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Autore: The Blue Devil    08/12/2018    5 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura



Capitolo 25
Un fiume di lacrime...
 
Harrison avrebbe voluto chiedere spiegazioni a Dorothy, anche se aveva compreso che il piccolo lavoro a maglia era collegato ad Iriza: Candy aveva affermato che non era suo e di averlo trovato in terra e Dorothy aveva detto che era per Daisy; in qualità di cameriera era possibile che Dorothy avesse deciso autonomamente di confezionare quel maglioncino? Anche fosse stato così, lì, fuori dello studio, non l’aveva portato lei... e chi altri conosceva Daisy, in quella casa di matti, se non Iriza? Harrison, in una frazione di secondo, collegò tutto: le frasi, apparentemente fuori luogo, di Neal sul suo rapporto con Iriza, pronunciate a voce alta; il suo strano comportamento con la porta; e quel piccolo indumento che, a detta di Dorothy, era il "maglioncino per Daisy".
Tutto faceva pensare che Iriza si fosse trovata dietro la porta dello studio di Raymond e avesse ascoltato la discussione tra lui e Neal: ma cosa aveva udito di preciso?
"Quel Neal è davvero diabolico e a volte mi fa paura pensare che anche sua sorella sia stata così", pensò.
Avrebbe voluto fare parecchie cose: parlare con Dorothy e chiederle di raccontargli del maglioncino; correre subito da Iriza per spiegarle come stavano realmente le cose tra loro; rompere il muso a Neal. Ma, ora, bisognava dar retta a Dorothy e aiutarla a dividere quel cretino di Archie e il buon Tom, novelli duellanti.
Giunti in giardino, Candy, Harrison e Dorothy trovarono i due ragazzi uno di fronte all’altro, i pugni serrati, a guardarsi in cagnesco. Tom, notata l’amica bionda, disse:
"Non è stata colpa mia, ha cominciato lui".
"Tu sta’ zitto", sibilò Archie, "Ti credevo un amico e invece sei un traditore".
"E tu sei un cretino", ringhiò Tom.
Nessuno dei due pareva intenzionato a cedere il punto, né a sferrare il primo colpo, e la situazione poteva degenerare da un momento all’altro; ci pensò Harrison, frapponendosi tra loro, a evitare che si colpissero:
"Io dico che siete cretini entrambi. Vi sembra il modo di chiarirvi, questo?".
"Non c’è niente da chiarire", protestò Archie, "Lui fa il cascamorto con due ragazze: frequenta Dorothy e prende in giro Annie; o è il contrario forse? Raccontacelo un po’ tu, bellimbusto".
"Perché non lo chiedi ad Annie e la finisci di rompere, damerino?".
"Vuoi batterti? Fatti avanti, che ti sistemo".
"Sai, una volta ho fatto a pugni con tuo cugino Anthony: lui valeva più di te e mi diede filo da torcere... finimmo alla pari. Non temi che si possa rovinare la tua bella camicia di seta?"*.
"Non costringetemi a suonarvele a tutti e due! Archie, noi due non ci siamo presi molto bene fin dall’inizio, ma vorrei che diventassimo amici; il mio primo consiglio da amico è: fa’ come ti ha detto Tom, parlane con Annie", s'intromise minaccioso Harrison.
"Ascoltalo Archie, ha ragione lui", lo pregò Candy.
"Ci mancherebbe solo che si picchiassero in tre, qui, nel giardino dei Legan", pensò Dorothy, preoccupatissima.
"Amici? E perché dovrei ascoltarlo? Non ti sarai fatta mica abbindolare anche tu, Candy? Costui è in combutta con Neal, li ho uditi cospirare con le mie orecchie".
"Non è come sembra: Harrison è il cugino di Terence e la cospirazione, come la chiami tu, è già risolta... anzi, non è mai esistita. Anche Albert ne è a conoscenza", disse Candy, in tono di preghiera.
La notizia che Harrison fosse il cugino di Terence, fece ammutolire coloro i quali non ne erano ancora a conoscenza.
"Ti prego Archie, torna a casa e parlane con Annie... sta soffrendo molto per questa situazione".
"E va bene", rispose Archie, "Però, cugino o non cugino, non mi fido di te. D’ora in avanti ti terrò d’occhio... e con te non finisce qui", rivolgendosi a Tom, "Me ne vado, ma solo per rispetto alle ragazze".
Detto questo, Archie montò in sella al cavallo con cui era venuto e, lanciatolo al galoppo, disparve nella boscaglia.
Tom si avvicinò a Harrison e, porgendogli la mano, disse:
"E così tu sei il cugino di Terence... ".
Harrison, stringendogli la mano, rispose, facendo arrossire Candy:
"Già, così pare; mi fa piacere conoscere gli amici della futura moglie di mio cugino".
"Sai, Archibald Cornwell non è un ragazzo cattivo, ma è un testone che prende fuoco facilmente... e quando s’infiamma non ragiona, soprattutto se ci sono di mezzo Candy e i Legan", aggiunse poi, Tom.
"Me ne sono accorto... ora però vi devo lasciare, devo risolvere un problema e mi servirà l’aiuto di Dorothy, quindi te la porterò via per un po’, se non ti dispiace", concluse Harrison.
Anche Dorothy si colorò in viso per queste ultime frasi.
 
Iriza se ne stava seduta nella sua stanza a guardare fuori dalla finestra: chi l’avesse vista in quel momento, avrebbe sicuramente notato quanto fosse inespressivo il suo viso. Guardandola non si poteva capire quale tremenda battaglia stesse scuotendo il suo animo e quali sentimenti ne scaturissero: delusione? Tristezza? Disperazione? Rabbia? Desiderio di vendetta? E contro chi? Non riusciva né a parlare, né a pensare, né a piangere, benché ne avesse una gran voglia: si trovava in uno stato di apparente completa apatia.
Apatia dalla quale si riscosse, quando Dorothy bussò alla porta e lei, distrattamente, le diede il permesso di entrare. La cameriera posò il vassoio, con il tè e i biscotti, sul tavolino e disse:
"Ho pensato che avresti gradito un po’ di tè con dei biscotti".
Dorothy aveva parlato con Harrison e gli aveva confermato quanto lui già sospettava, compresa quella strana seconda visita all’orfanotrofio, il cui scopo era stato prendere le misure a Daisy per confezionarle un caldo maglioncino per l’inverno: un’idea tutta di Iriza. Era stata anche informata del fatto che probabilmente la sua padroncina aveva udito una parte, la peggiore, della discussione che si era tenuta nello studio del padrone, circostanza avvalorata dalla presenza, sul pavimento antistante allo studio, dell’indumento rinvenuto da Candy. Questa ipotesi era stata confermata anche dalla risposta che Harrison aveva ricevuto dalla signora Legan, ancora all’oscuro di ciò che era accaduto nello studio:
"Vorreste vedere mia figlia? Il fatto che voi siate arrivato qui in compagnia di William Andrew, non vi autorizza a comportarvi come se foste il padrone. Nulla è cambiato per quanto mi riguarda, la vostra presenza non è gradita in questa casa. Inoltre mia figlia mi ha detto, quando si è ritirata nella sua stanza, di non voler vedere nessuno, nemmeno quell’orribile signor McFly! Così ha detto, quindi vi prego di andarvene".
Harrison aveva deciso di andarsene, per non creare ulteriore confusione, ma aveva incaricato Dorothy di "indagare" e di informarlo. In un secondo momento si sarebbe presentato ai Legan, esigendo il rispetto che il suo rango gli assicurava.
"Hai pensato? Tu hai pensato? Da quando pensi? Tu non sei pagata per pensare, ma solo per eseguire degli ordini", sibilò Iriza, "E poi, come ti permetti di dare del tu alla tua padrona? Va’ via e lasciami in pace".
"Scusatemi signorina...", azzardò Dorothy, "Vi lascio questo... l’ho trovato in terra".
Iriza, che aveva ricominciato a guardare fuori dalla finestra, si voltò di nuovo e, vedendo il maglioncino, ringhiò:
"Non m’interessa più... buttalo! Anzi no, usalo come straccio".
Quelle parole fecero gelare il sangue nelle vene a Dorothy che, tuttavia, aveva scorto negli occhi di Iriza – nel momento in cui aveva visto l’indumento – la luce che aveva sempre notato ogniqualvolta si era parlato di Daisy e, ben stretto tra le mani, un fazzoletto che non faticò a riconoscere. Ma, questa volta, quella luce, s’era spenta subito. La cameriera, comunque, non si voleva rassegnare:
"Non lo pensate veramente, lo so".
A questo punto, la figlia dei Legan si alzò e le si avvicinò:
"Lo sai? Cosa sai, tu? Tu non sai proprio niente! Avevi torto, questo lo sai? Io, al contrario, avevo visto giusto: io sono Iriza Legan, non c’è nessun futuro per me, all’infuori di quello che mi sono creata da sola in tutti questi anni; la mia vita è fatta di cattiverie, intrighi, macchinazioni, tradimenti... e nessuno può vederci altro... nemmeno... nemmeno lui!", e strinse più forte il fazzoletto, "Sono la solita Iriza di sempre, sono velenosa, lo sanno tutti, ha ragione Archie... e anche tu, stammi lontana se non vuoi avvelenarti. Vattene e portati via quello stupido straccio... vattene via, ti dico".
Iriza spinse Dorothy fuori dalla stanza, mentre alcune lacrime cominciavano a cadere sul fazzoletto: alla fine era crollata. Chiusa la porta, vi si appoggiò con le spalle e si accasciò a terra, prendendosi il volto tra le mani: ora, ciò che sgorgava dai suoi occhi e che allagava il fazzoletto poggiato sul suo grembo, era un fiume di lacrime.
Dorothy rimase dietro la porta, in ascolto:
"No, non sei la solita Iriza di sempre... stringi ancora tra le mani il fazzoletto di Harrison e stai piangendo! La vecchia Iriza non avrebbe mai pianto, ma sarebbe stata subito divorata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta, tu invece... piangi... e io non posso vederti così...".
Dorothy decise di conservare il maglioncino: era sicura che sarebbe stata proprio Iriza a chiederglielo, quando sarebbe stata pronta, quando sarebbe giunto il momento.
 
Nel pomeriggio, Candy seppe da Annie che Archie non s’era visto: né a "Villa Andrew", dove risiedeva attualmente; né dai Brighton; né nelle abitazioni cittadine degli Andrew; né alla "Casa di Pony". Neanche Stear l’aveva visto, né sapeva dove fosse.
"Ma dove si sarà cacciato quello stupido? Stupido e insensato, non hai capito niente", pensò Candy, prima di commentare:
"Non ti preoccupare, cara, tutto s’aggiusterà, vedrai".
"Invece, conoscendolo, io ho paura che possa fare qualche sciocchezza... lo sento", rispose l’amica.
"No, no, stai tranquilla... è tutto risolto e sono sicura che anche Harrison ci darà una mano, ora che si è scoperto essere il cugino di Terence. E poi che sciocchezze vuoi che possa combinare?", affermò la bionda, simulando una tranquillità che non aveva.
 
La giornata di Harrison, che aveva la morte nel cuore dopo essere stato informato da Dorothy sullo stato di Iriza, proseguì nello studio di Albert. Dopo che si furono accomodati, il capofamiglia Andrew cominciò:
"Il motivo per cui tu abbia rilevato le cambiali di Neal lo posso immaginare; ma, ora, che vuoi farne di quei terreni?".
"Beh, quando ho sentito che c’era un cretino che blaterava di abbattere orfanotrofi, ho creduto si trattasse del mio; poi, facendolo bere, sono saltati fuori i nomi Legan e Pony e ho capito tutto. Comunque, non potevo permettere che fossero abbattute strutture che ospitano bambini, a prescindere".
"Questo l’ho capito, ma adesso?".
Harrison non ebbe bisogno di pensarci e rispose:
"Ho sempre avuto l’intenzione di donare il terreno alla struttura che vi sorge, ma a una condizione".
"Sentiamo", intervenne Albert.
"È mio desiderio che la Casa di Pony venga ristrutturata, ampliata e che possa ospitare i miei piccoli amici: prima ho parlato a Neal di valore affettivo, ma mi riferivo solo ai bambini di Candy; la struttura che ospita la piccola Daisy e gli altri è ormai fatiscente ed è situata in una brutta zona della città; anche se io ci sono affezionato, sono sicuro che i bambini starebbero molto meglio alla Casa di Pony, edificata in un bellissimo luogo, aperto e sano; e poi, dopo la morte di Mamma Ruth l’anno passato, il buon vecchio Papà David, suo fratello, non ce la fa più a seguire tutti i bambini da solo".
"Continua, mi interessa", disse Albert.
"Avevo pensato a una fondazione Andrew-McFly, per non gravare su una sola famiglia, per dividere le spese, insomma".
Albert parve pensieroso.
"C’è solo un intoppo: Miss Pony e Suor Maria non accetteranno mai di accollare tutte le spese su di noi; hanno già rifiutato una volta, permettendomi solo di regalar loro una cappelletta nuova e una parvenza di ristrutturazione; sono due brave donne, molto orgogliose del proprio lavoro".
"Questo lo so e l’ho messo in conto. È stato sbagliato il modo in cui gliel’hai offerto, l’aiuto, non il fatto di averglielo offerto: hanno sicuramente pensato ad un’elemosina oppure che tu lo facessi solo per via di Candy. Io ho pensato di presentarglielo come un investimento, un affare; non esattamente un prestito, ma qualcosa di simile. La Casa di Pony svolge una funzione sociale molto importante e sarebbe un peccato se non sopravvivesse alle sue fondatrici: quella struttura deve continuare ad esistere anche dopo di loro e questo mi pare sia l’unico modo perché ciò accada. Io gliela presenterei così".
"E David, o come dici tu, Papà David?".
"Potrebbe affiancarle nella gestione: lui è bravo con le scartoffie e con l’amministrazione".
Dopo averci pensato, Albert disse:
"In fondo i terreni sono tuoi e questa mi pare un’ottima idea; d’accordo, faremo così".
"Non resta che avvertire Cartwright che è tutto a posto".
"Dirò a Tom di avvertirlo... anzi no, gli farò visita io stesso nei prossimi giorni".
Una stretta di mano suggellò l’accordo tra i due gentiluomini.

In serata, Raymond mise a parte degli ultimi eventi anche la moglie e fece chiamare Neal: aveva preso una decisione ed era ora che i familiari ne fossero informati.




* si ricordi l'episodio 21 (Ali d'amore), della serie TV. Inoltre è notorio l'"attaccamento" di Archie verso le camicie di seta (dal primo incontro con Candy).










CONSIDERAZIONI DELL’AUTORE:

Quando scrivo ‘ste cose (la reazione di Iriza) mi sento male.

The Blue Devil











Ringrazio tutti i lettori che vorranno imbarcarsi in quest’avventura, che neanch’io so dove ci porterà (se ci porterà da qualche parte)...
   
 
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