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Autore: queenjane    03/01/2019    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Guarda Mamma”, enunciò Felipe prendendo un album fotografico, vi era segnato “Summer 1917, A. P.”, la sigla significava “Aleksander’s Palace”, i movimenti decisi di chi sapesse dove cercare di preciso. Ormai ci eravamo impiantati al capanno, in origine era un piccolo annesso usato per la caccia, negli ultimi anni lo avevamo rimodernato, io e Andres lo consideravamo il nostro posto magico, poco lontano dal  castello e dalla radura dei melograni, usavamo trascorrere lì qualche weekend in relativa privacy con i bambini, senza servitù o altro tra i piedi. Una specie di cottage, sullo stile inglese, poniamola così, avevamo riadattato, per nostro uso più continuativo, appunto,  quella costruzione ricostruita ex novo nell’adolescenza di Andres e dei suoi fratelli, sulle fondamenta di un edificio più antico. Era stato il suo posto magico, di raccoglimento, che quindi era diventato il nostro. Tre camere da letto, due bagni, il salotto cucina, con un grande caminetto, tutto era spartano, frugale, rispetto all’opulenza di Ahumada. Anche ad Alexei piaceva stare lì, spesso ci passava del tempo. Vi aveva portato i suoi libri, altri oggetti personali, Leon e Felipe i loro giocattoli, io altri miei effetti particolari come Andres.
Alexei preferiva stare lì, io e Andres ci alternavano nei turni di assistenza, i miei bambini sullo sfondo .. e potevano correre e giocare nei dintorni, per scuotersi un poco di dosso l’ansia.
Phoenix, dicevamo. E chissà quante altre cose non dicevano.
“Apri, Mamma” e comparve Felipe piccolissimo in braccio a Tanik, a fine giugno 1917, altre immagini, due ragazze contro un cespuglio di rose, un ragazzino che mi teneva il braccio, sorridendo e strizzando gli occhi contro il sole.. un orto, un parco, la serenità nonostante incertezza e prigionia, il mio primogenito era nato da poche, radiose settimane, ero con mio marito e i miei fratelli, mio padre e .. TANIK.. mi aveva detto che era impossibile essere infelici  con un bambino in quel modo nella culla, che incantava, più delizioso di qualsiasi cucciolo.. che non abbia visto Felipe crescere, come Alexei, che non abbia mai visto Leon è uno dei miei grandi rimpianti. Rideva quando Felipe muoveva le mani o i piedini, lo teneva in braccio con una precisione che scioglieva il cuore. Un miracolo e una delizia, che la riempiva di stupore e gioia..  
“Non che Xavier sia spuntato dal nulla, come il muschio” osservò Andres, rassegnato, divertito a imparare quello che avrebbero cavato fuori i nostri ragazzi. “Sappiamo che è stato adottato..come Anastasia” attualmente viveva a Madrid con suo marito, aveva avuto un figlio maschio, SANO, senza le tracce del morbo, Esteban..
Un mugugno cauto, non impegnativo fu la mia replica. Due respiri, vicini, come da prassi io e Andres eravamo in sintonia, soppesai il suo sguardo vicino, color smeraldo, come se mi stringesse tra le braccia, al momento io tenevo Felipe, lui Leon, e le occhiate diventavano carne.
“E noi siamo curiosi e abbiamo chiesto” Felipe, facendo l’occhiolino al fratello. “Xavier è come te e Papa, Mamma, alle domande risponde sempre” in modo adeguato, con riguardo all’età, e tanto, molto psesso, trattavo i miei figli come se fossero più grandi.
“Ora usi il plurale maiestatis, hermano, o parli per entrambi?” Leon,  strizzando la palpebra, ammutolii, non li paravo, ecco l’ombra di un sorriso sul viso di Alexei, il lampo candido dei denti che fioriva contro il castano della barba.
Despite his illness, his cheerful and loving spirit was never diminished, not for a moment.
Mi ricordava Tatiana, quando aveva preso il tifo a fine febbraio 1913, nel periodo della Quaresima, una febbre alta i cui postumi la tormentarono fino a marzo inoltrato, si rimise appena in tempo per l’inizio delle celebrazioni dei 300 anni dall’ascesa al trono dei Romanov.
Nel gennaio 1913, si tenne uno splendido ballo per i 18 anni della principessa Catherine nel palazzo Raulov, a San Pietroburgo, uno spunto per anticipare le grandi  celebrazioni di quell’anno.
Parteciparono finanche le due granduchesse più grandi, con immenso sollievo di tutti la zarina Alessandra, invitata, dichiarò di essere indisposta e non presenziò.
I saloni erano colmi di fiori freschi, rose e gigli provenienti dalla mite Crimea, i vestiti preziosi che frusciavano, come le uniformi e i rinfreschi erano mirabili,i lampadari e le candele a profusione illuminavano la scena, una scena in una squisita commedia, un tableau vivant agli dei della pace.
Lo zar Nicola II, in alta uniforme, accompagnò le sue figlie al ballo e la principessa Ella sorrise nel vederlo, il suo piccolo sorriso intimo e segreto, che per un battito concedeva a lui solo, prima di rivestire la sua squisita maschera di allegria e buon umore, che vestiva nella buona e nella cattiva sorte.
Lei era vestita di un fumoso color blu, era sottile e flessibile, i capelli raccolti in alto e portava disinvolta perle e zaffiri, lui agile e leggero nei giri di danza, scrutando il favoloso profilo di Ella, il collo eretto e la sua carnagione perfetta
Quella sera mi sentivo una perfezione, leggera come una bolla di sapone, levigata, porgendo la mano da baciare.
Dall’alto del mio metro e settantadue, dominavo le pieghe spumose del mio vestito chiaro, un fiume di seta e chiffon, il corpetto incrostato di perle e argento che scintillava a ogni respiro, i drappeggi ad arte, mi davano più seno, portavo orecchini di perle e diamanti in coordinato con la tiara appuntata sui capelli e la collana sul collo
(Quando incontrai Andres, ero vestita da uomo, con i capelli corti, una rompiscatole incalzante, ma ero sempre io)
Le granduchesse erano vestite in tenui colori, rosa pallido e chiffon, una fascia di argento sui capelli, perle alle orecchie, gli occhi accesi e scintillanti di aspettativa mondana.
Ballai con lo zar, mio zio e tanti altri e poi arrivò il momento magico.
“Posso avere l’onore, Principessa?”
“Sì, Monsieur De Saint Evit”Era un giovane uomo che faceva parte dell’entourage dell’ambasciata francese, il profilo fermo e squisito come il principe di una antica miniatura, mi sorpassava di una mezza testa, robusto senza essere grasso,scuro di occhi e capelli, compito e elegante.
Lui per me non era nulla e viceversa, me lo ripetevo, ma era solo un esercizio vano, mi attraeva in modo irresistibile.
Vorticammo, in perfetto accordo, le mie gonne che fendevano come una prua spumosa le acque costruite dai passi creati dai suoi piedi, inebriati e inebrianti.
Alla fine osservai che  i balli parevano essersi abbreviati, lasciai a malincuore la sua mano, come lasciando andare un pezzo di me ...
Buffo, lo avevo incrociato molte volte in quelle sere invernali, a teatro, a qualche concerto, apprezzandone la perfetta gentilezza, gli inviti per il mio ballo di compleanno erano stati distribuiti numerosi, lui era solo uno dei tanti …. Giusto, che mi doveva importare di lui, tornavo a ripetermi, ma lui mi piaceva e io piacevo a lui, poco ma sicuro, quello mi dicevo, cercando di sfumare i miei trasporti e le mie fantasticherie.
Dopo il mio flirt a 14 anni con Philippe, non avevo avuto più nulla, tranne che qualche simpatia che non oltrepassava i confini del lecito e del buon gusto, ancora dovevo iniziare a comprendere a fondo le regole di quel gioco, forse il più bello e antico del mondo, quello dell’amore.
“Sei splendida” Constatò Tatiana, quando ci ritrovammo per una pausa noi tre, un sipario di tranquillità, io che appoggiavo un vassoio con tra flute di champagne su un tavolino e mi tamponavo la fronte, le ciocche scure e suntuose dei miei capelli che viravano nel mogano e nel rame alla luce delle lampade.
“Anche voi e state riscuotendo un successo immenso.”
“Hai ammiratori molto carini.”
“Tatiana, smetti di osservare quel bicchiere e brindiamo, invece.
“Appunto, il divertimento è appena iniziato.”
“Olga sei impossibile, tu, Catherine sei pazza”Tatiana aveva un temperamento serio e austero, la salvava dalla perfezione l’amore per le sete e i bei vestiti.
“ Cin  cin..”
“A proposito, Catherine, l’ultimo con cui hai ballato ti mangiava con gli occhi.” Catherine, amata e amatissima, un lupo, una leggenda. 
“Evento comune stasera, no?“Risi. Glissando che mi mangiavo anche io LUI con gli occhi.
“E tu altrettanto, lo sai che è prassi consolidata che poco tempo dopo il ballo ufficiale venga dato un annuncio di nozze?”Sorrisi, sposarmi io e con chi? Che si inventava? Dovevo andare all’università, altro che sposarmi.
“Sorella, non dire scemenze.” Intervenne Olga, uno strano puntiglio,  mentre io poi mi ritrovai a riflettere che Tatiana sapeva scorgere segni e sfumature molto meglio di tanti altri, minimi segnali irrilevanti ma era pur vero che, mancandomi un innamorato, perché dovevo perdere la testa per quel francese. Bugiarda, anche allora, per quanto giovane e inesperta, sapevo di essere una bugiarda.
“Catherine, mia sorella ti vuole bene e più o meno siete sempre state in pari” osservò mentre tornavamo alle danze, Olga che si era già avviata.
“Direi di sì. Non su tutto, non sempre.” disse “mia sorella” per rimarcare il concetto, ci riflettei a posteriori.
“Non sarà sempre cosi”Mi fermai per un momento, le sue parole contenevano l’eco di quelle pronunciate da mio zio, il mio padre putativo, tanto tempo prima, che un giorno la vita ci avrebbe separato, scrollai la testa e mi imposi di non pensarci.
Intanto goditi la tua festa
Che terminò alle cinque di mattina, Saint- Evit lasciò il palazzo tra gli ultimi, la traccia delle mie nocche persa tra le sue. E già mi mancava, un presagio in questa vita che sarebbe stata tanta lunga, senza di lui.
Le lettere di mia madre le scoprii dopo due o tre giorni, il mio mondo andò in frantumi, come un uovo di Fabergè, prezioso e delicato, una volta rotto più non si ricompone. E  appresi la coesistenza, nel medesimo giro di danza, di rabbia e tristezza e la potenza salvifica della passione.
E forse potevo capire il principe Raulov, ma non giustificava quello che aveva fatto a me e mia madre, o forse lo ignorava.
Pensieri ossessivi e dolorosi, mi veniva da piangere e mi imponevo di sorridere.
Continuai a visitare la famiglia dello zar, a sorridere, giocare con Alessio, che si sottoponeva a cicli di dolorosi massaggi e bagni nei fanghi termali, massaggiandogli le mani fredde, sussurrando in francese e in inglese che era un eroe, un piccolo Achille.
Il mio combattente.
Che voleva godere la vita, non tollerava restrizioni  e la malattia era una condanna, da quando era nato, la mia era invisibile, un anatema, l’essere una  probabile bastarda, come avevo appreso
.
Mi sentivo una bara, una giocoliera, Felipe, il mio antenato, ritornava come un monito. Nato fuori da legittime lenzuola, suo padre nobile, la madre una contadina,  aveva visto la luce in Spagna, salvo passare alla corte di Caterina II, aveva combattuto, guadagnandosi una sorte diversa e i suoi titoli, sposato una principessa russa, salvo poi sposarsi in seconde nozze per amore.
Aveva forgiato una dinastia nelle terre dell’est, io che discendevo da lui potevo e dovevo agire. Non rimanere una foglia in balia della sorgente, me ne sarei andata, inventando una nuova sorte.  Al diavolo tutto. Compreso Alessio che mi cercava sempre, il suo viso deluso e le sue braccia vuote le scordai, anzi le omisi.  Tanto, si meritava di meglio che sprecare il tempo con me.
Egoista fino alla mia ultima stilla.
Che poi lui mi avrebbe amato, a prescindere, i bambini sanno sempre perdonare, inventano un loro magico mondo. Anche no, lui poi rilevava che gli badavo sempre, che gli volevo bene.
E stravo con Tanik.
“MAMMA ehi..” Felipe mi serrò il collo con le braccia “Che fai, piangi?” incredulo “Sono commossa, tesoro,  andiamo avanti, eh..  “
My Phoenix..
   
 
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