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Autore: queenjane    30/11/2018    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Mangia”
“NO”
Alexei e Felipe alle prese con la pappa, sorridevo sardonica, il mio amato, viziato e recalcitrante primogenito aveva molti tratti in comune con suo zio, prassi e tradizione, entrambi erano carenti di appetito. Risi senza intervenire, Alexei sbuffò “Io ero così?”
“Pure peggio...”
“Gentile.. “
Anni ed assenze,  il reciproco amore mai veniva meno, Alexei era una meraviglia un mondo sconosciuto eppure noto e viceversa.
Lo chiamavano Baby, Little One, Alyosha.

Era bellissimo, con stupendi riccioli castano chiaro, quando sorrideva aveva le fossette, i lineamenti regolari e perfetti, gli occhi azzurri, zaffiro od indaco, una sfumatura delicata come quella del mare quando sorge l’alba, che diventavano grigi quando aveva qualche pensiero.

A quei tempi, fino a tre o quattro anni, ai maschietti si facevano allungare i capelli, portavano spesso vestine con le gale e i ricami, pareva una bambola e tanto non lo era.
Era viziato, bizzoso, quando voleva qualcosa prendeva per sfinimento, se qualcuno osava negargliela, aggiungiamo che era giunto dopo anni, attese infinite ed era il solo maschietto, erede, il centro dell'universo per i suoi genitori.Ed era vivace, intelligente, molto dolce, se sorrideva sorridevi a tua volta, se non eri di pietra.

Il mio piccolino, annotavo tra me, che quel giorno mi fece prendere una sincope.
Ero entrata nella mauve room di sua madre a prendere il suo ricamo, già allora avevo una mia indipendenza che portava via, ritenevo che potevo far da sola piuttosto che dipendere da cameriere e lacchè, Alix non si rassegnava alla mia inettitudine in materia e cercava ancora di insegnarmi, e le davo retta, buona la volontà e pessimi gli esiti, i miei ricami erano buoni solo per orlare gli stracci da cucina, come ad oggi sono rimasti.
Allora, aveva detto sopra il cassettone e.. Sbarrai gli occhi, era impossibile. 
Era sopra il mobile. Lo zarevic.. una sedia lo aveva aiutato ad arrampicarsi, come aveva fatto a scavalcare il suo lettino e giungere indisturbato fino a lì, possibile che non avessero notato la sua evasione?.
“Ciao, Cat”Solenne.  Oddio, ma non doveva fare il riposino? Come era riuscito a evadere..?Vai a vedere che aveva ragione la zarina madre quando annotava che tate e nurses si prendevano troppe pause e non sorvegliavano gli imperiali bambini, specie lui che era mercuriale e vivace come una lepre marzolina.

“Ciao, Alexei, che fai?”Se mi muovevo in fretta od urlavo, si sarebbe spaventato e rischiava di battere una testata, già allora avevo notato che stava spesso poco bene, passava molto tempo a letto. Non sapevo che cosa avesse, di quei tempi in modo preciso,  tranne che avevo ben visto come a volte scoppiasse a piangere senza apparente motivo,  indicando le gambe, un gomito.. che aveva urtato un mobile o aveva preso una storta. E urlava per ore, fino a gemere, un filo di voce, senza mangiare o dormire, sua madre non lo lasciava mai. Alcune volte, quando diceva Cat e si capiva che mi voleva, mi mettevo vicino a lui, senza toccarlo, che avevo paura di fargli male e sorridevo, raccontando a caso, di tutto un poco, fino a quando non si addormentava. Ero un terremoto e per lui una quieta brezza, Alix avrebbe fatto di tutto per tenerlo tranquillo e io ci riuscivo. E non chiedevo nulla, la mia curiosità che sfiniva diventava muta dinanzi ad Alix e a quei suoi occhi desolati, impotenti. E alle volte mi ero appisolata io pure e sentivo poi le sue manine tra i capelli, sul viso, cercava un contatto, e mi ritraevo, era fragile come un cristallo veneziano, avevo timore di fargli male, anche non volendo.


E avevo paura anche in quel momento, se prendeva lo slancio e si faceva male poteva accedere di tutto come niente. Ricordai che un fratello della zarina, Frittie, era morto a tre anni per i postumi di  una caduta.
Io a tre avevo tirato via la trina sul ripiano ove erano posate delicate porcellane di Meissen, Sevres e Limoges, causando uno sfracello di cocci e non avevo riportato lesioni, tranne che due cene saltate. Fino ai 5 o 6 anni poi ero sempre piena di tagli, lividi e ferite, come Olga, due campionesse nel combinare guai, saltavamo dappertutto e inciampavamo in continuazione, e quella era la meno dei guai che combinavo.
In un’altra occasione, quando avevo aggiunto righe e spirali  contorte e colorate con i pastelli ai diletti quadri delle ninfee di Monet che mia madre collezionava, Ella non mi aveva rivolto parola per una settimana. Tacendo della volta che ero montata su un cornicione e non volevo scendere, era stata messa una scala in appoggio al muro e mia madre in persona era dovuta salire per convincermi a farla finita. E non avevo visto Olga per un mese filato, tale era stata la sanzione, dopo che avevo dato a mamma la viola del pensiero che avevo trovato.. per te, mio padre non ti regala mai un fiore od un gioiello, fatto io..E lei si era commossa, tranne che non poteva lasciare correre. Ed ero magistrale nello svincolare ed evadere. Insomma, ero stata ( per alcuni lo ero ancora) un terremoto ambulante e sapevo riconoscere un mio pari.

“Bimbo vola” Eh? Stai a vedere che Anastasia gli aveva raccontato di Peter Pan, in quel periodo ci si era fissata, saltava sul materasso pretendendo di volare.
“Peter Pan, dici?” Mi avvicinai di un passetto, lui rise mostrando i dentini da latte, un sorriso incantato.
“Bimbo vola..ora” ogni tanto si definiva bimbo, rammentai. Batté le manine. Ora vuole volare LUI.. Un brivido di orrore mi serpeggiò tra le scapole..se lo lasciavo per cercare rinforzi con ogni probabilità si sarebbe lanciato.
“Molto bene, ma la polverina la ha, bimbo? Quella magica, per volare, dico” fece una smorfietta “Che sennò gli viene una cicatrice come a me.. Io sono volata da cavallo, sai, glielo dici tu a Bimbo”raccogliendo il gioco e la sfida.
“Vedere..”
“Ecco … tocca”mi scostai le ciocche dalla fronte e vide il rilievo, intanto mi tesi e lo presi tra le braccia, era in salvo, distratto.era in salvo, distratto, con il piffero che lo avrei mollato

Bua?” mi diede un bacio, era un modo per far cessare il dolore.
“Sì.. E faceva male, tanto” una pausa, mi sedetti su un divanetto, sempre tenendolo addosso, la sua testolina sulla clavicola, un braccio che gli circondava il sederino avvolto dal pannolone, mentre cercavo di calmarmi, gli sistemai il vestitino, i capelli spettinati, indecisa tra riempierlo di baci o tirargli uno sculaccione. Glissai entrambe le ipotesi. Lui non è tuo, ricordalo .. lui non è nessuno per te e tu non sei nessuno per lui. Il buonsenso contro la tenerezza che mi ispirava, indoviniamo cosa prevalse “ Le ali tra le scapole mica le hai, zarevic, volano gli aerei, gli aquiloni, mica i bimbi, sai..” gli posai il pugno contro la schiena"O gli angeli, ma tu sei troppo birichino, che sbuffi, è vero".

“Portami da Mamma, io sono bravissimo” ordinò, obbedii in automatico e Alix sbarrò gli occhi, mi aveva chiesto il ricamo e tornavo con suo figlio, che mi aveva sciolto la treccia e strattonava le ciocche abbarbicato addosso.. che teoricamente doveva fare ben altro che essere là. Le venne in mente che potevo averlo preso di contrabbando, disobbedendo alla consegna che non doveva essere disturbato quando dormiva, salvo scuotere la testa, era la sorpresa, potevo essere e spesso ero una spina nel fianco, tranne che non lo avrei mai messo in situazioni pericolose.

Eravamo nella balconata che correva intorno al Palazzo di Alessandro, nella bella stagione amava trascorrere lì del tempo, per prendere aria, che aveva spesso mal di schiena e sciatalgia e camminava ben poco, ricordo il vento portava il profumo delle rose, così intenso da stordire, come fumo.
“Tesoro..” vezzeggiò il bambino, scoccando a me una curiosa occhiata, io avevo la lingua annodata e mi sedetti che avevo le gambe in gelatina, mi aveva accorciato la vita di un paio d’anni, il monello.

Anastasia si prese una punizione memorabile, che raccontava quelle storie a quel bambino irrequieto e vivace, io dei complimenti, che l’avevo ben gestito, Alix prima di inalberarsi aveva ascoltato quello che voleva lo zarevic e avevamo ricostruito l’accaduto. La tata venne licenziata, con buona ragione, aggiungo io.


Ed Alessio la capì, che mi ero spaventata, era piccolo, mica fesso.
Mangiava ben poco e se qualcuno lo imboccava, della serie, un boccone, una frase di una storia, riuscivamo nell’impresa di fargli spilluzzicare qualcosa. In questo settore, delle storie, io me la cavavo, era una prassi, dato che era viziatissimo, l’imperatore dei viziati, lo chiamavo io, tranne che se iniziava a tirare molliche di pane o serrare le mascelle, mi zittivo, rincominciando quando smetteva di essere birichino, anche se lui si riteneva bravissimo, la modestia non era il suo principale pregio, in ogni caso .
“Paura ..?” Mi interruppe nel mezzo di una frase, avevo rimesso il cucchiaio nel piatto, pazienza non lo avrei forzato, e continuavo a raccontare. Sollevò un sopracciglio castano, interrogativo. “Su cosa?”
“Per volo..”
“Abbastanza, zarevic.. Non ne vuoi più, eh?  Di minestra“ scrollò la testa “Ma storia la vojo.. e se non mangio tu stai zitta”che la prassi era quella, collaudata da un pezzo.“ ”
“ E dai, per oggi finisco, se non ne vuoi più va bene così”
“Allora tanta paura, tu..” Non risposi, tanto aveva inteso. Mi tese le braccia e sciolsi le cinghie del seggiolone, mettendogli le mani sotto le ascelle, attenta che non urtasse gli spigoli "Braccio Catherine"lo raccolsi in grembo, togliendogli il bavaglio, mentre lui si ripuliva il mento usando il davanti del mio vestito. Nessun rilievo, allora la capì di più ancora che mi ero ben spaventata.
“Volare senza ali la vedo dura, però abbiamo gli alianti, i biplani e mongolfiere e dirigibili..”
“Racconta..”
“Bada bene che nessuno dei piloti è volato dai mobili” Rise della chiosa.
“Tu da cavallo.. però”mi rimbeccò, preciso.
“ E te lo sconsiglio, come esperimento, di battere testate, poi vedi tu” scrollò le spalle, gli avevo posato il mento sui capelli, registrai le sue gambe intorno alla vita, lo cinsi ancora con le braccia, doveva stare comodo, percepii la stretta delle sue mani sul collo, lo raccolsi ancora più stretto, lo baciai sulla fronte, rise. “Non è una buona idea, vero” .

E il giorno dopo apparve il primo modellino di un aliante, comprato nel più bel negozio di giocattoli della capitale, Alix accettò il mio consiglio, fu il primo di una lunga collezione che lo appassionò sempre, ne avevamo anche ad Ahumada.
“E va bene Felipe, te ne racconto una io, di un bambino che voleva volare da un cassettone e di una RAGAZZINA che lo prese al volo”
“Ogni riferimento è voluto, presumo”

 
 
Nel corso dell’estate del 1907 rimasi presso la famiglia dello zar, venni invitata alla crociera di fine estate, evento non occasionale, che mia madre voleva finire in pace la gravidanza, concentrandosi sul parto imminente, dopo anni come figlia unica mi toccava quella sorte. E merito soprattutto dello zarevic, che quando aveva saputo del viaggio ne era stato ben contento, salvo fare una bizza colossale ( ..della serie urla a gola spiegata oltre che buttarsi per terra...il viso arrossato, rimanendo senza fiato da quando urlava, per paura che sbattesse da qualche parte aveva ottenuto una pronta concessione, i calci che mi tirava contro lo stomaco erano cosa a parte) apprendendo che io probabilmente sarei stata a Pietroburgo. Preciso che non ero presente, né gli avevo fatto accenni, era comunque pauroso come era viziato. Già, tranne che allora non lo sapevo, dell’emofilia, però avevo ben notato che la sua camera era piena di piumini e sacre icone,  (i primi per evitargli urti, le seconde come misura protettiva) che era monitorato a vista da tutti, che gliele davano vinte quasi tutte per tema che tirasse un calcio. E se si faceva male doveva stare a letto, la zarina era in ansia costante, come se fosse un bambino di neve, di fumo, che si sarebbe dileguato alla prima occasione. E lui era intelligente, lo aveva ben capito anche quando era davvero piccolo, che poteva fare come voleva e avrebbe avuto tutto.. Tranne la salute. Poteva essere capriccioso, autoritario e snervante, e i pregi oltrepassavano i difetti.

Una tregua, osservavo mia madre, il suo corpo dilatato, ogni tanto le posavo una mano sul ventre, come quando la zarina aspettava Aleksey, mi veniva da ridere e da piangere insieme, non sapevo se augurarmi un fratello o una sorella. E mamma me ne faceva già correre tante, non poteva sempre pensare ai capricci e ai sussulti di una principessa adolescente.

“Ciao Catherine” Osservavo che era viziato, tranne che era irresistibile, quando sorrideva dovevi essere senza cuore per non sorridere a tua volta. “Salve zarevic, come state?” il solito gesto, mi tese le braccia e me lo accostai vicino, raccolto sul fianco, lui mi aveva posato la guancia sulla spalla. “Trottola”che brandiva, lo posai e fece vedere quanto era bravo.”Ciao” “Ciao Alexei amore”

Vestivamo alla marinara, correndo su e giù dal ponte, un girotondo dietro un altro.  Vi sono delle riprese e delle foto che mostrano i fratelli imperiali in questo gioco, ridono e saltano, i visi pieni di gioia di vivere, il vento porta le loro risate. Lo so, che diverse ne ho fatte io, così avevo la scusa per non essere inquadrata, la mia ritrosia per le foto et similia era leggendaria, venivo decente giusto se non ero avvisata.
 E coglievamo fiori e osservavamo le acque e le farfalle, ridendo per tutto e nulla.  
E passeggiavamo su bordo mare, i piedi nudi e le gonne tirate su i polpacci magri e abbronzati, cercando di prendere un pesce con un retino, le stelle in un cassetto.
 
Raccoglievo i capelli in una treccia voluminosa che mi pioveva sulla schiena, quando Aleksej non era nei paraggi, si divertiva a sciogliermela e poi a giocare con le ciocche..e ripassavo le sillabe di greco, inutile dire che avevo preso in mano l’Odissea.
Olga, of course, preferiva l’Iliade e Achille era tema di discussione e confronto. Era la più dotata e precoce tra i figli dello zar, avida di sapere e cultura, la sua intelligenza era un dono da sviluppare.
“Era il guerriero più forte, il terrore dei nemici”
“Era un irruento, agiva in preda all’ira e poi si pentiva. A me piace il re Ulisse, astuto e saggio”
“Che fa vincere con l’inganno”
“ Ma  viaggia e torna a casa sua”
“Achille fece una scelta, una vita breve ma gloriosa rispetto a una lunga e nell’oscurità” Scrisse quel nome sulla sabbia.
ACHILLES.
“E il mondo ancora lo ricorda e parla di lui”
“Sì, ma quando Ulisse lo trova come ombra nel regno dei morti, Achille rifiuta le sue lodi.. Afferma  "Vorrei da bracciante servire un altro uomo,senza podere e non con molta roba,piuttosto che dominare tra i defunti!"...
Sorrise e non rispose, uno sguardo tenero.

Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine”.. quante cose che ricordo.  Quelle mattine che odoravano di onde salate e caprifoglio, di promesse e risate, per non tacere degli sguardi teneri che lanciavi alle colazioni, frutta fresca e panna, appena una tazza di the, altri gusti condivisi, io e te, o te e io.. che dire, eravamo in sincronia pure su quello..”
Un pomeriggio ero su una sdraia, mezza appisolata, quando mi misero lo zarevic in braccio, mi tesi in avanti per stringerlo “Che c’è?” “La nuova lagna..”chiosò Tanik, alle sue spalle colsi la tata che roteava gli occhi “Deve fare un riposino e nulla” si stropicciava gli occhi, i capelli, era in modalità piagnisteo che snervava e logorava, lui in primis “Vojo Catherine “ mi batteva la spalla, il sonno mi era andato via“ E ora dove siete, zarevic” si rannicchiò contro di me, il pollice in bocca “Sonno no..”la lamentela  “Chiudi le palpebre, se il sonno non c’è mica viene a comando” “NO.. comando io” “Prova, se non lo hai mica viene, io comunque dormo, rischi di rimanere bloccato qui” “Bene..” mi cacciò la testa sulla spalla, gli massaggiai la schiena. “Sonno no..” Anche sì, gli tolsi il pollice di bocca dopo un poco, dormiva, guarda caso, il palmo contro la sua spalla, ruotando il busto per metterlo più comodo, dandogli un bacio sui capelli castani.

Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine”… tra poco avresti avuto anche tu un fratello od una sorella, con Aleksey facevi un lungo ed intensivo apprendistato. Te lo mettesti contro il busto, il mento sopra i suoi capelli, serrandolo con le braccia, senza dare retta alla sua lagna costante, come aveva detto Tata, comunque ti facemmo  una bella foto.. A presa di giro, lo detestavi, essere fotografata“Si è addormentato e io sono bloccata” brontolasti sottovoce “..questo monello” e tanto lo pensavi, anche senza dirlo, che era l’imperatore dei viziati, come lo chiamavi”

Che andava in giro, sfrecciando a destra e manca, salutava gli ufficiali dando la manina, salvo poi scappare dietro a uno degli animali di bordo dello yacht, ovvero.. the cats, i gatti. Se diceva “Cat”, in inglese, mi voltavo, era sia il mio nomignolo che un modo per indicare le dette bestioline, si buttava per terra, l’urto reso minimo dall’imbottitura del pannolino su cui atterrava “Bimbo comodo” annotava, furbo, prendendo il micetto. “Bimbo simpatico” sussurravo e lo prendevo in braccio dandogli un bacio al volo, affettuosa e possessiva, anni dopo Alessio sosteneva che le mie braccia erano tra i posti che più amava al mondo.


 
   
 
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