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Autore: queenjane    01/12/2018    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Aleksey aveva la scusa di essere piccolo e di non avere il senso del limite e del pericolo, io nemmeno quella.
Dopo la caduta rovinosa del marzo 1906, avevo ripreso a cavalcare, dopo mesi e con una fatica immane, su un placido castrato e tanto avevo sempre paura di cadere e farmi male.
E ancora, alle volte, avevo delle trovate impulsive e scriteriate che non si sa da dove uscissero.
“Io ora come ora non posso cavalcare più, per la gravidanza.. Ma so che ti piace Moon”il suo purosangue arabo., lo guardavo palpitante, rapita, era stupendo agile e nervoso. 
“Ella, questa ragazza non lo monterà mai, è rigida come un palo e..quello è uno stallone irrequieto, prima forse sì, adesso..” la frase gentile del principe Raulov, che ignorai piovve sulla colazione che stavamo consumando, era la meno delle sgradevolezze che mi riservava.
“Lo posso cavalcare, Maman?”
“Se vuoi sì..”


Lo avevo saputo  in via ufficiale nella primavera del 1907, da un pezzo avevo intuito cambiamenti in arrivo.
Mia madre soffriva di emicranie e nausee, non andava a cavallo, il suo viso era più rotondo e paffuto, si posava le mani sul ventre, lo sguardo sognante.
“La principessa Raulov avrà un figlio. Dopo tanti anni aspetta un bambino. Speriamo sia un maschio”
Tutto si riduceva a quello una femmina non porta avanti il nome di famiglia, eredita ben poco, rappresenta  un peso, deve dare una dote, se ha fortuna è solo un vaso, un alambicco, un contenitore per il maschio, un tramite tra due generazioni.
Anche una come mia madre, splendida, ineguagliabile , che amava la musica e i libri, cercava di fare il suo dovere e faceva la carità e cercava di rendersi sempre utile.


Tecnicamente non avevo disobbedito, pensai tra me, Mamma mi aveva dato il permesso, tranne che lo avevo fatto preparare con una sella maschile. “Siete sicura, principessa?” “Certo che sì, grazie” con un luminoso sorriso e salii.


La meraviglia.
La sensazione di essere in cima al mondo.
Battei piano con i talloni, le redini strette.
Testa alta, mento in fuori, guarda avanti e ..
La magia.
Volavo saltando muri e barriere, senza misura, facendolo rampare sulle zampe posteriori, via al galoppo, senza freni.
Una impresa epica, visti i precedenti
E un miracolo che non mi fossi rotta le ossa. .


“Ti è piaciuto, eh”
“Sì mamma. Ho montato ad uomo” tanto valeva affrontare il discorso, lei posò il libro, scrutandomi con attenzione “E allora..”posai gli occhi sulle gardenie dentro i vasi, il nécessaire per scrivere con il suo monogramma “E R”, Ella Raulov, tornai a lei che non sembrava arrabbiata.
“Cavalcare è la tua passione, sarei inutilmente cattiva a proibirtela o metterti in punizione.. A uomo, non hai paura, vero?” scrollai la testa, sorvolando che quando avevo avuto l’incidente montavo all’amazzone, sarei riuscita a controllarlo se avessi usato la sella maschile, tranne che non era comme au fait. Lo sapevo io e lo sapeva mia madre, tranne che era indecoroso che una ragazza filasse come ero filata io oggi.
“E va bene, fai come credi, mi affido al tuo buonsenso, mi fido di te”la abbracciai ridendo, sussurrando "Grazie" tra un bacio e l'altro.



Nel 1906 mi ero quasi ammazzata per una caduta da cavallo, rovinosa, la cicatrice sulla fronte restava come un monito, una stella.
“CAT!!” Olga mi diede una spinta, ruvida, inattesa, salvo poi abbracciarmi, tanto forte da farmi male alle costole.
Era venuta a trovarmi nell’alloggio dei Raulov a Carskoe Selo, ogni tanto capitava anche quella grazia, che uscisse dal Palazzo di Alessandro e dintorni senza sorelle al seguito, con solo la scorta dei cosacchi, un adulto come supervisione. A quel giro accompagnava sua zia Xenia, una delle due sorelle dello zar, che era passata da mia madre per non so quale incombenza e si era eclissata come un fulmine insieme a me.
“Idiota .. che vuoi dimostrare? Sei coraggiosa ma cosa rischi” Mi insultava e mi coccolava, il sollievo che si mescolava alla rabbia, mi aveva spinto, poi abbracciato, baciato sulla fronte e le guance, tastato per vedere se ero tutta intera. Era impazzita? Sul momento ignoravo di essere affetta da demenza cognitiva o simili.
“Io.. che avrei combinato, scusa?”che non mi risultava di averle fatto nulla, sul momento ed ero troppo giovane per soffrire di arteriosclerosi, o speravo, ribadisco. “Hai montato Moon, saltando a destra e manca, ecco cosa, dal ronzino sei salita su una specie di Pegaso..Lo ho saputo per caso e basisco”
“Ah..”
“Non devi dimostrare nulla. Sei coraggiosa, magnifica.”mi conosceva bene e mi capiva meglio ancora, allora e poi
“Sono una femmina.” Una, sola amara constatazione.
“Sei mia amica e ti voglio bene come alle mie sorelle. “Un sussurro furtivo. “E non mi importa, anzi, se fossi un maschio non potremmo essere così legate, non sarebbe conveniente.”
“Grazie, Olga, non cambiare mai.”
“Non cambiare mai tu, piuttosto.”
“Stai piangendo?”poi.
“Non credo."Invece era il contrario, mi sentii un Giuda, una traditrice a pieno merito.
“Bugiarda. Scusami"Stringendo il suo viso sottile e amato tra le dita, la serrai contro di me, una stretta breve e affettuosa.
“Forse, idiota, mi hai fatto schiantare di paura, che ti è entrato in testa, all’amazzone non riesci a gestirlo.. rischi di volare un’altra volta, come se la precedente non ti fosse bastata, hai avuto già fortuna e ..” una pausa vedendo che mettevo il broncio“Voi Raulov avete cavalli splendidi, degni degli allevamenti imperiali e tanto..”
“Lo so gestire”
“Hai impedito ad Alessio di lanciarsi da un cassettone, che ora facciamo volare gli aquiloni, gli piacciono aeroplanini e via così e .. Si e' fissato grazie a te e.. TU sei impazzita.”
“Monto ad uomo” l’acchiappai per mano, filammo alle scuderie, definirla basita era un eufemismo. “Guardami, almeno ci crederai”  lo stalliere provvide subito e montai di corsa, in uno svolazzo di gonne e risate, limitandomi ad un giro nel cortile esterno, lo feci alzare sulle zampe posteriori e fece due piccoli balzi “Questa figura si chiama corvetta e non c’incastra nulla con le navi militari”

“Come si chiamava la regina delle Amazzoni,  Enciclopedia ambulante Raulov che sei?”
“Ippolita”soffiando il the caldo sopra la tazza di fine porcellana “Mica Catherine! “roteò gli occhi, divertita.”Per ora”
“IMMODESTA”

" A cosa stai pensando, Olga?"un gioco che facevamo spesso, fin da piccole. Lei in genere propendeva per il cielo, le nuvole, il sole, cose correlate al Paradiso, quindi avevo vita facile a indovinare. "Che potresti lavorare come acrobata in un circo" spiazzandomi. "Ma anche sì.." scherzando. Le serrai una mano tra mie, sussurrai.." E non ho più paura, sai.." " Lo so. Non era una questione di se ma di quando" E mi venne in mente Andres Fuentes, la volta che nell’arena di Granada faceva rampare il suo cavallo, come un antico guerriero. Il picador senza paura. Chissà perché, ebbi l’idea che a lui sarebbe piaciuto il mio nuovo modo di cavalcare, forse gli avrebbe strappato un sorriso.
 
Caldo, atroce, come dentro una fornace, anche se l’esperienza mi mancava.
E freddo, brividi che mi facevano battere i denti, il mal di testa così atroce che svenire era la sua via di fuga.
Un torpore costante, da cui emergevo a tratti, vedendo il viso di mia madre, dolce e pensoso come una mezza luna che sorgeva sopra le colline, la imploravo di spengere il sole, che la luce mi faceva lacrimare gli occhi e rincominciare l’emicrania.
Ed il prurito, su tutta la pelle.
“Ciao, Catherine” ecco la voce di mia madre, il suo tocco sulla fronte, da capo.
Gracidai un saluto, mi posò un dito sulle labbra “ Tesoro mio, non parlare, hai preso il morbillo, in maniera violentissima” la voce quieta come seta. La memoria tornò, realizzai. “Ho contagiato il mio fratellino?” Alexander nato nel settembre 1907 ed, inorridita, tirando su la testa dal cuscino con uno scatto di energia. Sul momento realizzai che mancava qualcosa, sentivo la testa leggera, tuttavia mi tesi verso Ella “No tesoro .. Mi dispiace, avevi insistito così tanto per portare i tuoi giocattoli all’orfanotrofio e .. la tua tata è un’idiota, non si era accorta che due bambine stavano male e.. “
“Quanti sono morti? L’ho passato a qualcuno? Ad Olga, per esempio?” Scosse la testa, il morbo era contagiosissimo, virale, guarda l’ironia, per una volta che facevo qualcosa di generoso, mi andavo ad ammalare.
“Nessuno.. ma ce la siamo vista brutta. Abbiamo dovuto tagliarti i capelli..ora li hai corti. Sudavi troppo.”
“Pace, Maman, la mia vanità non è ancora così smisurata”
“Sei tornata, stai bene..”
“Olga mi ci prenderà in giro per una settimana, sosterrà che sembro un monello od un corista..Molto carina”
“Probabile.. “ mi baciò sulla fronte “Bambina mia, mi hai fatto morire di paura.. Se non vorrai andare più all’orfanotrofio, capirò..”
“Macchè, andrò ancora.. che giorno è, oggi?” Me lo disse e realizzai che erano trascorse molte settimane, si era ben spaventata. Anni dopo i principi imperiali presero il morbillo, con il senno di poi sarebbe stato meglio se li avessi contagiati allora, quando accadde li potei solo assistere, sorvolando su una gravidanza di circa sei mesi, al tempo.



Ciao Olga, mi sento un rottame, intorpidita, mi riprendo così piano che sembro quasi la discrezione personificata.. “mi stavo stancando a vergare quelle tre parole su un biglietto, rilevando quanto fossero sottili i polsi che scappavano dalla camicia da notte che pareva un mistero conoscere quando mi sarei potuta alzata in piedi senza che mi girasse la testa. “Mamma, quando potrò vedere Olga?” senza girarmi, che di sicuro era lei, che faceva la spola tra me e Sasha, il tenero appellativo del mio fratellino,  per quanto personale avesse si dedicava a entrambi. Potevo avere un fratello, tranne che, in situazioni urgenti, non mi mollava, per mio sollievo, grazie mamma.
”Mamma?”un paio di mani sugli occhi, ne tastai la misura, e quindi percepii una risatina familiare. “Olenka”la sua grazia e la sua dolcezza, inopinate, che aveva cura di riservarmi.
“Anche subito..”rise, abbracciandomi “Ciao Cat, l’abitudine di farmi preoccupare mica la hai persa”sardonica.
“Come se mi fossi cercata il morbillo.. Che ti pare del mio nuovo taglio?”
“La nuova moda Raulov” si mise sul bordo, mi prese una mano “Come è stato?”
“Il morbillo? Boh, fai conto di essere dentro una fornace..Ed ero incosciente per la maggior parte del tempo” Mi raccontò qualcosa, e, per quanto rintronata, mi accorsi che continuava a tenermi il palmo, lei che era sempre così riservata, e che il sorriso non le illuminava gli occhi chiari, fermandosi solo alle labbra, percepivo le sue dita irrequiete, un bacetto sul palmo.
“La Vyribova è sempre presente?” “Sì, Cat, è la nuova amica di mamma, anche se per me è troppo sdolcinata e ci vezzeggia troppo” E tanto la sua opinione non contava nulla, avendo Alix trovato la sua perfetta amica, una che non la criticava mai, con l’augurio che sapesse dire altro oltre ad “oh, oh”
“Tutta una moina ed un sorriso, noi grandi, glissiamo, Aleksey scappa, o almeno tenta” una pausa “Gli manchi, Cat, chiede sempre di te” osservai le tende vaporose, di chiffon, che ornavano le alte finestre della mia stanza, la teoria di foto nelle cornici d’argento, i libri ed i quaderni ordinati, un vasetto con dentro un bocciolo di rosa, che Mamma mi aveva portato dalle serre. “Non mi sono ammalata apposta”
“Lo so,  ma è piccolo .. Le tue storie gli piacciono più di quelle del siberiano”
“Eh..?”che avevo perso
“Uno che si chiama Rasputin”

In quei  frangenti aveva fatto  la sua comparsa a corte il famigerato Rasputin, un santone, un guaritore, le cui preghiere parevano avere effetti taumaturghi, i suoi gesti e le sue parole recavano pace e conforto
Come i re francesi, che guarivano con il tocco delle mani dalla scrofola, aveva un tocco magico.
Ed era  raccomandato dal vescovo Feofan e dal confessore dello zar, pareva davvero un uomo di Dio, un mistico che seguiva la dottrina dei vecchi credenti, un gruppo scismatico, che il Santo Sinodo, massima autorità della Chiesa Ortodossa,  aveva dichiarato abnorme, le dottrine erano irrituali, assurde, praticare il peccato e pentirsi per salvarsi, erano troppo eccessivi e zelanti.
Il siberiano pareva incarnare  la semplicità, la purezza che la zarina apprezzava, era il semplice mugik, il contadino russo che era un tramite divino.
Irradiava dolcezza e calore, era un uomo di Dio, rozzo e primitivo, pareva incarnare la primitiva purezza del popolo russo, veniva dalla Siberia e vantava di avere avuto visioni, avere scorto la Madonna e di essere stato un pellegrino fino al monte Athos, in Grecia (certo che vi era stato, un lungo soggiorno all’estero per scappare dai crimini di cui era accusato, furto e stupro e imbrogli).
Sapeva parlare e incantare ancora meglio, era  un camaleonte che sapeva leggere dentro le persone, intuire i loro bisogni e le segrete debolezze, scrutava con occhi di carbone e celava i suoi pensieri dietro la sua lunga barba sporca e arruffata.
Ma sapeva guarire,  i suoi interventi, i suoi miracoli furono confermati da troppe persone e non erano solo mere coincidenze.
Alla fine, dopo che i medici non potevano darle più speranze, Alix fece del santone il baluardo contro l’emofilia del figlio, ascoltando i suoi consigli e farneticazioni, con risultati tragici.

Tornando a noi, che ignoravamo ancora il futuro, nella mia camera, mi limitai a un semplice “AH”
“Ti va di vedere Tanik e le altre due?”per poco la mascella non mi cadde per lo stupore. Mi avesse riferito che nevicava a luglio in Africa sarei rimasta meno basita
“Siete qui tutte e quattro? “Un evento inopinato, che fossero uscite in blocco dal palazzo di Alessandro, sia pure per recarsi in una casa privata, come quella dei miei genitori a Carskoe Selo.
E capii. “Olga, che ho avuto ?”
“Il morbillo”
 “Olga, non mi prendere in giro, che ho avuto, davvero?”
“La febbre a 41 per molti giorni, stavi così male che ti hanno dato l’estrema unzione, deliravi” rimasi in silenzio, evento ben raro, per un minuto. Gli ultimi sacramenti..
 “Scusami se ti ho fatto spaventare, non volevo”
“Sei cretina o cosa, mica ti sei ammalata per un dispetto e ti spiace per me?” mi circondò le spalle con un braccio
“Quando muori, non torni indietro, lo sai, per chi resta” annuì, ora lo sapeva, quando sua cugina Ella era morta nel 1903 lo aveva creduto, ora no. 
“Ti sei risparmiata le preghiere di Rasputin, che stessi così male è venuto fuori dopo.. Mamma lo avrebbe voluto far pregare per te ed eri già fuori pericolo”apprezzai lo zelo di Alix, salvo tacere, che mia madre credeva ai medici e non ai santoni, e che la mia perdita, per il principe Raulov, mio padre sarebbe stata relativa, avendo ora il maschietto, l’erede. Mi vietai di approfondire quel tema, le chiesi la cortesia di aiutarmi nello scendere dal letto e  se di grazia mi passava una vestaglia, non era un lacchè, lo sapevo, ma avevo voglia di vedere le sue sorelle. Comprese e non brontolò, si limitò a passarmi un braccio intorno alla vita, dopo avermi aiutata.
 
A gennaio avrei fatto 13 anni ed ero ancora più snella del solito, rilevammo, come che ero cresciuta ancora di statura, tralasciando che mia madre e suo fratello, mio zio, erano entrambi assai alti.
“Tata, Marie, Anastasie” mi ricoprirono di baci, nemmeno fossi stata una miracolata. Se io ero stata poco bene, anche Alix non era stata da meno. Dall’autunno del 1907 stette male fino alla successiva primavera, passò molto tempo a letto, divorata da emicrania e sciatalgia. Dopo la diagnosi di Alexei, la sua salute era declinata rapidamente, non era una malata immaginaria, che soffriva di nervi, come dissero poi, le sue indisposizioni un motivo di ricatto per dominare il marito. Tante volte ho visto le sue labbra farsi livide, respirando in tratti rapidi e superficiali, e se io  o una delle sue figlie volevamo chiamare un medico enunciava di lasciar perdere, non era il caso  di creare disturbo. E quando Aleksey aveva una crisi, non lasciava mai il suo lettino, impiegando poi LEI settimane per riprendersi.
Aleksey.. anche lui era stato male, intesi, da un mezzo accenno di Tanik, mentre Marie e Anastasie mi stavano raccontando di un libro, di un nuovo gioco, sorridevo, mezza stordita “Avete visto mio fratello Aleksander..?” di recente no, filarono da lui di corsa “Sai, ci ha accompagnato zia Olga, oltre ai cosacchi di scorta, lei e tua mamma stanno studiando un nuovo comitato caritativo..” Olga Aleksandrovna era la sorella più giovane dello zar, arguta e divertente, negli anni successivi si sarebbe premurata di portare fuori le ragazze e lo zarevic,  quando erano a San Pietroburgo, per farli pranzare con la nonna paterna, prendere un tè, fare un giro per negozi,  via così, per allontanarli almeno un poco dal palazzo di Alessandro, un piccolo diversivo.
“Che ha avuto di preciso? Hai detto che sta bene con troppo ritardo”
Per quanto monitorato a vista, era impossibile prevenire ogni minimo incidente. Sbattere un polso, un gomito contro una sedia, od un mobile causava esiti terrificanti, ripeto. Di recente lo affiancavano due marinai, Nagorny e  Deverenko, che avevano il compito di supervisori, di occuparsi di lui e portarlo in braccio, quando non poteva camminare perché indisposto o per un capriccio.. Erano sia tate che bodyguards  ..  A quel giro portava un apparecchio ortopedico al ginocchio sinistro per raddrizzare la gamba..

Per lui, le emorragie articolari erano le peggiori, i nervi erano compressi, con dolori atroci e solo la morfina avrebbe attenuato gli spasmi.
Tuttavia i medici, per evitare dipendenze, non la somministravano, così che il suo unico rimedio era svenire per fuggire dal dolore.
Il sangue corrodeva le ossa, i tessuti e le cartilagini, tanto da fare assumere agli arti posizioni contorte, con angoli innaturali, che scemata la crisi,  era poi costretto a letto per settimane e a usare apparecchi ortopedici, appunto, per correggere la situazione.
Tanto, pur sorvegliato a vista, trovava sempre una via di fuga e si feriva spesso, con esiti quasi estremi.
Per paradosso, sfidava la malattia, il suo carattere vivace mal sopportava i limiti imposti dalla sua condizione.
Il  mio piccolino. 
  “Catherine.. sei tu?”una vocina timida, sottile “Salve zarevic, certo che sono io” entrando nella nursery, un’infilata di stanze allegre e piene di luce, tappezzate di cretonne a fiori, con mobili di chiaro e lucido legno, piene di giocattoli, per tutti i gusti e dimensioni, dalle bambole fino a una tenda indiana di dimensioni reali. E la tristezza, vedendolo steso su quel divano, lui sempre in movimento, vivace come il mese di marzo, un piccolo leprotto.
“Come siete cresciuto” rilevai.
In quelle settimane il viso si era sfinato, perdendo le rotondità infantili, gli avevano tagliato i lunghi riccioli, era davvero un piccolo principe dai grandi occhi azzurri, incantevole e solenne, fragile
“Tu non sei Catherine”brontolò, abbracciando un orsetto di peluche e premendolo contro di sè“Lei ha i capelli lunghi fino a qui”  Indicando la caviglia.
Aveva una giubba da marinaio, sotto la coperta intuivo l’apparecchio ortopedico, mi trattenni a stento dal toglierlo  
“Ricresceranno, me li hanno tagliati per comodità, che non sono stata tanto bene”
  “Ah..” a quel giro era caduto su un giocattolo in disordine, atterrando malamente sulla sinistra.
“Posso vedere questo orsetto? “ continuava a serrarlo, comunque mosse due dita, segno che potevo avvicinarmi  
“Ho portato un aeroplanino, se alzate la testa potete dirmi se gli può piacere, zarevic..”
“A me o a lui?”riferito al pupazzetto.
“A tutti e due” mi tirò l’orsetto, lo presi al volo e vidi che sorrideva, le braccia aperte
“ Ci hai creduto, vieni qui, Cat, fammi vedere..” mi misi sulla destra, lo circondai con le braccia, ritrovando gli stessi gesti, mi premette il viso contro la clavicola, serrandosi forte contro di me, ridendo di gioia “Non venivi più..ti volevo tanto” mi brontolò, lo baciai, commossa.
“ Tesoro, ho fatto prima che potevo.. davvero, stavo male, ora sto bene. Che storia vuoi?”
“ Peter Pan e il coniglio..”
“ Va bene” gli presi una mano, gli baciai le nocche “E dopo mangi un boccone senza farti pregare..”rimase in silenzio, lo strinsi da capo, era sottile, seta e fumo, un bambino fatato “Due storie, due bocconi .. Tre, tre bocconi.. E via così” contò fino a cinque, la tata ci lasciava fare, ricordai che era quella dell’estate precedente, del sonnellino, sapeva che riuscivo a gestirlo 
“Non mi lasci ..” Omisi di rispondere, gli raccontai che avevo un fratellino, Aleksey osservò che andava bene,che ne sapeva ancora, quando mi vedeva stringerlo si ingelosiva, pronto e rapido
“Zarevic”
“Cat.. dimmi”
“Lo sai che ti voglio tanto bene?”sorrise, due piccole fossette comparvero sulle guance, continuai a stringerlo.
 
E nelle settimane e nei mesi che seguirono, oltre alla ripresa fisica, si intensificò l’affiatamento con lui e le sue sorelle, anche se io ero entrata a pieno titolo nell’adolescenza, irruente e tumultuosa, che conclusi a 18 anni con un superbo, clamoroso colpo di testa.
E corro troppo avanti.
Comunque, a prescindere da litigi e assenze, incomprensioni, il legame resistette a tutto, duro come la punta di un diamante, ciclico come gli alisei, mutò e tanto, pur cambiando, sempre noi eravamo.  
 "Benvenuta nel paradiso delle sorelle maggiori."  Mi adagiai contro il suo braccio, era seduta su una poltrona fiorita, senza replicare, mi diede un bacio distratto sulla fronte.
“E’ un caos”
“Già. Quando lo dicevo io non ci credevi, eh. Sei gelosa?”
“Un poco, ma penso sia normale, prima ero solo io, ecco che ora abbiamo l’erede. Anzi, parecchio .. sono parecchio gelosa a dirla tutta.”
 “Catherine.“giocherellai con le sue dita, lei non mi giudicava, non mi ammoniva era un conforto.
" E’ un dato di fatto. Ho aspettato così tanto, è arrivato quando non ci pensavo più. In un dato senso, con dodici anni di differenza siamo come due figli unici, i miei bisogni differiscono dai suoi e mia madre sta più dietro a un ragazzino di pochi anni, rispetto a me che sono una ragazza. O quasi.”
“Succede"  Strizzando gli occhi, lei era sempre dal lato dei fratelli maggiori, per esempio, nella storia biblica di Giuseppe e dei suoi fratelli giustificava il più grande Ruben, senza  fallo.  Doveva essere un esempio per il mondo e per le sue sorelle, non doveva cedere né fisicamente né moralmente,  questi gli  insegnamenti di Alessandra, ripresi dalla sua infanzia, doveva essere perfetta che tutto il mondo la giudicava. Certo .. E Alix scappava nella sua mauve room, per la maggior arte del tempo, tollerava giusto la Vyribova.
“Tua madre come sta?" Cambiando argomento.
Un sospiro.”E’ sul divano, ha mal di testa e emicrania, oltre che la febbre, come al solito. Si alza solo quando riceve le visite del siberiano”
“Rasputin”.
“Sì. “Una pausa “Parla di favole e miracoli, prega con fervore, può essere un conforto per Mama, lei crede alla semplicità dei contadini, ma..”
“Non ti convince. Olga.. “
“Non voglio essere sleale.”
Tacqui e la abbracciai.
“Cercherò di proteggerti io.”  Una millanteria per strapparle un sorriso. “Ci conto, Cat, ma non ci spero.” Una foto rubata di quei tempi. Uno scatto non previsto, che non eravamo in posa, le teste voltate. Una minima conversazione, le ciocche sciolte, sussurri perduti, un baluardo nel baluardo.
Io per lei, lei per me.
   
 
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