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Autore: blackjessamine    16/11/2018    6 recensioni
Dudley Dursley non si è mai ritenuto un uomo particolarmente intelligente, ma quando si ritrova legato come un salame in quella che è evidentemente una stanza per gli interrogatori, si rende conto che qualcosa, nel suo piano, deve essere andato storto. Soprattutto perché le stelle dipinte sul soffitto sembrano pulsare e risplendere di luce propria, e i suoi aguzzini attraversano indenni fiamme violette.
A trentacinque anni, Dudley Dursley non è un uomo particolarmente intelligente, ma non è nemmeno il ragazzino arrogante e viziato che per anni aveva chiuso gli occhi davanti alle ingiustizie perpetrate sotto il suo stesso tetto.
Dopo dieci anni di vita perfettamente normale, e tante grazie, Dudley Dursley non avrebbe mai pensato di dover affrontare di nuovo quelle persone armate di bacchette e parole buffe, ma sembra che la vita gli abbia giocato un meschino scherzo del destino, costringendolo ad affrontare i suoi rimorsi e i silenzi che minacciano di soffocare la sua coscienza.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dudley Dursley, Ginny Weasley, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Quando il mondo smise di girare, Dudley temette di aver sbagliato ogni cosa.
Riuscì ad emergere dal camino senza cadere, pur non riuscendo ad evitare un goffo barcollo, ma appena la sua testa smise di vorticare furiosamente si ritrovò faccia a faccia con una donna sconosciuta sprofondata in una comoda poltrona. Era una donna alta, con lunghe treccine scure che le scendevano lungo i fianchi, ed era talmente impegnata ad allattare un fagottino avvolto in una tutina verde prato da cui sbucava solo un minuscolo ciuffo di capelli rossi che a malapena degno Dudley di uno sguardo.
Solo quando si guardò attorno Dudley riconobbe la stanza dall'aria accogliente in cui era già stato una volta: il vecchio divano sfondato, l'orologio dalle mille lancette, un tavolino ricoperto di fogli, gomitoli di lana, piatti ricolmi di pasticcini e un grasso gatto dal pelo ispido.
“Ehm... salve, io...”
Dudley non riuscì a finire la frase, perché la porta del salottino si spalancò di colpo, rivelando i visetti di tre bambini: il più vicino aveva la pelle di un bel color caffelatte e un viso dagli occhi vispi sormontato da una zazzera di capelli rossi che avevano tutta l'aria di non vedere un pettine da settimane. Non poteva avere più di cinque o sei anni, e teneva per mano una bimba di un paio d'anni, il viso chiaro tempestato da una scia densissima di lentiggini e sormontato da due buffi codini di capelli, ça va sans dire, rossi. Dietro di loro c'era una bambina alta, dall'aria seria e un po' irritata, che litigava con un elastico colorato e una massa di crespi capelli bruni.
“Mamma, la nonna dice che lo zio Harry torna tra poco, possiamo stare qui a guardare?” esclamò il bambino, correndo verso la donna sprofondata in poltrona.
“Non è educato spiare, Freddie!” intervenne la bambina più alta, incrociando le braccia al petto e lanciando uno sguardo di superiorità al bambino.
Il fagottino stretto fra le braccia della donna protestò per l'improvvisa invasione della sua quiete con un vagito acuto, e la donna sospirò, lanciando un'occhiata mezza disperata e mezza divertita a Dudley.
“Rose, per favore, porta fuori Freddie e Lucy. Il signor Dudley è già arrivato, vedrete che fra un attimo arriverà anche lo zio Harry e vi presenterà tutti...”
La bambina alta prese risolutamente in braccio la bimba più piccola e marciò fuori dalla stanza, ma il bambino, Freddie, rimase immobile al suo posto.
Prima che sua madre o Dudley avessero il tempo di dire qualche cosa, il bambino attraversò baldanzosamente la stanza, fissò intensamente Dudley con la testa chinata di lato, con fare esperto, e alla fine asserì, alzando appena la voce per coprire i vagiti del neonato:
“Il mio papà una volta ti ha dato una delle sue caramelle Mou Mollelingua. Le vende ancora, ma a me piacciono di più le Gomme Tutti-i-Versi. La mamma dice che Roxie è ancora troppo piccola per mangiarle, ma visto quanto strilla, magari sarebbe meglio, no? Insomma, preferirei una sorella che fa il verso dell'elefante, che lei, però...”
“Freddie, amore mio, puoi calmarti un secondo?” domandò stancamente la donna, che nel frattempo era miracolosamente riuscita a far calmare quella che Dudley supponeva fosse Roxie. Il bambino sbuffò, ed era chiaro che stava per protestare e aggiungere qualcosa, quando le fiamme del camino si illuminarono di nuovo di verde, rivelando una trafelata Norah, che stringeva Rachel fra le braccia. La bambina era abbarbicata alla sua mamma con tutte le sue forze, e aveva il viso rigato di lacrime.
“Su, tesoro, dai, è finito! Non è stato poi così brutto, no?”
Norah cercò di calmare Rachel, che però sembrava del tutto intenzionata a restare aggrappata alle braccia della donna.
Cullando la bambina, Norah gettò uno sguardo carico di scuse all'indirizzo della donna seduta in poltrona, che si limitò a sorridere con fare comprensivo.
Alla fine, Dudley e Norah riuscirono a calmare Rachel giusto in tempo per vedere comparire fra le fiamme del camino Harry. Vedendo il viso rigato di lacrime della bambina, Harry sorrise in maniera impacciata e vagamente colpevole:
“Ehm, mi dispiace... se non si è abituati, le prime volte può essere un po' spiacevole, ma vi assicuro che la Materializzazione Congiunta è peggio.”
Norah annuì, e Dudley decise di fingere di aver capito benissimo ciò di cui stavano parlando.
Harry poi si fece avanti e, come se volesse cercare di stemperare la tensione, disse:
“Be', comunque, benvenuti. Loro sono mia cognata Angelina e Roxie, l'ultima arrivata in famiglia... e lui è Freddie, naturalmente. Credo che Lily sia già in giardino, aspettate, vado a chiamarla...”
Freddie, che nel frattempo non aveva smesso un secondo di osservare i nuovi arrivati, si fece avanti, indicando Rachel:
“Zio, ma è vero che lei è una strega? Il nonno ha detto di non fare il maleducato, ma io voglio solo sapere che cosa possiamo dire davanti a lei, perché...”
“Fred!”
“Perché io non ho mai parlato con un babbano, a parte zia Audrey, che però ha sposato un mago, quindi non vale proprio come una vera babbana.”
Il bambino aveva completamente ignorato il richiamo di sua madre, e aveva concluso la sua arringa con un sorriso smagliante che sembrava promettere soltanto guai.
Harry lanciò a Dudley e Norah uno sguardo un po' smarrito, ma prima che lui avesse il tempo di aprire la bocca e rispondere al fiume di domande di quel bambino, sorprendentemente, fu la vocina di Rachel a riempire la stanza.
“Sì che sono una strega, ma lo so solo da pochi giorni.”
Freddie, a quelle parole, si aprì in un sorriso ancora più entusiasta.
“Allora devi venire, Hugo e Louis stanno giocando a Gobbiglie, ti possono insegnare!”
Prima che qualcuno avesse il tempo di replicare, Freddie aveva afferrato una mano di Rachel, e, correndo, l'aveva trascinata fuori dalla stanza.
La bambina lo aveva seguito senza voltarsi indietro.

A Dudley pareva di essersi trasformato in un goffo pesce rosso, ma da quando Harry aveva fatto strada, accompagnando lui e Norah fuori da quella buffa casa e attraverso l'ampio giardino, non era più stato in grado di richiudere la bocca.
Forse il suo stupore era originato dall'enorme tavolo che campeggiava al centro del giardino, un tavolo lungo abbastanza da ospitare almeno un paio di classi di una scuola elementare, ricoperto da una tovaglia blu trapuntata di stelle e pianeti che lentamente si muovevano. Oppure il suo stupore era dovuto all'enorme striscione colorato, su cui spiccava la scritta “Buon compleanno, Lily!” che fluttuava apparentemente privo di sostegno sopra il grande tavolo. Oppure, di nuovo, la sua bocca non riusciva a richiudersi perché, a qualche metro dalla tavolata, un gruppetto di ragazzini stava volteggiando piano in sella a delle scope volanti. O, molto più semplicemente, in quel giardino c'era una tale concentrazione di uomini e bambini dai capelli rossi che Dudley per un attimo ebbe l'impressione che il prato stesse andando a fuoco.
Dudley riusciva a vedere Rachel: poco distante da loro, i bambini più piccoli erano disposti a semicerchio attorno a una Lily raggiante, che parlava ad alta voce e gesticolava come se fosse un generale pronto a dare disposizione alla sua armata. Rachel era ancora accanto a Freddie, che continuava a bisbigliarle qualcosa all'orecchio, e lei ridacchiava tranquilla. Non c'era traccia del disagio che di solito la isolava, quando si trovava in compagnia di altri bambini che conosceva poco. Un paio di volte lo sguardo di Rachel aveva incrociato quello dei suoi genitori, e Dudley, che di solito era attentissimo e pronto ad intervenire ad ogni segnale di disagio della piccola, non scorse mai alcuna implicita richiesta di aiuto in quello sguardo, ma solo tanta gioia e stupore.
Dudley non aveva ancora avuto nemmeno il tempo di assaggiare uno di quegli invitantissimi pasticcini che gli riempivano il piatto che già aveva dimenticato chi fosse Percy e chi Hermione: sapeva solo di aver rivisto l'uomo dal naso lungo che qualche mese prima lo aveva arrestato, e di aver ricevuto da lui uno sguardo diffidente. Era anche certo che Ginny Potter, la moglie di Harry - la riconosceva perché era identica a Lily - fosse stata piuttosto fredda, quando gli aveva stritolato la mano, ma ben presto Norah aveva compiuto uno dei suoi miracoli, si era seduta accanto alla donna e l'aveva coinvolta in una conversazione che presto le aveva portate a ridere assieme.
Prima che potesse cercare di ambientarsi meglio, comunque, a Dudley fu risparmiato ogni tentativo di far conversazione: un uomo alto, dagli spessi occhiali e con pochi capelli candidi in testa lo aveva inchiodato al suo posto, sottoponendolo ad una sorta di folle interrogatorio sul funzionamento del motore dei motoschifi.

Il pomeriggio sembrò scivolare tra le dita di Dudley come una sorta di sogno confuso: Norah, accanto a lui, chiacchierava con aria nostalgica di cose che lui a malapena conosceva, e i suoi occhi brillavano di una luce tutta nuova.
Rachel sembrava essersi perfettamente inserita nei giochi dei bambini: Dudley, con il cuore pieno di gioia, l'aveva vista correre da una parte all'altra dei giardino, sempre tallonata da quel bimbetto dai capelli rossi che non la lasciava sola un secondo.
Dudley, dal canto suo, se ne stava un po' in disparte, partecipava alle conversazioni solamente con goffi cenni del capo e con disarticolati versi di sgomento. L'imbarazzo che lo aveva tenuto lontano da gran parte della famiglia di Harry, tuttavia, prese lentamente a scemare: era impossibile stare seduti a quella tavola, rimpinzarsi del cibo delizioso - a quanto pareva, tutto preparato dalla formidabile suocera di Harry, che pareva avere l'energia di quattro ventenni - e non ritrovarsi ad ascoltare con gli occhi spalancati di meraviglia i discorsi di quegli uomini.
“Draghi... veri draghi? Che sputano fuoco?
Dudley doveva apparire decisamente idiota, ma quando l'uomo robusto di fronte a lui aveva scosso le spalle e affermato che quella brutta bruciatura sulla sua mano era dovuta a qualcosa come un Panciasquamata Ucraino, il contenuto del bicchiere che aveva fra le mani si era rovesciato sulla tovaglia.
“Sputano fuoco, certo. Alcuni emettono anche vapore velenoso, ma...”
Dudley ne aveva abbastanza: l'unico drago a cui avrebbe potuto pensare di avvicinarsi senza svenire era il peluches di Sdentato che Rachel teneva sul letto, mai avrebbe pensato che da qualche parte nel mondo esistessero draghi veri. E che qualcuno volesse averci a che fare per lavoro, per di più!
Il bicchiere di Dudley si rovesciò di nuovo quando si ritrovò a stringere la mano di una donna dai lunghi capelli argentei e dal viso semplicemente perfetto. Mai, mai in tutta la sua vita Dudley aveva posato gli occhi su qualcosa di così... così... no, non avrebbe mai trovato un aggettivo adatto per descriverla. La donna lo degnò a malapena di uno sguardo, prima di dirigersi con passo da ballerina verso un bambino biondo tutto coperto di una strana sostanza gelatinosa, borbottando qualcosa a proposito di “quei maledetti Tiri Vispi”. Probabilmente, Dudley sarebbe rimasto a bocca aperta a fissare l'ondeggiare di quella chioma lucente per tutto il pomeriggio, se solo Norah non gli avesse conficcato il suo gomito sottile fra le costole.
“La mamma fa sempre quell'effetto, le prime volte” mormorò con tono apatico quella che Dudley riconobbe come Victoire, la maggiore delle due sorelle bionde che aveva conosciuto la prima volta che era stato alla Tana.
Dudley non si era nemmeno accorto che lei e Teddy, il figlioccio di Harry, avevano preso posto di fronte a lui e Norah.
“Non sia gelosa, è solo il suo sangue Veela che fa perdere un po' la testa agli uomini.”
Norah, a queste parole, quasi soffocò nel suo succo di zucca, e tossendo e sputacchiando cercò di rassicurare tutti che lei non era gelosa, no no, proprio per niente. Victoire annuì distrattamente, ma in quel momento il cuore di Dudley era troppo impegnato a fare immense capriole per preoccuparsi di qualsiasi cosa: possibile che quella gomitata non significasse solo “smettila di fare la figura del maiale senza cervello?”
Ogni sua elucubrazione, comunque, fu interrotta da Norah, che si rivolse con fare deciso verso Teddy, chiedendo:
“Allora, ehm, Harry mi ha detto che ti sei appena diplomato a pieni voti. Hai già idea di cosa fare dopo la scuola?”
Questa, però, non doveva essere stata la domanda più adatta, perché i capelli color melanzana del ragazzo si fecero ancora più cupi, e lui mugugnò solo un mogio “ci sto ancora pensando.”
Jamie, il figlio maggiore di Harry, si infilò fra Teddy e Victoire e disse, ridacchiando:
“Teddy doveva fare un viaggio con la sua fidanzata, ma lei lo ha lasciato!”
I capelli di Teddy ormai erano di un nero cupo, ma Dudley rimase quasi ipnotizzato a fissare una spirale di colore nero avvolgersi attorno al polso destro del ragazzo in spire sempre più fitte, creando ghirigori appuntiti e dall'aria minacciosa. Oh, cielo, non solo i suoi capelli cambiavano colore, ma anche i suoi tatuaggi cambiavano forma!
Cercando di uscire da quella situazione imbarazzante, Norah si rivolse a Victoire, che invece sembrava un po' annoiata, ma tutto sommato felice:
“E tu invece a che anno sei?”
Di nuovo, fu Jamie a rispondere per lei:
“Ha finito il quinto. Ha preso un sacco di G.U.F.O., ma dice che vuole andare a finire la scuola a Beauxbatons” pronunciò quest'ultima parola con fare canzonatorio, guardando il cielo con aria disgustata, prima di proseguire: “I suoi genitori non vogliono, e quindi continuano a litigare, e lei è stata così scema da farsi un piercing al naso proprio quando voleva convincerli a...”
“Taci, Jamie, o dico a tua mamma che sei stato tu a trasfigurare il ripieno del tacchino, tre settimane fa!”
La minaccia negli occhi di Victoire era così evidente che Jamie smise subito di parlare, ma quando la ragazza gli voltò di nuovo le spalle, Dudley poté vederlo farle la linguaccia, e sibilare:
“Dovevi finirci pure tu, a Serpeverde!”
In quel momento Lily, Rachel, Freddie e il ragazzino biondo si erano avvicinati al tavolo in cerca di qualche altro dolcetto, e Freddie, lanciando un'occhiata sorpresa a Rachel, si arrestò con la mano a mezz'aria, esclamando:
“Non te l'ho ancora chiesto! Qual è la tua Casa preferita?”
Rachel, un po' incerta, lanciò uno sguardo confuso a Dudley, che non poté fare altro che risponderle con un'alzata di spalle. Casa preferita? Forse Freddie sapeva che la bambina viveva con sua madre, ma che ogni tanto passava il weekend da lui...
“Non ci siamo ancora arrivati, a quello” spiegò Norah con aria paziente, e Dudley intuì che, come al solito, lui non aveva capito niente.
Lily, che indossava una corona di fiori tutta sghemba in cima alla testa, si illuminò tutta, e iniziò a spiegare:
“A Hogwarts ci sono quattro Case, e il primo giorno ti dicono in quale sei, e così puoi stare tutto il tempo con i tuoi compagni e guadagnare punti per vincere la Coppa, e se sei bravo anche giocare nella tua squadra di Quidditch.”
Rachel non sembrava molto convinta da questa spiegazione, e così Jamie, che evidentemente godeva come un matto della sua posizione privilegiata da figlio maggiore e dunque massimo esperto di Hogwarts, aggiunse:
“Allora, innanzitutto c'è Grifondoro, che è la mia casa ed è la migliore, perché quasi tutti in famiglia sono Grifondoro, e per entrare lì bisogna essere coraggiosissimi!”
Quasi tutti i bambini annuirono, e Freddie aggiunse:
“Speriamo che sei una Grifondoro anche tu, perché la mia mamma dice sempre che io sono come il papà, e quindi diventerò sicuramente Grifondoro, e sarebbe bello se siamo nella stessa casa.”
“Si dice se fossimo...” provò a suggerire Victoire, ma Freddie nemmeno l'ascoltò.
Rachel si voltò un po' incerta verso Norah, e balbettò:
“Io mi sa che non sono molto coraggiosa.”
“Sciocchezze!” intervenne brusco Dudley, ma Teddy, gentilmente, suggerì:
“Mica c'è solo Grifondoro. E poi, i Weasley da soli sono abbastanza per riempire tutta la loro Sala Comune, ci vuole qualcuno di in gamba anche per le altre Case.”
Il bambino biondo annuì, e aggiunse, orgoglioso:
“Infatti mia sorella Dominique è Serpeverde.”
“Ed è anche lei una stronza...”
Sibilò Jamie, massaggiandosi un brutto livido sul'avambraccio e guadagnandosi un'ennesima occhiataccia da parte di Victoire.
“Mia nonna è Serpeverde, ed è una persona bravissima” intervenne pacato Teddy, come se questo sistemasse la questione. Jamie si affrettò a scusarsi, e a dire che era solo Dominique ad essere stronza, non tutti i Serpeverde.
“E comunque” continuò Teddy “effettivamente in famiglia i Serpeverde sono pochi. Non sarebbe male averne un altro per riequilibrare un po' le cose.”
Lily si rabbuiò, e borbottò:
“Allora, se dobbiamo fare i conti, sarebbe meglio che Rachel fosse una Corvonero. Non ne abbiamo nemmeno uno in famiglia.”
Il ragazzino biondo, però, incrociò con sufficienza le braccia al petto, sbottando:
Io diventerò un Corvonero, e poi non è vero che non ne abbiamo nessuno, c'è Alhena!”
“Aspetta e spera!” ridacchiò Lily, sprezzante “i Corvonero sono troppo intelligenti per te, Louis. E poi, Alhena è simpatica, ma non fa proprio parte della famiglia, non vive nemmeno in Inghilterra!”
Louis sbuffò, e aggiunse che Alhena era madrina di Dominique, quindi faceva parte della famiglia, eccome.
Rachel, però, si era rivolta a Norah, e aveva bisbigliato, a voce bassa:
“Mamma? In che Casa erano il nonno e lo zio Kevin?”
Norah sorrise dolcemente, sistemando una mollettina rosa fra i capelli di Rachel.
“Tu somigli molto a tutti e due, quindi, se posso fare un azzardo, scommetto che seguirai le loro orme, e sarai una bellissima Tassorosso, paziente e leale.”
La risposta parve soddisfare Rachel, ma di certo rese molto felice Teddy, che fece alla piccola un sorriso smagliante, e strizzandole l'occhio, sussurrò:
“Non per vantarmi, ma noi Tassorosso, sotto sotto, siamo i migliori.”
I suoi capelli avevano assunto una tinta a dir poco assurda, mentre diceva queste parole: la metà di destra era rimasta di un lucido nero corvino, mentre quella sinistra era diventata un acceso giallo canarino.


Il pomeriggio trascorse fra risate e chiacchiere senza fine, mentre i bambini giocavano e si rincorrevano - fu con immenso sollievo di Dudley che Rachel, seppur chiaramente affascinata, rifiutò di salire in sella alla scopa volante che Freddie le aveva offerto.
Lily aprì i suoi regali fra cori di risa e vocine acute che chiedevano di poter giocare assieme a lei, e la serata si concluse con uno spettacolo pirotecnico a dir poco affascinante, messo in piedi dal padre di Freddie e di Roxanne. I fuochi erano silenziosissimi e colorati, in grado di assumere forme estremamente realistiche e di coordinarsi in coreografie aggraziate e degne di un balletto classico. Il culmine venne raggiunto nell'enorme cascata di gigli bianchi e luminosi che, cadendo a terra, si trasformarono in veri fiori che Lily andò ad aggiungere alla sua sgangherata coroncina.
Quando ormai i bambini più grandi si erano ritirati in un angolo del cortile a chiacchierare svogliatamente, mentre i più piccoli sedevano assonnati fra le braccia dei loro genitori, Dudley, improvvisamente, sentì di aver bisogno di parlare con Harry.
Un po' goffamente, lasciò Rachel alle braccia di Norah, che nel frattempo era immersa in una fitta conversazione piena di risate con Ginny, e, con un po' di imbarazzo, attirò Harry lontano dalla folla chiassosa di parenti.
Harry sembrava anche lui percepire l'imbarazzo di Dudley, tanto che i due cugini camminarono a lungo in silenzio, costeggiando un filare di strani alberi carichi di enormi frutti violacei e dal profumo paradisiaco.
“Harry... io credo di doverti ringraziare.”
Harry, i capelli scuri più spettinati che mai dopo aver accettato - e perso per pochissimo - la sfida del maggiore dei suoi figli a una gara di velocità in sella ai manici di scopa, si strinse appena nelle spalle.
“Grazie a te. Rachel piace davvero a Lily, e credo che mia figlia ci sarebbe davvero rimasta male se oggi non foste venuti.”
Dudley aveva intuito che Harry stava cercando di svicolare da qualsiasi conversazione imbarazzante, ma lui non aveva intenzione di mollare. Non era bravo con le parole, ma c'era qualcosa di importante che doveva dire, e lo doveva fare ora.
“No, dico davvero. Tu... lo so che è stato difficile. E che probabilmente non saremo mai grandi amici, e... insomma, sono ripiombato nella tua vita solo perché avevo bisogno di aiuto, però sono... sì, sono contento che sia successo.”
Harry si fermò accanto a un vecchio capanno degli attrezzi che sembrava pendere pericolosamente di lato.
“Tua figlia è davvero una creatura straordinaria, Big-D. Non avrei mai pensato di sentirti parlare così, e invece, grazie a lei, mi ritrovo ad essere quasi felice di averti invitato ad una festa nella mia famiglia.”
Dudley era contento che l'ombra degli alberi impedisse loro di guardarsi in faccia, perché era molto più facile cercare di dire certe cose ad un'ombra priva di consistenza davanti a lui, piuttosto che a quegli occhi che conosceva tanto bene, e che per tanti anni aveva evitato.
“Lo è. Senza Rachel e Norah, ho paura che sarei diventato davvero come i miei genitori... e mi dispiace. Io... in questi mesi mi sembra di essere passato attraverso un incubo, solo per capire che in realtà si tratta di un sogno assurdo. Assurdo, ma bellissimo.”
Harry ridacchiò, ma non interruppe Dudley, che fece un profondo respiro, prima di proseguire:
“Lo so che la tua famiglia mi conosceva, e so che non dev'essere stato facile, per loro, accettare che io venissi qui e sedessi alla loro tavola... però siete stati tutti fantastici con Rachel e Norah, e anche con me. Ero terrorizzato da questa giornata, e invece ora quasi mi dispiace che sia finita.”
Harry sospirò piano, lasciando che quelle parole si depositassero tra di loro, affondassero le loro radici e rendessero evidente tutto quello che, in fondo, nessuno dei due avrebbe mai detto ad alta voce.
Alla fine Harry, fingendo disinvoltura, sussurrò:
“Per essere un Dursley, non te la sei cavata male. Sono... sono contento di non dover più pensare a te solo come il più grande idiota del pianeta, sai?”

 
***

Norah spense piano la luce della camera di Rachel, poi si voltò verso Dudley, e sorrise.
“Sono esausta”, sussurrò.
Dudley, massaggiandosi rumorosamente il lato destro del volto, mugugnò:
“A chi lo dici... detesto questa cosa dell'usare i camini per viaggiare.”
Quando era stato il momento di tornare a Londra, Rachel si era risvegliata giusto in tempo per protestare vigorosamente davanti all'idea di essere gettata nuovamente fra le fiamme di un camino. Non aveva pianto, questa volta, ma Dudley e Norah ci avevano messo almeno un quarto d'ora a convincere la piccola a fidarsi di loro e dargli la mano per entrare nel camino della signora Weasley, e ci erano riusciti solo quando Freddie l'aveva rassicurata che anche sua cugina Molly da piccola aveva paura, ma che poi aveva imparato a usare la Metropolvere senza problemi.
Durante il viaggio in metropolitana la bambina si era addormentata di nuovo, e Dudley aveva dovuto portarla in braccio su per ben tre lunghissime rampe di scale, a causa di un ascensore fuori servizio.
Norah si fermò davanti alla ricca libreria del suo salotto, sistemò con cura il cappellino firmato da Ginny Potter accanto a un disegno fatto qualche giorno prima da Rachel per ringraziare lo zio Kevin dei libri che le aveva spedito, e sbadigliò rumorosamente.
“Oddio, non ricordavo quanto potesse essere stancante stare a contatto con gente armata di bacchetta... sono più rumorosi di quanto ricordassi.”
Dudley, contagiato dallo sbadiglio di Norah, non riuscì a trattenere a sua volta uno sbadiglio che rischiò di dislocargli la mascella. Norah scoppiò a ridere, interrompendosi subito a causa di un altro sbadiglio.
“Ferma, ti prego, o non la smetteremo più...” biascicò Dudley, cercando di reprimere l'istinto di imitarla di nuovo.
Alla fine, Norah si calmò, fissò il suo intenso sguardo su Dudley, e sussurrò:
“Forse è meglio che tu non torni fino a Salisbury... vuoi fermarti qui?”
Il cuore di Dudley si esibì in uno straordinario esercizio di percussioni, agitandosi nel suo petto pieno di gioia.
“Be', credo che il tuo divano potrebbe dare il colpo di grazia alla mia schiena, ma non sono sicuro di avere la forza di guidare di nuovo per un'ora e mezza...”
Norah lo fissò ancora più intensamente, scostandosi un ricciolo ribelle dalla fronte.
Lentamente, senza mai staccargli gli occhi di dosso, la donna sussurrò:
“Allora forse è meglio che tu ti fermi qui, ma non sul mio divano.”
La sua voce era stata solo un sussurro, ma a Dudley parve come un grido. Un disperato, meraviglioso, inaspettato grido.
Incerto, terrorizzato all'idea di aver completamente frainteso le parole di Norah, Dudley rimase a lungo immobile, specchiandosi nei grandi occhi scuri della donna, beandosi delle sue lunghe ciglia, osservando la luce calda del lampadario riflettersi sulle sue iridi color cioccolata...
“Norah...” bisbigliò, ma prima che potesse trovare qualcosa da dire, Norah si alzò in punta di piedi, e le sue labbra morbide furono su quelle di Dudley, e Dudley smise di pensare.
Se esisteva un Paradiso, quello doveva avere la forma delle braccia di Norah che lo circondavano, doveva avere il profumo di vaniglia del suo bagnoschiuma, il sapore dolciastro del burrocacao che ammorbidiva le sue labbra...
Mentre Norah trascinava Dudley verso la sua stanza, ridacchiando come una ragazzina in preda alla sua prima cotta, Dudley non poté fare altro che pensare a quanto fosse semplice, naturale, istintivo lasciarsi guidare da lei, lasciarsi avvolgere dalla sua calda luce dorata, lasciare che quella brezza fresca chiamata Norah sconvolgesse, per la seconda volta, tutti i piani della sua vita.
Norah e Dudley scivolarono sul letto con la naturalezza di chi non aveva mai smesso di amarsi, e mentre Dudley si abbandonava a quella felicità improvvisa e infinita, riuscì a trovare la lucidità di sussurrare solo poche, accorate parole:
“Io la amo, la vostra magia.”

Note:
Allora, allora, allora.
Immagino che dovrei dire qualcosa di intelligente e sensato, qui, o fare dei ringraziamenti, o dare delle spiegazioni, che ne so.
Invece, preciso giusto un paio di cose: Dominique, come ho già detto, secondo Pottermore è la figlia che ha più ereditato i tratti Veela di Fleur, quindi ho immaginato che ne avesse maggiormente ereditato anche il carattere. E con la sua fredda, implacabile e determinata ambizione, non riesco a togliermi dalla testa l'idea che Fleur sarebbe stata un'ottima Serpeverde. Victoire, dal canto suo, credo abbia minacciato il Cappello Parlante di dargli fuoco, e credo lo abbia fatto stringendo la bacchetta in una mano e un accendino babbano nell'altra, se non le avesse lasciato seguire le orme di suo padre, dunque è finita anche lei a Grifondoro. Alhena, la Corvonero di cui parla Louis, è il mio OC che compare ne “La danza delle spade”, una cara amica di Bill Weasley che, nonostante si trasferisca a Budapest alla fine della guerra, è sempre rimasta molto affezionata alla famiglia Weasley.
Sorprendentemente, Molly Weasley è stata l'unica a prendere le parti di Victoire, nella disputa sul suo piercing, ricordando a Bill che lui, in quanto ex portatore di zanne da orecchio, non può permettersi di dire nulla, così come nulla può dire Fleur, che dalla suddetta zanna da orecchio è stata convinta a trasferirsi in Inghilterra. Niente, tutto questo per dire che prima o poi tornerò a scrivere della nuova generazione, e ho bisogno di fissare da qualche parte alcuni dettagli.
Con la sorte di Dudley e Norah avrei voluto essere decisamente meno esplicita, andare molto più lentamente e lasciare solo intuire una futura felice riappacificazione, ma Norah si è dimostrata una donna decisa e molto intraprendente, sorprendendo anche me e prendendo da sola decisioni che non avevo previsto.
Ci vediamo presto con l'epilogo, e il conseguente sfogo pieno della malinconia che mi prende quando qualcosa finisce. 
   
 
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