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Autore: Angel_Strings    14/11/2018    1 recensioni
Due donne ma un solo segreto.
Due uomini ma una sola arma. 
Maledetti cuori
Maledetti destini
-//-
"Amore o solitudine?
Lui aveva scelto l’amore. Qualcosa per cui lottare e alimentare ogni giorno, aveva scelto la famiglia, che comportava il vivere non solo per se stesso, ma anche per il bene degli altri.
Io non avevo qualcuno per cui far battere il mio cuore, non avevo motivo di scegliere qualcosa che nessuno si era preso la briga di insegnarmi.
Non puoi fare del male se non conosci il bene. Privazione di privazione."
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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MALEDETTO CAMBIAMENTO
 

Il sole era calato da un bel po', e ancora quella stupida di Ha-Nun non era tornata. In quelle ore la mia mente aveva vagato così tanto che arrivai a pensare fosse stata rapita. Chissà fino a quali quartieri di Seoul si era spinta… scartai però subito l'opzione poiché, insomma, era praticamente impossibile che qualcuno ci riuscisse senza lasciarci le penne.
Voleva solo uscire, andarsene.
Era solita fare cose di quel tipo, era nella sua indole. Ogni tanto nei momenti di forte stress, quando il suo cervello formulava pensieri fastidiosi a raffica -cosa che ultimamente capitava molto spesso-, si staccava per un po' dal mondo. Era un ottimo modo per calmarsi, con lei funzionava alla grande. Io, invece, ero tutt'altra storia. Ci avevo provato più volte, ma finivo sempre con lo sbronzarmi a livelli schifosi e distruggere la prima cosa mi fosse capitata tra le mani accompagnando il tutto con urla e piagnistei.
Buffo come riuscissi a trasformarmi invece in una persona spietata e senza cuore durante il lavoro, quasi come se soffrissi di personalità multipla.
 
Tirai su il cappuccio della giacca, pronta per uscire a cercarla.
Erano passate troppe ore. 
Mi avvicinai alla porta, infilai le scarpe e afferrai la maniglia pronta ad uscire, quando un “Hei-Ran! Devo parlare immediatamente con qualcuno e quel qualcuno sei tu!” mi costrinse a fermarmi con un piede all’aria e scalzo.
«Idiota.» Sussurrai con un sorrisino sulle labbra.
Mi scollai di dosso giacca e scarpe, lei mi imitò e insieme ci dirigemmo al divano, sedendoci una accanto all'altra.
Avevo notato subito le lievi contusioni e il sangue sul viso e vestiti, ma lei non sembrava scossa, perciò pensai fosse la solita prassi. 
Difatti, come poco dopo mi spiegò, aveva incontrato l'agente V e beh, il resto era prevedibile.
 
Mi mancava quel ragazzo, davvero, uno dei migliori agenti. Diligente, ben addestrato, efficiente ed efficace. Guardai di sbieco Ha-Nun. Anche a lei mancava, sicuramente più di quanto ne sentissi io la nostalgia, ma decisi di non proferire parola a riguardo. 
«Quindi… ti sei rimessa in sesto? Ora stai bene?» Le chiesi con lieve apprensione nella voce, una volta che finì il suo racconto. 
Sospirò profondamente, chiuse gli occhi e si buttò sul divano.
Gli occhiali da vista poggiati sul suo piccolo naso alla greca erano lievemente appannati per il freddo, i lunghi capelli neri un disastro; per non parlare del viso, ancora più pallido del solito.
«Dovremmo accettare la missione. Ho bisogno di sapere e anche tu ne hai bisogno. So cosa ti passa per la testa.» Rispose infine con una voce quasi soave.
Inclinai lentamente la testa e aspettai di incrociare nuovamente il suo sguardo una volta riaperti quegli occhi che tanto usava come scudo per nascondersi dalla realtà.
«Lo so.»
 
Decidemmo di berci una birra per tentare di scacciare la negatività.
Un po' di spensieratezza ogni tanto ci voleva, ed era sempre bello passare il tempo a coccolarci reciprocamente. 
Ha-Nun alzò il viso in mia direzione e, con le lunghe dita affusolate, mi passò una mano tra i capelli, facendomi una lieve carezza.
La sua mano, però, si bloccò una volta arrivata circa a metà del percorso.
«Quando diavolo ti sei pettinata l'ultima volta?» Mi domandò sfacciatamente. 
Feci una smorfia. «Uno, è tutto il giorno che sono impegnata a capire dove ti trovassi, due, bella frase detta da una con un nido di uccelli in testa.» Risposi malignamente, per poi voltarmi fingendo di essere offesa. 
Iniziammo a ridere come due cretine e la serata proseguì con allegria. 
 
Verso mezzanotte il telefono squillò smorzando l’entusiasmo di colpo, e calò il silenzio. Ci fissammo con espressioni indecifrabili, poi mi alzai a rispondere.
«Allora? Avete deciso?» Gracchiò senza convenevoli una voce ormai conosciuta e fastidiosa.
«Buonasera anche a te,» cinguettai falsamente, «ad ogni modo, sì, l'abbiamo presa»
«Dunque?» Chiese sardonico.
«Che fretta c'è?» Lui voleva giocare al gioco di chi fosse più maleducato"? Perfetto, non avrei per nessuna ragione al mondo permesso che ne uscisse vincitore.
Il suo sbuffo mi fece capire di averlo sconfitto, perciò risposi con un flebile cenno di voce.
«Perfetto, domani allo stesso posto alle quattro. È arrivato il momento di presentarvi i clienti.» Quel bastardo riattaccò senza lasciarmi il tempo di rispondere.
Aggiornai subito dopo Ha-Nun ed entrambe decidemmo di mantenere la calma e andare a letto: era quasi l’una.
 
Dopo essermi fatta la doccia il mattino seguente, ammisi con tristezza che disfare i nodi nei miei capelli fu veramente un’impresa.
Infilai i jeans, degli anfibi, una felpa e una giacca lunga -tutto rigorosamente nero per non dare nell'occhio- e lasciai i miei capelli finalmente senza grovigli liberi di muoversi per l'intera lunghezza della mia schiena. Attesi mia sorella davanti alla porta e, vedendola, notai ridacchiando che il suo outfit era praticamente identico al mio. Tipico. 
 
Nessuna delle due spiaccicò parola durante il percorso, nemmeno una volta salite in macchina.
Parlammo solo con quel viscido di Sin Hyon-Su, che ci spiegò a grandi linee i tratti principali dei clienti. 
Uno degli uomini aveva 25 anni, l'altro 28, ed erano i punti di riferimento della T.&A.R., così preziosi da essere celati agli occhi di molti. A quanto diceva Sin Hyon-Su, non erano proprio puliti gli affari di cui si occupavano.
"Ed ecco svelato il mistero dei nemici. Che noia" Pensai.
«Possiamo sapere i loro nomi?» Chiese la mia gemella.
Sin Hyon-Su alzò lo sguardo e rispose distrattamente «Perché non lo chiedete agli interessati? Qualche minuto e farete la loro piacevole conoscenza.» A quel punto Ha-Nun mi sussurrò di non prenderlo per il collo.
 
La macchina si fermò davanti ad un grattacielo grigio, situato praticamente nel centro di Seoul.
L'enorme scritta T.&A.R. risplendeva attraendo a sé l’interesse di chiunque passasse in quella zona. Qualcuno ci aprì la portiera e noi tre uscimmo dall'auto. 
Dire che l'interno dell'edificio era moderno era di certo un eufemismo. Era tutto così liscio, lucente, minimal, zeppo ovviamente di ogni tipo di tecnologica all’avanguardia. Uno strano oggetto fatto forse di plastica catturò la mia attenzione e mi concentrai per cercare di capire se quel coso fosse un pc o una macchina per il caffè, quando fui strattonata da Sin Hyon-Su. «Di qua.» Disse in modo burbero conducendoci verso un ascensore.
Fece scorrere una tessera accanto ai numeri di quest’ultimo e si aprii uno scompartimento sulla parete laterale. A quel punto compose una serie di numeri e l'ascensore iniziò a muoversi. «Giusto, questo è il codice.» Bisbigliò porgendoci un biglietto che mi affrettai a mettere al sicuro. Ebbi comunque il tempo di leggere "2710**".
«Queste invece sono le vostre tessere.» Aggiunse porgendoci schedine magnetiche nere, uguali alla sua. Su di esse erano impressi i nostri nomi in caratteri argentati e la scritta T.&A.R. ovviamente dorata.
Dio, tutte quelle innovazioni mi stavano facendo venire mal di testa.
 
La mia mente, però, si soffermò su qualcosa di più importante che una emicrania. Sin Hyon-Su sembrava strano, parecchio.
Parlava poco e non aveva quella vena da viscido e antipatico che aveva avuto giusto qualche minuto prima... qualcosa non andava.
Il tempo in ascensore sembrò infinito, mi voltai per leggere il numero dei piani appena passati, quando ci fu un tonfo e notai l'uomo inginocchiato, che respirava affannosamente.
«Tutto bene?!» Strillammo all'unisono io e mia sorella.
«S-si.» Balbettò lui, con un velo di sudore in viso per poi rialzarsi all'istante. La mia ipotesi fu confermata. Avrei dovuto indagare.
Finalmente il viaggio nella scatola delle torture finì, e ad attenderci proprio lì davanti trovammo un uomo sulla trentina che si inchinò e ci intimò di seguirlo. 
La stanza in cui ci fece accomodare era piena di computer, monitor e tablet.
Notai anche una lavagna e degli schedari. In fondo alla stanza, semi nascosta da altri computer, una porta. Strano.
 
Avrei voluto chiedere come mai ci fosse un fottutissimo ingresso dentro una fottutissima stanza, ma lo sbattere della porta da cui eravamo entrate fece voltare tutti di scatto, e le mie iridi si posarono finalmente su coloro che avremmo dovuto proteggere per i prossimi mesi. 
L'uomo a sinistra era alto, magro, pallido ma non troppo, capelli neri come la pece. Il suo viso esprimeva un non so che di rassicurante, forse per via degli occhi dolci e freddi al contempo. O per quei lineamenti perfetti.
Quello a destra invece era meno alto, più magro del primo, con una chioma biondissima. Era più inespressivo, e se lo sguardo del primo pareva freddo… il suo era glaciale. Avevano entrambi un finto sorriso stampato sulla faccia che, però, ci mise poco a scomparire.
Un occhio meno critico li avrebbe probabilmente definiti “belli da togliere il fiato”, ma era davvero irrilevante per i miei scopi.
Sentii Ha-Nun irrigidirsi e spalancare la bocca, sconcertata.
 
«TU?» Urlarono all’unisono lei e quel Jungkook.
Che diavolo? «Voi due vi conoscete?» Esclamai esterrefatta.
«No!»
«Sì.» Sogghignò il ragazzo. Ha-Nun puntò il dito in sua direzione, furiosa.
«Non finisce qui, moretto.»
«Sto tremando dalla p-»
«Siamo o non siamo qui per il lavoro? Non me ne frega un cazzo se conosci mia sorella o no, sta’ lontano da lei.»  Interruppi quel battibecco. Il ragazzo spostò la sua attenzione su di me, lo sguardo era tutt’altro che rassicurante. Per un attimo mi sentii bruciare la pelle.
 
Ci fu qualche secondo di silenzio e tensione scambiata dai nostri reciproci sguardi, finché il ragazzo si schiarì la gola e riprese a parlare. «Sono Jeon Jungkook. Lui è Min Yoongi. Penso vi abbiano già spiegato a grandi linee i vostri compiti. Avremo bisogno di voi ventiquattro ore su ventiquattro. In. Qualunque. Momento.» Scandì l’ultima frase. Nelle sue parole c'era qualcosa di strano.
«Non vedo come due esseri così minuscoli possano proteggerci.» Disse invece il biondo, scrutandoci dall’alto al basso, al CEO.
Il moro sembrò soddisfatto, come se gli avessero tolto un peso. Probabilmente si chiedeva la stessa cosa.
 
"Ma guarda questi due piccoli bastardi" pensai automaticamente e ebbi la certezza che la mente di mia sorella formulò lo stesso pensiero quando la vidi incrociare le braccia al petto.
«Posso farvi vedere.» Iniziai a sibilare furiosamente.
«Non vi conviene farvela nemica, è tough cookie*.» Li beffeggiò Ha-Nun. A quel punto si intromise Sin Hyon-Su.
«Sono le migliori in circolazione. Non ho avuto modo di farvi leggere il loro curriculum perché ho dovuto fare tutto in fretta e furia, ma è un miracolo che abbiano accettato un caso così poco rilevante rispetto alle loro solite mansioni. Ve li lascio qui.» E, dopo aver tirato fuori una cartelletta dalla sua ventiquattrore, la posò sulla scrivania più vicina. 
Così accondiscendente.
«Ora vi lascio alle presentazioni.» Concluse poi, abbandonandoci.
Fantastico.


N.D.A 

 
Ciao a tutti, è F. che parla!
Innanzitutto chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione del capitolo, purtroppo sono stata ammalata e ho avuto molti impegni.
Non vi preoccupate, però, ci faremo assolutamente perdonare, e il primo passo è questo aggiornamento di metà settimana per evitare di saltare una pubblicazione (ovviamente anche per implorare il vostro perdono). 

Per quanto riguarda il capitolo, sono felicissima che finalmente siamo arrivati al dunque.
Una svolta. Cosa succederà ora? Chi lo sa. Beh, noi lo sappiamo :') e lo scoprirete anche voi! * Tough Cookie, nello slang, vuol dire letteralmente "tipo tosto". In questo caso Ha-Nun lo usa appunto per mettere in guardia i ragazzi sulla forza e caparbietà della sorella. ****Zico sempre presente nei nostri cuori***
Grazie mille per il supporto che ci date, buona notte e al prossimo capitolo!


 
  
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