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Autore: Sognatrice Realista    11/12/2018    1 recensioni
Archìa, Plasma, Empatia.
Gli Archi guidano gli Elementi, ma c'è chi con loro si fonde – sarà solo leggenda?
«Come ti è saltato in mente?» percepì distintamente il sibilo del ragazzo, ora vicinissimo. Fece per ritrarsi, ma lui riuscì ad afferrarle il polso.
Con la mano avvolta dalle fiamme.
Lo stupore la paralizzò, mentre un’assurda sensazione di serenità l’invadeva. Non provò dolore al contatto, il fuoco non la bruciò.
Durò solo un secondo.

IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fisis'
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«Stai scherzando».

Kotuno stirò divertito le labbra; non ricordava d’aver mai visto Melisa così agitata, se non forse in un’occasione.

«Non puoi essere serio» continuò, puntandogli addosso i begli occhi verdi carichi d’accusa. «Vuoi farmi credere che hai trovato una Fonè alla porta, l’hai invitata a entrare, avete parlato e l’hai lasciata andare?»

Scrollò impercettibilmente le spalle. «A che avrebbe giovato tenerla qui? Hai già qualcuno a cui badare. Quella ragazza non è una minaccia».

Melisa si accigliò, il suo sguardo divenne di ghiaccio. «Perché pensi sia venuta qui? È ovvio che sia una minaccia».

«Vorrebbe esserlo, sì, questo è probabile» concesse Kotuno con un cenno d’assenso. «Non significa che lo sia».

«Sottovalutarla potrebbe costarti caro» replicò fredda la Fonè.

«Ho un debole per le rarità, lo sai. Rispetto molto la tua specie» affermò lui, apparentemente senza alcun nesso. «Sarebbe più pericolosa qui, vicino a Malek, che altrove. Cosa potrebbe mai fare? Ragiona, Melisa».

La donna non replicò, lasciò ricadere inerti le kerai – fino a quel momento avevano oscillato frenetiche – e gli riservò un’ultima occhiata fredda.

«Spero tu non debba pentirtene» dichiarò, avvicinandosi alla scrivania. «Quand’è previsto il ritorno del ragazzo?»

«Tre giorni al massimo», rispose distrattamente, guardando fuori dalla finestra.

“La cosa ti indisporrebbe?”

Si erano fissati in silenzio, dopo quella domanda. Kotuno si era alzato e l’aveva raggiunta, sfiorandole il mento con la mano – il contatto si era protratto non più a lungo di un secondo.

“È stata una visita interessante. Potremmo rivederci, in un futuro non molto lontano”.

“Mi lascerà andare?” aveva domandato Mirel, immobile di fronte a lui. Non gli era apparsa spaventata.

“Per stavolta, sì. Cosa potresti mai fare, piccola Fonè? Sei ancora così ingenua”. Le aveva dato le spalle, indicandole la porta con un gesto freddo. “Mi dispiacerebbe doverti spegnere. Pensa bene alle tue azioni future”.

La ragazza non aveva replicato a quell’ultimo avvertimento. Era scivolata silenziosamente fuori dalla porta, e attraverso la finestra l’aveva vista lasciare l’edificio.

~

Vide due uomini con gli Amakai tintinnanti passarle vicinissimo e strinse Asa a sé con più forza. «Andrà tutto bene» sussurrò alla bambina, quando i banditi si furono allontanati di qualche passo. La piccola annuì, aggrappandosi a lei con gli occhi serrati. Calila le accarezzò la testa e sospirò.

Assicurandosi che la strada fosse sgombra, lasciò l’ombra del vicolo e si incamminò rapida verso il rifugio. Aver trovato Asa le aveva tolto un peso non indifferente. Pregò che gli altri stessero bene, che Tair fosse riuscito a proteggerli, se ce ne fosse stato bisogno – cosa che non si augurava.

Il gruppo di banditi – non avrebbe saputo dire quanti fossero; una trentina, secondo Pol – era arrivato il giorno prima, ma non si era limitato a una scorreria come già altre volte era capitato. Si erano dichiarati padroni del luogo; avevano sequestrato l’anziano capo-villaggio, avevano preso possesso di alcune abitazioni scacciandone i proprietari. I pochissimi che avevano tentato di opporsi erano stati resi inoffensivi.

Calila non capiva perché stesse accadendo proprio a loro, sapeva solo che nessuno sarebbe venuto ad aiutarli. Sudal era un piccolo villaggio, lontano dai principali corsi d’acqua e da ogni rotta commerciale. Nessuna Casata si era mai proposta di accoglierlo sotto la sua protezione; potevano contare solo sulle loro forze, lo sapeva bene, ma pareva ovvio che non sarebbero bastate. Aveva paura, perché nessuno sapeva cosa aspettarsi dagli uomini e le donne che li avevano invasi. Tuttavia, pensò avvertendo il battito rapido della bambina stretta a lei, non poteva permettersi di dimostrarlo. Doveva essere coraggiosa per proteggere lei e gli altri.

Vedendo il rifugio davanti a sé, sospirò di sollievo; appariva inviolato. Scivolò silenziosamente all’interno, sempre stringendo la mano di Asa. Dentro era buio; non osò parlare, ma sentì uno scricchiolio alla sua destra.

«Tair? Sei tu?» sussurrò.

~

Aveva piovuto anche quella notte, ma al mattino le nubi si erano fatte da parte, lasciando che i raggi di Yan illuminassero la regione. Odrik osservava il lento procedere dell’astro dalla finestra della sua stanza, senza vederlo realmente. Seduto a terra, ticchettava nervosamente con le dita sul pavimento.

Era confuso. Due giorni prima aveva svolto qualche indagine sul nuovo arrivato e la sua famiglia, senza scoprire niente di eclatante – certo, non era comune che una sarta si trasferisse, ma pareva che fosse imparentata con l’anziana Agata, da cui alloggiava. Quando aveva controllato, il ragazzo non era in casa. Anche lui introvabile. Amareggiato ma impotente, era tornato al forno, deciso a ripassare lì quella sera stessa; l’aveva poi fatto.

Aveva dovuto aspettare un po’, ma l’aveva visto rientrare – non da solo.

Incapace di controllarsi, si era allontanato, scuro in volto. Non avrebbe potuto confrontare Aidra in quel momento, ma neanche rimandare ulteriormente gli era sembrata un’opzione; correre da lei la mattina seguente era parso un buon compromesso.

Non era andata come aveva sperato, ma non era nemmeno andata male. Aveva visto un lato di Aidra diverso dal solito, uno che non conosceva e non era certo di voler conoscere; un’Aidra più triste, spenta, quasi colpevole. Ma colpevole di cosa, questo Odrik non riusciva davvero a immaginarlo.

A pensarci ora, già solo il modo in cui era entrata nella sua vita avrebbe potuto – dovuto? – far sì che si ponesse delle domande. L’aveva sempre dato per scontato, invece.

Era solo un bambino quando era apparsa accanto a Mirel, così, da un giorno all’altro; la giovane pupilla del villaggio una mattina l’aveva portata in piazza, presentandola e dichiarando che da quel momento se ne sarebbe presa cura come una sorella. Se aveva rivelato la sua provenienza, Odrik non l’aveva mai saputo. Conosceva invece le voci che si erano diffuse poco dopo l’arrivo di Aidra; alcuni bambini raccontavano che Mirel l’avesse trovata nel letto del fiume, altri che gliel’avesse affidata la madre morente della bambina, e si chiedevano malignamente che fine avesse poi fatto.

In sostanza, non sapeva nulla; prima non se n’era mai preoccupato, ma adesso... adesso ne avvertiva l’importanza. Distolse lo sguardo dalla finestra, infastidito dal fulgore crescente di Yan, e smise di ticchettare: batté il palmo contro le assi di legno del pavimento. Dopo l’abbraccio era rimasto con Aidra tutto il giorno. Non avevano fatto molto, era stata una giornata di pioggia come ne avevano passate tante altre: cucinando, parlando di tutto e di niente. Simile, ma non identica, la tensione tra loro palpabile.

Le aveva promesso di fidarsi. L’aveva fatto perché, il giorno precedente ne aveva avuto la prova, Ai era sempre Ai, l’amica con cui era cresciuto. L’amica con cui aveva giocato, scherzato, quella per cui aveva sviluppato un affetto sincero.

Si fidava di quella Ai; era la sua ombra a spaventarlo. Qualunque fosse il suo segreto, perché non poteva confidarglielo?

Si alzò. In fondo, tutta quella situazione si era creata perché Aidra aveva voluto proteggere Lytho. Sì, era sempre la stessa Ai.

Se gli nascondeva qualcosa, doveva avere un ottimo motivo. Non riusciva a immaginare quale, ma non aveva importanza. Non poteva dirglielo? Bene, lo avrebbe scoperto da solo.

Per poco non si scontrò con sua madre, nell’uscire dalla stanza.

La donna gli sorrise. «Dove vai così di fretta, Drik? Da Aidra anche oggi?»

Interdetto, annuì. «Se non serve il mio aiuto al forno», aggiunse esitante.

«Per oggi sei scusato. Povera piccola! Dovrebbero esserle tutti riconoscenti, e invece si sentono certe cose…». Vide sua madre rovistare nella cesta che portava al braccio. «Tieni, portale questo da parte mia. È un panino alle erbe, spero possa tirarla un po’ su. E invitala a cena, non la vedo da un po’!» esclamò porgendogli un fagotto.

Odrik la fissò per qualche secondo di troppo, infine le sorrise riconoscente. «Hai ragione, madre» mormorò. Prese il dono dalle sue mani e la sorpassò, uscendo. «Lo farò!»

~

«È quello il villaggio?»

«Emozionato, Mal? Ci siamo».

I tre ragazzi fecero rallentare le loro cavalcature, avvicinandosi. Nessuno si fece loro incontro, ma all’ingresso trovarono un uomo e una donna, entrambi armati, che li squadrarono con sospetto. I due parvero rassicurarsi leggermente, vedendoli smontare.

«Chi siete?»

«Buongiorno!» esclamò Siana allegramente, accennando un inchino. «Siamo studenti dell’Accademia di Mens. Abbiamo sentito dell’incidente con i banditi, siamo qui per indagare» dichiarò.

Le espressioni tese dei sorveglianti improvvisati si rasserenarono visibilmente a quella spiegazione. «Indagare?» chiese però la donna, non del tutto convinta.

«L’accaduto ha molto preoccupato il nostro Direttore» proseguì Siana con un tono di voce che Malek trovò decisamente teatrale. «Vuole occuparsi personalmente di quei criminali. C’è già una squadra sulle loro tracce, noi siamo qui per raccogliere più informazioni».

«Già» si unì Rod, muovendo un passo in avanti. «È magnifico che li abbiate respinti, ma come avete fatto? Lytho non è famoso per i suoi guerrieri. Questo punto non ci è molto chiaro».

I due abitanti si scambiarono un’occhiata esitante.

«La sorella di Mirel» disse infine la donna, «Aidra».

«Chi sarebbe?» insisté Rod, ora attentissimo. Malek notò che Siana stava spiando verso di lui. Cercò di ignorarla.

«Una strana ragazza», affermò l’uomo. «Sempre al fiume. È stata lei a respingerli, con quell’assurda cupola».

«Cupola?» ripeté, involontariamente, Malek.

Ulteriori spiegazioni non tardarono ad arrivare.









NdA

Buongiorno a tutti!

Se volete più curiosità/fan-art su Aidra e il suo mondo, potete farvi un giro sulla pagina Le Storie di Mari :3
Domenica, per esempio, ho postato l'origine del termine "Ela", anche se qui ancora non è troppo chiaro cosa sia. Si scoprirà presto~
Se state seguendo questa storia, grazie! Spero non vi deluda. Se avete consigli/critiche, vi esorto a muoverle C:
Un saluto, al prossimo capitolo!
   
 
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