Odrik sorrise stanco; convincere gli
anziani a seguire le indicazioni di Aidra non era stato semplice, ma – complice
la mancanza di altre vere opzioni – avevano infine acconsentito: assistere al
successo di quel piano azzardato gli tolse un peso non indifferente dalla
coscienza. Si fidava di Aidra, o non l’avrebbe appoggiata, ma ciò che aveva
preteso di fare era seriamente complesso, sfidava l’immaginazione, e l’ombra di
un dubbio gli aveva dato il tormento finché non aveva visto la cupola
materializzarsi di fronte ai suoi occhi. C’era riuscita realmente, e questo
l’aveva riempito di gioia e soddisfazione; tuttavia, aveva anche percepito –
mista allo stupore – una vaga sensazione di disagio.
Aveva sempre saputo che Aidra era
potente, ma non aveva mai neanche sospettato che lo fosse fino a quel punto. A
fargli male fu la consapevolezza di non conoscerla bene come aveva pensato e
dato per scontato.
Se non altro, constatò studiando le
espressioni stupite degli abitanti intorno a lui, non era l’unico rimasto
sconcertato da quella scoperta, anzi: paragonandosi agli altri poteva dire di
aver assimilato con tranquillità l’informazione.
«Folle, completamente folle» sentì
bisbigliare dietro di sé. Controllò voltandosi rapidamente, e scorse un ragazzo
biondo che non aveva mai visto prima. Gli dava le spalle, dirigendosi con una
bambina verso il centro del villaggio. Strano.
Non gli piacque, ma non aveva davvero
il tempo di preoccuparsene: doveva restare in posizione con gli altri Archi di
Terra per assicurarsi che il canale improvvisato reggesse e, se possibile, dare
una mano agli Archi d’Acqua nel respingere i banditi.
Erano loro infatti a gestire l’offensiva,
sfruttando il fiume dirottato per colpire chi ardiva avvicinarsi. Questi ultimi
in realtà non erano molti: la cupola di per sé era uno spettacolo magnifico e
temibile, un deterrente valido già di suo.
In un primo momento i banditi avevano
cercato di penetrarla dall’alto con lance e frecce, ma l’acqua corrente aveva
vanificato ogni tentativo.
Scacciò l’immagine dello sconosciuto
dalla mente e si concentrò. Non poteva permettersi errori: sapeva che Aidra non l’avrebbe fatto, e non voleva essere da meno.
~
Aidra sussultò nell’avvertire una lieve
scossa nel terreno accanto a lei. Era il segnale concordato con Odrik; non se l’aspettava
così presto.
Mantenendo la concentrazione, rallentò
il mulinare della mano e iniziò a far rientrare gradualmente il fiume,
interrompendo il ciclo. Si rilassò solo dopo che l’ultima goccia fu tornata nel
letto del fiume, e con lo sguardo rivolto al Tar alzò le braccia, stirandole.
«Hai scelto un modo originale per
gridare a tutti chi sei».
Aidra sobbalzò. Aveva sentito
avvicinarsi qualcuno, ma non si era girata, certa che si trattasse di Odrik.
La voce che l’aveva appena raggiunta,
però, non era quella profonda dell’amico, che conosceva così bene. Non l’aveva
mai sentita prima; a preoccuparla era soprattutto la domanda che l’estraneo
aveva formulato, tuttavia. Mirel non ne sarebbe stata felice.
«Chi sono?» ripeté, cercando di
mantenere un tono neutro. «Non so di che parli» aggiunse poco dopo. Non si
voltò, non ancora, incerta sul da farsi.
«Sai cosa intendo» fu la replica secca
dello sconosciuto. «Un normale Arche non potrebbe mai metter su uno spettacolo
del genere».
Stavolta Aidra non resistette e si
voltò. Non trovò subito l’oggetto del suo interesse: la voce apparteneva a un
ragazzo che la fissava tenendosi a distanza, la schiena poggiata al tronco di
un albero a qualche passo dal sentiero che portava al villaggio. Per questo le
ci era voluto un po’ a notarlo: la penombra offerta dai rami lo nascondeva a
uno sguardo superficiale.
Non riuscì a distinguerne bene il
volto, ma le sembrò pallido. Gli andò incontro; avvicinandosi le saltò agli
occhi il biondo acceso dei suoi capelli, insolito in quella zona. Era più una
caratteristica diffusa a est di Fisis, se ben ricordava i racconti.
«Chi sei?» domandò, sinceramente
curiosa.
Il ragazzo assunse un’espressione
confusa. «Davvero? Non hai altro da chiedermi?»
Aidra percepì il suo sguardo inquisitore;
la studiava come se fosse chissà quale strana, incomprensibile creatura. Gli
sorrise, decidendo che negare oltre sarebbe stato inutile.
«Sembri sapere chi sono io, pareggiamo
la situazione» propose candidamente.
Il biondo sbuffò. «Non ha importanza»,
mormorò scuotendo la testa. Rialzò lo sguardo e lo puntò dritto nei suoi occhi:
«Avevo ragione, sei un’incosciente. Prima ti metti in mostra in quel modo, poi
ti dico che so chi sei e non te ne preoccupi minimamente».
Aidra sostenne il suo sguardo,
incrociando le braccia davanti a sé. «Non starai esagerando?» ribatté. «Mi
stupisce che tu ci sia arrivato, ma la gente di Lytho non crede all’esistenza
di quelli come me: non basterà così poco per convincerli del contrario. Saranno
stupiti, certo, ma niente di più. Mi sono anche contenuta», dichiarò senza mai
interrompere il contatto visivo.
Riprese dopo qualche secondo: «Se ne
dimenticheranno presto. E comunque» – gli diede le spalle – «non penso che
sarebbe così tragico, essere “scoperta”». Pronunciò le ultime parole in poco
più di un sussurro.
Immaginò lo sguardo intenso del ragazzo
puntato sulla sua schiena; infine lo avvertì sospirare. Se lo figurò con lo
sguardo al cielo e la cosa la divertì, per qualche ragione. Lo sentì
avvicinarsi.
«Incosciente» soffiò lui, stavolta al
suo fianco. La precedette, sedendosi sulla riva del Tar. Non la guardò negli
occhi. «Isryl» disse poi.
«Isryl?» ripeté Aidra, confusa,
accomodandosi a sua volta. Lo squadrò con curiosità, attendendo paziente la
spiegazione di quel vocabolo melodioso. Le piaceva come suonava.
«Il mio nome» aggiunse piatto lui, lo
sguardo rivolto alle acque tumultuose del fiume. «Volevi sapere chi sono, no?
Isryl».
Soppresse un’esclamazione di stupore.
Che sciocca, avrebbe dovuto arrivarci. Solo, non se l’era aspettato:
istintivamente si era convinta che farsi rivelare il nome dal biondo sarebbe
stato più complicato. Il suo sorriso si ampliò.
«Bene, Isryl,» iniziò solenne,
«congratulazioni: sei il primo estraneo che abbia mai svelato la mia identità».
Finalmente si voltò verso di lei,
esaminandola scettico. Aidra volle provocarlo e aggiunse: «Ammesso che tu non
ti sia sbagliato».
«Difficile credere di essere il primo.
Hanno tutti gli occhi tappati, in quel villaggio?»
La mora scoppiò genuinamente a ridere,
sentendosi leggera come le capitava solo con Mirel. «Me lo sono chiesta
anch’io. Aidra, comunque – se volessi sapere anche il mio nome».
«Sì, l’ho sentito dire» commentò Isryl
con un’alzata di spalle. «Nell’ultima ora l’hanno ripetuto spesso, al
villaggio».
Aidra annuì: poteva immaginarlo. Poco
prima aveva minimizzato, affermando che l’avrebbero tutti dimenticato presto,
ma si rendeva conto che prima di quel momento avrebbe dovuto rispondere a un po’
di domande. Inutile preoccuparsene
adesso.
«Non ti ho mai visto a Lytho, prima»
disse, sperando che l’altro cogliesse l’implicita domanda e la graziasse con
una risposta.
«Siamo arrivati pochi giorni fa» tagliò
corto Isryl – qualcosa nel suo tono fece desistere Aidra dall’indagare oltre.
Si concesse un’altra domanda, tuttavia:
«Vi fermerete a lungo?»
«Forse».
«Non sei di molte parole, tu».
«Aidra!»
Si voltò rapida; stavolta la voce le
era ben nota. Odrik. Non aveva
sentito nulla del loro discorso, giusto?
Fece un cenno all’amico con il braccio
e spiò verso il biondo, che si era rialzato, con la coda dell’occhio. C’erano
molte altre cose che avrebbe voluto chiedergli, praticamente sapeva solo il suo
nome. E che, diversamente da molti,
credeva nelle antiche leggende.
Vide l’amico d’infanzia squadrare Isryl
con sospetto, venendo ricambiato con indifferenza. Fissò la sua nuova
conoscenza allontanarsi rapida senza salutarla, stupendosene troppo sul momento
per tentare di fermarlo.
In più, le bastò un’occhiata all’espressione
di Odrik per capire che avrebbe richiesto tutta la sua attenzione per un po’.
Batté sul terreno accanto a sé,
invitandolo a sedersi, e per il momento soppresse la sua curiosità per
soddisfare – entro determinati limiti – quella dell’amico.
«Chi è, cosa voleva?»