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Autore: _Agrifoglio_    14/11/2018    17 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Elettra
 
Dopo l’accanirsi di un inverno rigido, la primavera era tornata, infine, a riscaldare le giornate di quell’umanità inquieta e disperata.
Era la seconda metà di maggio del 1789 e la situazione politica della Francia aveva subito una svolta decisiva. Anni di inverni gelidi e di pessimi raccolti avevano messo in ginocchio l’economia, già stremata a causa dell’inarrestabile delirio edificatorio del Re Sole e del susseguirsi di lunghe e dispendiose guerre, l’ultima delle quali aveva impegnato, per molti anni, le truppe francesi nel continente americano. Piogge torrenziali, inondazioni, grandinate e siccità avevano fatto il resto. Il grano scarseggiava e ciò aveva fatto schizzare alle stelle il prezzo del pane. Il popolo era ridotto alla fame, la situazione era insostenibile e la borghesia, classe numerosa ed eterogenea, stava cavalcando l’onda del malcontento delle masse incolte ed esasperate per strumentalizzarle contro gli avversari politici storici: nobiltà e alto clero. Nel tentativo di risolvere la difficile situazione, il Re aveva manifestato l’intenzione di approvare delle riforme che avevano, però, incontrato l’ostilità dei primi due ordini, desiderosi di non subirne il pregiudizio. Il Parlamento di Parigi aveva, quindi, chiesto l’indizione degli Stati Generali che erano stati convocati l’8 agosto 1788 e inaugurati il 5 maggio 1789. Il terzo stato aveva ottenuto il raddoppio dei suoi rappresentanti, ma questa conquista sarebbe stata nullificata dal tradizionale sistema di votazione per ordini anziché per capi. Si stava quasi concludendo il primo mese di lavori e niente si era deciso, neppure essendosi raggiunto un accordo sulle modalità del voto.
Oscar era molto preoccupata, perché reputava che gli Stati Generali sarebbero stati un salto nel buio. Deprecava fortemente gli egoismi dei tre ordini che avevano determinato l’irrigidimento delle rispettive posizioni e una conseguente situazione di stallo, di esasperazione e di sfiducia reciproca, a scapito del buon senso e di una visione collettiva.
Come se tutto ciò non bastasse, la salute del Delfino aveva subito un irreversibile tracollo, tanto che i medici gli avevano dato poche settimane di vita. La disperazione dei genitori era indicibile e non agevolava la loro concentrazione sui gravi problemi politici.
Fra due settimane, poi, sarebbe iniziato il processo a carico di Théroigne de Méricourt e degli altri facinorosi da lei guidati nell’’“Assalto della furia scarlatta”. Memore dell’esito disastroso, in termini di popolarità per la monarchia, del processo per lo scandalo della collana, il Re aveva deciso di non fare celebrare anche quest’altro pubblicamente e la Regina non si era opposta. L’imminente procedimento, malgrado il basso profilo, avrebbe, comunque, comportato un ulteriore aggravio al carico di lavoro delle Guardie Reali e notevoli grattacapi per Oscar.
Sul piano personale, la solitudine di Oscar non era diminuita. André risiedeva a Lille ormai da nove mesi e i due non si erano mai scritti né sapevano alcunché l’una dell’altro. Oscar cercava di combattere il senso di vuoto che la opprimeva gettandosi a capofitto nel lavoro, ma anche quel settore era amareggiato dalla costante presenza della spia, la cui mano invisibile continuava regolarmente a sabotare diverse operazioni militari. Nessuna contestazione era stata mossa a Oscar che serbava inalterati la stima del Re e l’affetto della Regina, ma questi reiterati fallimenti stavano mettendo a dura prova la tenuta nervosa di lei, da sempre abituata a eccellere e a tendere al perfezionismo. Malgrado, in ogni occasione, avesse fatto del suo meglio, la mancanza oggettiva di un riscontro positivo rendeva la donna molto scontenta di sé e gli accessi di tosse non si contavano.
Diane continuava a vivere a Palazzo Jarjayes. Gli insegnamenti e il carisma di Oscar avevano dato i loro frutti e, infatti, la cultura generale della ragazza era notevolmente aumentata ed ella stessa sembrava più adulta, forte e consapevole, perché frignava di meno ed era diventata maggiormente incline all’azione. Se le si presentava un problema, la prima reazione della giovane non era il senso di smarrimento, ma la ricerca di una soluzione. Anche l’integrazione nel nuovo ambiente era migliorata e, Oscar a parte, era con Madame de Jarjayes – che aveva preso sotto la sua ala protettrice quella “pauvre petite fille” – che la timida Diane aveva iniziato moderatamente ad aprirsi. Lasciarsi alle spalle il rassicurante nucleo familiare aveva favorito la maturazione di quel bruco e la revisione di alcune idee e priorità. La cotta ossessiva per André, però, non era diminuita e, anzi, era più radicata che mai.
Mademoiselle de Chambord, ora Madame de Girodel, aveva ripreso il suo servizio a corte come dama di compagnia della Regina. Lei e Girodel si erano sposati a gennaio e, contro ogni previsione, il padre di lui, inizialmente ostile alle nozze, si era notevolmente rabbonito. Sulle prime, aveva minacciato il figlio di diseredazione, pensando che ciò sarebbe bastato a farlo tornare sui propri passi. Poiché, però, quello non demordeva, era stato il vecchio Conte a dovere indietreggiare, dato che Victor Clément era l’unico figlio maschio rimastogli. Si era visto, pertanto, costretto ad accogliere a Palazzo Girodel quella “nobile pezzente”. La nuora, dal canto suo, avendo un carattere forte e determinato ed essendo abituata, sin dalla primissima giovinezza, a fare fronte alle asperità della vita, non aveva raccolto le molteplici provocazioni provenienti dal suocero e, per amore del marito, aveva risposto ad esse con garbo e gentilezza. Alla fine, il vecchio burbero si era acquietato e, suo malgrado, aveva dovuto ammettere con se stesso che la nuora, dopo tutto, non era affatto male e quando questa, alcune settimane dopo il matrimonio, era rimasta incinta, il Conte l’aveva definitivamente accettata come membro della famiglia.
A Palazzo Girodel, per la delizia dei neosposi, continuava ad abitare anche l’intrigante e vanesio Conte Maxence Florimond de Compiègne che non aveva dismesso le sue mire su Oscar, continuando, anzi, a corteggiarla col suo fare insinuante e suadente.
Quella mattina, Oscar, Girodel, il Capitano de Valmy e un manipolo di Guardie Reali avrebbero dovuto partecipare a una missione di salvataggio. Circa tre giorni prima, infatti, era giunta notizia che due alti ufficiali sarebbero stati aggrediti e l’allerta era subito volata ai massimi livelli, dato che, in meno di un mese, erano già stati assassinati due gentiluomini, uno a bordo della propria carrozza e l’altro sulla soglia di un palco all’opera. La tensione si era diffusa negli ambienti della reggia e Oscar, questa volta, non voleva fallire. Qualche ora prima, i dettagli dell’attacco erano stati resi noti dagli informatori: i due ufficiali, i cui nomi non era stato possibile scoprire, sarebbero stati attaccati mezzo miglio a nord ovest di La Verrière, in aperta campagna.
– Dalle deposizioni di alcuni testimoni oculari, sembrerebbe che, in entrambi gli attentati, l’assassino sia lo stesso e, cioè, un uomo giovane, dal volto allungato e dai lunghi e ondulati capelli castani – disse Oscar ai suoi sottoposti.
– Ah, non guardate me! – celiò Girodel – Io non sono stato!
– Si parlava di un uomo giovane – precisò Oscar, per nulla scherzosa, dato che la tensione emotiva non le aveva permesso di cogliere l’umorismo del Colonnello.
Mentre era in atto questo scambio di battute, le Guardie Reali, camminando nei corridoi della reggia in direzione delle scuderie, videro, da dietro a una porta, in uno dei saloni, il Duca d’Orléans e la Contessa di Polignac discutere fra loro piuttosto confidenzialmente e ne furono stupite.
– Comandante, pensate che possa essere la Contessa di Polignac la nostra beneamata talpa? – chiese Girodel, guardando Oscar.
– E’ una possibilità da tenere in considerazione – rispose lei, col volto corrucciato – L’amicizia che la lega alla Regina, negli ultimi tempi, si è piuttosto raffreddata e le persone come la Contessa sono alla costante ricerca di protettori potenti.
La Contessa di Polignac si accorse di essere scrutata e, di rimando, prese a guardare Oscar. La bocca della nobildonna si assottigliò e gli occhi di lei divennero due fessure. Pochi istanti dopo, distolse lo sguardo e tornò a rivolgere l’attenzione al suo interlocutore.
Le Guardie Reali raggiunsero le scuderie, si misero in movimento verso la meta prevista e, dopo circa un’ora a cavallo, arrivarono nel punto che era stato loro indicato, mezzo miglio a nord ovest di La Verrière e iniziarono a perlustrare meticolosamente la zona. Oscar ne aveva fatto una questione personale e, questa volta, voleva a tutti i costi portare a casa il risultato. I minuti, però, passavano e dei due alti ufficiali e del loro aspirante assassino non vi era alcuna traccia. I minuti divennero mezz’ora e questa raddoppiò, evolvendo in un’ora intera, ma la campagna primaverile era ancora immersa in un’insopportabile calma antimeridiana.
D’un tratto, le Guardie udirono il suono di una veloce galoppata e si voltarono di scatto. Oscar si girò velocissima, impugnando la pistola, ma gli occhi di lei, nervosi e saettanti, null’altro videro che un maestoso cervo in corsa.
– Dannata spia! – si lasciò sfuggire la donna, gettando a terra la pistola, in un moto di stizza.
Le altre Guardie Reali la guardarono e si guardarono fra loro, coi volti stanchi e costernati mentre la tosse di Oscar risuonava per la campagna silente.
 
********
 
– E così, quel gentiluomo mi disse: “Signor Marchese, la Vostra mira è eccellente! Mi rincresce di averlo messo in dubbio e riconosco la sconfitta!” – declamò, con gioviale solennità, il quattordicenne Marchese de Saint Quentin, dalla piccola roccia sulla quale si era arrampicato.
– Camille, ti ho detto mille volte di non mentire! Quel tale non era affatto un gentiluomo, ti ha chiamato “Guglielmo Tell dei poveracci” e, quando hai centrato il bersaglio, ha fatto una smorfia e ha detto che eri stato fortunato! – lo rimproverò la sorella, con gli occhi divertiti e un fare falsamente severo.
– Sì, ma poi io ho ricentrato il bersaglio per altre tre volte e quello, seppure col mal di stomaco, ha pagato la scommessa! Non essere così pignola, Victoire: se non si abbellissero le gesta, nessuno scriverebbe poemi epici!
– Di questo dovresti parlare con Maurice Le Barde e non con me! – sorrise la sorella.
– Queste sono cose da uomini veri e non da poetastri! Mi sono esercitato indefessamente per ben due settimane al fine di prepararmi alla sfida…. Non è vero Conte di Lille? – domandò il ragazzo, rivolgendosi ad André – Il Conte di Lille mi ha allenato personalmente al tiro al bersaglio – aggiunse, poi, a beneficio degli altri presenti.
– Oh, sì, confermo ogni cosa! – si inserì André – Nell’uso delle armi, posso permettermi di dare qualche consiglio, avendo avuto una maestra eccellente!
Dopo l’invito a pranzo di novembre, André, non soltanto era sopravvissuto ai funghi, ma aveva anche stretto un solido legame d’amicizia con Mademoiselle Victoire Aurélie de Saint Quentin e col fratello di lei, l’adolescente Marchese Camille Alexandre. Quest’ultimo, in particolare, aveva concepito da subito una viva simpatia per André e, da sempre privo di una figura maschile di riferimento, si era legato fortemente a lui, cercando di moltiplicare le occasioni di incontro e prendendolo ad esempio praticamente su tutto. André, di rimando, si era affezionato al simpatico giovane e, ben conoscendo le difficoltà legate alla condizione di orfano, aveva tentato di sopperire alle mancanze del ragazzo, accogliendolo sotto la sua ala protettrice. Mademoiselle de Saint Quentin, a sua volta, sin dal primo incontro, era rimasta profondamente impressionata da André, dall’aspetto e dal carattere di lui, dall’innata eleganza, dalla fermezza d’animo che dimostrava, dalla severità dei costumi addolcita dalla modestia e dalla mitezza e dal fare paterno e paziente con cui si relazionava al fratello minore di lei. Aveva capito, però, che il passato di André ospitava più di un’ombra e che il cuore del giovane, pur essendo grande e generoso, non era affatto libero. Da donna intelligente e lungimirante, non si era proposta sfacciatamente né si era mostrata assillante, ma aveva continuato a frequentarlo in qualità di buona amica e di sorella di Camille Alexandre. André, dal canto suo, aveva intuito l’inclinazione della giovane donna per lui, l’ammirava sinceramente e, pur non sentendosi pronto a cancellare Oscar dal suo cuore, aveva intuito che la Marchesina Victoire Aurélie sarebbe stata un’ottima compagna di vita, se soltanto lui si fosse deciso a rompere col suo ingombrante e doloroso passato. Per tutti quei mesi, però, il passato era rimasto più vivo e presente che mai e André aveva vissuto il legame per ciò che realmente era: una grande e sincera amicizia.
In quella mattina di maggio, il trio di amici, al quale si erano aggiunti il Conte di Canterbury e Sir Percy, ospiti di André già da una settimana, si era recato a fare una passeggiata nelle campagne di Lille. Il sole brillava, la primavera aveva scacciato via i rigori dell’inverno e l’allegro gruppo passava il tempo spensierato e gioioso.
– Bene – sospirò, falsamente imbronciato, il ragazzo mentre saltava giù dalla roccia – Poiché a mia sorella le prodezze con la pistola non interessano, non mi resta che dedicarmi alla spada! – aggiunse, alzando la voce e accelerando il ritmo per sottolineare l’ultima parte della frase e, contemporaneamente, sguainando la lama.
En garde! – disse, poi, rivolto a Sir Percy.
Quest’ultimo incrociò la lama col ragazzo per un paio di minuti, trascorsi i quali, si portò teatralmente la mano al cuore, iniziò a gemere volgendo gli occhi al cielo, fece cadere la spada sul prato e si accasciò al suolo, simulando una ferita mortale.
– Bravissimo, giovane Marchese! – esclamò il Conte di Canterbury – Avete sconfitto il miglior spadaccino d’Inghilterra!
– Attento, Sir Percy – lo ammonì scherzosamente Mademoidelle de Saint Quentin – Mio fratello non vuole un compagno di giochi, ma di spada!
All’udire quella frase, gli occhi di André si velarono di tristezza e, per celare il suo nuovo stato d’animo agli altri, si allontanò di qualche passo dalla comitiva.
Dopo essersi appartato, l’uomo aggrottò la fronte, si portò una mano davanti alla bocca e iniziò a pensare. La Marchesina aveva molte delle qualità di Oscar senza i problemi che ne agitavano l’anima e, se soltanto Oscar non fosse esistita, la giovane Victoire Aurélie sarebbe stata un’ottima sposa per lui. Se soltanto Oscar non fosse esistita…. ma Oscar c’era, più viva e presente che mai, sebbene si trovasse a centinaia di miglia di distanza e lui era stato un folle soltanto a sperare di potersi sradicare quel sentimento dal cuore….
– Ho detto qualcosa che Vi ha rattristato, Conte di Lille? – chiese la giovane nobildonna, accostandosi a lui – Ridevate e scherzavate insieme a noi, ma Vi siete allontanato all’improvviso, dopo che io ho parlato….
– Oh, no, Mademoiselle, davvero! Voi dite sempre cose gentili…. Voi e Vostro fratello siete dei veri amici e un’ottima compagnia per quest’uomo solitario!
– Cosa spinge un uomo a essere solitario? – chiese lei, con un sorriso smorzato mentre abbassava lo sguardo.
– Non saprei…. – rispose André, con un filo di voce – Le circostanze? L’ostinazione?
– E cosa porta una donna a essere solitaria? …. Vi, prego, però, non ditemi le stesse cose….
– Essere diversa da tutte le altre donne? – rispose André, deglutendo, con un magone in gola e un pungolo nel cuore – Non volersi arrendere alla mediocrità e all’ipocrisia? Non cedere le armi di fronte al grigiore e alla pochezza di un mondo che inganna e divora chi lo abita?
– Sì…. – fece eco lei, con un tono divenuto anch’esso basso – Direi che questa descrizione si addice perfettamente a me…. e, ne sono certa, anche al Vostro perduto amore…. che, se la mia capacità di deduzione conta ancora qualcosa, dovrebbe essere la maestra d’armi….
Stettero in silenzio per alcuni istanti finché lei non riprese a parlare.
– Non temete, Conte di Lille, non voglio affatto sedurVi…. e come potrei….
Poi, con voce tornata di nuovo alta e gaia, gridò:
– Camille, scendi subito da quell’albero! Se cadi giù dal ramo, giuro che ti lascio lì! – e raggiunse di corsa il gruppo, lasciando da solo André.
 
********
 
Oscar era seduta alla scrivania del suo ufficio, intenta a stilare, con la mano stanca e il volto cupo, il resoconto della sfortunata missione di salvataggio dei due alti ufficiali. Stava scegliendo le parole e componendo le frasi, quando udì un lieve tocco alla porta. Appoggiatasi allo schienale imbottito della poltrona, ordinò al visitatore di entrare.
La porta si aprì e Oscar vide sua madre, col viso triste e pensieroso, in piedi sulla soglia. La Contessa era venuta a conoscenza del fallimento della missione mattutina e, sapendo quanto la figlia avesse risentito degli insuccessi che si erano susseguiti negli ultimi mesi, aveva deciso di farle visita.
– Buongiorno, Madre – la salutò Oscar, alzandosi in piedi – Vi prego, accomodateVi – aggiunse, poi, indicandole una sedia davanti alla scrivania.
– Ti ringrazio, Oscar – rispose la Signora – e buongiorno a te.
La nobildonna trovò la figlia, in apparenza, stoica e impassibile come sempre, ma non poté fare a meno di notare che delle profonde occhiaie le solcavano il volto, tradendone la stanchezza e rivelando, impietose, quanto sonno i pensieri le avessero rubato.
Dopo avere, in un primo momento, abbassato lo sguardo e stretto le labbra, Madame de Jarjayes si decise, infine, a guardare Oscar negli occhi e a rivolgerle la parola.
– Sono venuta a salutarti, Oscar, perché sto per andare a Meudon. La Regina ha deciso di recarsi in visita al Delfino e la Principessa di Lamballe ed io la accompagneremo. Non so per quanti giorni staremo via.
– Come sta il Delfino, Madre?
– Male, purtroppo, Oscar. I medici sono pessimisti, hanno detto che non c’è più niente da fare e dubitano che Sua Altezza possa sopravvivere oltre i primi giorni di giugno.
– Mi rincresce – disse laconicamente Oscar, sinceramente dispiaciuta per quel povero bambino di soli sette anni che pareva tanto maturo per la sua età e che, se soltanto fosse stato sano e forte, avrebbe costituito una solida garanzia per il futuro della Francia.
– Oscar, il convoglio reale non partirà prima di mezz’ora e vorrei approfittare di questo lasso di tempo per discorrere con te, se sei d’accordo.
– Sì, Madre.
– Ti vedo stanca e angustiata, Oscar e tutto ciò non va bene – sospirò l’anziana gentildonna, guardando la figlia che, a sua volta, la scrutava in silenzio, senza tradire la minima emozione – Dovresti riposare.
– Gli impegni, purtroppo, sono tanti, Madre e non mi danno tregua – rispose Oscar con voce atona – Ma Voi non dovete preoccuparVi per me. So fronteggiare i miei doveri – aggiunse, con tono più dolce.
– Non lo metto in dubbio, Oscar, ma tu dovresti, non soltanto riposarti, ma anche modificare il tuo stile di vita. Prendi troppo a cuore ciò che fai, non ti concedi mai degli svaghi, non distrai la mente e non hai interessi che vadano oltre la tua divisa e il tuo reggimento. Non potrai reggere a lungo, così.
– Madre, non angustiateVi, so quel che faccio.
– Ci sono passata con tuo padre, Oscar. La dedizione alla Corona e al Casato lo hanno, sotto molti aspetti, prosciugato.
– Non dovete temere per lui, Madre. Mio padre è un uomo molto forte.
– In apparenza, Oscar, in apparenza, ma io lo conosco bene e so che non è così…. Le preoccupazioni, le idee insistenti e divoranti, il terrore di non essere all’altezza, il rammarico per non avere fatto di più in questo o quel frangente e per le occasioni perdute….
– E per non avere dato un erede al Casato – la interruppe Oscar, concludendo la frase in base al suo pensiero.
– Oscar – la rassicurò la madre, impallidendo e riducendo la voce a un soffio – Tuo padre è estremamente fiero di te e ti ama tanto…. Non avrebbe potuto avere un erede migliore…. Hai fatto più del tuo dovere…. Non sfinirti nel tentativo di renderlo orgoglioso di te….
Deglutì per, poi, proseguire, con voce carica di commozione.
– Non è troppo tardi, Oscar. Prendi la vita con maggiore tranquillità e guardati intorno. Non esiste soltanto l’esercito. Non esiste soltanto tuo padre… Là fuori, c’è un mondo intero e…. ci sono persone meravigliose che ti amano oltre ogni dire….
– Madre, i diversivi sono per i deboli, per coloro che non hanno la tenuta emotiva per reggere l’ansia e l’angoscia mentre io sono un soldato – disse Oscar, rispondendo soltanto alla parte centrale del discorso della Contessa.
– I diversivi servono a tutti gli esseri umani, Oscar e tu non sei differente. Ti fa onore la tua costante voglia di migliorare, ma il perfezionismo a oltranza è un male, come tutti gli eccessi. Non sei mai soddisfatta di te stessa, nessun successo raggiunto placa la tua sete di eccellenza mentre i fallimenti ti prostrano oltre misura. Questa continua tensione emotiva ti consumerà. Sei pallida e non fai che tossire…. Se non troverai un punto di equilibrio e un po’ di pace interiore, finirai per ammalarti….
La Contessa guardava la figlia che, invece, aveva abbassato lo sguardo.
– Penserai che non ho alcun diritto di intromettermi e, forse, hai ragione, viste le mie assenze prolungate, ma…. non resistevo al senso di inadeguatezza che mi pervadeva…. non resistevo al rimorso per non averti adeguatamente protetta….
Oscar strinse le labbra e aggrottò la fronte, rimanendo muta e imperscrutabile come una sfinge.
– Non resistevo alla consapevolezza di essere di troppo nel rapporto chiuso ed esclusivo che si era instaurato fra te e tuo padre…. – continuò Madame de Jarjayes, con voce sempre più impercettibile.
– Madre, Voi non siete mai stata di troppo. Mio padre Vi ama infinitamente ed io Vi amo e Vi onoro – disse Oscar, con tono cupo.
– Oscar, tuo padre non è un dio né un mito…. Tu fai bene ad amarlo e a rivolgergli la tua devozione filiale, ma egli non è perfetto. E’ fallibile e limitato come chiunque…. Ha commesso degli errori enormi che hanno sconvolto le vite di tutti noi. Non annullarti per seguire l’esempio di lui…. Non appiattire la tua vita e le tue potenzialità nel tentativo di compiacerlo o, peggio, di assomigliargli…. Tu sei una persona meravigliosa così come sei…. E, soprattutto, lui non è l’uomo ideale…. Ce ne sono tanti in giro e…. Fuori di qui, c’è chi ti ama e ti accetta così come sei, senza pretendere che tu dia la vita per qualcuno o per qualcosa o che tu sacrifichi l’inimmaginabile in nome di…. non si sa che….
Oscar non fiatava, ma se ne stava muta, con gli occhi chiusi e i muscoli tesi, seduta su quella poltrona che pareva limitarla mentre lei avrebbe voluto saltare in groppa al suo cavallo e correre a rotta di collo per i campi, per sfogarsi e fare tacere i pensieri che le rimbombavano nel capo.
– Oscar, accettati per quella che sei, non fuggire sempre da te stessa e da chi ti vuole bene…. Perdona tuo padre…. Non è cattivo a ti ama tanto….. E, se ti è possibile, perdona anche me….
Riuscì a stento a terminare queste parole, prima di cedere al pianto.
– Madre, io…. – mormorò Oscar, porgendole un fazzoletto.
Madame de Jarjayes prese il fazzoletto e vi si asciugò gli occhi e le gote. Subito dopo, si udì bussare alla porta e, su invito di Oscar, una delle cameriere della madre entrò nella stanza, per avvertire la padrona che il convoglio reale era in procinto di partire per Meudon.
– Vengo subito – disse la Contessa, ricomponendosi e restituendo il fazzoletto alla figlia.
– Ti auguro ogni bene, Oscar e spero di rivederti al più presto.
Oscar salutò la madre, alzandosi in piedi e inchinandosi e la guardò sparire dietro la porta. Subito dopo, tornò a sedersi, appoggiò i gomiti sulla scrivania, si prese la testa fra le mani e rimase in quella posizione per un lasso di tempo indefinito, senza riuscire a lavorare né a pensare, ma guardando davanti a sé, confusa e scossa.
Dopo circa mezz’ora da quel commiato, Jean, l’attendente tredicenne di Oscar, si precipitò, senza bussare, nella stanza di lei, urlando concitato:
– Presto, Generale, dovete correre a Palazzo Jarjayes! Il Generale Vostro padre è stato ferito al torace, sul lungosenna, a un miglio da Parigi, mentre era in carrozza col Generale de Bouillé!
– Cosa?!?! – esclamò Oscar, quasi colpita da uno schiaffo in pieno viso – Jean, di’ al Colonnello de Girodel che sono tornata a casa e di assumere il comando in mia vece!
Non aveva ancora finito di parlare che si precipitò, come una furia, nelle scuderie mentre i passanti la guardavano stupefatti.
 
********
 
Stava salendo le scale a due a due, fuori di sé dall’angoscia e dalla disperazione, con gli occhi agghiacciati, i muscoli irrigiditi, il fiato rotto, divorata dal terrore di entrare nella stanza di suo padre e di trovarci dentro un cadavere.
Maledetta talpa e maledetta inettitudine nello scovarla! Questa volta, il sabotatore aveva colpito diritto al cuore! Con i fallimenti di cui si era macchiata, non soltanto era diventata la vergogna dell’esercito, ma era arrivata al punto di gettare nella tomba suo padre! Gran bella figlia! Che bravo soldato!
Entrò nell’anticamera della stanza di lui come un ciclone, spalancando le porte, senza guardarsi intorno, in preda a una furia allucinata. Un po’ per la concitazione e un po’ per la stanchezza, mise male un piede e cadde carponi a terra, col volto rigato dal pianto.
Dopo qualche attimo di smarrimento, percepì una presenza accanto a sé, alzò lievemente il capo e, attraverso le lacrime, vide una mano protesa verso di lei che le offriva un fazzoletto. Strinse forte gli occhi per fare scivolare via quella fastidiosa rugiada e, dopo averli riaperti, le apparvero ben nitidi i lineamenti del Conte di Compiègne.
L’enigmatico gentiluomo era meno controllato del solito. I muscoli irrigiditi del volto ne tradivano l’agitazione e lampi di fastidio sprizzavano da quegli occhi intelligenti e freddi. Oscar, in preda allo sgomento e alla frenesia, prese il fazzoletto, ringraziò macchinalmente l’uomo che glielo aveva porto e fece per alzarsi, al fine di accostarsi alla stanza paterna e di reperire preziose informazioni.
– La notizia del ferimento del Vostro eccellentissimo padre si è diffusa nella reggia con la velocità di un fulmine – disse il Conte di Compiègne, col tono di voce duro mentre aiutava Oscar a rialzarsi – E, data l’amicizia che ci lega, mi sono precipitato qui senza porre tempo in mezzo, per recarVi il mio ausilio, Madamigella Oscar.
– Conte, Vi ringrazio molto. Sapete come sta?
– Purtroppo no, Madamigella Oscar. Sono giunto qui pochi istanti prima di Voi – rispose lui, riacquistando, gradatamente, il controllo di sé e il fare suadente.
– Questa attesa è insopportabile….
– La cosa insopportabile è che certe bestie lordino, col loro sozzume, il suolo della nostra beneamata Francia.
– Padre! Padre! Mi sentite? – lo invocò, a voce alta, Oscar, nella speranza di essere udita dall’altro lato della porta.
– Di qualunque cosa abbiate bisogno, Madamigella Oscar, Vi offro i miei servigi – proseguì l’altro, col volto autocompiaciuto e lo sguardo carico di vanità.
Non aveva ancora finito di parlare quando Marie Grandier si affacciò sulla soglia.
– Madamigella Oscar, per fortuna siete qui! La ferita è soltanto superficiale! Vostro padre è fuori pericolo!
Oscar si precipitò nella stanza da letto del padre, lasciando il Conte di Compiègne alla venerazione di se stesso.
– Padre! Padre! Che vi hanno fatto?! Come state?!
– Non ti preoccupare, Oscar, è tutto sotto controllo, sto bene, è soltanto un graffio! – assicurò l’anziano Generale mentre la figlia lo guardava con le lacrime agli occhi.
– Temevo che foste morto….
– Non è facile sbarazzarsi del sottoscritto! Quel selvaggio allucinato, col volto allungato e i capelli al vento, voleva uccidere entrambi, sia me sia il Generale de Bouillé, ma, non appena ha rotto il vetro del finestrino e ha introdotto la testa nell’abitacolo della carrozza, io gli ho rifilato un bel pugno sul naso che se lo ricorderà per il resto della vita! Purtroppo, così facendo, è partito un colpo dalla pistola di lui e sono stato ferito di striscio. Il Generale de Bouillé, allora, gli ha dato uno spinta e quello è stato sbalzato giù dalla carrozza ed è caduto da cavallo. In questo modo, il cocchiere lo ha potuto seminare!
– Padre, ci penserò io ad arrestarlo!
– Oscar, io vorrei soltanto vederti sposata…
Il Conte di Compiègne li guardava dalla soglia della porta, con espressione indecifrabile.
D’un tratto, un valletto si precipitò nella stanza, trafelato e con gli occhi sgranati.
– Generale, Madamigella Oscar! E’ giunto un messo dalla reggia…. Théroigne de Méricourt è evasa dal carcere mezz’ora fa! – e cadde in ginocchio stremato.
   
 
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