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Autore: Saigo il SenzaVolto    22/12/2018    2 recensioni
AU, CROSSOVER.
Prequel de 'La Battaglia di Eldia'
Boruto Uzumaki, il figlio del Settimo Hokage di Konoha. Un prodigio, un genio. Un ragazzo unico nel suo genere.
Un ragazzo il cui sogno verrà infranto.
Una famiglia spezzata. Una situazione ingestibile. Un dolore indomabile. Una depressione profonda. Un cuore trafitto.
Ma, anche alla fine di un tunnel di oscurità, c'è sempre una luce che brilla nel buio.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. La sua crescita, la sua famiglia, il suo credo, i suoi valori.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. Un prodigio. Un ninja. Un traditore. Un Guerriero.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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UNA DECISIONE DA PRENDERE




25 Febbraio, 0016 AIT
Villaggio del Vortice
Terra del Vortice
18:31

Boruto sorrise, osservando con il cuore pieno di commozione e felicità la scena che si svolgeva dinanzi ai suoi occhi.

Una madre e una figlia abbracciate assieme, riunite ancora una volta.

Kairi era in lacrime, il volto completamente affondato nel petto della madre e le braccia avvolte attorno al suo busto con forza, come se non volessero mai più mollare la presa. Le sue spalle si muovevano ritmicamente su e giù con costanza, scosse dal tremore dei singhiozzi e dai gemiti del pianto. Boruto non l’aveva mai vista in quello stato prima d’ora. Ma anche Kaya, l’Uzukage, non era da meno. La donna reggeva a sé sua figlia con forza, il suo volto segnato dalle lacrime ed egualmente ricolmo di sollievo, dolore, e gioia. Il biondino pensò che era normale, dopotutto. In fondo, erano passati anni dall’ultima volta che si erano viste; separate per colpa di un destino crudele. Ma adesso, finalmente, si erano riunite di nuovo. Questo era ciò che contava.

Attorno a loro, tutto il piccolo Villaggio si era radunato per celebrare il ritorno della figlia dell’Uzukage. Uomini, donne, bambini e ninja. Persino il serio e distaccato Jin osservava la scena con un ampio sorriso stampato in faccia. Era la prima volta, la prima volta dopo anni, che il piccolo popolo del Vortice vedeva la loro Uzukage così felice. Gli Uzumaki non avrebbero più dimenticato quel giorno per molto, molto tempo.

Eppure, Boruto non riusciva a condividere appieno la loro felicità. Certo, era felicissimo di essere riuscito a far riunire Kaya e Kairi dopo tutto questo tempo, ma c’era qualcosa dentro di lui che non riusciva a farlo concentrare su quell’attimo di felicità. Qualcosa che lo distraeva dall’aria di commozione che aleggiava nei volti di tutti i presenti. Una cosa che, in realtà, lo stava turbando da diversi giorni ormai.

La consapevolezza di dover scegliere.

Si allontanò dalla calca di persone riunite attorno alle due donne in lacrime con questo pensiero che gli ridondava nella testa. Abbandonò i suoi amici senza fiatare, rivolgendo i propri passi verso l’uscita del Villaggio, la testa bassa e le mani nascoste nelle tasche. Nessuno di quelli che incrociava si curò di lui, lasciandolo libero di vagare indisturbato senza rivolgergli la parola. Al giovane andò bene così.

Inconsciamente, le sue gambe lo condussero sopra una collina familiare. La stessa collina dove, diversi mesi prima, lui e l’Uzukage si erano incontrati di notte, discutendo proprio di Kairi e delle loro famiglie spezzate a metà. Si sedette sopra la stessa roccia di quella volta, alzando la testa in alto ed osservando il cielo. Nubi dense e grigiastre lo avvolgevano completamente, lasciando solo qualche sporadica macchia di azzurro nei punti dove le nuvole erano più sottili, più gassose. E sebbene fosse ancora pomeriggio, attraverso una di queste fessure, Boruto riuscì ad intravedere un piccolo oggetto che cominciava a diventare sempre più evidente mano a mano che il sole tramontava.

La Luna.

Le sue labbra repressero un sorriso stanco. Non riusciva ancora a credere a tutto quello che era successo in questi ultimi giorni. Sembrava che tutto ciò che aveva vissuto fosse stato solo un sogno. Un lungo ed irreale sogno senza senso. Eppure, per quanto lui stesso fosse tentato di pensarlo ogni tanto, Boruto sapeva che ciò che era accaduto in quei giorni passati era stato vero. Era la realtà.

Lui e i suoi amici avevano trovato una nuova casa. Una nuova dimora nascosta e irraggiungibile sopra la superficie della Luna. Il Castello di Toneri: l’Astro Celeste. Era stato designato da Urahara-sensei come la loro nuova ed ufficiale base operativa. La loro nuova casa. Questo semplice pensiero bastava a stupirlo non poco. Toneri era stato ben lieto di accogliere lui e i suoi amici nella sua dimora. Vivere da soli non era molto allettante, secondo le sue parole. Ma non era stata solo questa decisione di Toneri a stupirlo così tanto.

Infatti, come se tutto questo non fosse già abbastanza surreale, durante la loro permanenza nel castello, l’Otsutsuki aveva impresso su tutti i ragazzini un suo sigillo. Un Sigillo Proibito. Infatti, modificando leggermente i sigilli che in passato Urahara aveva impresso su di loro per tenerli nascosti dai loro inseguitori, Toneri aveva creato un nuovo marchio. Una Tecnica di Richiamo attraverso cui Boruto e tutti gli altri erano diventati capaci di compiere una cosa impensabile. Una cosa che ben pochi uomini sulla Terra erano stati capaci di compiere.

Teletrasportarsi.

Boruto era rimasto estremamente affascinato da questo sigillo. Grazie ad esso, lui, Mikasa, Sora e tutti gli altri erano diventati in grado di essere teletrasportati da Toneri in qualsiasi punto del pianeta desiderassero, permettendo loro di giungere in meno di un baleno sulla Terra e di essere nuovamente riportati sulla Luna senza fatica. Senza nessuno sforzo. Era una cosa inconcepibile! Adesso, lui e i suoi amici sarebbero stati capaci di raggiungere qualsiasi luogo volessero senza dover viaggiare! Era una cosa formidabile. Incredibile. Impensabile. L’unica cosa che dovevano fare era comunicare a distanza con Toneri attraverso un congegno elettrico simile ad un trasmettitore, e lui li avrebbe immediatamente rievocati con la sua Tecnica di Teletrasporto sulla Luna o teletrasportati sulla Terra. Mai, nemmeno nei suoi sogni più reconditi, il biondino avrebbe potuto pensare di venire in contatto con una Tecnica del genere in vita sua. Non che se ne lamentasse, però. Nemmeno lui poteva negare l’utilità di un jutsu simile. Era stato in questo modo che erano riusciti a giungere nella Terra del Vortice per far riunire Kairi con sua madre, dopotutto.

La Luna era diventata la loro nuova casa, dunque. Boruto, Mikasa, Sora e tutti gli altri avrebbero potuto vivere lì per sempre, lontani dal mondo e dai pericoli che incombevano su di loro dalla Terra. Questo avrebbe permesso a tutti loro di vivere in pace, al sicuro, e soprattutto insieme. La loro famiglia si era allargata, e adesso poteva infine restare unita per sempre. Al sicuro e nascosta dagli occhi del mondo sopra la superficie della Luna.

Ma questo non era ciò che lui voleva.

La realizzazione di ciò era stata immediata per Boruto. Forse, fino a dieci mesi fa, questa consapevolezza gli sarebbe bastata. Forse, prima di lasciare il Villaggio della Foglia, tutto questo gli sarebbe andato bene. Restare assieme alla sua famiglia era ciò che aveva sempre desiderato, in fondo. Vivere al sicuro e in pace assieme a Mikasa, Sora, Urahara, Gray e tutti i suoi nuovi amici sarebbe stato il suo sogno ideale, a quel tempo.

Ma adesso?

Boruto lo aveva compreso subito, in cuor suo. Era cambiato. Non era più lo stesso ragazzino di una volta. Non era più il giovane e spensierato ninja che aveva rinnegato la sua famiglia. Non era più solamente Boruto Uzumaki, il prodigio di Konoha e la pecora nera dell’Hokage. Adesso era un Nukenin. Era un criminale. Un reietto. Un ricercato mondiale. Un soldato senza meta. Non era più un Ninja, e non era più la stessa persona che era stato quando aveva abbandonato il Villaggio. Ciò che aveva vissuto fuori dai confini di Konoha… lo aveva cambiato. Cambiato radicalmente ed irreversibilmente. La guerra che aveva combattuto, le battaglie che aveva superato, gli scontri con l’Unione che aveva affrontato, le ingiustizie che aveva subìto e visto… tutte queste cose lo avevano cambiato per sempre.

Gli avevano permesso di trovare un nuovo sogno.

La pace era il suo nuovo obiettivo. Vivere con la sua famiglia in un mondo pacifico era il suo sogno. Ma il mondo, come aveva avuto modo di vedere coi suoi stessi occhi durante questi mesi, non era in pace. Non c’era la pace. Non esisteva la pace. La pace era una bugia. Il mondo, per quanto la cosa gli piacesse o meno, non gli avrebbe mai permesso di vivere in pace con la sua famiglia. Né a lui, né a tutte le persone che stavano soffrendo.

E questa cosa era inaccettabile.

La domanda che Toneri gli aveva fatto gli tornò alla testa come un monito solenne.

Resterete per sempre nascosti qui, rifugiandovi dal mondo; oppure tornerete indietro e riprenderete a combattere?

Doveva scegliere. Doveva prendere una decisione. Ma quale?

Fuggire sulla Luna e abbandonare la Terra era inconcepibile. Sarebbe stato come fuggire dalla realtà. Rinchiudersi in un mondo idilliaco, dove non esistono problemi e conflitti. Il concetto era simile a quello che voleva fare l’Akatsuki, molti anni prima. Boruto lo aveva letto, nei rotoli che aveva trafugato nel vecchio covo dell’Alba. L’Organizzazione voleva schiavizzare il mondo, rinchiudendolo dentro un’illusione dove non c’erano guerre, morti e dolore. Una falsa realtà priva di difetti, per porre fine alle guerre. Ma Boruto non era stupido. Sapeva che una pace dettata da un’illusione non era veritiera, non era duratura. Il problema andava risolto alla radice. La vera pace andava conquistata. Doveva essere presa, per poterla dare veramente a tutti. Ma come? Cosa si poteva fare per riuscire a sedare completamente gli scontri? Come poteva lui, da solo, riuscire a mettere fine a tutte le discordie, a tutte le incomprensioni, a tutte le morti che ancora oggi continuavano ad assalire migliaia e migliaia di persone?

Non ne aveva idea.

Rimase a lungo a meditare su quelle domande, restando seduto per ore e ore sopra quel masso posto sulla collina, osservando il cielo e riflettendo in silenzio. Non ebbe modo di dire quanto tempo passò mentre era intento a pensare, ma se doveva essere sincero, la cosa non gli importava più di tanto. I suoi amici potevano tranquillamente restare senza di lui per un po'. E poi, era da molto tempo che non aveva avuto modo di restarsene da solo a riflettere come in quel momento. La sua vita era stata piuttosto movimentata, in fondo. Soprattutto nell’ultimo periodo. Sedersi a pensare e ragionare come adesso era qualcosa che non faceva da tanto. E gli era mancato, sinceramente.

“Sapevo che ti avrei trovato qui,” fece una voce all’improvviso, riscuotendolo da quei pensieri.

Boruto si voltò leggermente con la testa, fissando la persona che si stava lentamente dirigendo verso di lui con uno sguardo confuso. “Cosa ci fa lei qui, Uzukage-sama?” chiese con un sorriso. “Pensavo che volesse passare del tempo assieme a Kairi.”

La donna si portò davanti a lui, ricambiando il suo sorriso. “Ho passato del tempo assieme a lei,” ribatté con divertimento. “Sono trascorse diverse ore da quando sei sparito. Ormai è notte, come vedi.”

Il biondino sorrise con imbarazzo, tornando a focalizzare lo sguardo sull’orizzonte. Vedendo ciò, Kaya si sedette sulla roccia accanto a lui, senza proferire parola e accompagnandolo silenziosamente con gli occhi. Entrambi fissarono il cielo oscuro per diversi minuti, crogiolandosi nel silenzio assoluto e ascoltando il suono del vento che soffiava di tanto in tanto, assieme al fragore sommesso e distante dei festeggiamenti del Villaggio. Non c’era imbarazzo tra loro due. Non c’era tensione. Solo pace. Ed una piccola consapevolezza. La consapevolezza che quel momento non poteva durare. Per quanto il silenzio fosse piacevole, c’erano delle questioni che andavano risolte.

“Non puoi immaginare quanto ti sono grata per avermi riportato mia figlia,” cominciò a dire l’Uzukage, fissando sempre il cielo. “Ti ringrazio, Boruto. Senza di te… Kairi ed io non avremmo mai potuto rivederci ancora.”

Boruto scosse la testa. “Io non ho fatto nulla,” ribatté. “Kairi è una ragazza forte. Sarebbe riuscita a sopravvivere anche senza il nostro aiuto. Ma apprezzo i ringraziamenti, Uzukage. Mi basta vedervi entrambe felici per essere contento.”

La donna annuì, il suo volto indecifrabile. “Molto bene,” disse con un sospiro, come se si fosse tolta un peso dalla coscienza. “Allora posso andare oltre…”

Boruto ammiccò, voltandosi leggermente verso di lei. “Huh?”

SLAP!

Kaya gli sferrò uno schiaffo in piena faccia.

Il biondino trasalì, portandosi una mano sulla guancia colpita senza riuscire a proferire parola. I suoi occhi sgranati fissarono il volto pieno di furia della donna, ricolmi di confusione, stupore ed incertezza.

“Non ho mai visto una persona più stupida, egoista e sfrontata di te!” lo rimproverò ferocemente l’Uzukage, i suoi occhi ricolmi di rabbia e preoccupazione. “Possibile che tu sia così cieco? Hai la minima idea di quello che le tue azioni negli ultimi mesi hanno causato? Ti rendi conto di ciò che hai fatto? Quando hai scioccamente deciso di attaccare un Demone codato hai messo in pericolo te stesso, i tuoi alleati, la tua famiglia, il tuo Villaggio e il tuo clan! Te ne rendi conto, moccioso?”

Boruto sentì il suo cuore contrarsi dolorosamente dopo quelle parole. “I-Io-”

“No che non te ne rendi conto,” lo interruppe bruscamente lei, furiosa come mai prima d’ora. “Allora lascia che te lo spieghi io: ciò che hai fatto ha avuto delle conseguenze devastanti! Hai portato un cambiamento d’epoca! Il panorama politico si è spostato a causa delle tue azioni! I leader delle varie Nazioni si stanno chiedendo perché non dovrebbero attaccare e confinare i Bijuu entro i loro confini per prenderne il controllo! I mercenari stanno tentando di attaccarli e sigillarli per venderli al miglior offerente! Stiamo quasi per tornare ai tempi precedenti ad Hashirama Senju a causa delle tue azioni, Boruto, e tutto il sangue che verrà versato per colpa di questo sarà sulle tue mani!”

Il Nukenin deglutì.

“E questo per non parlare del pericolo in cui hai messo la tua famiglia e il tuo Villaggio; o della vergogna che hai gettato sul clan Uzumaki per colpa di ciò che hai causato! Nell’ultimo mese, l’Hokage è stato costretto a deviare diversi attacchi sulla sua persona e sul suo Villaggio a causa tua! E ormai la prima cosa che la gente pensa quando sente la parola ‘Uzumaki’ sei tu e le tue azioni infamanti!” dichiarò, imbestialita.

Boruto abbassò gli occhi a terra, incapace di reggere il suo sguardo.

“Dammi una sola ragione per cui non dovrei immediatamente denunciarti all’Hokage. O peggio ancora, all’Unione,” domandò l’Uzukage, solenne.

Il dolore dentro al suo cuore divenne insostenibile. Boruto deglutì di nuovo. “I-Io-” iniziò a dire, sommessamente. “Io non ho pensato. Lei ha ragione. Non ho pensato abbastanza alle conseguenze delle mie azioni. Ma ciò che ho fatto non l’ho fatto per egoismo. Stavo cercando di aiutare la gente. Io ho aiutato la gente. L’Ichibi era una minaccia per il popolo della Terra del Vento. Stava uccidendo centinaia, se non migliaia, di persone. Distruggeva i loro raccolti, spazzava via interi villaggi… qualcuno doveva fare qualcosa!” esalò, il suo tono che diveniva sempre più disperato parola dopo parola.

Il cipiglio di Kaya si addolcì, seppur leggermente. “Comunque sia,” disse lei. “Non era tuo dovere farlo. L’Hokage ed il Kazekage stavano e stanno cercando di trovare una soluzione per calmare l’Ichibi. Sigillandolo potresti aver salvato centinaia, se non migliaia, di persone nella Terra del Vento; ma potresti anche averne condannate altre migliaia quando in futuro scoppieranno delle guerre per il controllo dei Bijuu. Te ne rendi conto?”

Boruto inalò pesantemente. Poi annuì. “Sì,” rispose, devastato. “Sì, lo so. Ma io… io non potevo restare a guardare. Non potevo permettere che così tante persone continuassero a soffrire. Non potevo non fare niente. V-Volevo solo aiutarli…” sussurrò debolmente, a testa bassa.

L’Uzukage gli mise una mano sulla spalla. “Lo so, Boruto. Lo so,” disse, cercando di essere più comprensiva. “Ma tu possiedi un grande potere ed un potenziale ancora più grande. Per questo devo essere così dura con te: perché devi essere migliore. Devi essere perfetto. Devi migliorarti, perché adesso il mondo ti ha puntato gli occhi addosso, e la prossima generazione guarderà a te come esempio per ciò che accadrà in futuro. Indipendentemente dal fatto che ci sia la pace… o la guerra.”

Boruto annuì.

Kaya sospirò. “Ormai tutto il mondo ti sta dando la caccia,” disse. “Hai una scelta da fare, Boruto. Una scelta molto difficile. Puoi continuare a correre e correre, sperando che le varie Nazioni e l’Unione non ti raggiungano mai. Puoi viaggiare in lungo e in largo e aiutare quante più persone possibili, per quanto puoi. Ma, eventualmente, i tuoi amici moriranno. Tu morirai. O finirai in una prigione ufficialmente inesistente dove le guardie ti tortureranno senza pietà e ti nutriranno solo per mantenerti a malapena in vita,”

“Oppure…” aggiunse dopo un attimo di pausa. “Puoi decidere di fare realmente del bene. Del bene vero e duraturo per il mondo intero… arrendendoti e consegnandoti alle autorità.”

Boruto trattenne il fiato, alzando la testa di scatto.

Kaya lo guardò con uno sguardo serio e solenne. “Rinuncia alla tua vita da Nukenin e diventa un Ninja ufficiale del Vortice.” disse. “Se lo farai, io negozierò personalmente con l’Unione e con la Foglia per scusare i tuoi crimini, proteggendoti dalla forca e dalle Nazioni che vogliono la tua testa. In cambio di questo, però, tu resterai qui ed accetterai di diventare il Quarto Uzukage.”

Il biondino rimase a bocca aperta, completamente sconvolto. Che cosa? Kaya… Kaya voleva che diventasse il suo successore? Lui? Com’era possibile? Perché? Come poteva pensare una cosa simile? “M-Ma io… io pensavo che Kairi fosse la prossima-”

“Kairi non accetterà il Cappello,” lo incalzò la donna, sorridendo con saccenza. “Lo so per certo. L’ho sempre saputo, da prima ancora che io e lei venissimo separate. Mia figlia non vuole comandare. Vuole seguire qualcuno. Vuole dedicare la sua vita seguendo un leader che possa guidarla in ogni circostanza. E ad oggi, lei ha trovato questa guida solamente in te, Boruto.”

Boruto era ancora allibito. “M-Ma perché io?” chiese, a corto di parole.

L’Uzukage ridacchiò. “Io credo in quello che ho detto, Boruto. Tu possiedi un grande potere ed un potenziale ancora più grande. Hai un incredibile talento naturale per il comando e per il Fuuinjutsu (Arte dei Sigilli), e una feroce lealtà verso la tua famiglia; ma soprattutto, hai un profondo senso di giustizia. Tratti che un buon Uzukage deve saper incarnare. Inoltre, la tua nomina come Quarto Uzukage assicurerebbe che i legami tra la Foglia e il Vortice durino ancora per molti anni, difenderebbe il nostro clan dai suoi nemici, e creerebbe stabilità per noi e per te stesso. I tuoi figli, poi, sarebbero indubbiamente potenti, discendendo da tuo padre, che discende da tua nonna, che era uno dei membri più potenti del nostro clan da generazioni,” spiegò lei.

Il ragazzino sentì il suo cuore battere all’impazzata mentre cercava furiosamente di pensare e trovare le parole. “I-Io-”

“Non rispondermi ora,” lo interruppe Kaya. “Pensaci per bene, prima di rispondere. Ogni cosa ha un suo prezzo. Tu ti sacrificheresti molto accettando una proposta del genere: la tua libertà personale, la tua vita, e molto altro. Per non contare le spese che dovrai sicuramente risarcire all’Unione per i danni che hai indubbiamente causato. Inoltre dovrai necessariamente prendere una moglie e generare dei figli. So che sei ancora molto giovane, ma questa cosa è indiscutibile. Il nostro clan non è ancora sicuro, e siamo troppo pochi per garantire la sua durabilità.”

Boruto annuì, incerto. “M-Ma… Ma che ne è allora di Jin? Ricordo che l’ultima volta che sono stato qui avevi accennato al fatto che sarebbe stato lui il tuo successore,” disse.

L’Uzukage sbuffò. “Quello zuccone,” disse affettuosamente. “È più che qualificato per essere il Quarto Uzukage, ma non vuole questa responsabilità. Nel caso tu decidessi di rifiutare, stai certo che gli metterò un po' di buon senso in quella zucca vuota.”

Il biondino sorrise leggermente all’udire ciò.

Passarono diversi secondi di silenzio dopo quelle parole. Kaya lo guardò di sbieco, sorridendo di rimando. “Ti ho mai raccontato della creazione del nostro clan?” chiese alla fine.

Boruto scosse la testa. L’Uzukage allora posò lo sguardo verso l’orizzonte. “È una storia poco credibile, a dir la verità. E non la racconto spesso,” cominciò a dire, stringendosi nelle spalle. “Si dice che il primo Uzumaki fosse una donna. Una donna di una bellezza così impareggiabile che nessun’altra dopo di lei nacque con un aspetto simile al suo. L’unica cosa che superava la sua bellezza era la sua potenza in battaglia. Il colore rosso dei nostri capelli e degli occhi nacque da lei, poiché guerra dopo guerra, battaglia dopo battaglia, dopo aver ucciso innumerevoli persone, alla fine i suoi capelli e i suoi occhi si macchiarono irrimediabilmente di sangue, assumendo questo colore per sempre.”

“Gli anni passavano, e giorno dopo giorno lei uccideva sempre di più. I fiumi si tingevano di rosso al suo passaggio, le terre diventavano sterili ed incapaci di produrre raccolti dovunque mettesse piede; e lei divenne più una forza della natura che una donna. L’origine del nostro nome Uzumaki, ovvero inteso come Vortice, viene proprio da questa devastazione che lei generava ovunque andasse. Alla fine, tuttavia, lei divenne insoddisfatta del mondo: si era lavata nel sangue dei suoi nemici e ancora non riusciva a trovare un significato nella vita,” disse Kaya.

“Perciò, sai cosa decise di fare?” chiese lei. Il biondino scosse di nuovo la testa, facendola ridacchiare. “È semplice: decise di trovare marito. Ma non un marito qualsiasi. Lei avrebbe sposato solamente un uomo che fosse riuscito sconfiggerla in un combattimento singolo. Così, si mise a vagare in lungo e in largo per la terra, uccidendo uomini dopo uomini alla ricerca di una persona che potesse eguagliarla. Passarono decenni e lei non riuscì a trovare nessun uomo che potesse tenerle testa. Fino a quando, un giorno, ci riuscì.”

L’Uzukage fece una pausa nel suo racconto. Boruto aspettò pazientemente. “La prima volta che sentì questa storia non riuscì a crederci. Non fino a quando divenni Uzukage,” ammise Kaya, sospirando. “Comunque sia, si dice che un giorno quella donna giunse ad una realizzazione. Non c’era nessun uomo mortale che poteva amare. Perciò, lei si innamorò con l’unico uomo che l’aveva accompagnata sempre senza mai deluderla: la Morte. Professò il suo amore per la Morte facendo strage di un intero Paese in una notte sola. Migliaia di persone morirono per mano sua quella notte, e dal loro sangue lei estrasse il ferro necessario per forgiare una spada maledetta: la spada Totsuka.”

Boruto seguì gli occhi dell’Uzukage verso l’orizzonte. Aveva già sentito nominare quella spada da qualche parte. Forse in passato qualcuno l’aveva usata? Oppure aveva letto quel nome da qualche parte? Non ricordava per bene.

Kaya continuò a raccontare. “Dicono che la Morte andò dalla donna quella notte, e i due si sposarono in mezzo ad un mare di cadaveri. La Morte le insegnò l’Arte dei Sigilli, in modo che lei potesse mandare altre vittime da lui. Poi, nove mesi dopo, nacque il primo figlio del clan Uzumaki. La donna insegnò anche a lui il Fuuinjutsu, e lui lo insegnò a sua volta ai suoi discendenti, fino a portarlo fino a noi. Poi, prima di morire, il figlio di questa donna sigillò la sua stessa anima dentro una maschera. La prima, vera Maschera della Morte,” sussurrò.

Boruto assimilò la storia in silenzio. “Ho letto delle Maschere della Morte nel rotolo che lei mi aveva dato in passato,” disse. “Dunque esistono veramente…”

L’Uzukage annuì. “Adesso sai perché la Nuvola e la Nebbia tentarono di distruggere il nostro clan molti anni fa,” disse. “Le Maschere della Morte sono armi che ci conferiscono il potere e la saggezza delle persone sigillate dentro di esse. La maggior parte di queste persone erano capi del clan, o uomini e donne eroici che possedevano poteri incommensurabili per essere semplici umani. E noi siamo i loro discendenti. La speranza per cui hanno lottato e sofferto in vita. E le nostre azioni, per quanto misere e meschine possano essere, hanno alle spalle il peso delle loro vite. Per questo noi dobbiamo essere migliori, per rendere onore ai nostri predecessori”

Appena udì ciò, Boruto si sentì molto, molto piccolo. Come se la sua esistenza fosse solo un misero tassello facente parte di un mosaico immensamente più grande. Non sapeva se la storia che aveva sentito fosse vera o meno, ma aveva fatto il suo effetto. “Grazie,” disse dunque alla fine. “Per la storia, per la pergamena, per tutto. E anche per il rimprovero,” aggiunse.

L’Uzukage sorrise. “Stai imparando,” notò.

“Ma non lascerò che il passato condizioni il mio futuro, Uzukage,” continuò a dire quello, alzandosi dalla roccia. Kaya lo osservò di sbieco, in silenzio. “Sceglierò da me la mia strada, il mio destino, la mia storia. Io sono il padrone della mia vita, io sono il capitano della mia barca. E sarò sempre io a decidere cosa sia giusto o sbagliato fare per me stesso. Il passato… è passato. Ed io voglio guardare al futuro.”

Kaya lo ascoltò col cuore in gola.

Boruto si mise le mani in tasca. “Le darò la mia risposta tra due giorni,” disse, accingendosi ad andarsene senza voltarsi verso di lei. “Per il resto, spero che possa godersi sua figlia finché può, Uzukage.”

Detto ciò, senza aggiungere altro, il giovane Uzumaki se ne andò da lì.
 


Le ore trascorsero in fretta per il biondino. Quella notte, mentre se ne stava sdraiato sul letto di una casetta che l’Uzukage aveva donato a lui e ai suoi amici per ospitarli, intento a riflettere sulle domande che continuavano a tartassargli la mente, Boruto comprese per l’ennesima volta che la vita lo stava ponendo difronte ad un bivio. Era giunto ancora una volta ad un incrocio, e doveva necessariamente scegliere quale delle due strade intraprendere. Non poteva sottrarsi, non poteva evitarlo, non poteva fuggirlo. Doveva affrontarlo, come aveva sempre fatto. Come aveva promesso a sé stesso e ai suoi amici di fare. Ma la consapevolezza di dover scegliere non lo rendeva per niente più facile. Anzi.

Che cosa voleva fare? Continuare a combattere le ingiustizie del mondo e ad aiutare la gente, vivendo sempre da ricercato e da reietto assieme ai suoi amici; oppure abbandonare la vita da Nukenin e accettare di diventare ancora una volta un Ninja e poi Uzukage?

Era una decisione difficile.

Da una parte, se fosse rimasto nel Vortice, questo gli avrebbe permesso di rivedere le persone di Konoha. Avrebbe rivisto Sarada, Shikadai e tutti gli altri. Come vecchi amici, e non più come dei nemici da evitare o affrontare. Si sarebbe guadagnato, fino ad un certo punto, il rispetto e l’attenzione dell’Hokage e della Foglia. Non che a lui interessassero, certo, ma era pur sempre una prospettiva interessante di cui tener conto, dopo quasi un anno intero fatto di fuga e nascondimento. Avrebbe potuto fare ammenda per i suoi crimini, che per quanto facesse fatica ad ammetterlo, avevano avuto conseguenze devastanti per tutto il mondo. Avrebbe potuto aiutare le persone, molte persone, in tutto il mondo, combattendo dall’interno le ingiustizie del sistema politico. Avrebbe avuto una casa nel Villaggio del Vortice. Una popolazione che lo stimava e che lo accettava nonostante avesse abbandonato i valori degli Shinobi. Avrebbe avuto un obiettivo su cui lavorare: ricostruire il clan Uzumaki. Non era per niente una prospettiva malvagia.

Ma allo stesso tempo…

Boruto lanciò un’occhiata alla camera da letto. Mikasa, Sora, Gray, Shirou e Juvia stavano dormendo in dei piccoli letti posizionati tutti in fila accanto al suo, immersi in un sonno profondo. Erano esausti, spossati. Meritavano di dormire dopo tutti questi mesi passati a viaggiare continuamente giorno dopo giorno. Kairi era nella residenza dell’Uzukage, probabilmente intenta a passare ancora del tempo con sua madre. E Mitsuki invece era rimasto nel Castello di Toneri con Urahara, intenzionato a scoprirne e studiarne i meccanismi. La ricerca sembrava attrarlo molto, proprio come suo padre.

Un dubbio atroce pervase la mente del giovane Uzumaki mentre osservava i corpi dormienti dei suoi amici.

Se avesse accettato la proposta dell’Uzukage, che ne sarebbe stato di loro? Avrebbe dovuto necessariamente abbandonarli? Boruto non era stupido. Non era un illuso. Sapeva che per colpa della loro partecipazione nei suoi crimini, i suoi amici non sarebbero stati perdonati dall’Unione. Non c’era neanche la certezza che lui stesso sarebbe stato perdonato, nonostante fosse il figlio dell’Hokage.

No. Mikasa, Sora, Gray, Juvia, Shirou, Kairi, Mitsuki… tutti loro avrebbero continuato a vivere una vita da ricercati. Non avrebbero ricevuto perdono da parte del mondo.

E se lui fosse rimasto nel Vortice, li avrebbe abbandonati inevitabilmente. Certo, sarebbero potuti rimanere al sicuro, nascosti sulla Luna con Urahara-sensei e Toneri, ma lui non li avrebbe più rivisti, se non in qualche breve occasione. Solo Kairi sarebbe potuta rimanere nel Villaggio.

No. Lui non poteva lasciarli. Era inconcepibile. Inaccettabile. Erano la sua famiglia, e la famiglia viene prima di tutto. Anche della pace. Anche della sicurezza. Non lo avevano mai abbandonato in nessuna occasione. Non durante la Guerra, non durante la battaglia contro l’Ichibi, non durante lo scontro con Orochimaru. E lui non li avrebbe abbandonati a sua volta.

Boruto sorrise, chiudendo gli occhi.

Aveva preso la sua decisione.

Ed era stato più semplice di quel che pensava.
 


27 Febbraio, 0016 AIT
Villaggio del Vortice
Terra del Vortice
09:15

“Sei certa di non voler restare?”

Kairi scosse la testa, guardando sua madre con un sorriso carico di certezza mentre le stringeva le mani tra le sue con dolcezza. “Non posso. Prima di incontrarli, ero rimasta priva di scopo. Non avevo nessun obiettivo, madre. Ero sola, disperata, abbandonata. Ma adesso… grazie a loro, posso dire di aver trovato una nuova casa. Una nuova vita. E non voglio abbandonarla,” rispose.

L’Uzukage guardò sua figlia con uno sguardo commosso, annuendo leggermente con la testa mentre tratteneva le lacrime. “Va, dunque, se ne sei certa,” disse, abbracciandola all’improvviso. “E sappi che, qualunque cosa accada, noi ci saremo sempre qui per te.”

“Lo so, madre,” ricambiò la giovane, unendosi a lei in un lungo abbraccio.

Boruto, Mikasa, Sora, Gray, Juvia e Shirou osservarono la scena con dei sorrisi sulle labbra. Si trovavano sulla spiaggia dell’isola, spalla a spalla, con delle borse piene di rotoli e provviste legate sulla schiena. Assieme a loro, dietro Kairi e Kaya, Jin e una manciata di soldati osservavano a loro volta la scena con felicità. Tutti quanti davano le spalle all’oceano, ascoltando le onde che si infrangevano sulla barriera che delimitava l’isola per proteggerla dagli invasori. Quando madre e figlia ebbero finito di scambiarsi i saluti, infine, l’Uzukage e Jin si avvicinarono a Boruto.

“Quindi, è questa la tua decisione?” chiese Kaya.

Boruto la guardò negli occhi, determinato, ed annuì. “Mi dispiace, io-”

L’Uzukage alzò la mano e scosse la testa. “Lo so,” disse. “Sapevo che avresti preso questa decisione già nel momento in cui ti ho fatto la proposta. L’ho visto nei tuoi occhi.”

“Sicuro di non volerla riconsiderare?” domandò Jin. Aggiunse una nota isterica nella sua voce che lo fece sembrare come se stesse implorando.

Kaya gli diede una gomitata nelle costole. Boruto rise. “Ingrato,” lo prese in giro lei. “Sarai un buon Uzukage, un giorno.”

Il biondino annuì allo stesso tempo. “Andrai bene, Jin,” disse a sua volta. “Non sarai un Uzukage buono come me, certo, ma sarai… adeguato.”

Jin prese a calci un po' di sabbia e borbottò qualcosa sotto i baffi che gli procurò uno schiaffo in testa da parte di Kaya. Tutti quanti scoppiarono a ridere.

“Questo è un addio, dunque,” disse poi l’Uzukage.

Boruto scosse la testa. “Torneremo a trovarvi, qualche volta,” ribatté. “In incognito, certo.”

Kaya sorrise tristemente. “Dovrete essere prudenti,” li ammonì. “Il mondo sta diventando più teso che mai, ed io non posso più difendervi. Non a rischio del clan. Non dopo tutto quello che la Foglia ha fatto per aiutarci. Sarete sempre i benvenuti qui, ma semmai dovessimo incontrarci fuori dai confini del Vortice… saremo nemici.”

“Non si preoccupi,” disse Sora con sicurezza ed un sorriso confidente, incrociando le braccia dietro la testa. “Non credo che ci faremo trovare da nessuno per un po' di tempo. E poi, il nostro nascondiglio è sicuro. Nessuno potrà trovarci. Non ci accadrà niente, Uzukage-sama.”

Le sopracciglia di Kaya si incurvarono con sospetto. “In effetti, come fate ad essere così tranquilli? Si può sapere dove siete diretti?” chiese, poco convinta.

Boruto ridacchiò. “Non possiamo darle informazioni dirette, ma Sora ha ragione. È un posto sicuro,” rispose vagamente, cercando di evitare la domanda. Non potevano rivelare a nessuno dell’esistenza dell’Astro Celeste, nemmeno alle persone fidate. Toneri era stato chiarissimo su questo. “Si fidi di noi, staremo bene.”

La donna esitò un istante, poi annuì, riprendendo a sorridere. “Allora, prima di andarvene, lascia che ti dia questo, Boruto,” disse, porgendogli un piccolo rotolo racchiuso dentro una garza di seta dorata. Il biondino accettò il dono con uno sguardo questionante. “È un rotolo speciale,” spiegò la donna. “Racchiude una delle Tecniche Segrete più potenti e formidabili del nostro clan: le Catene d’Amianto. Se imparerai a padroneggiarle, saranno un’aggiunta decisiva al tuo arsenale, credimi. Consideralo come un ringraziamento per aver salvato mia figlia.”

Il giovane Nukenin annuì, sorridendo con gratitudine e trepidazione. Kaya gli prese la mano, stringendogliela con foga. “Abbi cura di mia figlia,” gli disse. “E continua ad allenarti. Ormai sei un leader, e i tuoi compagni fanno affidamento su di te. Non puoi permetterti di sbagliare. E semmai saremo costretti a combattere un giorno, sappi che non ci andrò piano con te. Devi diventare più forte. Devi essere perfetto.”

Nonostante il suo tumulto interiore, Boruto annuì. “Lo farò,” promise.

Detto ciò, lui e i suoi amici presero a correre al largo dell’oceano.
 


27 Febbraio, 0016 AIT
Castello di Toneri, Astro Celeste
10:30

“Siete tornati,” disse Toneri.

Boruto e gli altri entrarono nella sala del castello con disinvoltura, facendo un cenno di saluto con la testa. Toneri, Urahara e Mitsuki erano tutti lì, intenti ad aspettarli mentre leggevano dei rotoli strani posti su un grosso tavolo di legno rossastro. Un grosso fuoco ardeva dentro un camino immenso posto in fondo alla sala, illuminando con le sue fiamme scoppiettanti la sala dove si trovavano.

“Com’è andata la visita all’Uzukage?” domandò Urahara, sedendosi su una sedia.

Gray scrollò le spalle. “È stata piacevole. Almeno adesso lei e Kairi potranno vedersi di tanto in tanto,” rispose.

L’uomo col cappello annuì, scoccando uno sguardo al biondino del gruppo. “E per il resto?” chiese ancora. “Sei riuscito a prendere una decisione?”

Boruto si portò accanto a lui in silenzio, sedendosi sopra una poltrona posta davanti al camino. “Sì,” rispose dopo un paio di secondi. “Sì, ho preso la mia decisione.”

Toneri, Mitsuki e tutti gli altri gli si portarono attorno. “E sarebbe?” fece l’essere bianco.

L’Uzumaki fissò gli occhi indecifrabili dell’Otsutsuki coi suoi, ardenti di determinazione. “Devo allenarmi,” ribatté il giovane. “Devo diventare più forte. Devo essere perfetto. Il mondo sta cambiando, cambiando drasticamente. Per colpa mia. Non posso più permettermi di esitare, non posso sbagliare. Devo migliorarmi per… per essere in grado di affrontarlo a testa alta.”

Un sorriso impercettibile incurvò le labbra di Toneri. “Quindi hai preso la tua decisione?”

Boruto annuì. “Non posso restarmene nascosto qui per sempre,” dichiarò. “Non posso. Sarebbe un gesto da codardi, ed io non sono un codardo. Diventerò più forte, diventerò più abile, e poi ritornerò sulla Terra. Ritornerò ad aiutare coloro che ne hanno bisogno, anche se dovessi rischiare la vita. Il mondo non è ancora in pace. Ci sono moltissime persone che continuano a soffrire ancora oggi. Non posso restarmene a guardare. Se l’Unione non è in grado di aiutarle… allora lo farò io.” I suoi occhi azzurri sfidarono con lo sguardo quelli dell’uomo bianco. “Questa è la cosa giusta da fare. Questa è la mia decisione,” disse.

Urahara fissò il giovane con uno sguardo penetrante per diversi secondi, focalizzando poi l’attenzione su tutti gli altri. “E voi, invece?” domandò allora.

“Mi sembra ovvio,” ribatté Mikasa, il suo tono monotono ma deciso. “Andremo anche noi con lui.”

Sora ghignò. “Resteremo insieme. Come sempre,” aggiunse senza la minima esitazione, incrociando le braccia.

I due uomini fecero un cenno con la testa. “E voi altri? Che cosa avete deciso di fare?” li incalzò Toneri, rivolgendosi a Gray, Juvia, Shirou, Kairi e Mitsuki.

I ragazzi in questione non ci misero molto a dare la loro risposta. “Restare nascosti qui sarebbe una noia mortale,” dichiarò Gray, scoccando un’occhiata di sfida ai due uomini. “Seguire Boruto è decisamente una proposta più allettante. Se tornare sulla Terra ci darà l’occasione di combattere di nuovo, allora io ci sono dentro. Sono un uomo d’azione, dopotutto.”

Juvia annuì. “Non potrei accettare di restarmene in disparte mentre tutti loro rischiano la pelle. Andrò anch’io sulla Terra,” disse a sua volta, determinata.

Shirou mise una mano sull’elsa della sua spada, il suo volto privo di emozione. “Il mio compito come Samurai è seguire Boruto. Non c’è altro da aggiungere,” dichiarò senza mezzi termini, la sua voce piatta come se fosse la cosa più scontata del mondo.

“Anch’io voglio andare con loro,” aggiunse poi Kairi, timidamente. “Non vorrei separarmi da loro. Voglio aiutarli.”

Tutti quanti annuirono dopo quelle parole. Mano a mano che ascoltava le loro dichiarazioni, Boruto sentiva una punta di gratitudine crescergli nel cuore sempre più nei confronti dei suoi amici. Neanche adesso lo stavano abbandonando. Nonostante avesse deciso di intraprendere un cammino pericoloso, nonostante avesse deciso di riprendere ad affrontare l’Unione, nonostante avesse rifiutato l’offerta di vivere in pace qui, sulla Luna, assieme a tutti loro, i suoi amici non avevano esitato a scegliere di seguirlo ancora una volta. Neanche stavolta avevano deciso di separarsi da lui.

Era profondamente grato di aver trovato degli amici simili.

“E cosa vuoi fare tu, Mitsuki?” domandò all’improvviso Urahara, rivolgendosi all’unica persona che non aveva ancora parlato. “Hai preso una decisione?”

L’albino annuì, fissando tutti i presenti con attenzione e solennità per diversi secondi prima di cominciare a parlare. “Io… Io voglio restare qui,” dichiarò, serio. “Voglio continuare a studiare e a migliorare nella conoscenza delle Arti Ninja e nella ricerca. Combattere… mi sono reso conto che non fa per me. Mi dispiace.”

I ragazzi lo guardarono con delle espressioni sbigottite appena registrarono le sue parole. Non si erano aspettati una decisione simile da parte sua. Tuttavia, prima che qualcuno potesse dire qualcosa, uno di loro parlò ad alta voce.

“Non c’è bisogno di scusarti,” disse Boruto. Mitsuki lo guardò coi suoi occhi gialli indecifrabili, osservandolo mentre gli sorrideva con confidenza. Il biondino ricambiò il suo sguardo con tranquillità. “Non sei mai stato obbligato a seguirmi, e mai lo sarai. Se preferisci restare qui a studiare, per me va bene. L’importante è che questa decisione sia tua.”

Il ragazzo annuì. “Voglio diventare uno scienziato,” dichiarò, sorridendo appena con le labbra. “Questa è una decisione che ho preso da me. Toneri mi ha dato l’occasione di usare i suoi laboratori sotterranei, e la proposta mi intriga molto. Credo di aver ereditato questo interesse da mio padre.”

Boruto ghignò. “Allora fai pure ciò che credi,” lo esortò senza esitazione, annuendo col capo. “E semmai ne avrai il tempo, potresti anche creare qualcosa di utile per tutti noi.”

Mitsuki sorrise di rimando. “Stanne certo, Boruto.”

Toneri e Urahara osservarono la scena con un sorriso, fissando i giovani con solennità e orgoglio. “Molto bene,” la voce di Urahara riportò tutti all’attenzione. “Allora credo che non ci sia più tempo da perdere, ragazzi. Avete preso la vostra decisione, quindi immagino che sarete pronti ad affrontarne le conseguenze. Mi sbaglio?”

Boruto si rimise in piedi, portandosi dianzi al suo maestro. “Continueremo ad aiutare la gente,” dichiarò senza esitazione. “Anche se ciò significa dover affrontare ancora una volta l’Unione. La Foglia, le varie Nazioni… non ci hanno mai fermati prima d’ora. Non ci riusciranno nemmeno in futuro.”

“E stavolta non sarete da soli,” aggiunse l’uomo col cappello, mettendogli una mano sulla spalla. “Io e Toneri vi aiuteremo in questa impresa. Da ora in poi, l’Unione vi darà la caccia come non ha mai fatto prima. Il mondo sta cambiando. Ma non lo affronterete più da soli. Ve lo prometto.”

Tutti quanti i giovani annuirono con enfasi.

Toneri incrociò le braccia. “Allora sarà meglio cominciare,” disse, sorridendo sotto i baffi. “Abbiamo un addestramento molto intenso da iniziare.”

Boruto non riuscì a trattenere il suo ghigno. “Quando cominciamo?”





 
 
Note dell’autore!!!

Salve gente! Ecco a voi il nuovo capitolo! Pero vi sia piaciuto!

Dopo tutti gli eventi frenetici che abbiamo descritto in precedenza, adesso la storia ha bisogno di un attimo di… ‘tranquillità’, passatemi il termine. Quindi vi chiedo scusa se qualcuno si aspettava scontri o eventi imponenti, ma per adesso ci vuole un attimo di pace. La calma prima della tempesta.

Abbiamo visto il modo in cui Boruto ha preso la decisione di continuare a combattere per il bene delle persone che soffrono. In fondo, per chi ha letto la storia precedente, questa decisione era scontata. Il nostro biondino è sempre stato un guerriero e un lottatore. Non avrebbe potuto accettare di restarsene nascosto sulla Luna. Non dopo aver visto coi suoi stessi occhi che il mondo aveva molte persone che continuavano a subire ingiustizie. Quindi, da adesso in poi, Boruto Uzumaki si è messo ufficialmente contro l’Unone per il bene del mondo. In futuro ne vedremo le conseguenze.

Vi invito, come sempre a leggere e commentare. Grazie a tutti in anticipo!

A presto!
   
 
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