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Autore: hirondelle_    02/12/2018    2 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
“Sembra stia arrivando una tempesta”
Midorikawa alle sue parole si sporse leggermente verso il parabrezza; sopra la luce dei lampioni e i neon delle insegne, una pioggia scrosciante. Al riparo dell’auto di Hiroto, non sembrava nemmeno così spaventosa; dopotutto erano stati dei mesi piuttosto strani, piovosi e coperti da perenni nuvole grigie, e si erano ormai abituati a quell’anomalia stagionale. “Sarà un normale acquazzone”, biascicò Nagumo dal sedile posteriore, ormai prossimo al collasso. Hiroto sembrava quello più vigile e preoccupato di tutti, forse per l’ansia di guidare con quel minimo di alcol in corpo a cui non era ancora abituato. Si voltò e incontrò lo sguardo rassicurante di Midorikawa: anche lui era rimasto lucido, nonostante fosse visibilmente stanco. “Non preoccuparti troppo, domani mattina sarà già passato.
Kira gli sorrise e buttò un’occhiata allo specchio retrovisore; Maki stava già dormendo sulla spalla di Haruya, che aveva gli occhi semi-chiusi e un’espressione imbambolata dipinta in viso. Fuusuke sembrava del tutto assente, lo sguardo perso chissà dove al di fuori della vettura: Hiroto sapeva che in quello stato non sarebbe stato reperibile per un po’. In un certo senso, era come se fossero solo loro due.
“Gentile da parte di Afuro ubriacarsi di proposito per farti accompagnare da me,” scherzò, riportando lo sguardo sulla strada scivolosa. Midorikawa ridacchiò: “Non sono sicuro che sia stata una cosa intenzionale.”
Hiroto in effetti si chiese se la Musa avesse pianificato tutto nei minimi dettagli per farli avvicinare, o se si fosse candidamente ubriacato dimenticandosi del suo migliore amico. In entrambi i casi, la serata doveva essergli sfuggita di mano. “Credi che se la caverà?” mormorò improvvisamente preoccupato. L’immagine dell’uomo spiattellato sul palco con una bottiglia vuota in mano gli balenò nella mente: forse non avrebbero dovuto lasciarlo lì.
Midorikawa appoggiò un gomito a lato del sedile e sghignazzò: “Lo fa tutte le volte, non devi preoccuparti. Domani se ne pentirà, ma il giorno dopo ricomincerà da capo. Tutto nella norma.”
A Hiroto venne da sorridere: “Devi conoscerlo proprio bene, non è così?”
“Siamo come fratelli,” dichiarò Ryuuji con un sorriso. Il suo sguardo si spostò di nuovo su Nagumo e Maki, per poi posarsi su Suzuno. Sembrava essersi addormentato. “Non avrei mai scommesso un centesimo sul fatto che foste imparentati,” mormorò, quasi triste.
Hiroto sembrò accorgersi del suo improvviso cambio d’umore, ma continuò a guardare la strada. “Infatti non è esattamente vero,”  disse, “Loro sono stati adottati quando eravamo molto piccoli. Per me sono sempre stati come fratelli, certo, ma non abbiamo nessun legame di sangue. E non siamo stati sempre uniti.”
Per un attimo a Ryuuji parve soffermarsi ancora sul viso pallido di Suzuno, ma tornò comunque a portare l’attenzione su di lui. “Ah sì?” disse, senza troppa convinzione. Hiroto gli diede uno sguardo di traverso. “Sì. Vedi… Abbiamo iniziato a frequentarci di nuovo solo da qualche mese, non ci conosciamo bene come sembra.”
Ryuuji sembrò stupito da quella spiegazione. Buttò un’ultima occhiata al trio, per poi tornare a fissarlo in silenzio. Hiroto lo prese come un invito a continuare. “Ci siamo incontrati dopo tanti anni per via di nostro padre. Sembra assurdo, è come se avesse voluto farci incontrare per l’ultima volta, tutti insieme.”
Lasciò che le parole scivolassero fuori dalle sue labbra, come se non gli importasse. Dentro di sé, tuttavia sentiva già salire una malinconia che non aveva ancora imparato a gestire. Non si sentiva triste, non esattamente, ma era da mesi che veniva tormentato da una nostalgia costante, come se ci fosse stato un filo che aveva unito lui e suo padre e che si era teso al massimo nel momento in cui avevano calato il suo corpo nella terra fredda di quell’autunno. Se solo avesse potuto avere delle forbici per liberarsene… se solo…
“Mi… mi dispiace. Per tuo padre, intendo”.
Hiroto scosse la testa, riemergendo dai suoi pensieri, e gli parve di essersi assentato per qualche minuto, come se non fosse stato lui a guidare. Mancavano pochi isolati alla casa di Ryuuji. Si voltò verso di lui sbattendo le palpebre, instupidito, e si sentì in colpa nell’incontrare quegli enormi occhi scuri velati di preoccupazione. Si lasciò sfuggire un sospiro: “Ah, scusami… dovevo per forza rovinare una serata così importante con i miei problemi,” mormorò chinando leggermente il capo. Non sapeva perché ne avesse parlato in un momento simile: non era esattamente di buon auspicio poche ore dopo essersi dichiarati.
Si infilò dentro il cancello della palazzina di Ryuuji, accorgendosi giusto in tempo dal rigare dritto. Ci furono un paio di minuti di silenzio, nei quali Hiroto non fece altro che concentrarsi e fare manovra. Ma a un certo punto, quando ebbe fermato l’auto per far scendere il suo passeggero, una voce lo risvegliò dal suo torpore.
“Non devi.”
Hiroto alzò il capo verso Ryuuji, che non si era ancora alzato. Fissava un punto indeterminato di fronte a sé.
“Non devi scusarti. Mi hai ascoltato per molto tempo, sono felice di ricambiare se questo significa aiutarti a stare meglio.”
Poi si voltò, e gli sorrise. Si sporse per un bacio e uscì dall’auto agitando leggermente una mano. Hiroto si limitò a fissare sorpreso i suoi occhi stanchi.
Ora brillavano solo per lui.
 
“Non vooooglio, mettimi giùùù…”
Hiroto sospirò al lamento di Nagumo, mentre lo trascinava fuori dalla sua macchina e se lo caricava sulle spalle. Forse non era stata una buona idea portarlo a casa, avrebbe anche potuto abbandonarlo lì dov’era insieme ad Afuro. “Muoviti, che piove!” esclamò scocciato, in realtà già totalmente zuppo. Quella pioggia era un vero tormento.
Nagumo si accasciò contro il suo fianco e Hiroto lo prese come un invito a trascinarlo in casa a forza. Dietro di loro Suzuno sorreggeva stancamente l’ombrello, ancora perso nel suo mondo.  Maki li aspettava imbambolata sul pianerottolo, evidentemente incapace di dire qualsiasi cosa al fidanzato.
Hiroto fece appena in tempo ad aprire la porta che il suo cellulare squillò. Chiunque fosse, aveva scelto decisamente un momentaccio. Ignorò lo squillo interminabile e si adoperò in ogni maniera per trasportare Nagumo in salotto. Quasi non ci fece caso quando effettivamente la suoneria si arrestò.
Buttò Nagumo sul divano quasi di peso e sospirò, per poi rivolgersi a Maki: “Potrete stare qui, ma solo per stanotte, intesi?” borbottò severamente. Maki tuttavia non fece altro che sciogliersi in un sorriso dolcissimo e allacciargli le braccia al collo: “Graaaaazie nii-san!” cinguettò assonnata, prima di stampargli un bacino sulla guancia. “Spero tu ti sia divertito, stasera.”
Hiroto non poté trattenersi dal sorriderle: era troppo tenera da ubriaca, e in ogni caso non avrebbe saputo dire di no alla sua sorellina. “Certo.”
Di nuovo il cellulare squillò e Hiroto fu costretto a divincolarsi dall’abbraccio di Maki. Osservò per un attimo la schermata dello smartphone non riuscendo a intravedere bene il nome per via della stanchezza. Poi lesse: “Padre Masaki” e pensò che forse era il momento di cambiare il nome al contatto. Il pensiero lo fece sorridere.
Poi pensò che le circostanze di quella chiamata inattesa non potevano essere delle migliori, se Midorikawa aveva deciso di chiamarlo dopo cinque minuti averlo visto. Accettò la chiamata aggrottando le sopracciglia e il cuore sprofondò nel petto appena sentì un singhiozzo dall’altra parte dello schermo. “… Ryuuji?” chiamò, confuso. Realizzò che stava piangendo: in mezzo alle lacrime farfugliava poche parole, indistinguibili. Pemette più forte il telefono all’orecchio e iniziò a balbettare. Sentì il terrore paralizzarlo. “R-Ryuuji? N-non capisco cosa stai… Ryuuji?”
Dall’altra parte poté sentire solo un ansito disperato prima che il telefono gli venisse strappato di mano. Hiroto fissò Suzuno come se si trovassero di una sorta di sogno e lo vide ricambiare lo sguardo. “Reize, sono io, Fuusuke.” disse con voce ferma portandosi lo smartphone all’orecchio, senza distogliere gli occhi da lui. “Veniamo a prenderti”.

Modificato: 21/07/20
   
 
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