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Autore: Shade Owl    24/12/2018    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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I giorno in cui aveva perso sua madre, Orlaith aveva perso anche una parte di se stessa. Qualcosa si era spezzato in lei, e da quel momento era cominciata la spirale di depressione che Vaněk aveva poi alimentato negli anni successivi, nel tentativo di usarla per piegare le persone.
Quello stesso giorno aveva scritto un brano, prettamente strumentale, che non aveva mai nemmeno proposto a David. Non era qualcosa da far sentire alle persone, non era un prodotto da commercializzare.
Era un tributo, un messaggio di infanzia perduta, di felicità distrutta da una realtà vuota e priva di senso in cui si finiva con l'arrancare. Ma anche un incoraggiamento a sognare.
E questo trasmettevano le note, mentre il violino riempiva di musica la radura.

Qui il brano

Davanti ai suoi occhi chiusi comparve una metropoli, grigia e infinita, sotto un cielo cupo, privo di vita, fatta di persone vuote e silenziose. Lei era sulla cima di un grattacielo, unica macchia di colore in quel piattume uniforme e senza speranza.
C'era nebbia, una nebbia umida e appiccicosa, fredda. In quel luogo contava solo l'immediatezza, la quotidianità, e non c'erano speranze, né sogni... né felicità.
Era il luogo da cui lei era sempre voluta fuggire, quello che abbandonava quando suonava e si immergeva completamente nella sua musica.
Ad ogni sua nota, ad ogni passo, ad ogni salto, l'aria vibrava. La nebbia intorno a lei cominciò ad allontanarsi lentamente, facendosi meno opprimente.
Continuò a danzare, spostandosi verso il bordo del tetto. Quando lo ebbe raggiunto spiccò un salto, e senza farsi nulla atterrò sul successivo grattacielo, più basso di quattro piani.
L'impatto generò un'esplosione di colori, un guazzabuglio liquido di tonalità vivide: giallo, viola, azzurro, un'intera tavolozza di vivacità schizzò intorno a lei, imbrattando qualsiasi cosa trovasse, colando per la forza di gravità e lasciando solchi multicolori ovunque passasse.
Mentre ballava, la musica continuava a creare colori, e ad ogni suo movimento c'erano nuovi schizzi, ovunque posasse i piedi apparivano nuove macchie, nuovi colori.
Saltò sul grattacielo successivo, continuando a suonare. Dall'archetto sprizzò un guizzo che si perse nel cielo, una stilettata che arrivò a infettare anche le nuvole con quella malattia che era la speranza in un mondo più felice e vivo.
Non era solo una violinista, era anche una pittrice, e la musica il suo pennello, il mondo la sua tela, il violino la tavolozza. Ogni salto, ogni passo, ogni movimento una pennellata.
Le persone in strada si fermarono, distolte dalle loro trivialità e dall'oppressione delle vite vuote che conducevano, attratte dall'improvviso manifestarsi dei colori che irrompevano di prepotenza nel grigio che li attorniava.
I colori si diffusero come una malattia, ricoprendo tutto quello che toccavano, e quando finalmente lei compì l'ultimo salto, raggiungendo l'ennesimo tetto, un'ultima esplosione di colori, più grande e prepotente delle altre, sostituì il grigio rimanente, facendolo sparire del tutto dalla sua vista.

David indietreggiò di un passo, inciampando in qualcosa e finendo a sedere sul pavimento di legno. Connnor lo evitò di un soffio, agguantò una vanga abbandonata poco distante e corse oltre la porta, spaventato dalla sua reazione.
- Oh... mio Dio!- esclamò, paralizzandosi sul posto, mentre l'attrezzo gli sfuggiva di mano.
Davanti a lui c'erano due creature innaturali, impossibili, e non l'uomo e la donna che lo avevano prelevato da casa sua due giorni prima per portarlo nel capanno.
Una era fatta di fuoco, e lingue ardenti filtravano di tanto in tanto dalla sua pelle piena di crepe incandescenti, mentre l'altra era alata e come se fosse costituita da fumo leggero.
L'essere di fuoco era a terra, e lanciava vampate incandescenti dalle dita, scatenando esplosioni voraci nello spiazzo, che ad ogni nuova fiammata si anneriva un po' di più.
L'altra spazzava il terreno con poderose ventate, volteggiando sopra il compagno e battendo con forza le ali, scatenando soffi poderosi di vento. Quando entrambi colpivano nello stesso momento l'aria si incendiava, rinvigorendo le fiammate, che diventavano se possibile ancora più grandi, più minacciose e più pericolose.
Il loro bersaglio era l'unica altra persona nella radura, che ad occhi chiusi suonava il suo violino, danzando tra di loro come se nemmeno esistessero.
Orlaith stava ballando tra i due mostri, disarmata e inerme.
- Orlaith!-
Fece per correre da lei, ma venne quasi subito afferrato da dietro da David, che lo trattenne faticosamente dov'era.
- No!- gridò il produttore - No, fermo! Fermati, Connor! Lei sa quello che sta facendo! Cioè... credo, ma...-
- Cosa stai dicendo? La mia bambina... l'ammazzeranno!- gridò Connor, furioso, cercando di divincolarsi.
- No! Lei... lei lo ha già fatto... credo! Guarda!-
Anche se non smise di agitarsi, Connor vide Orlaith evitare una nuova fiammata che incenerì un albero alle sue spalle semplicemente piroettando di lato, senza mai aprire gli occhi o smettere di suonare. Una ventata della creatura volante le passò sopra mentre lei piegava le ginocchia, lasciandola illesa ma tagliando interi ciuffi d'erba poco più in là.
Ogni colpo che quei mostri cercavano di mandare a segno finiva col mancare completamente Orlaith, la quale pareva del tutto indifferente a ciò che le accadeva intorno, e si limitava a danzare e a suonare. Lo spazio stesso sembrava come deformarsi quando era in pericolo, impedendo a quei mostri di colpirla. Qualunque cosa stesse facendo, non era nemmeno ferita, non sanguinava. Era totalmente illesa.
Anzi, continuava imperterrita a suonare, e le note presto penetrarono nella coltre di paura e orrore che gli aveva annebbiato la mente. Dentro di sé, Connor percepì una grande tristezza, ma anche la fiamma viva della speranza. Una parte di lui temeva di non poter più essere felice, ma un'altra, più forte e più viva, non voleva rassegnarsi. Sentiva di poter trovare di nuovo un motivo per ridere, era sicura che non si sarebbe lasciato mai abbattere e che, presto, tutto sarebbe andato a posto.
Eppure, non riusciva a capire da dove venissero quelle emozioni.
Mentre pensava a questo, l'essere di fuoco riuscì ad avvicinarsi a Orlaith, lanciando una scia fiammeggiante a una distanza così breve che non avrebbe mai potuto mancarla; tuttavia, le fiamme si separarono in due lingue distinte ben prima di poter toccare il corpo di sua figlia, volteggiandole attorno come in un turbine. Si diressero verso l'alto, contorcendosi e riunendosi, per poi piegarsi verso il mostro volante.
- No!- gridò questo, mentre le lingue di fuoco la investivano.
- NIO!- urlò il suo compagno infuocato.
La distrazione gli costò molto cara, perché subito dopo Orlaith emise un suono acuto e rapido con il violino; una forza invisibile spazzò l'aria intorno a lei, come un'onda incolore che lo sollevò e lo fece ricadere pesantemente a terra. Nuove crepe comparvero nel suo corpo ardente, e alcuni frammenti si staccarono, rotolando nella polvere e raffreddandosi rapidamente.
La musica di Orlaith continuò, e lei non smise di danzare, apparentemente del tutto ignara di quanto appena accaduto.
Un tuono risuonò sopra di loro, e presto gocce di pioggia crepitarono nel bosco. L'acqua si raccolse intorno a Orlaith prima di cadere a terra, serpeggiandole al fianco e componendo figure agili quanto lei che poi andarono ad abbattersi sul mostro infuocato, il quale ancora tentava faticosamente di rialzarsi.
L'acqua lo investì e lo schiacciò di nuovo a terra, spegnendo le sue fiamme mentre volute di vapore sfrigolavano intorno a loro. Orlaith non smise di suonare, e nuovi getti tormentarono la creatura, schiacciandola a terra, raffreddandola, trasformandola in un enorme pezzo di carbone fradicio che, rapidamente, cominciò a frantumarsi in mille pezzi.
E poi la musica cessò, la pioggia si fece meno pressante, l'acqua che aveva colpito lo strano essere ricadde a terra.
Un mucchio di braci fredde e zuppe era rimasto là dove prima c'era una figura umana di fiamme, ormai totalmente inerte.

Orlaith riaprì gli occhi, senza sorprendersi nel trovare segni di bruciature e piante carbonizzate su tutto il terreno di scontro. Non molto distante da lei, a metà strada verso il capanno, c'erano i miseri resti di Daley, ridotto a poco più di un ammasso di carbone fradicio. Nio era poco lontana, di nuovo in forma umana. Il fuoco l'aveva investita in pieno, e ora i suoi abiti erano per metà bruciati.
Anche sulla sua pelle spiccavano segni del combattimento, ma le ustioni erano quasi invisibili: vaste porzioni della sua cute erano coperte di crepe, e il colorito naturale era diventato più chiaro, più polveroso, anche se alcuni punti mostravano vesciche e segni di scottature. Perlopiù, la carne era ridiventata argilla: quasi tutto il suo lato sinistro, parte dell'addome e della schiena erano totalmente esposti, dando modo di vedere sia le crepe che le bruciature.
Era ancora viva, ma totalmente inerme, adesso.
- Orlaith!-
La violinista alzò lo sguardo, e con suo grande sollievo vide suo padre fissarla, pallido e allibito ma incolume. David, accanto a lui, la guardava allo stesso modo. Lei sorrise a entrambi, sollevata.
- Papà...- ansimò - Hai visto? Te l'avevo detto... sono tornata.-

Dopo un altro istante di esitazione e incertezza, Connor coprì la distanza che li separava e la circondò con le braccia, stringendola forte a sé. Orlaith ricambiò con vigore l'abbraccio, singhiozzando all'improvviso per il sollievo di vederlo di nuovo, di poter sentire il viso premere contro il suo petto un'altra volta.
Adesso era come se tutto non fosse mai successo. Era di nuovo a Tresckow, era di nuovo con suo padre, e tutta la sua vita a New York non era mai nemmeno esistita. Niente musica, niente contratti discografici, niente grande metropoli. Ma soprattutto niente Homunculus, niente Vaněk e Allwood...
- Ehi, dove credi di andare?-
La voce di David la riportò bruscamente alla realtà. Si separò subito da suo padre, guardando il produttore che inchiodava a terra Nio, premendo il piede sulla sua schiena.
- Non farle del male, Dave.- si raccomandò.
Lui scosse la testa.
- No, tranquilla, chica... ma stava cercando di strisciare via.-
Liberò l'attrice, lasciandola libera di girarsi sul fianco, usando le braccia per sostenersi. Orlaith si inginocchiò davanti a lei, guardandola nell'unico occhio ancora sano rimastole: l'altro era dientato una pallina di argilla, perfettamente inutilizzabile.
- Ho intaccato il tuo Cerchio?- le chiese.
Nio le restituì uno sguardo neutro. Non si leggeva dolore nella sua espressione, anche se aveva ferite che avrebbero annientato un essere umano solo per lo shock.
- No.- rispose.
Orlaith annuì.
- Dov'è?-
- Perché dovrei dirtelo?-
- Perché non voglio ucciderti.- rispose - E sapere dov'è mi permetterà di non toccarlo.-
Nio esitò per qualche istante, ma alla fine alzò la mano destra, quella quasi del tutto illesa, protendendo il mignolo. Sull'unghia lucida baluginò per un momento un minuscolo Cerchio Magico.
- Capisco.- disse Orlaith - Meno male che è intatto, o Jayden sarebbe libero, adesso.-
- Cosa hai intenzione di fare?- chiese Nio, tornando ad appoggiare la mano al suolo - Ormai io sono inerme, alla tua completa mercé. Non ho più la forza di combattere.-
- Lo so.- rispose lei - Devo sapere cosa farebbe Vaněk adesso, se me ne andassi... se abbandonassi Tresckow prima che lui abbia trovato Jayden.-
Nio la guardò per un lungo momento, e Orlaith credette che non avrebbe risposto. Tuttavia, parve non aver ricevuto ordini in proposito, perché alla fine cominciò a parlare.
- Non ha potuto uccidere il figlio traditore tempo fa.- rispose - Ma lo farà adesso. Gli ha concesso pietà per il loro legame, ma oggi non ne avrà. Non più. Non gli permetterà di tornare.-
- Beh, non mi sembra male.- commentò David.
- E per quanto riguarda me?- chiese Orlaith, ignorandolo.
Nio fece una smorfia.
- Sei una minaccia.- disse - Sai cose. Se potente. Più di noi. Forse anche di lui. Non ti lascerà in pace. Forse ti concederà di andartene, ma un giorno, quando lo riterrà necessario, verrà a cercarti. Avrà di nuovo bisogno di te... o del tuo silenzio.-
- Non lo avrei mai nemmeno cercato se mi avesse lasciata stare subito.- sospirò Orlaith, rialzandosi.
- Cosa intendi fare?- chiese David, mentre lei si dirigeva verso la custodia del violino.
- L'unica cosa razionale.- rispose, riponendo lo strumento - Non voglio combattere ancora se non devo. Vaněk ucciderà Jayden. Voglio impedire a quei due di fare altri danni... cercherò di convincerli a fermarsi, a lasciar perdere.-
- Vuoi salvare Allwood? Quel pezzo di merda ti avrebbe uccisa, piccola!-
- Ehi, un momento... chi le avrebbe fatto cosa?- esclamò Connor.
- È una lunga storia, papà.- sospirò Orlaith, rialzandosi - E non è del tutto esatto... ne aveva l'intenzione all'inizio, ma poi ha cominciato a cambiare idea, lo hai sentito. Quindi forse... una speranza c'è.-
David scosse la testa.
- Bimba, questo è autolesionismo.- disse - Sei troppo buona con lui. Non lo merita.-
- Forse, ma voglio provarci lo stesso.- rispose lei, scuotendo la testa - Forse mi ha messa in pericolo più lui di Vaněk, ma in un certo senso mi ha anche salvata. Devo almeno provarci. Non sto dicendo che lo perdono o altro... ma voglio sperare che sia recuperabile.-
Fece un cenno verso Nio, ancora seduta a terra.
- Voi rimanete qui e tenetela d'occhio. Sarete al sicuro.-
- Vuoi andare da sola?-
- Orlaith, scordatelo.- disse Connor, scuotendo con fermezza la testa - Qualsiasi cosa stia succedendo, mi pare di capire che è tutto troppo pericoloso. Tu non ti muovi da qui.-
- Devo tirare fuori il violino di nuovo?- chiese.
Entrambi tacquero.
- Voi non preoccupatevi e aspettatemi qui. Accertatevi che Nio non muoia. È importante.- continuò - Io intanto...-
Un sibilo attraversò l'aria, e la vanga che Connor aveva lasciato cadere poco prima si abbatté sulla mano di Nio, staccandole di netto le dita.
Quelle divennero subito polvere, incluso il mignolo su cui era impresso il Cerchio Magico.
All'istante, il suo corpo si polverizzò, trasformandosi in un mucchietto di argilla, sul quale incombeva McGrath.

Ho dimenticato di postare un'altra volta.
Ringrazio 
John Spangler, Old Fashioned, Fan of The Doors, _Alexei_, Kira16, Fiore di Girasole, Sahara_2, Queen FalseHeart, Marz97, Aelfgifu, Roiben e Beauty Queen, i miei lettori. A presto!
 

   
 
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