Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Corydona    01/11/2018    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Virgilio aveva deciso di far entrare la Millenaria nel porto solo quando sarebbe stato certo che i suoi ospiti non avrebbero corso alcun tipo di rischio: attraccando, chiunque sarebbe potuto salire a bordo del mercantile, e con il favore della poca luce che precedeva la giornata avrebbe potuto eludere la sorveglianza dei suoi uomini per arrivare ai nobili che riposavano nella cabina e...

Il capitano non aveva osato formulare un tale pensiero, ma con premura aveva dato ordine di gettare l'ancora quando erano ancora distanti da Punta Salina.

Sebbene già al termine del duello il sole avesse iniziato a mostrare i suoi raggi dall'orizzonte occidentale, Virgilio non aveva tuttavia ritenuto prudente avvicinarsi al molo; in questo modo, poi, avrebbe potuto permettere all'equipaggio di riposare per poche ore.

Dunque fu solo a giorno fatto che scese sottocoperta dai suoi uomini, intimando loro di riprendere i propri posti sulla nave per attraccare a Punta Salina. Dopodiché si recò presso i suoi ospiti, dispiacendosi interiormente di non poter concedere loro ulteriore riposo, ma presunse che l’avrebbero trovato sulla terraferma, alloggiando in qualche taverna. D’altra parte i tre viaggiatori avevano più tempo a disposizione di quanto ne avesse lui per i suoi viaggi attraverso il Mar Litil, dovendo tornare nel continente settentrionale per sistemare alcune questioni spigolose.

Bussò alla cabina immerso nei propri pensieri, tanto che quasi non si accorse che la principessa Delle Foglie gli aveva aperto la porta; ma si riprese in fretta, mostrandole un sorriso gentile, mentre lei sembrava essersi destata nel mezzo del sonno.

«Stiamo per attraccare, e presto voi dovrete scendere» la informò. «Mi spiace avervi lasciati dormire così poco, ma ho delle faccende da sbrigare.»
«Di già?» domandò lei con gli occhi semichiusi. I capelli le ricadevano scomposti sul viso, nonostante la fanciulla li pettinasse all’indietro con la mano.

«Mi spiace, ma ho altri impegni presi precedentemente» rispose il capitano con una mogia alzata di spalle.

«Che cosa succede?» chiese una voce dall'interno, quella del principe Inverno. Erik infatti era stato svegliato dal bussare alla porta, ma solo all’udire l’avviso del capitano aveva aperto gli occhi. Dunque si alzò dalla branda e raggiunse repentino i due.

«Siamo arrivati a Punta Salina» precisò Virgilio. Per quanto gli avrebbe fatto piacere discorrere ancora con i due nobili, preferiva non enunciare dinanzi a loro per quali ragioni urgeva la ripartenza della Millenaria verso il Defi. C’era più di un segreto che il capitano del mercantile custodiva gelosamente, da non rivelare per alcuna ragione.

«Dobbiamo prepararci a scendere a terra?» domandò Erik, che sembrava essersi riposato a sufficienza durante il breve sonno. Il principe si sentiva rinvigorito: lo scontro con il grunmit, il duello con Franco e l’eccitazione per essere giunto nel Pecama di nascosto ai genitori erano tre fattori che, combinati assieme, gli avrebbero impedito di assopirsi nuovamente.

Il capitano rispose affermativamente e diede loro congedo, allontanandosi per risalire in coperta a controllare i suoi uomini, come disse ai due.

L'Inverno annuì, comprensivo, mentre la Delle Foglie già era tornata all'interno della cabina per svegliare il suo compagno di viaggio.

Pochi minuti dopo erano con i piedi ben piantati sulla terraferma.

«Non ero mai stato nel Pecama» disse semplicemente Franco, mentre Chiara si guardò intorno, come cercando qualche indizio che le comunicasse di essere più vicina al luogo in cui era nata; ma il regno del Mare si distingueva da quello delle Foglie per diversi fattori, non ultimo quello dell’indole degli abitanti: la sua gente, al contrario dell’ospitale popolo presso cui la Millenaria era sbarcata, non avrebbe accolto con grande interesse il suo ritorno a casa, come Chiara ben sapeva. Anzi, in realtà lei sperava nell’indifferenza generale, perché l’uccisione dei suoi genitori sembrava essere stata opera di qualcuno dei suoi futuri sudditi: non voleva essere in pericolo ancor prima di arrivare.

Erik diede ai due viaggiatori qualche veloce indicazione su come raggiungere il Regno delle Foglie, consigliandoli caldamente di non attraversare il regno dei Prati, perché quel popolo non era in buoni rapporti con quello della fanciulla: avrebbero allungato, ma sarebbe stato più saggio passare per il regno dell’Estate e quello della Primavera.

«Oppure possiamo approfittare dei Monti Dupro e passare per l’Autunno» considerò Chiara.

Il principe Inverno sospirò, consapevole del fatto che non sarebbe stato opportuno penetrare nei possedimenti di Amelia e Ruggero che un giorno, con tutta probabilità, sarebbero appartenuti a Raissa.

I tre giunsero insieme alle porte della locanda che affiancava il porto, dove le loro strade si sarebbero divise: Erik sarebbe entrato per rifocillarsi prima del brevissimo viaggio che lo avrebbe finalmente condotto presso la corte dei Dal Mare; gli altri due si sarebbero diretti a piedi verso il Regno delle Foglie.

Fu in quel momento che il giovane di Nilerusa prese la parola, rivolgendosi al figlio dei suoi sovrani. «So che sto per chiederti molto, ma devo pregarti di non dire di me ai tuoi genitori.»

Era una richiesta che Franco stava continuando a rimandare da quando Erik gli aveva stretto la mano dopo la fine del duello, anche se temeva che gli venisse rifiutata, perché, da un certo punto di vista, non aveva alcun diritto di farla. Aveva pronunciato quelle parole con la paura che non sarebbero servite a nulla, che Alcina e Tancredi avrebbero saputo di lui e che, nel Defi, avrebbero potuto fare del male alla sua famiglia.

Tuttavia, il principe gli porse la mano, amichevole.

«Non sapranno mai nulla» gli promise. «Spero che questo sia solo un arrivederci.»

Franco la strinse, sollevato. «Grazie.»

Erik salutò la principessa Delle Foglie con un piccolo inchino, anticipando quella referenza che sperava la ragazza avrebbe ricevuto una volta arrivata a corte e lei gli sorrise in silenzio.

Li osservò incamminarsi verso sud, in una direzione che non lasciava intuire quale sarebbe stato il loro itinerario, per alcuni istanti prima di varcare la soglia della locanda.

Era ormai metà mattino e molti degli avventori si stavano congedando per salire sulle navi in partenza. La ricca varietà delle persone che popolavano quei luoghi di transito era sempre notevole, ma in questo quella di Punta Salina si distingueva. Sembrava che davvero non ci fosse persona su Selenia che non desiderasse giungere nell'isola meridionale almeno una volta nella vita e quello era il luogo più vicino al continente, in cui i viaggiatori erano quasi costretti a sostare per il bisogno fisico di rifocillarsi dopo una traversata in mare.

A un tavolo dei giovani abbigliati alla maniera del nord-est, cioè con pelli scure tenute insieme da vistose spille di diverso colore, chiacchieravano con eccessivo brio; notarono quasi immediatamente il principe Inverno-Primavera, ma questo non impedì loro di proseguire nel baccano quasi molesto.

In un angolo appartato, un paio di anziani sacerdoti del Sole trangugiavano della zuppa dalle scodelle in religioso silenzio, come se ne avessero fatto voto alla loro divinità, affiancati da alcuni mercanti che, stranamente, invece di sfoggiare le proprie merci, avevano soltanto posato sul tavolo al loro fianco diversi tipi di amuleti dalle funzioni più svariate e attendevano che venisse portato del cibo.

In molti stavano abbandonando la locanda in ordine sparso, lasciando ai fanciulli e alle fanciulle che vi lavoravano monete dalla più disparata provenienza, prima di uscire. E, tra questi, un giovane urtò Erik proprio sulla soglia con una spallata, allontanandosi velocemente al di là della porta d'ingresso.

In una differente circostanza il principe si sarebbe considerevolmente adirato, ma riuscì a comprendere la fretta che si poteva avere nel lasciare quel luogo: una nave su cui imbarcarsi, affari urgenti da sbrigare, ambulanti insistenti che non lasciavano mangiare in pace i presenti… Ne vide proprio uno venire congedato una figura a lui ben nota, che, per un motivo che Erik ignorava, era seduta a un tavolo in un angolo quasi remoto della sala, circondata da quella che aveva tutta l’aria di essere una scorta: il principe vide delle else spuntare malcelate dai mantelli da viaggio di uno di quegli uomini robusti e uno di loro aveva persino uno spadone dalla lama larga.

Anche Dante Dal Mare riconobbe l'Inverno e gli fece un cordiale cenno per invitarlo ad avvicinarsi e a prendere posto di fronte a lui; mormorò qualcosa ai soldati che lo accompagnavano e questi si alzarono dal tavolo per accomodarsi a quello alla destra.

Erik sorrise a quella premura: la discrezione era una delle qualità di Dante che più apprezzava; almeno in pubblico, perché quando i due parlavano lontano da orecchie indiscrete, il Dal Mare sapeva essere inquisitorio quasi quanto Luciana Lugupe, anche se aveva l'accortezza di non divulgare mai il contenuto di alcuna conversazione; e, soprattutto, non sembrava aver sempre un secondo fine quando parlava con lui.

Il giovane originario del più ospitale regno del Pecama lo salutò con calore, stupito di trovarsi insieme al principe di Defi proprio in quel luogo di transito.

«Quali novità?» gli domandò subito, incuriosito dalla strana circostanza che vedeva Erik in arrivo sull’isola e lui in partenza.

L’Inverno rimase titubante per un istante, e in ciò venne favorito dall’arrivo di una ragazza che gli chiese cosa desiderasse ordinare.

«Lo stesso che ho preso io» intervenne Dante, prima ancora che l’altro potesse aprir bocca e, non appena la fanciulla che volteggiava tra i tavoli fu abbastanza distante, aggiunse: «Non ti vedo in gran forma: dovresti mangiare qualcosa.»

Il Dal Mare si era accorto di uno stato di lieve turbamento nel coetaneo ed era certo che, parlandone davanti a una triglia pescata e subito cucinata con abbondanza di condimenti raffinati, avrebbe avuto modo di risollevare l’animo dell’Inverno.

«Ho dormito poco» rispose questi, semplicemente, sebbene non volesse rivelare per quale ragione.

«Brutta traversata? Il mare è stato molto calmo negli ultimi giorni…» osservò il Dal Mare, stupito.

Erik scrollò le spalle, non avendo intenzione di entrare di più nello specifico: preferiva mantenere per sé l’incontro che aveva avuto luogo a bordo della Millenaria; anche se la presenza di Franco sulla stessa isola in cui era suo padre lo impensieriva solo in minima parte. E non sapeva quanto fosse saggio raccontare della presenza di un grunmit nel Mar Litil.

«Quindi, com’è che sei qui?» insisté Dante. «In genere quando arrivi a Punta Salina, poi corri spedito alla corte dei miei genitori… e non siamo stati avvisati del tuo arrivo.»

«Non ho avuto il tempo di mandare neanche una lettera» ammise l’Inverno, sconfortato. Non sapeva quanto la sua improvvisata presso i Dal Mare sarebbe stata ben accolta, anche se non aveva mai ricevuto la percezione di ostilità, né dal re né dalla regina… né tantomeno da qualsiasi membro della corte. Sollevò lo sguardo sul volto squadrato del pari grado e non seppe comprendere cosa si agitasse al di là dei suoi occhi. «Sono qui per parlare con tua sorella» confessò infine, in un sussurro. Non aveva motivo di credere che Dante ne avrebbe fatto parola con qualcuno e lui avvertiva dentro di sé il crescente bisogno di qualcuno che conoscesse i suoi timori; almeno quelli rivelabili.

Il principe Dal Mare non disse nulla, ma sul suo viso si dipinse la più viva curiosità: gli occhi scuri si spalancarono, attenti, e le orecchie si tesero per carpire ogni parola che sarebbe stata pronunciata da Erik Inverno.

«Sai che è morto re Guglielmo, vero?» domandò dunque quest’ultimo, non sapendo se la notizia fosse giunta sin nel Pecama dopo appena pochi giorni.

«Certamente» annuì Dante, provocando un minimo stupore nell’altro: sembrava ovvio che ne fosse al corrente; ma come era possibile che l’isola a sud già conoscesse gli infausti eventi del nord? La Millenaria, però, rifletté lucidamente l’Inverno, poteva non essere la prima nave che attraccava nel Pecama dopo l’uccisione di Guglielmo Lotnevi… senza dimenticare che probabilmente un falco, o un altro volatile molto veloce, avrebbe già potuto consegnare un dispaccio inviato dallo Cmune o da qualcuno dei regni limitrofi.

«Credo che qualcuno voglia incastrare Ariel» disse soltanto, abbassando improvvisamente la voce.

«Cosa?» esclamò Dante all’improvviso, spalancando gli occhi. Per un istante fu sul punto di colpire il tavolo con il pugno, che poi però aprì, poggiando i polpastrelli sul legno, contenendo la rabbia che lo aveva pervaso all’udire quelle parole. «Ariel? Perché? Non farebbe del male a una mosca!»

«Questo io lo so» puntualizzò Erik, affatto stupito dalla reazione dell’altro; pur trattandosi di un giovane nato e cresciuto in un ambiente estraneo agli intrighi tra le corti, in cui l’armonia e la festosità regnavano sovrane, il fatto che qualcuno avrebbe potuto puntare il dito contro la sorella minore lo aveva scosso. «Ma non so quanto il resto di Selenia possa essere disposto a crederci. Nessuno sa che lei potrebbe essere coinvolta, eccetto noi due e Nicola. Devi giurarmi di non dire niente a nessuno.»

«Nicola? Non sarà colpa sua, vero?» chiese Dante, con un tono di voce più disteso. Per quanto non credesse Nicola Lotnevi in grado di architettare alcunché, quella domanda era lecita, almeno per fugare ogni dubbio.

«Abbiamo trovato un oggetto che le appartiene» gli spiegò Erik, rimanendo sul vago, non ritenendo plausibile che il futuro sovrano dello Cmune avesse a che fare con l’uccisione del padre. «Dante, ho bisogno della tua parola, la questione è molto delicata…»

«So quanto possa esserlo» mormorò lui, pensieroso. «Credevo fosse ovvio che tu hai sempre la mia parola. Ma ho bisogno di sapere con certezza che Ariel non finirà nei guai… è ancora una ragazzina...»

L'Inverno sospirò. Era certo che il Dal Mare avrebbe tenuto per sé una tale confidenza e aveva altrettanta sicurezza sulla propria capacità di gestire bene la vicenda. - Non ci finirà, finché sarò io a occuparmene - disse soltanto, con aria solenne, quasi in contrasto con il luogo in cui quelle parole venivano pronunciate, con un sottofondo di posate in piatti di varia grandezza e dal contenuto dei più variegati, probabilmente, tra tutte le locande di Selenia, grazie al porto trafficato che permetteva al commercio alimentare di essere molto florido.

A quel punto il volto di Dante si rilassò, mostrando un sorriso che, in realtà, soffocava una risata a cui si sarebbe volentieri abbandonato. «E non c’entra niente un possibile matrimonio tra voi due? Sai, a corte chiacchierano parecchio di te e Ariel...»

Erik lo squadrò contrariato: immaginava che tra i cortigiani festaioli e frivoli della corte Dal Mare spargessero dicerie sul suo conto, ma preferiva rimanerne all'oscuro. L'ultima cosa che rientrava tra i suoi desideri era rimanere impigliato in trame amorose di luoghi che lo interessavano solo saltuariamente.

«Assolutamente no» asserì, fermo. «Si tratta di mera giustizia, non di matrimoni. E poi lo sai: non mi entusiasma molto l’idea di sposare Ariel... Non perché io abbia una cattiva opinione di lei, lo sai, ma non penso che sarebbe vantaggioso per nessuno dei due.»

«E poi non vuoi sposarti» rise Dante, non riuscendo più a controllarsi. Figlio di un regno di pace, si lasciava spesso trasportare dall’ilarità: la rabbia provata poco prima era già un ricordo remoto.

«Puoi prendermi in giro quanto vuoi, ma non cambierai per questo quello che penso» ribatté l’Inverno, infastidito, scrollando le spalle, e non condividendo affatto il divertimento dell’altro.

Furono interrotti dall'arrivo di uno dei giovani camerieri che portava loro due triglie pescate al mattino e cucinate appositamente per i due illustri ospiti, che mangiarono in un comune silenzio che durò diversi minuti, nei quali ognuno rimase immerso nelle proprie riflessioni.

Nonostante la breve chiacchierata con Dante, Erik non poteva fare a meno di pensare a Chiara Delle Foglie e al suo accompagnatore: si domandava quale strada avessero deciso di intraprendere, se quella più sicura attraverso i regni di Estate e Primavera, o quella in cui avrebbero rischiato di incontrare soldati di Amelia e Ruggero Autunno, verso sud. Se non fosse stato preso dall'imminente colloquio che intendeva tenere con Ariel, li avrebbe di certo accompagnati. In parte si sentiva responsabile per le sorti del regno delle Foglie Cadute: come suo padre gli aveva insegnato, se in un regno si verifica una disgrazia, come può essere la morte improvvisa dei regnanti, è compito dei sovrani alleati e confinanti portare ogni aiuto possibile, senza cercare un secondo fine. Il principe di Defi non avrebbe mai pensato di stabilire un'egemonia sotto il suo nome alla futura corte di Chiara delle Foglie, ma era consapevole che senza un suo intervento la giovane avrebbe governato con continue difficoltà almeno per i primissimi anni; ammesso che quel popolo tumultuoso e in perenne rivolta non decidesse di eliminare anche lei e di dare inizio a una lotta interna che l'avrebbe certamente dilaniato.

Scacciò con uno sbuffo quel tornado di possibilità che gli sconvolgeva la mente. Al momento non c'era niente che lo obbligasse a correre in soccorso della principessa, che aveva già un cavaliere al suo servizio.

Solo dopo aver ripulito per bene il piatto, Dante disse: «La morte di re Guglielmo inizia a preoccuparmi. Abbiamo ricevuto la convocazione dei Lupfo-Evoco e credo che si parlerà soprattutto di questo. Se quello che hai detto tu è vero, cioè che cercano di incastrare Ariel, non posso stare tranquillo.»

«I Lupfo-Evoco?» Erik quasi sobbalzò, mantenendo tuttavia la padronanza di sé. «Ma loro non sanno niente di Ariel, è inutile impensierirsi. Piuttosto, lei negli ultimi giorni è stata sempre qui, vero?»

Dante annuì.

«Allora puoi stare molto più che sicuro: le mie labbra sono sigillate, così come lo sono quelle di Nicola» gli assicurò Erik. «Al palazzo sono già svegli?» si informò in un secondo tempo, sperando di trovare almeno uno dei due sovrani pronti ad accoglierlo non appena giunto al castello.

«Mia madre lo era quando sono partito questa mattina, ma probabilmente ora lo saranno tutti» gli rispose il Dal Mare, pulendosi la bocca con il tovagliolo. Lanciò un’occhiata impaziente all’ingresso della locanda, come se attendesse qualcuno, considerando chiusa la sua conversazione con l’Inverno, che non disse nulla, limitandosi ad annuire.

Dante tirò un sospiro di sollievo nel veder entrare il capitano della nave che lo avrebbe condotto a nord, nel Defi.

Il principe dagli occhi scuri salutò l'amico con un sorriso e una solida stretta di mano, e uscì dalla locanda dopo aver lasciato sulla tavola un abbondante gruzzolo di monete d'argento, sufficienti a pagare anche l'ordinazione di Erik, che sorrise per il gesto ospitale. Gli dispiaceva della partenza di Dante: dei membri della famiglia reale, era quello che gli sembrava avere più premura per gli affari di politica estera e quello che più si dava da fare nel concreto per mantenere il benessere dei sudditi, mentre non troppo lontano da lì c'era il rischio di una guerra di popoli.

Lasciò la locanda e pagò il noleggio di un cavallo, ritrovandosi a percorrere a velocità contenuta la via lastricata che costeggiava il mare, incantato dalla vista della distesa che scintillava davanti ai suoi occhi, come uno zaffiro lucente osservato alla luce del sole. Sospirò, abbandonandosi al suono dolce e ritmato del respiro delle onde che morivano al contatto con la riva sabbiosa e proseguì, libero da ogni pensiero grazie all'eterna melodia dell'acqua.

 

(Ultima revisione: 29/05/2020)

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Corydona