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Autore: 92Rosaspina    22/11/2018    3 recensioni
"Il battito delle ali di una farfalla in Brasile, può provocare una tromba d’aria nel Texas". Così il fisico Edward Lorenz spiegò, in una conferenza del lontano 1979, la Teoria del Caos, secondo cui il minimo cambiamento può significare una storia del tutto diversa. Da un’azione svolta o non svolta, oppure svolta in modo diverso, possono nascere futuri ed eventi imprevedibili.
Contrariamente al pensiero comune, però, Caos non è disordine. Caos è un ordine così complesso da sfuggire ad ogni tentativo di comprensione dell'uomo. Una sequenza ben definita ma così piena di variabili da risultare imprevedibile.
E se è vero che il minimo cambiamento può condizionare l'epilogo di una storia, e che la vita è fatta di scelte e ogni scelta ha le sue conseguenze, allora le possibilità diventano infinite.
Tutto però ha un inizio ben definito, una comune origine. Un lounge bar nel mezzo di Nuova Domino. E tutto passa sotto lo sguardo indagatore di un occhio carico di conoscenza.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri personaggi, Atemu, Mana, Seto Kaiba, Yuugi Mouto
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Pharao's Kingdom 12

10. Bevi responsabilmente.






La serata procedeva alla grande: Alexis sembrava divertirsi davvero molto, e Judai aveva ormai perso il conto dei brindisi che si erano concessi. Seduti uno di fronte all'altra allo stesso tavolo, erano al terzo bicchierone di Cuba Libre per lei, e ne aveva appena ordinato un quarto; mentre lui, per quella sera più assennato e consapevole di doverla poi riaccompagnare a casa, si era fermato al secondo giro di Rum Fizz, cercando di portarselo più avanti possibile bevendolo a piccoli sorsi.
Era da un po' che non si concedevano una serata insieme, solo loro due. Per tutto il mese si erano visti molto spesso, ma sempre al Pharaoh's Kingdom, quando lui era in turno e, con suo dispiacere, non aveva molto tempo da dedicarle; a fine serata poi, arrivava stremato e desideroso solo di una bella doccia e una sana dormita, e a malapena riusciva a scambiare un saluto con lei.
A volte ci ripensava, e si dava sistematicamente del cretino. Sperava sempre che Alexis non se la prendesse troppo a male ad essere liquidata così velocemente: non era nelle intenzioni di Judai essere scortese o altro, ma quando aveva sonno diventava piuttosto burbero e indisponente. La ragazza sembrava però capirlo, e aveva sempre l'accortezza di lasciarlo andare quando sapeva che non era il caso.
C'era un motivo perché a Judai piaceva la sua compagnia, e stava proprio in quella sua esemplare empatia: lo conosceva meglio di chiunque altro, e sembrava sapere perfettamente cosa gli passava per la testa ogni volta. Glielo chiedeva spesso, e Alexis gli rispondeva che era brava ad osservare certe cose.
Era consapevole del fatto che la ragazza provasse, per lui, un affetto smisurato, un forte sentimento di amicizia che non li aveva mai portati a dividersi per tutti quegli anni, e Judai era fiero di poter contare su una persona come lei. Poche ragazze potevano rivaleggiare con Alexis su molti aspetti: sicuramente la sua bellezza, definibile come eterea con quella pelle candida, i capelli biondi e gli occhi grigi, molto rari ed estremamente accattivanti, l'ovale del viso ben strutturato e il corpo tornito dalle ore di palestra, ma fosse stata solo bella non avrebbe attirato la sua attenzione. Dotata di un'intelligenza viva e acuta, Alexis si era diplomata con il massimo dei voti e stava rapidamente scalando i gradini del corpo della polizia di Nuova Domino, ottenendo poco tempo prima una promozione a Sergente. Appena saputa la notizia, si erano chiusi in una cantina e avevano bevuto fino a star male: Judai era stato costretto a prendere due giorni di malattia dal suo lavoro, Alexis si era stoicamente resa subito operativa.
Bella, intelligente, seria, responsabile e onesta: tutte qualità di spicco in qualsiasi essere umano esistente, che avesse un seno o meno. E questo Judai lo sapeva.
E lo sapevano anche i suoi amici e colleghi, Yusei in primis, che sembravano così desiderosi di vederli insieme. Lo chef del Pharaoh's Kingdom aveva ben chiaro il perché di tanta insistenza, ma per quanto gli fosse fatto notare non aveva mai visto, in lei, un vero e proprio interesse in quel senso. Certo, le piaceva stare con lui, uscire, bere qualcosa, condividere successi o anche solo video stupidi su social network, ma Alexis aveva una sua ben definita vita privata e Judai aveva a sua volta la propria.
Che poi questa fosse colma di alti e bassi, era un altro discorso.

Judai sembrava incapace di mantenere una relazione stabile che durasse più di qualche settimana. Il motivo non era chiaro neanche a lui stesso: Yusei aveva ipotizzato che stesse nel fatto che, nel suo profondo, sapeva di volere una sola persona accanto. Che poi indicasse Alexis come persona, anche quello era un altro discorso, ma in cuor suo sapeva che il capobar aveva ragione: la giovane Rhodes era l'unica ragazza con la quale aveva sviluppato un'affinità tale da sapere entrambi cosa stessero pensando, in un determinato momento.
Judai aveva sempre giustificato tale complicità con il fatto di conoscersi fin da ragazzini e di aver trascorso gran parte degli anni scolastici insieme, un po' come Yuya e Yuzu. La differenza da questi ultimi era che fosse, effettivamente, impensabile vedere Yuya con una qualsiasi ragazza che non fosse Yuzu, e viceversa: il modo in cui si completavano e sopperivano alle reciproche mancanze era visibile in una coppia su un milione, ed era per loro impossibile stare senza la loro metà. E di questo se n'erano effettivamente resi conto, al punto di confessarsi i reciproci sentimenti e decidere, finalmente, di stare insieme. Atem aveva scherzosamente profetizzato un loro futuro matrimonio, cosa che aveva fatto guardare in faccia i due interessati con sorrisi ebeti sul volto: non era tanto il fatto di pensare all'idea delle nozze, seppur in giovane età come loro, quanto il fatto che, a prevedere tale futuro, fosse stato proprio il Faraone.
Quel tipo non parlava mai a vanvera, né tanto meno riempiva per forza i silenzi se non sapeva cosa dire. E tutti, tutti sapevano che se aveva espresso tale pensiero era perché sentiva che gli eventi avrebbero preso una simile piega. Yuya e Yuzu sembravano momentaneamente più propensi a divertirsi insieme, scorrazzando in giro e facendo tutte quelle scemenze da fidanzatini, ma c'era davvero da farsi qualche domanda quando Atem li osservava con il suo solito, maliardo sguardo sornione.
Era come se sapesse. Come se prevedesse davvero il futuro.
Per certi aspetti era inquietante.

Una cosa doveva dire, di Atem, ed era che a differenza del resto della crew del Pharaoh's Kingdom non sembrava insistere troppo sull'idea di lui e Alexis insieme. Laddove Yusei, Yugi, e a volte Yuma e Yuya battevano spesso il martello su quel chiodo, Atem aveva avanzato quell'ipotesi una sola volta, per poi non ripetersi mai più. Gesto tipico di lui: ogni cosa da lui fatta, detta o chiesta era un one call, come lui la definiva. Avevi una sola possibilità di captare il significato intrinseco di un suo gesto o parola, e spesso questa sfumava subito appena provavi a ripensarci sopra. Ogni cosa da lui detta o fatta era un po' come le sue illusioni, o magie come lui stesso le chiamava: coreografiche e d'effetto, ma mai ripetute una seconda volta. Ripeterle voleva dire dare agli altri la possibilità di capire dove fosse il trucco, e questo valeva con i suoi giochi così come le sue parole.
L'unica volta in cui aveva parlato di lui e del suo rapporto con Alexis, gli aveva detto che se non avesse lui stesso aperto gli occhi, ci avrebbe pensato lei, in un modo o nell'altro.
Non sapeva cosa pensare al riguardo.

In quel momento, si limitò a fissare gli occhi sul volto ridente di Alexis: doveva aver fatto qualche battuta davvero divertente poco prima, forse aveva raccontato qualche nuova birbonata di Yuma, perché la giovane era scoppiata in una grossa risata che le aveva fatto chiudere gli occhi e reclinare il capo indietro, reggendo il bicchiere di Cuba Libre nella mano destra. Le guance erano lievemente imporporate, forse per il calore presente nella sala o, più probabile, per le dosi di alcol che stava assumendo.
Il 31 Lounge era un locale poco distante dal Pharaoh's Kingdom, ma su tutt'altro genere: non offriva la stessa tipologia di intrattenimento, e mirava ad una clientela meno facoltosa ed esigente. Era un locale molto carino, con le luci soffuse e la musica adatta, frequentato per lo più da gruppi di giovani che si ritrovavano tutti insieme soprattutto nel fine settimana: i muri erano pieni di cornici entro cui erano racchiusi vecchi vinili, pezzi importanti che avevano fatto la storia del jazz e del blues, mentre i tavoli erano rivestiti di pagine in bianco e nero di vecchi fumetti. Il bancone sul fondo non poteva certo rivaleggiare con quello del Pharaoh's Kingdom per maestosità e capienza di bottiglie, ma nella sua semplicità era estremamente funzionale per quei due ragazzi che preparavano bevande. Era una piacevole variazione ad un territorio già conosciuto, come il regno del Faraone, rinomato soprattutto per i Cuba Libre e per i cornetti che sfornava a mezzanotte.
    -    Certo che quel tuo amico è davvero un tipo particolare!- esclamò Alexis, ridacchiando e tornando a bere un sorso – Yuma, intendo-
    -    Lo è, maledizione- annuì lui, prendendo un altro sorso dalla sua bevanda – Probabilmente ha messo il dito in una presa di corrente, da bambino. Non so come spiegarmi tutta quella sua iperattività-
L'ennesima risata di Alexis a quella battuta un po' scontata gli fece capire che l'alcol le era entrato in circolo.
In realtà, quello che aveva detto non si scostava molto dal vero: Yuma era sempre stato carico come una dinamo, troppo per metterlo a prendere ordinazioni ai tavoli. L'intuizione di Atem era stata giusta: metterlo al bancone a preparare alcolici gli dava un buon modo per sfogare la sua energia. Aveva imparato i segreti del Flair Bartending più per passatempo che per altro, ma da quando aveva scoperto di esserci piuttosto portato nessuna bottiglia in mano sua restava dritta per più di mezzo secondo. Allo stesso modo, se si trattava di inventare nuove miscele era un vero disastro: creava intrugli insapori allo stesso modo con cui partoriva autentiche distillerie in miniatura, riuscendo a stendere perfino un tipo con la resistenza di Yusei. Atem dribblava sapientemente qualsiasi invito ad assaggiare le sue creazioni, ma spesso gli chiedeva di preparargli un Martini; Judai aveva voluto provare una sua bevanda auto prodotta e se n'era pentito amaramente.
Al di là della sua discutibile inventiva in campo alcolico, Yuma era un tipetto davvero complicato da gestire e governare, e finora solo Yusei sembrava in grado di tenerlo tra le sue redini senza eccessiva fatica: arginare la sua iperattività era un arduo compito che avrebbe esasperato chiunque, soprattutto per i pasticci che questa causava, dentro e fuori dal locale. Ma averlo intorno era divertente, e la sua assenza si faceva sentire anche troppo.

    -    Alexis, non bere così velocemente-
L'unico difetto di Alexis era che, in alcuni campi, non sembrava conoscere mezze misure; e uno di questi era proprio l'assunzione di alcol. Più e più volte era finito con il riportarla a casa che a malapena si reggeva in piedi: assumeva l'alcol troppo velocemente, e spesso a stomaco vuoto. Questo si traduceva, spesso e volentieri, in Alexis che diventava brilla nello spazio di un bicchiere.
Figurarsi cosa poteva succedere con quattro. E dire che tra i drink a base di rum, il Cuba Libre era anche molto leggero: conteneva appena due parti e mezzo di rum bianco contro le sei di Cola, era facilmente tollerato anche da Yugi che non era esattamente un campione di resistenza alcolica. Tuttavia, questo valeva se ne veniva assunto un solo bicchiere e con la dovuta calma, non quattro di seguito.
    -    Non posso farci nulla, mi piace davvero tanto!- rispose la ragazza, posando il bicchiere vuoto a metà – Ehi! Mi togli una curiosità? Ma cosa c'è tra Yusei e Aki?-
    -    Vuoi la verità?- Judai prese ancora un sorso prima di continuare – Non l'ho mica capito ancora. Si trovano bene insieme, li sorprendo a chiacchierare molto spesso. So per certo che Aki ha preso una bella sbandata per lui, a volte si incanta a fissarlo e smette perfino di ascoltarlo, persa in chissà quali nuvole di zucchero filato...ma credo si ucciderebbe piuttosto che ammetterlo. È una ragazza apparentemente molto riservata-
    -    Uuuuhm. E Yusei?-
    -    Beh, Yusei sta molto bene con lei, anche se ha notato qualche suo strano atteggiamento e a volte la punzecchia per questo. Le vuole bene, questo è certo...l'ho sentito poco fa, mi ha detto di essere andato a prenderla dalla casa dei suoi genitori. Hanno fatto un giro in moto insieme, ad Aki sembra essere piaciuto-
    -    ...Yusei ha invitato una ragazza a fare un giro sulla sua preziosiiiissima moto?!-
    -    In realtà, se ho capito bene è stata più una necessità che un vero piacere-
    -    Beh, è comunque un indicatore molto importante questo! Da quello che so Yusei non è molto propenso a portare passeggeri sulla sua moto, a parte te...-
    -    Anche io sono una necessità. Non gli piace perché dice gli compromette la ciclistica della moto-
    -    La che cosa?!-
    -    Ma che ne so, quella roba che sanno solo i motociclisti...Alexis, stai bene?-
    -    Eh? Sì, sì...certo!-
    -    Hai bevuto troppo in fretta-

    -    Non è vero!-
    -    Cominci a strascicare la voce, vuoi che ti porti a casa?-
    -    Ma non è neanche mezzanotte!-
    -    Sì, e sei già ridotta ad uno straccio-
    -    ...Vuoi solo liberarti di me il prima possibile-
    -    Ma cosa dici?! Ehi, non mettere il muso, adesso-
    -    Non mi vuoi bene-
    -    Alexis...oh buon cielo...-

Judai si passò una mano sul volto, costernato, dandosi sistematicamente del cretino.
Alexis amava l'alcol, ma la sua resistenza ad esso era veramente bassa: troppa, per sostenere quattro drink ingollati tutti d'un fiato. Non era la prima volta che si ritrovava in quelle condizioni durante una serata, ma ogni volta gli sembrava sempre peggio. Più volte era stato costretto a riportarla a casa sua quasi in braccio, e quella serata minacciava di finire più o meno allo stesso modo.
    -    Stai bene? Sei sicura?- domandò Judai, apprensivo, stringendole una mano; gesto che sembrò illuminare gli occhi di Alexis dall'interno.
    -    Sto beeeeenissimo!- confermò lei, con un grosso sorriso – Ho solo un leggero cerchio alla testa...-
    -    Sarà l'aureola-
Alexis scoppiò a ridere ancora: la testa le ciondolò paurosamente da una parte all'altra, facendogli sgranare gli occhi castani.
Decisamente un pessimo segno.
    -    Okay, credo sia il caso che ti riaccompagni a casa- annuì poi, alzandosi in piedi. Alexis lo seguì con i grandi occhi grigi acquosi.
    -    Mi accompagni tu? Siiiiii!- squittì poi, deliziata, alzando le braccia al cielo e attirando gli sguardi di un paio di ragazze.
    -    Forza, andiamo al bancone-
    -    Ma non dovevamo tornare a casa?-
    -    Certo, ma prima devo pagare-
    -    Ooooh. Mi alzi tu?-
    -    Va bene-

Sì, era lievemente peggio delle altre volte. Judai si chinò verso di lei e la prese sotto le braccia, mettendola in piedi come una bambola. Alexis scoppiò a ridere, sostenendo di farle il solletico, barcollò leggermente e, priva di forze ed equilibrio, gli si appoggiò addosso, finendo dritta tra le sue braccia. Judai alzò gli occhi al cielo, sbuffando costernato e dandosi ancora dell'idiota.
    -    Perdonami, Alex. È tutta colpa mia, dovevo controllarti- le disse poi, sorreggendola con sé mentre arrivava al bancone.
    -    Controllarmi?! Eeeeehi, non sei mica mio padre!- sbuffò lei, scuotendo il capo.
Faticava perfino a mantenere gli occhi aperti...Judai si diede del cretino per la terza volta consecutiva mentre cavava il portafoglio fuori dalla tasca e porgeva un paio di banconote al ragazzo alla cassa. Era sotto la sua responsabilità, e lui aveva lasciato che si ubriacasse come una barbona, avrebbe detto Yusei. La aiutò ad incamminarsi verso la porta d'uscita: i sandali col tacco non sembravano aiutarla molto nella camminata...
    -    Vieni con me. Perdonami, davvero, sono un idiota- borbottò il giovane, aprendo la porta e uscendo alla svelta dal locale – Dove vai?! L'auto è di qua!-
    -    Ah? Oh è vero!-
Alexis cambiò rapidamente direzione, barcollando sui tacchi: Judai frenò a stento un urlo quando vide la sua caviglia destra piegarsi sotto il peso del suo corpo. In un battito di ciglia le fu accanto, sorreggendola e guidando i suoi passi.
    -    Che bello! Cavalluccio! Siiiiiii!-
    -    No no no che cavalluccio AHIA!-
Qualunque cosa la giovane avesse inteso, aveva preso un granchio grosso come una casa: Judai le si era avvicinato di corsa e l'aveva rimessa in piedi e lei, per tutta risposta, era saltellata fin dietro di lui e aveva spiccato un balzo, montandogli sopra. Fu solo per un suo veloce riflesso che il castano l'afferrò per le cosce lasciate nude dal vestitino e la sostenne.
    -    Forza...andiamo!- esclamò poi – Almeno così non mi finirai lunga per terra-
    -    Eeeeh! Per così poco...dai, più veloce!-
    -    No, più veloce cosa?! Non sono un cavallo, dannazione!-
    -    Uuuffa, non mi diverto così!-
    -    Non agitarti, non riesco a tenerti sennò!-
In un attimo, Alexis si quietò. D'improvviso, senza un reale motivo. Judai alzò la testa, preoccupato, convinto gli si fosse addormentata addosso. E invece la sentì incrociarle le braccia al collo e strusciare la testa contro la sua guancia sinistra, prima di guardarsi intorno completamente spaesata.
    -    Judai...- lo chiamò poi, la voce ridotta ad un soffio nel suo orecchio che lo fece rabbrividire – Ma dove siamo?-
    -    Andiamo bene...- commentò il ragazzo, scuotendo il capo – Ti ricordi almeno come ti chiami?-
    -    Ma certo, sciocchino! Ehi, ma la tua auto è rossa!-
    -    Sì, lo so Alexis, la mia auto è rossa-
    -    Uhuuu...il colore della passione! Sei un tipo passionale, Judai?-
    -    ...Dipende da cosa intendi con “passionale”. Scendi un attimo, come faccio a farti entrare in macchina sennò?-
    -    Oh, ma secondo te cosa intendo con “passionale”? Ehi, ma che bella la tua auto!-
    -    Grazie Alexis, me lo ripeti ogni sera quando ti sbronzi-
    -    Così ben rifinita...e uuuuuh! Guarda il contachilometri!-
Con uno scatto, Alexis avanzò fino a tastare con mano il contachilometri della Mini Cooper, posto dietro il volante.
    -    Beh? Che ha di strano?-
    -    Ma come che cos'ha di strano?!-
Alexis si voltò verso di lui nell'esatto momento in cui Judai entrò nell'abitacolo a sua volta: la giovane spalancò gli occhi lucidi e gli sfoderò un ampio sorriso, che il ragazzo trovò allucinante.
    -    Il tuo cruscotto è così graaaaaaaaandeeeeeee!- spiegò poi, allargando le braccia per enfatizzare la parola.
    -    Oh mamma. È peggio di come pensavo- commentò il ragazzo, avviando il motore – Dai Alexis, mettiti bene sul sedile, ti accompagno a casa-
    -    Che bello! Andiamo a casa! Siiiii!-
Judai sospirò. Sarebbe stato un luuuungo viaggio.


Un paio di volte era stato tentato di spalancare la portiera e farla volare fuori dall'abitacolo, davvero. Il pensiero era osceno e terribile, ma la pazienza di Judai era stata esaurita tutta nel giro di mezzo secondo, quando Alexis aveva fatto cadere il piccolo peluche portafortuna (quello che Yuma definiva “piccola palla di pelo alata”) dallo specchietto retrovisore prima di afferrare il volante, pretendendo di guidare mentre lui pigiava il pedale: la Mini Cooper aveva sbandato un paio di volte e per poco non avevano rischiato un frontale con un'auto che viaggiava nel senso opposto. Un conto era ridacchiare a battute insensate ed agitarsi sul suo sedile, un altro era rischiare di farli uccidere in un eccesso di iperattività: Judai era esploso in un'imprecazione che, fosse stato nel locale, gli avrebbe fruttato una cannonata a base di cubetti di ghiaccio da parte di Yusei, le aveva strillato addosso e ordinato di restare ferma. A quel punto Alexis era sprofondata nel sedile, le braccia conserte sotto il seno e lo sguardo basso.
    -    Non mi vuoi bene- sibilò ad un certo punto, senza guardarlo. Judai si voltò appena verso di lei.
    -    Che diavolo dici?! Certo che ti voglio bene!- esclamò lui, per tutta risposta.
    -    Visto come mi urli addosso non mi sembra proprio-
    -    Alexis, dimmi che non stai dicendo sul serio, ti prego...- Judai staccò le mani dal volante per stropicciarsi la faccia, esausto ed esasperato – Ti rendi conto di quello che hai fatto?! Stavamo per causare un incidente stradale!-
    -    Ma io volevo solo aiutarti!-
    -    Ma non mentre guido! Si guida uno alla volta!-
    -    ...Non mi vuoi bene-
    -    Ancora con questa storia?!-
    -    Allora perché non mi capisci?-
    -    ...Alexis, cosa--
    -    Io ti voglio bene! Un bene che tu non puoi neanche immaginare! Ma sembra che non te ne importi nulla! Non capisci! Mi prendi solo in giro-
I volti di Atem e Yusei gli tornarono in mente, scoccandogli un'occhiataccia e una smorfia.
Aveva sentito bene?!
    -    Alexis, lo so che mi vuoi bene- sbuffò lui, scuotendo il capo e faticando a trovare le parole – Lo so e me ne sono accorto-
    -    E allora perché stai complicando le cose?!-
    -    Io non complico un bel niente! È solo che--
Judai sbuffò ancora, scuotendo il capo.
    -    Senti, arriviamo a casa tua e ne parliamo meglio, okay? Ora devo restare concentrato, sto guidando-
    -    Quanto manca...?!-
    -    Poco, dai. Ci siamo quasi-
    -    ...Aki mi piace tanto!-
Il castano alzò gli occhi al cielo, disorientato da quell'improvviso cambio di discorso.
    -    Davvero?- domandò lui, cercando di restare sul nuovo argomento.
    -    Mh-hm! È così carina...! Ha due occhi stupendi, e...e i suoi capelli!-
    -    Che cos'hanno i suoi capelli?-
    -    Ma come che cos'hanno?!-
Alexis scattò ben seduta sull'attenti, osservandolo con occhi sgranati.
    -    Sono rossi!- esclamò poi, come se gli avesse appena rivelato il segreto dell'eterna vita – E sai cosa dicono delle rosse, vero?-
    -    ...Non posso ripeterlo!-
    -    Dicono...che siano streghe!-
    -    Ah davvero?-
    -    Sììì! E che abbiano poteri maaaaagici!-
    -    Questa mi è nuova...quindi sei convinta che Aki sia una strega?-
    -    Se lo è, è la strega più bella che io abbia mai visto!-
Ci mancava solo di scoprire che Alexis giocava per due squadre, e poi Yusei avrebbe avuto tutte le scuse per fregiarlo del titolo di CRETINO DELL'ANNO. Judai borbottò qualcosa, continuando a guidare, gli occhi concentrati sulla strada.
    -    A te piacciono le rosse, Judai?-
E ora che cavolo di domanda era, quella?!
    -    ...Perché?!- le domandò lui, per tutta risposta. Non che le sue, di domande, fossero particolarmente intelligenti...
    -    Perché il rosso è un colore che ti piace!- esclamò lei, con l'allegria e il bel sorriso di una bambina – La tua giacca preferita è bianca e rossa...anzi, più rossa che bianca! E-e la tua macchina anche è rossa! E poi ti piacciono i frutti rossi! Le fragole, le ciliegie...anche alcuni tuoi boxer sono rossi!-
    -    ...E tu cosa ne sai di--
    -    Si vedono quando ti siedi!-
    -    Oh buon cielo-
    -    Quindi, se il rosso è il tuo colore preferito, immagino che anche i capelli rossi ti piacciano, no? E poi quelli di Aki son davvero beeeeelli! Cioè, sono rossi, ma non così rossi! Sono...tendenti al viola ecco! Al fucsia! Pensi siano naturali?-
    -    Ma credo proprio di no...-
    -    Allora anche a lei piace il colore rosso! Allora? Ti piacciono i capelli rossi?-
    -    Beh, cosa vuoi che ti dica, Alex? Sì, mi piacciono-
    -    Quiiiiiindiiii...se mi tingessi i capelli di rosso, riuscirei a piacerti?-
    -    Non hai bisogno di quella roba. Mi piaci così, a me-
Un attimo. E quando l'aveva pensata quella?! Judai si voltò brevemente ad osservarla, cauto e sorpreso dalle sue stesse parole.
Alexis era rimasta ad osservarlo in perfetto silenzio, ma qualcosa, nelle sue parole, l'aveva fatta sorridere. E non quel sorriso tipico di una sbornia, senza motivo e quasi idiota: un sorriso vero, dolcissimo, come quelli che gli aveva sempre riservato. La giovane aveva gli occhi che parevano scintillare.
    -    Davvero?- chiese poi, la voce morbida.
    -    Davvero. Sono sincero. Mi piaci Alexis, ma penso che questo l'avevi già capito da te...che motivo avrei di starti sempre così dietro? Sei una mia cara amica. La migliore-
Ecco, forse era riuscito a salvare in corner la situazione. FORSE. O forse l'aveva solo peggiorata. Judai arricciò il naso, incerto delle sue stesse parole.
Ora perché gli tornava in mente il discorso di Yuya e delle migliori amiche che non erano più solo tali dal momento in cui ci facevi sesso?!
    -    Allora mi vuoi bene davvero?!-
    -    Ma certo che ti voglio bene! Ma hai davvero dei dubbi a riguardo?-
    -    Mmmm...No! Mh, sei davvero il mio più grande amico, Judai!-
    -    Ah...eh...gra-grazie. Anche tu, Alexis-

Judai si lasciò andare ad un sospiro soddisfatto e sospettoso insieme, tornando a guardare la strada con occhi attenti. Se li stropicciò un poco, cercando di recuperare tono.
L'alcol stava iniziando a salire anche alla sua testa: la sentiva eccessivamente leggera, e qualcosa sembrava accarezzargli la testa proprio alla nuca...ah no, quella era la mano di Alexis.
    -    Mh, hai dei capelli così moooorbidi, Judai...- la sentì mormorare poi, sempre con il sorriso sulle labbra.
Ma Judai non l'ascoltava più ormai, troppo perso nei suoi stessi pensieri.
Aveva davvero rischiato un grosso scivolone, poco prima: qualche parola di troppo e la situazione avrebbe potuto davvero diventare troppo strana e facile da fraintendere. Non che Judai non intendesse quello che aveva detto: Alexis gli piaceva davvero, e per tanti motivi che si era sempre ripetuto, e per tante altre qualità per la quale la reputava la persona più affidabile sulla Terra. E soprattutto gli piaceva così com'era, senza colorazioni strane o tatuaggi o altre particolarità dettate dalla moda: era bella così, al naturale, illuminata dalla sua allegria e gentilezza e non da cosmetici ipercostosi.
Gli piaceva, però, in quella maniera che neanche lui sapeva definire: in quella grande burrasca creata dalle sue relazioni sentimentali piuttosto brevi, Alexis era il suo unico punto fermo, un faro nella notte presso cui fare ritorno quando la tempesta si faceva troppo forte. In qualsiasi momento, lei c'era, c'era sempre stata: per consolarlo, consigliarlo, sostenerlo e, a volte, alimentare il fuoco del suo bruciante risentimento. E proprio perché Alexis era per lui speciale, che non poteva riservarle un trattamento analogo a quello delle altre ragazze che frequentava: non meritava simili affronti, né di essere sminuita in quel modo.
E poi, davvero: Yusei li vedeva come coppia dell'anno, ma con quale occhio poteva mettere una ragazza come lei con uno squinternato del suo calibro? Un sergente di polizia con un capocuoco?
Non che non ci avesse pensato...ma erano sempre stati solo pensieri, appunto, nulla messo in pratica, anche per non rovinare la loro bella amicizia...perché se fosse finita per un suo sbaglio o svista o mossa avventata non se lo sarebbe mai perdonato, neanche in una vita futura.
Alexis contava troppo, per lui.
E più ci pensava, e più ci ragionava, e più gli sembrava di sentire i suoi pensieri con la voce di Yusei.

Arrivarono a casa di Alexis dopo mezz'ora di viaggio: la giovane aveva parlato per tutto il tempo, chiedendogli ora di Yugi e Anzu, ora di Yusei e Aki. Sembrava insospettabilmente lucida nonostante i quattro long drink bevuti, anche se continuava a strascicare alcune parole. Almeno aveva smesso di gesticolare con troppa enfasi e aveva desistito dall'attaccarlo ad abbracci; non ricordava, però, che l'alcol le sciogliesse la lingua a quel modo.
    -    Siamo arrivati- le disse, posteggiando la macchina a pochi centimetri dal marciapiede – Eccoci qui. Vuoi una mano a scendere, Alexis?-
    -    Eh? No dai, ce la faccio da sola! Passami solo la borsa...-
Fortuna che, conoscendo lei e le loro precedenti serate, Judai aveva scelto di non fidarsi troppo: una volta passata la borsa, era velocemente sceso dall'auto e fatto il giro, fermandosi di fronte a lei in tempo per prenderla tra le sue braccia prima che si schiantasse a terra. Alexis sbuffò frustrata.
    -    Ooooh...scuuusami- sbuffò poi, alzando la testa ed osservandolo con occhi lucidi – Ah, ma perché non riesco a reggere l'alcol, non è giustooooo...-
    -    Perché non sai bere senza trangugiarlo come un vecchio marinaio, Alexis...-
    -    Ma che dici?! Non è vero!-
    -    Aaaah, aiutami anche tu piuttosto, come faccio a rialzarsi se non...Alexis? Alex?!-
Ma lei non l'ascoltava più ormai: fattasi improvvisamente pesante tra le sue braccia, Judai fu costretto ad accompagnarla gentilmente a terra per non vederla cadere sul selciato come un sacco di patate, col rischio magari di farsi male. Gli si aggrappò alla gamba sinistra come un koala al tronco di un albero, e scoppiò in una forte risata lì, in mezzo a quel marciapiede illuminato solo dalla gialla luce di un lampione; una falena ci svolazzò intorno, facendo vibrare la luce per qualche attimo.

    -    Alexis...dai, rimettiti in piedi!- esclamò Judai, afferrandola per le braccia e cercando di sollevarla – Forza! Ti accompagno io di sopra, dai, almeno sono sicuro che non ti farai male...come ti senti? Devi vomitare?-
La giovane scosse il capo, prima di tornare a ridacchiare. Judai la rimise bene in piedi, senza mai lasciarla neanche per un secondo; la guidò per qualche passetto quanto bastava perché riuscisse a chiudere la portiera con un calcio, e liberò la mano destra per prendere la chiave e pigiare il bottoncino su di essa: la chiusura centralizzata mise l'auto in sicurezza.
E una era fatta. Ora veniva la parte difficile.
    -    Sei sempre al quarto piano, giusto?-
    -    S-sì...-
    -    Okay. Hai le chiavi nella borsa?-
    -    Ceeeeerto...-
    -    Bene. Cominciamo con l'aprire il portone allora...attenta al gradino! E ooooplà! Bravissima! Ora, PIANO, verso l'ascensore, su!-
Perché doveva finire così ogni benedetta volta?! Con lui che la sorreggeva e la accompagnava fin dentro casa? Judai si diede del cretino per quella che era la ventesima volta in tutto l'arco della serata, ripromettendosi di fare più attenzione in seguito. Magari le avrebbe fatto portare direttamente un bel bicchierone di latte, la prossima serata: Alexis l'avrebbe probabilmente odiato a morte, ma almeno lui sarebbe stato tranquillo e non in preda ad indicibili rimorsi.
Era solo colpa sua se era ridotta ad un ridacchiante straccio che a malapena si reggeva in piedi.
Entrò nell'ascensore insieme a lei, quasi caricandosela in spalla prima di pigiare il bottone per il quarto piano. Quando l'ascensore toccò il secondo, Alexis minacciò di scivolare di nuovo a terra, sorretta solo dalla sua forte presa. La giovane riprese a ridacchiare quando lui la mise meglio in piedi, sorreggendola con un braccio e posando gli occhi sul piccolo display posto in alto sulla pulsantiera.
Quanto diavolo era lento quell'ascensore?!
Il rasposo suono di una zip che veniva fatta salire e scendere gli fece abbassare gli occhi: Alexis aveva preso a giocherellare con la cerniera del suo abitino, alzandola e abbassandola in continuazione, scoprendo casualmente porzioni di seno sempre più grandi.
E certo, ci mancava solo questa adesso!
Finalmente l'ascensore arrestò la sua salita, spalancando le sue ante metalliche direttamente di fronte alla porta d'ingresso dell'appartamento di Alexis. Judai la guidò gentilmente fuori dal vano ascensore, accompagnandola di fronte alla porta e attendendo che inserisse la chiave nella toppa. Solo dopo svariati, infruttuosi tentativi di inserimento Judai si risolse a prenderle la chiave dalla mano e girarla lui stesso nella toppa, spalancandola e lasciandola entrare per prima. Il giovane entrò subito dopo, chiudendosi la porta alle spalle.
    -    Okay Alex, ci siamo. Hai bisogno di qualcosa? Devi vomitare, vuoi prenderti qualcosa?-
    -    Ho caldo...-
    -    E grazie, è l'alcol che ti sta salendo in te-no no no, eddai, non cadere di nuovo, tieniti suuuu...-
    -    Non ce la faccio...mi-mi gira tuuuuuutto il mondo! Guarda che bello quel lampadario!-
    -    Sì Alexis, è il tuo, te lo ricordi? Siamo a casa tua ora-
    -    Davvero?! Sono a casa mia?!-
Sollevò i suoi occhi grigi per guardarlo con un misto di sorpresa ed incredulità. Judai si tirò indietro i capelli, costernato e tuttavia comprensivo del suo attuale stato. Dandosi ancora del cretino, il giovane decise di assecondarla.
    -    Sì Alexis, sei a casa tua- rispose poi, accarezzandole la testa – Ora, da brava, rimettiti in piedi e--
    -    Siiiiii! Libera!-

Judai era pronto a tutto, ma non ad una scena del genere. Rialzatasi in piedi con uno scatto felino, e traballando pericolosamente sui tacchi (ma quanto si era piegata quella caviglia?!), Alexis si era diretta a passo spedito verso la cucina, abbassando completamente la cerniera del vestito e aprendolo sul davanti, lasciandoselo scivolare via per le spalle e facendolo ricadere sul pavimento in una informe massa bianca.
Judai lasciò ricadere le braccia morbidamente ai lati del corpo, fermo sul posto neanche l'avessero ancorato al suolo con un arpione da caccia alle balene, gli occhi fissi sulla figura di Alexis che, priva del vestito, se ne andò ancheggiando (più o meno) in cucina: più di tutto il resto, Judai fissò gli occhi sulle belle gambe candide, ulteriormente slanciate dai sandali, e su quel suo fondoschiena sodo e scolpito messo in risalto dal sottile, minimalista intimo grigio-blu. La ragazza ebbe anche l'interessante idea di portarsi le mani dietro la testa ed alzarsi i capelli, tanto per mettere in mostra quella schiena tornita che culminava in quelle due tenere fossette di Venere.
Judai mandò giù un grosso groppone, sentendo la sua temperatura alzarsi vertiginosamente e non era l'alcol.
    -    A-Alexis...- pigolò poi, scavalcando l'abito e seguendola in cucina – Alexis bada a cosa fai! Sei sbronza marcia, non--
    -    Aaaaaah! Essere da soli a casa è così bello...!-
    -    No Alexis, io sono ancora qui se non te ne sei resa conto...-
    -    Ma certo che lo so!-
    -    AH LO SAI?!-
    -    Dammi un secondo e sono subito da te! Ho solo voglia di...di...ahaaaaa ma cos'è questo? Un nuovo bricco di latte!-

    -    ...Potrebbe essere una mossa intelligente-
Poteva esserlo davvero: Judai aveva sempre risolto i suoi problemi di post-sbornia con un bel bicchierone di latte. Da quando Yusei gli aveva spiegato che contrastava la disidratazione e aiutava a riportare i livelli di zuccheri alla normalità, oltre che a tamponare l'acidità che irritava lo stomaco, il giovane si premurava sempre di prenderne qualche confezione in più al supermercato. Solo che poi Yusei aveva la stessa idea e quindi si ritrovavano con cartoni di latte per una settimana, da consumare a breve vista la scadenza. Il capobar andava matto per il latte, Judai un po' meno, ma trovavano ugualmente il modo di utilizzarlo senza buttarlo.
    -    Cerca solo di fare attenzione a--
Troppo tardi: nel momento in cui Alexis aveva aperto la nuova confezione, se l'era portata subito alle labbra, bevendo direttamente dal cartone. Anche quello era un gesto che Yusei faceva spesso, con grande scorno di Judai che finiva col mischiare le confezioni e non sapeva più di chi fosse quale. Il problema, in quel momento, venne rappresentato dallo scarso senso delle misure della ragazza che, non proprio in uno stato lucidissimo, finì col versarsi del liquido sul petto.
Le mani di Judai corsero ai capelli, in un'espressione di scoramento. Alexis gemette frustrata, posando la confezione di latte sul lavello della cucina e abbassando lo sguardo sulle coppe del reggiseno merlettato, ora zuppe di latte.
    -    Ma guarda tu che idiota che sono!-
Con una rapidità sconcertante, la ragazza si portò le mani dietro la schiena: il secco scatto della chiusura del reggiseno risuonò forte come una cannonata, nel silenzio creatosi tra loro due. E quelle stesse candide, gentili mani sollevarono le bretelline di nastro rasato e sfilarono via l'indumento intimo, lasciandolo sullo schienale di una sedia lì vicino.
Non aveva mai compreso certi feticismi di Yusei, mai fino a quel momento almeno. Il suo cuore frullò come se fosse stato immerso in un bicchiere d'aranciata quando si rese conto che quello era il suo seno naturale, senza più sostegni, dalla sensuale forma a goccia e soffice anche solo alla vista, figurarsi al tatto...gli occhi castani del giovane seguirono il percorso di quelle bianche gocce di latte che giocavano a rincorrersi sulla sua pelle, seguendo il loro profilo tondeggiante e sfiorandole l'areola sinistra, grande e chiara.
Sì, ora capiva decisamente il suo coinquilino. Judai trasse un lungo sospiro, tremante, spostando il peso da una gamba all'altra: con una certa apprensione realizzò di aver nuovamente sbagliato il programma della lavatrice, era l'unica spiegazione plausibile ai jeans stretti.
    -    Io ho ancora caldo!-
    -    A-Alexis...a-ascoltami...-
Come parlare ad un muro. La giovane si aggrappò allo schienale della sedia di fronte a lei, alzò una gamba e si sfilò velocemente uno dei suoi sandali, lanciandolo oltre la porta della cucina e sfiorandolo ad un orecchio. Solo la sua risata gli fece capire che il lancio era stato puramente casuale. Il secondo sandalo, tuttavia, tracciò una traiettoria troppo alta, centrando in pieno l'orologio sullo stipite e staccandolo dal suo supporto, facendolo schiantare a terra.
    -    Siiiiii! Ah, come è fresco il pavimento!-
    -    Alexis, datti una calmata! Io...!-

Continuando ad ignorarlo, la giovane saltellò letteralmente fuori dalla cucina, scappando in corridoio. Judai si guardò intorno, esterrefatto, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
    -    Ma...ma...ma io ne ho le palle piene! INSOMMA!-
La voce gli si era alzata più del desiderato, ma cancellò alla svelta quella preoccupazione dalla sua testa. Al momento aveva una...no anzi, DUE faccende ben più importanti da risolvere.
La prima era Alexis. Non poteva lasciarla in quello stato, i rimorsi l'avrebbero divorato tutta la notte. Doveva rivestirla, metterla a letto, darle qualcosa contro futuri bruciori di stomaco, sistemarle i vestiti di cui si era impropriamente liberata e rimettere a posto l'orologio in modo che, una volta sveglia, avesse trovato tutto in ordine e soprattutto Atticus non avesse notato nulla di strano: per quanto i rapporti tra di loro andassero alla grande, non voleva passare per quello che lasciava la sua adorata sorellina sbronza marcia e fradicia di latte come una poppante.
E poi doveva pensare a sé stesso. Doveva correre a casa, farsi una doccia, possibilmente GHIACCIATA, e andare subito a dormire e dimenticarsi di quell'assurda serata in cui Alexis sembrava divertirsi a testare il suo equilibrio. Il mattino dopo si sarebbe alzato e sarebbe passato alla cornetteria poco lontana da casa per recuperare qualcosa da mangiare, per lui e Yusei, e poi l'avrebbe chiamata per sincerarsi che stesse bene.
Tutto qui. Nient'altro. Niente giri di parole, niente perdite di tempo, e soprattutto niente smanacciate notturne. Non su Alexis, non sulla sua migliore amica, non sulla persona a cui più teneva. Glielo doveva come minimo, era ingiusto anche nei suoi confronti!
Gli ci volle qualche secondo in più per udire i suoi singhiozzi. Quasi l'avessero colpito in testa con un randello, Judai si riscosse e seguì la direzione del pianto, entrando a testa bassa nella stanza di Alexis.
La trovò seduta sul grosso letto ad una piazza e mezza, la calda luce dell'abat-jour che svelava la sfumatura salmone delle mura. La ragazza se ne stava lì, seduta a bordo letto, china sulle ginocchia e le mani a coprire il volto. In poche falcate il ragazzo bruciò la distanza che li separava, accovacciandolesi di fronte.
    -    Alexis?! Che diavolo ti prende adesso? Sbornia triste? Che hai?-
    -    Tu...tu non mi vuoi-
    -    Io non cosa?!-
    -    Non mi vuoi ho detto! Perché? Dopo tutto quello che ti ho dato? Tutto l'affetto e l'amore che nutro per te non valgono nulla?-
Judai sbatté rapidamente gli occhi, incredulo.
La situazione cominciava ad assumere toni davvero surreali.
Senza esitare oltre, il ragazzo le prese le mani, svelandole il volto umido di lacrime e contratto in una triste smorfia. Gliele strinse tra le sue, accarezzandone il dorso con i pollici.
    -    Ehi, che diavolo ti prende adesso?!- le domandò allora, asciugandole una lacrima scappata dalle sue ciglia – Ti rendi almeno conto di quello che stai dicendo? Io non ti voglio bene? Io non ti voglio? Sul serio?!-
    -    É solo che ogni volta...ogni volta ti vedo così preso da-da quelle lì che--
    -    Quelle lì chi?! Le ragazze che frequento?...A-Alexis, io spero tu stia scherzando, perché non c'è affatto paragone! Ehi, ascoltami. Guardami-
Finalmente riuscì a farle aprire gli occhi e rivolgergli uno sguardo umido e sperduto. Judai sentì il cuore esplodergli in mille pezzi, consapevole che, per un motivo a lui sconosciuto e, allo stato attuale delle cose, totalmente privo di interesse, era lui la causa di quelle lacrime.
    -    Sai come la penso- le disse poi – E te lo dimostro ogni volta. Ho la mia vita sentimentale, è vero, così come tu hai la tua...ma alla fine è sempre da te che torno! E c'è un motivo! Ti voglio bene Alexis, davvero...sai quello che provo per te. Non mi sognerei mai di fare qualcosa che ti spezzerebbe il cuore o ti indispettisse. Tengo a te più di ogni altra persona al mondo, e lo sai, sarei pronto a cavarmi il cuore dal petto con queste mie stesse mani se da ciò dipendesse la tua salvezza! E lo sai, come sai anche che puoi contare sempre su di me, per qualsiasi cosa!-

    -    Hai...hai detto qualsiasi cosa?-
Qualcosa era cambiato, nel suo tono di voce e nel suo sguardo. Judai se ne accorse, alzando gli occhi verso di lei e puntandoglieli addosso, scrutandola in volto alla ricerca di qualche indizio.
    -    Sì- disse comunque – Qualsiasi cosa-
    -    Bene. Molto bene-
Judai rimase ad osservarla, interrogativo.
    -    Fermami-

Prima che potesse chiederle spiegazioni, Alexis gli si avventò letteralmente contro: sciolse le mani dalla stretta delle sue, le mise a coppa intorno al suo volto e lo costrinse ad avvicinarsi a lei con uno strattone.
Si schiantò contro le sue labbra senza che gli venne data possibilità di ritirarsi o controbattere. Fu un contatto immediato, quasi brusco, dal quale lui non riuscì a fuggire; nell'improvviso caos di sensazioni ed emozioni, la sentì schiudergli la bocca con la lingua e costringerlo ad uno scambio precipitoso e quasi rabbioso. Judai ringhiò qualcosa tra i denti, prima di costringerla a separarsi da lui.
    -    Dico, ma che ti salta in mente?!- le sibilò, scrollandola per le spalle – Ti ha dato di volta il cervello o cosa?!-
    -    ...Uao-
Alexis lo guardò con espressione quasi stupida, sbattendo gli occhi.
    -    Uao cosa?! Mi prendi anche per il culo?!-
    -    ...Mi hai fermata davvero-
Stavolta fu Judai ad osservarla come se le fosse spuntata una seconda testa e avesse cominciato a danzare intorno al fuoco vestita di un gonnellino di paglia.
    -    Ma CERTO che ti ho fermata!- esclamò poi – Cosa diavolo ti dice il cervello per attaccarmi così?! Come se tu fossi una cretinazza qualunque! Credi che io ti veda così? Vuoi davvero metterti a livello di quelle là?!-
Non ebbe altra risposta se non un singhiozzo isolato e un nuovo scoppio di pianto. Fu stavolta lui stesso a stringersela al petto, alzandosi in piedi e portandola in alto con sé: Alexis affondò il volto nell'incavo tra collo e spalla, stringendo i pugni sulla sua maglietta, Judai le accarezzò dolcemente la testa.
Mai situazione era stata più surreale di quella. Un attimo prima eccola lì, a ciondolare visibilmente sbronza, provocandolo involontariamente e facendolo esaurire dietro le sue idiozie, e un attimo dopo eccola attaccarlo con la ferocia di una consumata mangiatrice di uomini.
E poi eccola sciolta in lacrime su di lui.
Decisamente non l'avrebbe mai più fatta bere così.
    -    Ascoltami- le disse poi, sussurrandole in un orecchio - ...Credo di aver capito cosa intendi. E, ti prometto, TI PROMETTO che ne parleremo. Okay? Te lo devo-
La allontanò da sé quel poco che gli bastò per prenderle il volto tra le mani e asciugarle le lacrime con i pollici. Alexis si morse il labbro inferiore e abbassò gli occhi, posando le mani sulle sue.
    -    Meritiamo entrambi di chiarirci reciprocamente. Hai ragione, concordo su tutta la linea. Ma non possiamo farlo adesso, in queste condizioni, io stanco e poco lucido e...e tu quasi nuda e sbronza da fare schifo. Dobbiamo essere entrambi seri e concentrati, okay?-
Alexis annuì, senza rispondere.
    -    Facciamo così: vieni al Pharaoh's domani sera. Atem non c'è, potremo restare a parlare un po' di più insieme. Ci mettiamo uno di fronte all'altra, da persone civili e ADULTE quali spero che siamo e- e svisceriamo la cosa. Okay? Siamo migliori amici Alexis, supereremo anche questa. Ci stai?-
La ragazza annuì ancora, stringendolo a sé più forte che le riuscì.


****


Le era rimasto accanto con l'intento di aspettare che dormisse per dare una sistemata a tutto il caos lasciato nell'appartamento, e invece era stato poi lui a cadere addormentato tra le sue braccia. Nel silenzio innaturale che li circondava, con solo la vecchia sveglia analogica che dettava il passare dei secondi, Judai era poi stato risvegliato nel cuore della notte proprio da Alexis, o meglio dai suoi movimenti fuori e dentro il letto. Nel dormiveglia l'aveva sentita sgattaiolare da sotto le lenzuola, allontanarsi a piedi nudi per un tempo inquantificabile, entrando in un'altra stanza. Aveva sentito qualche cassetto aprirsi e chiudersi, finché lei non aveva fatto ritorno al letto.
Si era voltato verso la ragazza quando, con un ginocchio, aveva fatto lievemente cigolare le molle del materasso, e con una mano aveva acceso di nuovo l'abat-jour. Stropicciandosi gli occhi, Judai si era voltato verso di lei, sbattendo le palpebre per metterla meglio a fuoco: gli si era inginocchiata a fianco, quasi nuda non fosse stato per le mutandine, gli occhi che parlavano prima della bocca e un piccolo quadratino di plastica stretto nella sinistra.
Non avrebbe potuto essere più chiara neanche se gli avesse fatto un disegnino.
Era stato in quel momento che Judai aveva compreso che, muovendosi in quella direzione dove lei lo aspettava, si sarebbe trovato in un fottuto vicolo cieco. Un altro one call, come avrebbe detto Atem: poteva darle quello che voleva, consapevole che poi le cose si sarebbero complicate qualora decidesse poi di chiuderla lì, oppure provare a farla desistere, illuminandola con la promessa di sistemare tutto insieme la sera dopo.
Ripensandoci sopra, si era reso conto di conoscerla già la risposta, ma di volerla nascondere perfino a sé stesso. Se le raccontava davvero bene, le storielle.
Quando poi lei, spazientita da quel silenzio, gli aveva coperto la bocca con la propria, con una certa timidezza dettata dalla paura di un'altra, plateale respinta come quella precedente, Judai si era ritrovato a maledire Atem e tutta la sua stirpe. Perché gli avrebbe fatto comodo un potere come il suo, come quel suo dannato, invisibile terzo occhio che tutto vedeva, tutto sapeva e tutto prevedeva; perché gli avrebbe fatto comodo scrutarsi all'interno e trovare la risposta a quel turbine di domande che gli stava soffocando il cervello.
Perché la risposta ce l'aveva dentro, e si rifiutava di accettarla per qualche suo sordido motivo. Era quella stessa risposta che l'aveva fatto cadere dritto tra le sue braccia, crogiolandosi con lei in un lungo abbraccio e in tanti, piccoli baci, soffici e cauti, umidi e lascivi, lasciando parlare i loro corpi perché le parole erano ormai prive di alcun senso, in quel momento. Si era lasciato spogliare dalle sue mani dolci e accorte, alla calda luce di quella singola lampada sul comodino: Alexis era rimasta in silenzio per tutto il tempo, concentrata mentre lo privava degli abiti e lei stessa si toglieva quell'ultimo, inutile pezzo di stoffa che li separava, tornando poi a baciarlo quasi con urgenza, forse temendo il sorgere dell'alba.
Era ancora più bella, con quell'espressione assorta sul volto. E Judai non si era affatto sentito imbarazzato o fuori posto, in quell'atipica situazione: stavano entrambi oltrepassando quell'unico confine che entrambi avevano tracciato per anni ma nessuno dei due sembrava rimpiangerlo. In qualche modo, il giovane sapeva che era giusto così, che doveva finire così tra loro.
Non era parsa molto in confidenza con il sesso orale, almeno a riceverlo: come lei stessa gli aveva confessato dopo, con un sussurro quasi doloroso, non erano in molti che mettevano cura o attenzione al suo piacere. Era stato lui a rompere il ghiaccio, seppur con una certa riverenza, e per quanto lei poteva essere consenziente nulla aveva impedito che una sua timidezza di fondo la facesse riparare dietro le sue stesse braccia, nascondendo le labbra tumefatte dai morsi e gli occhi lucidi di piacere fin quasi a piangere. Le aveva riservato una dolce carezza e un bacio, quando si era lasciato scavalcare affinché lei ricambiasse quella cortesia.
Aveva spesso pensato a quelle mani sul suo corpo, doveva ammetterlo: aveva sempre ricacciato quelle visioni perché troppo...sporche, per lui. Troppo sporche e ingiuste, perché non aveva diritti simili su quella che era la sua migliore amica. Ci aveva spesso pensato, ma sentirle effettivamente, quelle mani morbide e delicate addosso, era tutta un'altra storia: nessuna visione o sogno poteva rivaleggiare quella sensazione di puro calore lì dove le sue mani l'accarezzavano, o le sue labbra lo baciavano.
Quando poi si era fatta sovrastare di nuovo, e gli aveva rivolto quel sorriso beato, non era riuscito a non imitarla a sua volta.
Era affondato nel suo corpo con una morbidezza esasperante, in cui neanche lui stesso si era riconosciuto: la paura di sbagliare, di travolgerla, di farle del male o ferirla in qualsiasi modo gli aveva posto un freno da cui aveva faticato a liberarsi, ma quell'amplesso fu il più dolce e desiderato in cui fosse passato. Niente di frettoloso, niente di furioso, niente di corroborante, solo una morbida onda che li aveva trascinati via insieme, mordendosi reciprocamente le labbra per non urlare.
E ora, con l'orologio del telefono che segnava le sei e un quarto, se ne stava ad osservare il soffitto, senza sapere come andare avanti.

One call, lo chiamava Atem. Vicolo cieco del cazzo. Judai si passò una mano sugli occhi, stropicciandoli con foga e mordendosi l'interno della guancia destra.
Aveva passato il confine...no anzi, l'aveva sfondato “a sapienti colpi di bacino” avrebbe detto un Yuma in pessima forma con le battutacce. E ora quante speranze aveva di tornare indietro e fare finta che non fosse successo nulla? Come diceva Yuya, una migliore amica non era solo una migliore amica, appunto, se ci finivi col fare sesso.
Stava rasentando l'esaurimento. Non sapeva più cosa fare, dire o pensare. Si voltò alla sua sinistra, osservando il serafico volto di Alexis, addormentatasi poco dopo la loro unione, e il suo bel corpo giunonico malcelato dal lenzuolo. Judai restò a guardarla in silenzio, indeciso se approfittare della sua immobilità per riservarle un'altra carezza, restare accanto a lei o andarsene alla chetichella.
Che cosa diavolo aveva fatto? Se lo stava chiedendo da che si era svegliato ormai. Quella vaga sensazione di star facendo qualcosa che non era assolutamente contemplabile si era fatta largo nel cervello a fatto già compiuto; dubitava però che avrebbe deciso di fermarsi se l'idea gli avesse attraversato la testa prima, e già questo la diceva lunga su cosa davvero pensava di tutta quella faccenda.
Mai aveva avuto le idee così chiare su di lei...su di loro, e la cosa lo destabilizzava al punto da terrorizzarlo. La guardò ancora, in silenzio, temendo di svegliarla anche solo col respiro. Col senno di poi si rese conto, non senza un brivido, che avrebbe voluto vivere quegli attimi ancora una volta, e ancora e ancora. Si portò le mani ai capelli, scompigliandoli con foga.

    -    Accidenti a me!- sibilò, afferrando il cellulare e selezionando il numero di Yusei per la chiamata.
Perché chiamare proprio lui, non lo sapeva. Forse perché era la seconda persona di cui si fidava di più, dopo Alexis: un ragazzo sincero e schietto come pochi, capace di donarti un abbraccio così come uno schiaffo e un biglietto sola andata per il Diavolo, se serviva, e senza farsi alcun tipo di problema. Gli serviva una voce sincera, qualcuno che potesse aiutarlo a schiarirsi il cervello.
Senza contare il fatto che non si sentivano da quasi ventiquattro ore, e non era tornato a casa, e probabilmente era anche preoccupato. Quel ragazzo aveva lo strano, innato istinto della mamma chioccia: non glielo poteva far notare senza rimediare un cordialissimo dito medio, ma anche Yusei sapeva che, nel profondo, il castano aveva ragione.
    -    Yusei!- sibilò Judai, appena sentì il suono della linea aperta, portandosi una mano davanti alla bocca – Oh per fortuna sei sveglio! Pensavo fossi andato già a dormire!-
    -    Jud?!- la voce di Yusei era carica di preoccupazione mista a sollievo nel sentirlo vivo – Dove diavolo sei?! Tutto a posto? Mi hai fatto preoccupare! Non ti vedevo da nessuna parte!-
    -    Aaaah...eheh, non preoccuparti, è tutto a posto! Sono vivo e vegeto, sano come un pesce! Per ora-
    -    Che sei vivo e vegeto lo sento, ma cosa vuol dire “per ora”? E perché sussurri?-
Nell'attimo di silenzio che si prese per decidere cosa rispondergli, Judai sentì il portello del frigorifero aprirsi. Gli venne immediatamente voglia di latte.
    -    Nnnnon sono da solo-
    -    Mi dici dove cazzo sei?!- ecco che cominciava a sbraitare...- Mi sto innervosendo! Sono stanco, voglio andare a dormire! Se è davvero tutto a posto perché mi hai chiamato? Devo venire a prenderti? Ti si è fermata la macchina?-
    -    Nonono, niente di tutto questo! Sussurro perché non sono solo!-
    -    E questo l'avevo capito, razza di...aspetta, con chi sei?-
Eh...non penso mi crederesti.
    -    Yusei...- Judai si schiarì un paio di volte la voce – Ti ricordi del discorso della scorsa settimana? Quello cominciato con Atem e Mana e le migliori amiche?-
    -    ...A grandi linee. Judai, taglia corto, ti prego, ho bisogno di dormire...-
    -    Ecco, chi era che diceva che uno non fa sesso con la sua migliore amica se la considera solo questo? Yuya?-
    -    Yuya sì, così mi pare. Ma perché--
    -    Ecco, temo abbia ragione-
    -    Ma CERTO che ha ragione! Se fai sesso con la tua migliore amica è perché non la vedi semplicemente come tale! Ci vedi qualcosa di più profondo in lei, magari provi attrazione per lei anche in un altro senso! Magari ti piacerebbe averla come compa--
Silenzio. Improvviso. Repentino. Quasi gli sembrava di sentire gli ingranaggi del cervello di Yusei rimettersi febbrilmente in moto, carburati a latte.
Silenzio.
E ancora s i l e n z i o.
    -    Yusei? Ci sei?-
    -    Judai, dove diavolo sei ora?!-
Judai sentì il portello del frigorifero chiudersi di scatto.
    -    ...A casa di Alexis-

La sentì, dapprima bassa, quasi rasposa, il ringhio sommesso di un vecchio lupo; e poi qualche singhiozzo, e infine Yusei scoppiò finalmente in una risata roboante e divertita. E allora Judai seppe che no, il suo collega non sarebbe stato affatto d'aiuto. Si voltò istintivamente verso Alexis: la ragazza arricciò il naso nel sonno, ma non aprì gli occhi.
    -    Smettila dannazione, la svegli così! Ti potrebbe sentire!- gli soffiò nella cornetta.
    -    Ma...ma io...cosa...sul serio?! TU?! E ALEXIS?!-
    -    Ehi, è capitato, va bene?! Era un po' brilla quando l'ho riportata a casa e--
    -    E te ne sei approfittato?! Judai, giuro che--
    -    No, casomai è stata LEI che ha approfittato di me!-
    -    ...nnnnnon ho capito-
Eh, e quando mai...
    -    Sì che hai capito, fenomeno! L'ho portata a casa, mi ha urlato addosso non mi ricordo che cosa, diceva di stare male e sentire caldo e che cosa devo dirti, me la sono ritrovata nuda davanti! Sembrava l'apparizione di Venere quando nasce dalla cozza, cazzo!-
    -    Venere non nasce da una cozza...-
    -    Sì vabbé cos'è quella roba, una conchiglia?! Dannazione Yus, che diavolo faccio adesso?!-
    -    E non chiamarmi così...! Cosa intendi?-
    -    Se si sveglia e si accorge del nostro stato, e si ricorda cosa abbiamo combinato, che ne sai di quello che potrebbe fare?!-
    -    Judai...io spero tu stia scherzando-
    -    Fottiti Yusei! Non è il momento adatto per psicanalizzare, qui la faccenda è straseria! Sono finito a letto con la mia migliore amica, e quel che è peggio è che lei vive ancora con suo fratello!- il solo pensiero risvegliò in lui un'atavica paura – Se Atticus viene a saperlo mi appiccica al muro con uno schiaffo, e voi dovrete cercarvi un altro chef!-
    -    Quello potrebbe essere un problema, effettivamente-
Più in là, oltre la stanza e il corridoio, la porta d'ingresso si spalancò, e una voce maschile trillò chiamando Alexis.
Per Judai fu come una doccia gelata.
    -...Oh CAZZO!-
    -Judai? Ehi, Jud?! Judai!-

Il castano già non udiva più la voce del suo amico, impegnato com'era a sgattaiolare fuori dal letto: il lenzuolo gli si avvinghiò bastardamente a una caviglia, spedendolo dritto per terra, a pochi centimetri dai suoi pantaloni. Soffiò un'imprecazione, raccattò tutti i suoi abiti e si nascose dentro il grosso armadio a muro proprio mentre Atticus faceva il suo ingresso nella stanza.
    -    Sooooorellinaaaa!-
Il richiamo stranamente melodico del maggiore fece destare Alexis: la ragazza sollevò lo sguardo, mettendo a fuoco la figura di Atticus e la sua improbabile camicia hawaiana. Ne aveva a decine, tutte diverse per colori, stampe e materiale, e diventavano parte integrante del suo abbigliamento estivo insieme alla muta da surf. Alexis rispose al suo buongiorno mugolando qualcosa e alzando una mano.
    -    Abbiamo bevuto anche stasera, eh?-
    -    Mmmmh...-
    -    Poi mi spiegherai che male ti ha fatto quell'orologio per staccarlo dalla parete con una scarpa, se volevi cambiarlo bastava dirlo! Oh, ecco, questo dovrebbe essere tuo!-
Un soffice tonfo le indicò che il suo reggiseno era planato a pochi centimetri dal suo piede sinistro.
    -    Da quanto tempo sei tornata?-
    -    Nnnnnon ricordo. Perché?-
    -    Perché l'auto di Judai è ancora qua sotto. O meglio, CREDO sia quella di Judai...queste diavolo di Mini Cooper sono tutte uguali! Ma questa non ha quella palletta di pelo con gli occhioni allo specchietto, quindi...bah, sarà un modello simile-
    -    ...-
    -    Tutto bene, Alex?-
    -    S-sì...sì-
    -    ...Mh! Bene! Vado a farmi una doccia, okay? Ti va di fare colazione fuori o hai lo stomaco in subbuglio?-
    -    ...Fammici pensare-
    -    Tutto il tempo che vuoi!-
Atticus uscì dalla stanza canticchiando qualche sconosciuto motivetto; fu solo dopo aver udito lo scrosciare della doccia che Alexis, di slancio, scattò in piedi mentre Judai spalancava l'armadio, vestito di tutto punto...come diavolo aveva fatto, dentro l'armadio?!
    -    Judai!- esclamò Alexis, sorpresa – I-io...-
    -    Nnnnnon dire niente Alex! Nnnnon dire niente!- la esortò lui, alzando le mani quasi a volersi difendere da qualcosa – Ne-ne parliamo stasera al Pharaoh's come promesso, okay? Fammi andare, prima che faccia una brutta fine!-
Senza indugiare oltre, Judai coprì la breve distanza che li separava con un ultimo bacio, prima di uscire in punta di piedi dalla stanza. Alexis lo sentì chiudersi la porta alle spalle con quanta più dolcezza gli riusciva.


Poco prima di entrare nella cabina per la sua ristoratrice doccia, fu quasi per caso che Atticus Rhodes guardò fuori dalla finestra e notò la Mini Cooper rossa fare bruscamente retromarcia, sfiorando il paraurti della BMW dietro di lei in un bacio mozzafiato prima di uscire dal parcheggio e scattare con uno stridore di gomme; in quell'esatto momento, la moto di Yusei Fudo frenò bruscamente in mezzo alla strada. Il suo pilota si voltò, alzando la visiera del casco, prima di dare gas e costringere la moto ad una brusca girata, puntando il piede sinistro a terra e facendo pattinare la ruota posteriore, prima di partire con l'anteriore sollevato all'inseguimento della Cooper.


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Le cose si fanno complicate adesso.
O meglio, le cose erano davvero molto semplici fin dalla prima battuta, ma un CRETINO a caso (AKA Judai) ha temporeggiato e negato a sé stesso quello che in realtà ben sapeva da taaaaaanto tempo. E ora? Come Yuya ha detto tempo fa, una migliore amica non è più solo questo se finisci col farci...lui ha detto sesso, ma quello che Judai ha concesso a Alexis qui è amore.
Che poi lui lo neghi a sé stesso con una convizione quasi disperata, quello è un altro paio di maniche.

Numero dodici, signore e signori! Come sta andando? Io sono finalmente riuscita a mettere le mani su un vecchio portatile che avevo eclissato in un armadio, in atesa del ritorno del mio fidato PC fisso: c'è di meglio nel lotto dei netbook attualmente disponibili sul mercato ma so che c'è anche di peggio e quindi mi accontento di quello che ho! L'iPad è figo ma per certi lavori di scrittura è abbatanza scomodo: preferisco usarlo per giocherellarci e per disegnare.
Allora, cosa abbiamo qui? Per cominciare, lo metto subito in chiaro anche se credo sia ben intuibile: questo capitolo ha rivissuto la serata allucinante di Judai in compagnia di Alexis, riallacciandosi poi allo stesso punto con cui ci eravamo fermati nel precedente capitolo. Ergo, Yusei che corre a salvare quel disgraziato del suo coinquilino/migliore amico prima che un certo fratello maggiore ne faccia sfilacci. Ora sappiamo per filo e per segno cosa diavolo è successo in questa serata da capogiro dove finalmente Judai ha ceduto di schianto: pur opponendo una stoica resistenza nulla ha potuto contro l'evidente forza di un sentimento covato nel tempo. Era in fondo solo questione di tempo, appunto, perché sfondasse quella sottile linea di confine che aveva tracciato per difendere il suo rapporto con Alexis: meglio tardi che mai si dice, ma ora abbiamo un Executive Chef in piena crisi mistica che ha bisogno di tanto supporto morale! Non date nulla per scontato, il ragazzo è davvero in crisi. Starà a lui trovare il coraggio e le forze per uscirne.

PREMETTO UNA COSA. La storia del latte come rimedio post-sbronza. RAGAZZI. Vi ricordate del discorso della Sprite, accennato qualche capitolo fa, come altro rimedio per "riacchiapparsi" dopo una sbornia? Ecco, quella è una teoria tutta made in Internet. Stessa cosa con il latte! Di certo latte e burro sono una mano santa contro il bruciore di stomaco e di gola conseguente, ma non vi sono assolutamente prove certe che questi siano entrambi dei rimedi contro ubriacature varie. Ve lo grassetto anche così son sicura che lo leggete. So che siete tutti in grado di distinguere perfettamente la realtà dei fatti dei giorni nostri dalle leggende del web, ma qualche avvertimento in più non guasta mai. Non sia mai che mi venite a cercare sotto casa perché avete provato a farvi passare una sbronza con del latte e avete per assurdo peggiorato le cose...
Dopodiché, se vogliamo parlare di quanto Judai e soprattutto Yusei siano amanti del latte, beh...quello penso sia ben chiaro xD è Yusei stesso a chiedere del latte al bancone del pseudo-saloon di una città che fa il verso ai migliori western di Sergio Leone. Diciamo che ora Judai l'ha amato ancora di più 'sto latte, considerata la bella visione che gli ha regalato.

Ragazzi! Non c'è molto da dire su questo capitolo, in fondo si spiega un po' per sé. Ma se avete qualcosa da dirmi al riguardo parlate pure, lasciate una recensioncina o che ne so. Ora che ho un PC effettivo mi sarà per me molto più semplice rispondervi, e considerato che ho il netbook quasi sempre con me perché lo porto anche in università sarò sempre pronta a scrivervi! Studio permettendo. Oh, ce n'è sempre una eh.
Vediamo chi ha spottato Kuriboh Alato qui!

Un bacione,
92Rosaspina
   
 
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