo davanti al ragazzo che le piaceva e che le aveva annebbiato il cervello per settimane, la probabile causa della perdita della sua famosa intelligenza.

“Scordatelo. Sei nei guai, non ti lascio sola.” Disse risoluto Malfoy scuotendo la testa.

Rose si mise le mani nei capelli esasperata. Perché? Perché tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare era capitato sul suo cammino qualcuno di tanto testardo e ostinato? Mentre piangeva e pensava a come liberarsi di lui, Scorpius si avvicinò. Con un gesto cauto le prese una mano nella propria. Aveva la pelle morbida e tiepida.

Alzò gli occhi verso di lui, confusa da quel contatto delicato, datole in risposta alla rabbia con cui lo aveva attaccato.

“Non mi devi spiegare nulla, Rose. Basta che tu mi dica come posso aiutarti.”

Malfoy che aveva fatto dei sotterfugi uno scopo di vita, stava tentando in ogni modo di convincerla a dargli fiducia, nel momento più difficile della sua vita. Quel ragazzo aveva un tempismo di merda.

“Rose, posso aiutarti. Fidati di me.”

Il tono basso, sincero, che scaturì dalle sue labbra la fece cedere. Perché aveva bisogno di condividere con qualcuno la colpa che le gravava sul cuore, aveva un bisogno disperato di non sentirsi sola di fronte ai propri errori. Per una volta, una sola, doveva fidarsi di qualcuno.

“Giurami che non farai domande e non parlerai a nessuno di quello che vedrai.” Mormorò Rose.

“Lo giuro.” Rispose immediatamente il ragazzo e, quando lei riprese a camminare verso il Quartier Generale, lui non le lasciò la mano.

***

Li avevano disarmati, avevano legato le loro mani, coperto i loro volti con cappucci scuri, li avevano costretti a camminare al buio lungo una strada accidentata e poi li avevano separati.

Benjamin era certo che avessero portato via la sua Ragazzina, perché a un certo punto aveva smesso di sentire il suono dei suoi respiri affaticati e quello dei suoi passi accanto a sé.

L’avevano ferita a una gamba durante lo scontro, avevano osato mettere le loro sudice mani sul suo corpo e ora l’avevano portata chissà dove. Che Dio li proteggesse, se avesse trovato il modo di recuperare la sua bacchetta.

Maledizione! Se solo Lucy, per una fottuta volta, lo avesse assecondato e li avesse lasciati a cavarsela, non le sarebbe successo nulla. Non sapeva se era più arrabbiato con gli Auror o con lei. Probabilmente con lei, perché aveva scelto di restare al suo fianco.

Quando lo avevano disarmato, aveva cercato di opporre resistenza, più per abitudine che per reale convinzione di poter scappare. Un Auror grande e grosso lo aveva atterrato con un pugno nello stomaco. Lui si era arrabbiato ancor di più e aveva tentato di colpirlo da terra, con scarsi risultati. In compenso aveva ottenuto un calcio nel costato e, quando lo avevano rimesso in piedi, un manrovescio che gli aveva spaccato il labbro inferiore.

Aveva sentito le urla di Lucy e visto il suo sguardo terrorizzato, così aveva smesso di lottare, lasciando che lo legassero. Altro motivo per essere arrabbiato con la sua donna.

A giudicare dal dolore che ogni respiro gli causava doveva avere qualche costola fuori uso. Sulla bocca sentiva ancora il bruciore della ferita che si mescolava a quello dell’ultimo bacio che si erano dati, prima che gli Auror li raggiugessero. Le mani sul viso, le bocche fameliche, una sull’altra per poco più di una frazione di secondo.

Forse era giunto il momento di pagare il prezzo di ciò che si era preso dalla vita.

La propria libertà, tesori dagli abissi degli oceani, alcune case, oggetti lussuosi, un mucchio di galeoni su un conto non rintracciabile, Lucy.

La Ragazzina era stato il suo peccato più grande, ciò che aveva rovesciato gli equilibri cosmici e decretato la sua rovina.

Non avrebbe dovuto trascinarla in quel mondo squallido e violento, non avrebbe dovuto contaminare una cosa così bella, lo aveva sempre saputo. Eppure, se avesse potuto tornare indietro nel tempo, non avrebbe cambiato assolutamente nulla.

I pochi mesi che gli erano stati concessi con lei erano valsi gli anni di Azkaban che lo attendevano.

Sentì dei passi avvicinarsi e dopo qualche secondo gli levarono il cappuccio. I suoi occhi furono feriti dalla luce della stanza, così fu costretto a chiuderli infastidito.

Quando li riaprì una fila di figure in divisa marziale era schierata davanti a lui. Al centro svettava sugli altri un uomo molto alto e magro, con una veste da mago del Ministero. Aveva corti capelli rosso carota.

Benji fissò il proprio sguardo su di lui, sul suo naso, sui tratti taglienti e gli occhi chiari dietro la montatura di corno. Sul suo petto era ricamata in argento la W del Wizengamot.

“Lei è il Signor Richardson?” gli chiese l’uomo con tono severo.

Benjamin annuì in silenzio.

“Io sono il Magistrato Weasley, sono il responsabile delle indagini.”

Benji rimase immobile per un paio di secondi e poi scoppiò a ridere in faccia a tutti gli Auror, che si guardarono completamente spiazzati. Rise col capo rovesciato indietro finché non gli vennero le lacrime agli occhi.

Pur nella disgrazia doveva ammettere che la sua vita aveva sempre avuto un certo umorismo.

Era appena stato arrestato da suo suocero.

 

 

Note dell’Autrice:

Ehm… Diciamo che sono passati alcuni mesi, quindi magari molte persone avranno perso la speranza di vedermi aggiornare. E invece non dovete mai perdere la speranza! Soprattutto con me, che sono lenta (lo ammetto), ma prima o poi raggiungo sempre i miei obiettivi.

Finirò questa storia, voglio finirla, solo con i miei tempi.

Detto ciò, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e che il prossimo non mi costi altrettanti mesi di gestazione.

Un grazie speciale a chi dieci mesi fa ha lasciato la recensione al cap. 33, quindi: Cinthia988, leo99, vale_misty, carpethisdiem_ e Kill_your_darlings.

Vi mando un abbraccio e tanti baci.

Bluelectra.

 

 

 

  
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