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Autore: queenjane    01/01/2019    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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 Ahumada, 1926
Era un pezzo che non lo vedevo stare così male.
Le contrazioni di dolore, i pugni stretti, le urla soffocate contro la mia spalla.
I gemiti, lunghi ed acuti, accompagnati dagli spasimi per respirare.
E la febbre, altissima.
Signore insegnami la speranza, ora non ce la faccio
“MAMMA” mi aveva chiamato così, mi chiamava così “Aiutami”
“La tua mamma è qui, Alexei” violando la consegna, ormai da otto anni il suo nome era Xavier dei Fuentes, amato figlio adottivo del principe Andres, io .. ero Catherine. E mi aveva definito la sua mamma, la sola che gli era rimasta, cocciuto, amato testone, il mio fratellino combattente, anche se mi superava da un pezzo in peso e statura. Le spugnature fredde su fronte e petto, per far calare la febbre, arrivata prestissimo.
Erano al capanno di caccia, lui e i ragazzi, aveva messo male un piede ed era scivolato malamente, battendo la gamba.. e il sangue, che usciva, a fiotti. Felipe era corso come scheggia a cercarmi, aveva le gambe veloci, un tragitto che richiedeva mezz’ora a piedi, con passo spedito, lo aveva coperto in meno di dodici minuti.. da brividi, per poco non era collassato. Leon, intanto, aveva messo la sua giacca sotto la gamba, cercando di stare calmo, sia per sé che non per agitarlo.. allacciando una cintura sopra la ferita, cercando di rendere meno  copiosa l’emorraggia.
Come fossi riuscita a sollevare Alessio e a stenderlo sul letto rimaneva un mistero, mi superava di 20 centimetri e altrettanti chili – le risorse della disperazione.
“Sono qui, con te, non ti lascio”
(“Leon, vai al castello, chiama tuo padre.. Felipe si deve riposare .. E bravissimo, sei stato portentoso)..
“Mamma”
“Cosa stai dicendo..?  Ho 27 anni, 28 a gennaio, come faccio a essere tua madre..?”l’ovvietà contro la sua ostinazione, il percorso di riabilitazione era stato lungo, nel quotidiano, fargli lavare i denti da solo o liberarlo dal pannolone  una dura conquista, per lui, sopratutto per lui, lo avrei cambiato e lavato ogni singolo giorno, ma non era giusto.. Non era invalido o storpio, doveva essere indipendente, fine del dettato. Quel giorno compiva 18 anni, eravamo nella
 radura dei melograni, i cavalli, il mio e il suo impastoiati, brucavano senza fretta, respirando  l’estate, seduti sull’erba fresca, a tratti un tordo zirla..
“Mamma non è chi ti fa nascere, ma anche chi sta con te, ti regala un futuro anche se non lo vuoi.. quando stavo malissimo, chi c’era? Tu, mia cara, o sbaglio? Con Andres, con lei. E stavo male, non ne potevo più .. Ed era la disperazione. Non il dolore fisico ma la disperazione.” prendendomi una mano, palmo su palmo, s grandi e protettive. Ed allora, come dopo che era successo lo avevo avvolto tra le braccia, serrato addosso facendo attenzione alla sua gamba lesa, incurante del sangue, dello sporco e del sudore, gli avrei voluto trasmettere tutta la mia voglia di vivere, la mia rabbia, lo avevo stretto come a non volerlo più lasciare. Quando mi aveva riconosciuto, aveva cercato di mettersi in piedi, ero volata da loro, ci eravamo stretti, tutti e tre, senza parole, così forte da farci male. Dopo, lui mi aveva buttato le braccia sul busto, la testa sul petto, sentendo le mie spalle che sussultavano mi aveva baciato una guancia, asciugato le lacrime con le mani, già non era il momento per quello... Io altrettanto, dovevamo calmarci e andare via.
Una radura, eravamo in quella maledetta parte di foresta, e il buio e la disperazione mi stavano sommergendo. E sentivo Olga a un battito, vicina, anche se sapevo che era morta, solo quello, che mi era vicina, che sarebbe rimasta sempre, nei ricordi e nella memoria. E ancora non era il momento, avrei pianto dopo, per loro e mio padre, come per Alessandra, vite spezzate in nome di nulla..  
Olga e il suo sorriso.
Tatiana, il lampo grigio del suo sguardo che raccontava quello che non dichiarava... e mille e mille cose, petali e frammenti, ricordi e risate, una vita da vivere anche per loro. E la speranza era il bagliore di quei grandi occhi, ora come allora, una delicata sfumatura di azzurro come quando sorge l'alba, era un miracolo che fossero scampati all'eccidio, altro miracolo che avessimo lasciato la Russia senza farci ammazzare. Sopravvivendo a noi stessi e al mondo.
“Ti ho poi detto .., che eri coraggioso..” un nodo alla  gola “Che eri il ragazzo più' coraggioso che conoscessimo.. Che dovevi rincominciare a parlare .. E camminare, che ti ho sempre voluto bene..E non eri tu ad avere bisogno di noi ma noi di TE, sempre.. ”
“E la storia del cavaliere, alla fine ero io, giusto..il cavaliere ero io”
“Sì, un sogno per cacciare un incubo, un ragazzino che era passato da un ambiente protetto al Quartiere Generale.. Malato, che non poteva fare nulla..che pensava di non poter fare nulla” enuncia ancora. Annuisco. Questa è stata la mia storia più bella, per lui. Il mio eroe. 

Avevo detto..” Chiudi gli occhi, c’è una valle piena di fiori, siamo tra le montagne e le punte acute sono piene di neve (sst.. rilassati, tranquillo) .. Un bosco a sinistra, verde, un basso rimbombo di zoccoli .. Luce, foglie, profumo d’erba. Ed ora il cavaliere, su un baio altissimo, procede senza timore, ogni tanto si diverte con qualche numero, non ha nessuna fretta, quindi il cavallo rampa sulle zampe posteriori, saluta il cielo e l’estate,  corre nel vento che porta il rombo del mare. Al suo passaggio la gente lo acclama, lo applaude e il baio cammina su un tappeto di fiori, lo amano, che è forte e coraggioso ..I suoi capelli scintillano, mogano e rame sotto il sole, ha gli occhi azzurri e grandi mani (gli sfiorai   i capelli, si era rilassato, un mezzo sorriso sulle labbra) Via, verso l’orizzonte, dopo essersi fermato a bere un bicchiere di vino con i suoi amici e avere scambiato dei baci con qualche  bella ragazza  (Sorrise apertamente, finalmente rilassato) Nessun timore o paura, la semplice gioia di essere vivo, le strade del mondo il suo regno, solo limite l’immaginazione” 
Frammenti del passato che si mischiavano “Quando successe, volli convincermi che era un incubo, e che il cavaliere era venuto a prendermi e sarei stato bene..” Una pausa “E quel ragazzino non c’è più, Catherine, in un dato senso è disperso in Siberia, come lei, una morte metaforica..” Una pausa “Cerco di godermi la vita, di stare bene, sempre attento.. Come ti dissi una volta, per quello di cui soffro non c’è cura, ma ogni giorno in più è una vittoria..  Sto attento, insomma, abbastanza..“sardonico per stemperare la commozione.
“Cerco di non incombere troppo..”
“Lo so, sono stato a Londra, Parigi, cavalco, non  sono monitorato 24 ore al giorno..  alla fine vedi la persona che sono, pregi e difetti compresi, non la malattia, i pochi che passano l’infanzia  se la cavano e potrebbe … potrebbe succedere di tutto, anche un urto, potrei morire anche domani. E mi mancano, sempre, ogni giorno.. perché loro sì e io no? Cat, perché?”
Aveva ragione,  ha ragione, come al solito e per me è uno strazio, gli passo un braccio sulle spalle, un conforto vano, solo per dirgli che non è solo, che ci sono sempre e che per me è lo stesso, uno scempio e tanto vado avanti, sempre. E’ rimasto il solo a chiamarmi Cat   “E anche per riprendermi.. tra il viaggio e tutto .. E abbiamo discusso tanto, la volta che ero scappato ti ho fatto morire di spavento. Ed eri arrabbiata e ti ho fatto piangere, tu non piangi mai.”distolgo il viso, per dargli modo di ricomporsi, è stata dura per tutti, oltre che per lui, non voglio ricordarlo, a parole, non oggi, è un giorno speciale. Si calma, come me, e per scherzo mi tira un colpetto sul naso, fingo di sbuffare e guardo l’orologio da polso, tra poco sarà il momento.
“Oggi è il 12 agosto e sono circa le tredici e un quarto, sei nato a quest’ora”
“Non c’è verso di farti dimenticare nulla, eh, Catherine” dolce e spiazzante.
“No..” mi tiro in piedi, aiutata da lui, poi lo stringo, ricambiata.
Una volta, quando era un bambino, ero io a superarlo di statura ed appoggiare il mento sui suoi capelli, ora è il contrario, una gioia infinita, un conforto.

Ossa di fumo, capelli di seta, la sua voglia di vivere è infinita come il rosso oro dei Nibelunghi, sempre.
fighter prince, un principe combattente, sopravissuto al massacro e all’esilio, che si è reinventato. Rievoco un bimbo paffuto che mi sorrideva e tendeva le braccia, piangendo,  quando andavo via,  che ho amato, stretto e cullato, il fanciullo che tenevo in grembo tra una crisi e l’altra, che mi ha fatto ridere e piangere, arrabbiare  e messo in imbarazzo. 
“Grazie, Catherine” 
“Prego, e io ringrazio Te”
Allora  pronuncio il suo nome, dico“Buon compleanno, Aleksey”  
Ne abbiamo ancora una e mille da vivere.
…..

Cat, raccontami la nostra storia, ora ci credo.
Senza fine o principio..
Tell me a story.. 
Il resto la vivremo, giorno per giorno.
Anche se adesso è un incubo.
“Che succede Felipe?”
“Mamma..” si mise quasi a vomitare per lo sforzo, dopo la corsa, il petto che ansimava come un mantice “Felipe.. tuo fratello? Xavier..? respira, calmati, dimmi cosa è successo” caddi vicino a lui, lo presi in braccio, mi si attaccò al collo, spaventato, e non me lo avrebbe concesso se non fosse stato terrorizzato “Xavier.. capanno.. sta male.. sangue non si ferma”
“Mamma .. “
“Vado .. di corsa, sei stato bravissimo”
“Mamma ..non mi lasciare.. Xavier ti chiama”
Erano anni che non correvo in quel modo, spinta da un istinto che tornava a battere, prepotente, immaginai di tutto ..
E avevo tirato il mio bambino dietro
I am bleeding out, for You..

Signore insegnaci la speranza, ora non ce la facciamo, ha solo ventidue anni..
 
Se la scampa, giuro che vado a Compostela, in pellegrinaggio.
Giuro.
Sulla mia testa, attingendo alla cieca determinazione, che quasi un decennio prima mi aveva fatto andare in Russia, tra una rivoluzione e una guerra civile.
 
“Mamma, perché lo chiami Alexei ?” osservò Felipe. E una pausa, due paia di occhi, uno azzurro, dalla tinta  color zaffiro, l’altro di un verde scuro e profondo, come erba mi scrutavano e soppesavano.
“Lui è Xavier..” il turno di Leon.”E ti chiamava mamma, invece di Catherine, ma NON sei la sua mamma, sei la nostra” possessivi.
“Chiama Papa .. Papa” già. “Ma tu sei Catherine … non la sua mamma”
“Bambini, tesori miei”leggendo la loro confusione, le questioni sospese. Alexei stava leggermente meglio, aveva passato la prima parte della crisi, riposava.
“Diteglielo ragazzi” mormorò.
“Cosa?” fece un cenno con il mento.
“Possiamo, è un nostro segreto.. ci autorizzi”altro cenno, impercettibile e autocratico, con il mento.
“La storia, quella vera, Mamma, lui ci ha detto che deve stare attento, che ha una cosa al sangue, l’emofilia e .. che non coagula, quindi se succedeva qualcosa di chiamarti subito”
“Cosa?” ripetei come un pappagallo.
“Quando a volte si mette a letto e ha i dolori, ce lo ha spiegato quando glielo abbiamo chiesto” scrutai Alexei. Non me ne avevano fatto parola nemmeno una mezza volta, mai.
“Cosa?” terza volta, ormai ero davvero un pappagallo, ripetitivo e rintronato.
“Sei sua sorella, la principessa guerriera” chiosò Leon.
“Ti chiama pure Phoenix, la fenice”aggiunse Felipe “Però è una metafora, ci ha detto”
“.. che letteralmente non sei un uccello che risorge dalle sue ceneri” con un risolino.
“Phoenix.. “ sillabai.

"Phoenix, the last Tzar's secret daugheter" 
   
 
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