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Autore: EchoRosenrot_    04/01/2019    3 recensioni
"Si aspettava che la contattasse per testimoniare contro il suo borseggiatore, o che le facesse recapitare un richiamo per aver utilizzato il suo Quirk per uno scopo che forse, a ben guardarlo, qualcuno avrebbe potuto definire offensivo. Di certo no, non avrebbe mai creduto di vederlo piombare nel giardino di casa sua, con una mano affossata nella tasca della giacca ed una intenta a stringere quello che aveva tutta l’aria di essere un mazzo di fiori."
{EnjixRei Todoroki | Il rating potrebbe variare.}
I coniugi Todoroki, dalle origini alla follia.
Perché forse, in fondo, per un po' si sono perfino amati.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Endeavor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Si sarebbero sposati l’ultimo giorno d’autunno.
Era la sua sola certezza, quella, nonché l’epilogo della lunga conversazione sostenuta con i suoi genitori (ormai parecchi giorni addietro) che si era protratta fino ad ora di cena e perfino oltre. L’avevano trattenuta per un tempo che le era sembrato infinito, unicamente per fornirle argomentazioni che Rei aveva già intuito da sola e di cui, sinceramente, non credeva di avere particolarmente bisogno.

« È un brav’uomo e un ottimo partito! »

Non avrebbero mai potuto dire diversamente, d’altronde.

«Ed è un eroe professionista tra i più celebri.»

Come se non lo sapesse…

«Pensa che prole prodigiosa verrebbe fuori dalla vostra unione! Con due Quirk così interessanti...»

Era davvero la sola cosa importante per tutti?

«Con lui vivrai una vita agiata e al sicuro. E poi vorresti forse negarlo? È davvero un bel ragazzo, così forte e vigoroso!»

Cielo, si aspettavano realmente che parlasse di bellezza maschile con i suoi genitori?!

Tra i due quella a mostrarsi più entusiasta era stata senza dubbio sua madre, che scalpitava sul posto e sorrideva radiosa ed eccitata come se fosse lei stessa a dover sposarsi per la seconda volta, mentre Rei si era limitata a sorridere e farsi carico di quella scelta obbligata sulla quale avrebbe avuto parecchio da riflettere, pur conscia di non poter tirarsi indietro. Matrimoni di quel genere erano piuttosto comuni già da qualche anno, e la scelta del proprio partner era diventata sempre più strettamente connessa al Quirk in suo possesso che non all’effettiva presenza di un sentimento o anche solo di un’armoniosa intesa. Era un processo un po’ distorto ai suoi occhi giovani e ingenui, probabilmente inevitabile dal momento che la professione dell’eroe si era affermata con tanta prepotenza da diventare la più ambita in assoluto, ma comunque altamente discutibile. Suo padre era un fervido sostenitore della normalità e, forse, della piena legittimità di matrimoni strutturati in questo modo, pienamente convinto che ciò rientrasse nella natura stessa degli esseri viventi: nel mondo animale, diceva sempre, nessuna creatura sceglieva il proprio compagno in base alla simpatia o al feeling, ricercando piuttosto il corredo genetico che potesse garantire la sopravvivenza della prole e la continuità della specie, se non addirittura la sua evoluzione. Il punto era che Rei non amava considerarsi al pari di un animale, né considerare l’uomo riduzionisticamente tale. Non erano forse le più elevate capacità cognitive a differenziarli da una mucca, un cane o qualsiasi altro mammifero? Non era forse una più complessa ed articolata rete emotiva a sollevare gli uomini dalla loro natura animale?
La ragazza era stata più volte avvertita di possedere un’abilità abbastanza potente da far gola a molti, ma nonostante la divergente prospettiva di suo padre aveva sempre escluso la possibilità di ritrovarsi realmente coinvolta in un’unione programmata, forse intimamente convinta di poter trovare il grande amore ben prima che qualcuno avanzasse pretese su di lei ed il suo Quirk, forse ingenuamente speranzosa di poter vivere una storia appassionata come quelle narrate nei romanzi che tanto amava leggere, e in fondo che male c’era a sognare, quando di anni ne aveva solo diciotto? Perfino una ragazza avveduta e con i piedi per terra come lei meritava il privilegio di immaginare per se stessa un amore sconfinato e romantico, e certo nei suoi lunghi silenzi non era una novità lasciarsi andare a simili vaneggiamenti. Eppure aveva sempre saputo che se per assurdo qualcuno avesse chiesto la sua mano… non avrebbe potuto far altro che accettarlo, senza recare vergogna e disonore alla propria famiglia.
Solo che l’assurdo era divenuto reale, ed il matrimonio una concreta realtà lontana appena sette mesi. Aveva solo bisogno di elaborarlo, rintracciarne gli aspetti positivi, ed in questo Enji Todoroki sembrava disposto ad aiutarla nonostante la sua apparenza così burbera.
Il tè del venerdì, ad esempio, era diventato una piacevole abitudine e, sebbene non fosse molto, il tempo trascorso insieme era sorprendentemente utile e forse perfino di qualità. Enji era un giovane uomo silenzioso, mai troppo espansivo, ed ascoltava sempre con estrema attenzione ciò di cui Rei parlava, fissandola dritto negli occhi e facendole, a volte, qualche domanda inquisitoria perché approfondisse i suoi racconti o le sue più semplici chiacchiere. Non le era mai chiaro se fosse davvero interessato alle sue parole o se lo facesse per consentirle di familiarizzare con colui che sarebbe stato suo marito, ma lei apprezzava ugualmente: era piacevole sentirsi ascoltati e pensava che se gli avesse consentito di conoscerla forse, più avanti, lui le avrebbe concesso lo stesso beneficio parlandole di sé. A volte la faceva sentire a disagio, sì, ma era abbastanza sicura che Endeavor fosse in imbarazzo quanto lei, solo ben più abile a nasconderlo dietro un’espressione rigida e stoica.
Un aspetto sul quale sorprendentemente l’eroe delle fiamme aveva insistito, lasciandola un po’ di stucco, era che Rei non interrompesse la frequentazione delle sue coetanee soltanto perché era ormai prossima alle nozze. Non sembrava avere molti amici, lui, o comunque non ne aveva mai nominato alcuno in sua presenza, ma aveva ribadito più di una volta quanto fosse importante ai suoi occhi che Rei non rinunciasse alla sua libertà e che si concedesse senza alcun vincolo le attività tipiche dei suoi pochi anni (lui ne aveva appena un paio in più di lei, ciononostante essendo già un eroe in carriera dubitava fortemente che riuscisse a trovare molto tempo da dedicare allo svago). Anche in questo caso non le era chiaro se lo avesse detto per sincero interesse o per ammorbidirla di fronte alla loro unione. Aveva comunque pensato che un pomeriggio tranquillo con qualche amica potesse solo farle bene, oltre ad essere la perfetta occasione per annunciare la grande novità alle più care e fidate compagne di sempre.
«Non riesco ancora a credere che stai per sposarti, Rei-chan!»
Di fronte a lei, sotto il tiepido sole pomeridiano che baciava caldamente i tavoli all’aperto di quel raffinato bistrot, Haruka si agitava sulla sedia come se fosse in procinto di esplodere. La sua faccia rubiconda e morbida era contratta da diversi minuti in un’espressione di sincera gioia selvaggia e alla notizia aveva gettato entrambe le braccia al cielo con un urletto stridulo ed una pioggia di frappè alla fragola che si era riversata sul tavolino circolare tra le risa generali. Haruka era la sua più cara amica fin dall’infanzia, non si sarebbe mai aspettata una reazione diversa da parte sua, e sul tavolo non faceva altro che stringere con forza entrambe le sue mani.
«E con niente meno che Enji Todoroki, per di più. Sei davvero una ragazza fortunata!» Aggiunse Yumi, seduta alla sua destra, depositandole un’amichevole carezza sulla spalla. Rei sorrideva con un luccichio negli occhi grigi e le gote screziate di un vago rossore, incapace di nascondere alle amiche e vecchie compagne di scuola quanto le loro parole, così come la situazione in sé, la gettassero nel più assoluto imbarazzo. La sola che sembrava propensa ad evitarle ulteriore disagio era Keiko, che seduta alla sua sinistra si limitava a guardarla con il viso poggiato sul palmo di una mano ed un sorriso enigmatico impresso sulle labbra, ma comunque in silenzio.
«In realtà fatico ancora a crederlo io stessa. Sta accadendo tutto così in fretta...» Ammise, stringendosi nelle spalle e sottraendo la mano destra alla presa ferrea di Haruka per scostarsi dal viso una ciocca di capelli argentei, che condusse dietro il corrispettivo orecchio.
«Giusto ieri sera parlavo di lui con mio fratello, sai? E adesso scopro che la mia migliore amica lo sposerà presto, sono così elettrizzata!» Ancora una volta Haruka saltellò sulla sedia, e con un sospiro mesto Keiko intervenne a placare il suo entusiasmo sferrandole un lieve calcio sotto il tavolo.
«Rilassati, Haru-chan, vuoi farti un’altra doccia al frappè?» La rimbeccò amichevolmente, gonfiando poi le guance con finta aria indispettita. «E non sembravi affatto così tanto entusiasta per le mie nozze.» Si sciolse subito dopo in una risata, che Rei sapeva perfettamente essere mirata ad evidenziare l’ironia di quel suo dire. Keiko era la sola tra le presenti, e forse anche nella cerchia delle sue amicizie più strette, ad essere già sposata, seppur da poco. Convolata a nozze soli tre mesi prima, era stata coinvolta anche lei in un’unione programmata grazie al suo Quirk, che le consentiva di emettere forti raffiche di vento dalle labbra, e nessuna tra loro era mai riuscita a cogliere se fosse realmente felice del suo matrimonio o meno. Era una giovane donna forte, ma anche piuttosto ritrosa, pur essendo assolutamente priva di filtri quando si trattava degli altri.
«Non è affatto vero, ho pianto di gioia per tutto il tempo!» Protestò prontamente Haruka. «E poi vuoi dirmi che non sei felice per Rei-chan? Insomma, sposerà l’eroe professionista più in gamba del Giappone!»
Il silenzio che seguì la voce cristallina di Haruka fu piuttosto strano, se non addirittura ambiguo, ed anche Yumi parve percepirlo come tale dal momento che si cimentò in un colpetto di tosse nel tentativo di spezzarlo. Quasi timidamente Rei sollevò lo sguardo su Keiko, incuriosita dal tempo forse un tantino prolungato che impiegò per rispondere.
«Certo che sono felice per Rei-chan. Sono solo…speranzosa che vada tutto per il meglio, ecco.» Disse.
«Perché non dovrebbe?»
Chiese a quel punto Haruka, con un velo di delusione nella voce. Probabilmente avrebbe provveduto Rei stessa a porre quella domanda che le martellava in testa con fastidiosa insistenza, ma era troppo occupata a studiare silenziosamente l’espressione dell’amica alla sua sinistra.
«Non guardatemi così, non intendevo smorzare il tono della conversazione. Credimi Rei, sono davvero felicissima per te e ti auguro il meglio per queste nozze, ma… posso dire una cosa senza che tu ti offenda?»
Rei cercò di sorridere e con sua somma sorpresa trovò estremamente difficile per una volta cimentarsi in tale impresa. Sentiva qualcosa all’altezza dello stomaco: la sensazione che le parole dell’amica non le sarebbero affatto piaciute.

Schiena dritta, petto in fuori, passo lento, i suoi occhi scivolavano attenti lungo la strada in un’osservazione accurata e vigile, le orecchie erano tese a cogliere qualsiasi rumore, qualsiasi richiesta d’aiuto, qualsiasi suono potesse tradire la necessità di un suo immediato intervento, ma perlopiù a raggiungerlo erano saluti entusiasti (alcuni perfino troppo rumorosi) ed apprezzamenti da parte dei cittadini in giro per il distretto di Shizuoka che incrociavano il suo cammino. Alla fine, era esattamente a quello che servivano le pattuglie, no? Dare prova della propria presenza, del proprio operato, dimostrare che Endeavor, anche se non ricambiava quasi mai i saluti, era lì per loro e che questo rendeva le strade più sicure.
Ciò non toglieva che, al di là della loro utilità, le pattuglie fossero una gran seccatura, specialmente quando le lunghe ronde lo ponevano davanti a pochi casi da risolvere ed un numero eccessivo di fastidiosi casi umani dei quali avrebbe volentieri fatto a meno. Enji non era un ingrato, affatto: sapeva bene di dovere molto a quanti inneggiavano al suo talento, a quanti si soffermavano ad esprimergli la loro ammirazione facendogli scalare rapidamente le vette della classifica dei Pro Hero più amati, ma il suo stanziare stabilmente sul podio nonostante avesse solo vent’anni e a dispetto di quel carattere schivo e irritabile che certamente non nascondeva, ai suoi occhi significava soltanto una cosa: certi teatrali e poco realistici atteggiamenti cavallereschi, così come lo sfoggio gratuito di ampi sorrisi smaglianti e vanagloriosi monologhi costruiti a regola d’arte, potevano benissimo essere trascurati quando la fama era costituita da una reale ed innegabile forza. Roba da egocentrici biondi in fissa con l’America, che decisamente non faceva per lui, certo di poter asserire con orgoglio di aver guadagnato il titolo di Eroe Numero Due con il suo solo talento e non mettendosi in posa per gli ammiratori. Puro merito, nulla più.
Lo stesso merito che lo avrebbe condotto ancor più in alto, fino a renderlo l’indiscusso Numero Uno.
«Credimi Rei, sono davvero felicissima per te e ti auguro il meglio per queste nozze, ma… posso dire una cosa senza che tu ti offenda?»
Enji arrestò di netto il suo passo al suono di quella frase, che fece suonare un campanello d’allarme nelle recondite profondità della sua mente, strappandolo alle sue ambiziose riflessioni con forse un po’ troppa violenza. Ad appena mezzo metro da lui il marciapiede svoltava a sinistra verso quello che sapeva essere uno dei bistrot più in voga del distretto. Oltre l’angolo dell’edificio l’area di proprietà del piccolo ed elegante locale era delimitata esternamente da aiuole fiorite e sebbene non fosse solito frequentare luoghi del genere Endeavor lo conosceva piuttosto bene. Vi aveva sventato una rapina appena una settimana prima, ricordava i tavolini circolari disposti all’esterno, alcuni bianchi ed altri di un fastidioso, urticante, vomitevole rosa pastello, e la grande parete di vetro che mostrava l’interno del bistrot e tutte le prelibatezze dolciarie disposte su raffinati espositori, ma non era stato certo il prepotente odore zuccherino che pervadeva la strada ad attirare la sua attenzione.
Il Giappone intero probabilmente era pieno di donne con quel nome, forse lo stesso distretto da lui pattugliato con tanta efficacia ne contava più di una, eppure era diventato quasi spontaneo da qualche giorno a quella parte soffermarsi un singolo istante ogni volta che sentiva qualcuno pronunciare il nome della sua...come definirla?
Collaboratrice preziosa nella realizzazione di una prole virtuosa?
Donna?
Futura moglie?
Fidanzata?
«Ti ascolto, Keiko.»
Gli occhi di ghiaccio dell’eroe delle fiamme si assottigliarono appena: il suo istinto, dunque, non si era sbagliato poi così tanto. La voce inconfondibile di Rei, quella Rei, esattamente colei che non sapeva come definire, carezzò il suo udito con la consueta morbidezza di cui disponeva, ed Enji non dovette affatto sforzarsi per notarne una particolare e curiosa sfumatura. Sembrava quasi che fosse in qualche modo allarmata. Eppure, rifletté, sebbene quella oltre l’angolo fosse la sua indefinita, probabilmente seduta ad un tavolo con qualche amica, non pensava fosse il caso di interrompere la sua conversazione sbucando dal nulla come un fungo molesto. Avrebbe potuto pensare che la seguisse o che la controllasse e sebbene gli importasse ben poco di cosa potesse effettivamente pensare di lui non voleva rendere troppo difficile quel matrimonio creando tensioni dopo neanche un mese di indeterminato legame. Mosse dunque un passo indietro, deciso a prendere una strada secondaria per continuare la sua ronda, e fu proprio allora che accadde: prima che potesse allontanarsi una frase lo raggiunse con la forza inarrestabile e distruttiva di un treno in corsa.
«Ecco… ti rendi conto anche da sola che stiamo parlando di Endeavor, vero?»
L’amica di Rei, chiunque ella fosse, fece il suo nome con un tale disprezzo da inchiodarlo sul posto.
Non era il tipo di uomo incline ad origliare e detestava chiunque lo facesse; non era un ficcanaso né un curioso, filtrava le conversazioni altrui per raccogliere da esse soltanto ciò che poteva tornare utile al suo lavoro (indizi e voci di corridoio, generalmente) dimenticando tutto il resto e tra l’altro quelli non erano nemmeno affari suoi. Non gli importava sapere di cosa parlasse Rei quando era in compagnia, ma poteva davvero ignorare che qualcuno facesse il suo nome in quel modo, parlando alla donna che avrebbe sposato?
«E con questo?» Incalzò la voce di Rei.
La sua amica rimase in silenzio per qualche secondo ed Enji rimase immobile dietro l’angolo, quasi sul chi va là, avvolto nelle spire roventi del suo Quirk. Il buon senso gli suggeriva di allontanarsi rapidamente e con discrezione, il suo orgoglio invece era come in agguato quasi percepisse nell’aria l’approssimarsi di un’incombente esplosione. Keiko, o almeno così gli era sembrato di capire che si chiamasse, sospirò ed emise un versetto simile ad una risata che l’eroe avvertì come stridente e acre. A volte, forse ormai avvezzo ai modi cortesi di Rei, dimenticava quanto sapessero essere odiose certe donne.
«Con tutto il dovuto rispetto non capisco questo eccessivo entusiasmo. Non stiamo parlando di All Might, sarei stata al settimo cielo io stessa se mi avessi detto di sposare l’Eroe Numero Uno, ma...Endeavor, Rei, sul serio? È un burbero, non c’è da esser lieti. »
Fastidio. Lo sentì distintamente scivolare sulla sua pelle, permeare la carne e stringere le viscere in una morsa ferrea.
Irritazione. Trasudava inclemente dagli occhi ferini fissi nel vuoto e dal ringhio impresso sulle sue labbra. L’ennesima fanatica di quello zoticone di All Might?
«Ma è l’Eroe Numero Due! » Protestò una nuova voce femminile, probabilmente appartenente ad un’altra amica di Rei.
«Dici bene, Haru-chan, il Numero Due! Non vi siete mai chieste perché non riesca a raggiungere la vetta? È molto bravo, certo, anche se non possiede il carisma di All Might. E farà anche un buon lavoro come eroe ma dicono di lui che non abbia un briciolo di altruismo e umanità, mi dà i brividi. Dicono anche che sia scontroso, violento, borioso e…dai, è chiaro come il sole che sia interessato soltanto al tuo Quirk! Perdonami se non sono troppo felice di affidarti ad un uomo del genere. »
Dunque le cose stavano così, realizzò Todoroki. Erano queste le voci che circolavano sul suo conto tra gli svenevoli ammiratori dell’imbecille numero uno. In parte ne era consapevole, non si era mai curato del loro giudizio e certo non avrebbe iniziato quel pomeriggio, conscio del fatto che vi fosse anche un’ombra di verità in quelle voci, ma per qualche ragione che non comprese del tutto le sue mani si strinsero in due saldi pugni lungo i fianchi. Rei taceva, Enji non poteva vederne il viso, non riusciva neanche ad immaginare quale emozione vi potesse essere impressa ed irrazionalmente la cosa lo infastidì parecchio.
Si chiese per un istante se anche lei la pensasse allo stesso modo sul suo conto.
Si chiese anche perché la cosa gli importasse a tal punto da tenerlo ancora fermo dietro quel dannato angolo. Non era forse una contraddizione con il se stesso che solo pochi istanti prima era pienamente convinto di non nutrire alcun interesse nei confronti del giudizio di quella donna che, al diavolo tutto, avrebbe sposato ugualmente?
Il silenzio che seguì quell’infelice e pungente monologo fu duraturo e svilente. Non era allo stesso tavolo con quelle ragazzine, ma perfino dietro quell’angolo di cemento e intonaco fu sfiorato dall’asfittica nube dell’imbarazzo che aleggiava sulle commensali di cui non conosceva il numero esatto. Indipendentemente da quante fossero tutte tacevano, lasciando che al suo udito giungessero soltanto i clacson del traffico cittadino che si fondevano al chiacchiericcio indistinto dei passanti e fu con una certa arroganza che il giovane uomo non si mosse da lì, in attesa di neanche lui sapeva cosa.
«Sei davvero gentile a preoccuparti così tanto per me, Keiko.» Sopraggiunse d’improvviso la voce di Rei, come un fulmine a ciel sereno, talmente pacata da suonare quasi fuori luogo. «Sei una buona amica, apprezzo che tu mi metta in guardia da quella che reputi una minaccia e farò tesoro della tua lealtà. Ma permettimi di dissentire.»
Gli occhi chiari di Endeavor si corrucciarono appena nel momento stesso in cui percepì il tono della ragazza abbassarsi, tradendo un garbato e ben misurato risentimento. Controllato e addirittura cordiale, in un ossimoro che perfino l’Eroe Numero Due trovò velatamente inquietante, quanto curioso e degno del suo interesse.
« Enji è… particolare. Non ha niente in comune con All Might, è ben diverso dagli altri eroi per carattere e strategie, ed ammettiamo anche che sappia essere poco collaborativo con i colleghi, ma resta pur sempre un eroe. Un eroe, Keiko, un uomo che ha scelto di seguire una strada tortuosa con impegno e dedizione, con fatica e sacrificio. La fama, la gloria, la ricchezza e l’amor proprio sono tutti aspetti che fanno gola a chiunque in una società come la nostra che innalza gli eroi quasi fossero divinità, questo non lo metto in dubbio e non posso sapere se nelle profondità del suo cuore sia effettivamente questo il motore delle sue azioni. Ciò non nega, però, che occorra una tendenza neanche troppo sottile verso il prossimo per votare la propria vita alla protezione degli altri, mettendola a repentaglio giorno dopo giorno. Nessun uomo privo di altruismo e umanità correrebbe un simile rischio per inseguire la fama. »
La ragazza dai capelli argentati si concesse una pausa, durante la quale Enji si ritrovò a fissare il capo opposto del marciapiede senza realmente vederlo. Non era mai stato particolarmente versato con le ragazze e, neanche a dirlo, non se n’era mai preoccupato più di tanto, trattandole con sufficienza e quasi disinteresse. Certo sapeva apprezzarne la conturbante bellezza, non era cieco e non era mai stato immune al fascino femminile o estraneo ai più tortuosi e roventi desideri ma erano esperienze circoscritte a notti sporadiche e neanche troppo frequenti, decisamente meno impegnative e tediose di relazioni fisse che gli avrebbero risucchiato ogni energia. Corteggiare le ragazze richiedeva una pazienza che non possedeva, d’altronde, ed un’abnegazione lontana anni luce dal suo essere, nonché una dedizione che di norma preferiva rivolgere a ben altro genere di ambizione. Rei gli era semplicemente necessaria, possedeva un Quirk potente, complementare al suo -pur essendo il suo esatto opposto- ed il fatto che fosse anche piuttosto bella era stato solo un maggiore incentivo ad intavolare le nozze, ma dietro quell’angolo scoprì per la prima volta come la sua indefinita fosse in grado di stupirlo.
Encomiabile, in effetti.
«Enji mi ha soccorsa e protetta quando quell’uomo ha cercato di derubarmi. È stato eroico nell’accezione più concreta del termine e anche se le statistiche lo pongono eternamente al secondo posto per me sarà sempre il Numero Uno. Stimo All Might, ne ammiro l’operato e lo trovo straordinario, lo sai, ma è stato Endeavor a salvarmi. È lui il mio eroe. Io non so se sia borioso come dicono, non so se sia un violento o se abbia degli scheletri nell’armadio -come tutti, vorrei puntualizzare- tuttavia penso francamente di non voler affidarmi alle parole degli altri per costruire la mia idea su chi sia Enji Todoroki. Avrò tempo per conoscerlo ed anche se mi ha scelta per il mio Quirk, esattamente come tuo marito ha scelto te, non è detto che non possa con il tempo imparare a gradire la mia compagnia.»
Formalmente, nonostante fosse leggermente più basso del consueto, il tono di Rei restava del tutto invariato nella sua misurata compostezza e nel garbo di cui era intrisa ogni singola sillaba, da sempre portavoce del suo cuore puro e di una limpidezza d’intenti quasi surreale e a tratti perfino snervante. In quelle parole era però celata l’ombra di una risolutezza piccata che svelò all’eroe un aspetto del tutto nuovo di quella ragazza usualmente tanto a modo, ponendola ai suoi occhi in una differente luce. Dunque quella ragazzina non era solo un trionfo di eleganza e buone maniere, sapeva farsi valere e rimanere fedele alla propria opinione, sapeva elargire il dovuto risentimento senza deturpare la sua immagine con eccessi, mantenendosi inscalfibile e controllata. L’esatto opposto di Enji, che ad infiammarsi era piuttosto bravo sotto ogni punto di vista e che in quell’ottica trovò la sua indefinita particolarmente interessante, affascinante sotto certi aspetti.
Un sorrisetto in tralice inclinò le sue labbra.
Conoscerla si sarebbe rivelato più intrigante del previsto.
«Signor Endeavor, signore?»
Una voce ben meno piacevole all’udito e nettamente maschile lo riportò duramente alla realtà. Spostando lo sguardo incrociò il volto di un giovane uomo, forse poco più grande di lui, che sbucando dalle aiuole in fiore con due frullati in bilico su un vassoio che reggeva tra le mani lo guardava con gli occhi sgranati. Si fissarono per qualche secondo, uno carico di timida aspettativa, l’altro incerto sul da farsi.
Il cameriere aveva letteralmente urlato il suo nome per attirare la sua attenzione, svelando così la sua presenza ai clienti del bistrot che scoprì suo malgrado essere alquanto numerosi. Un gran numero di teste iniziò a fare capolino dall’aiuola, inclusa quella di una ragazza dai capelli neri raccolti in un’elaborata acconciatura e le labbra accese da un rossetto scarlatto, che sembrò perdere ogni traccia di colore residuo sul suo viso.
Enji comprese subito di non poter rimanere un secondo di più dietro l’angolo senza svelare di avervi trascorso gli ultimi minuti, dunque mise in mostra la sua espressione più fiera e neutrale quando riprese a camminare lungo il marciapiede come se non avesse mai interrotto la sua ronda, fiancheggiando in tal modo il locale.
«Che piacere vederla da queste parti! Prego, si accomodi, desidera qualcosa? Offre la casa, è il minimo che possiamo fare per lei, è stato straordinario a catturare quei rapinatori la scorsa settimana.»
Il cameriere era particolarmente entusiasta e parlava rapidamente, indicando i pochi tavoli liberi e i dolci esposti oltre la vetrina, e dal suo sguardo era evidente un sincero desiderio di sdebitarsi. Alcuni dei clienti del bistrot indicavano in sua direzione, concitati nonostante Endeavor li guardasse a malapena.
«Non è necessario. Ho fatto solo il mio dovere e non ho tempo per queste cose.» Rispose incisivo, volgendo soltanto allora lo sguardo ad un tavolo occupato da quattro ragazze che lo fissavano, incontrando il viso di Rei. Scoprì a quel punto che sedevano in prossimità della parete, a pochi centimetri dall’angolo oltre il quale aveva sostato più a lungo di quanto non fosse concesso ad un eroe in servizio, e gli fu estremamente chiaro perché la loro conversazione gli fosse giunta con tanta e tale chiarezza. La ragazza con le labbra scarlatte e i capelli acconciati sedeva alla sinistra di Rei e, a giudicare dalla faccia esangue e l’aria di essere in procinto di sprofondare o dare di stomaco, ipotizzò fosse la stessa Keiko che lo aveva definito violento e da brivido. Non la biasimava, doveva fare un certo effetto incontrarlo così d’improvviso e ritrovarsi a vagliare l’ipotesi -corrispondente alla realtà, tra l’altro- che avesse udito le sue parole, ma decise comunque di ignorarla e soffermarsi sullo sguardo sorpreso della sua indefinita: indossava un sobrio abito bianco, davanti a lei sostava un piatto vuoto con una forchetta argentata, misero residuo di un dolce consumato durante il pomeriggio, ed i suoi occhi grigi risaltavano sul volto piacevolmente rosato. Aveva imparato a cogliere il suo imbarazzo, Enji Todoroki, e lo vide accentuarsi quando un’altra fra le ragazze sedute al tavolo in sua compagnia con fare allusivo la pungolò con il gomito, sfoggiando un sorriso furbetto. Rei parve riscuotersi, distogliendo per qualche secondo gli occhi dai suoi prima di ricomporsi in un sorriso accogliente e rivolgergli un cenno con la mano destra, che lui non ricambiò.
«Tutto bene?» Le chiese dal nulla, severo.
Non seppe spiegarsi con esattezza cosa lo avesse spinto a porle quella domanda così banale. Forse non voleva limitarsi a procedere sulla sua strada come se non l’avesse vista, forse voleva effettivamente assicurarsi che non fosse turbata… forse, inconsciamente, voleva dimostrare alla sua amica qualcosa che lui stesso ignorava, per il puro gusto di farle credere che si sbagliasse. Sotto i suoi occhi l’espressione di sorpresa sul viso di Rei si accentuò leggermente ma anche il suo sorriso lo fece, nel momento stesso in cui annuì in risposta.
«Va tutto bene, sì. » Rispose lei stringendosi nelle spalle. «Come procede la ronda?» Si scostò i capelli nivei dal viso, tradendo ulteriormente il disagio che probabilmente quella circostanza le recava. Non erano abituati, d’altronde, ad incontrarsi in pubblico o in presenza di altre persone, era effettivamente un’esperienza nuova per entrambi ma data la presenza delle sue amiche probabilmente per Rei era anche piuttosto imbarazzante.
Era carina, quando era a disagio.
«Procede. Non posso soffermarmi oltre, infatti.»
Fu la sua risposta concisa, prima che volgesse nuovamente gli occhi cerulei lungo la strada. «Certo che no, il dovere è dovere.» Il tono di Rei era tornato morbido come sempre, pregno di gentilezza ed una sincera comprensione. Conosceva i suoi impegni e non li aveva mai recriminati all’eroe delle fiamme, sebbene questi impedissero loro di trascorrere più tempo insieme. Gli piaceva credere che ne fosse orgogliosa.
Le rivolse un rapido cenno con la mano, riprendendo il suo cammino e con esso la sua pattuglia.
«Non prendere impegni per stasera. » Aggiunse dopo aver dato le spalle al quartetto di ragazze. «Puntuale alle sette, non farmi aspettare. Ceniamo insieme.»
Si allontanò con calma e passo flemmatico, lasciandosi sfuggire una smorfia di disappunto quando udì una delle sue amiche cimentarsi in un urletto fastidiosamente acuto che perforò il suo udito e stuzzicò il suo sistema nervoso. Attraversò la strada con le braccia lungo i fianchi, ancora una volta con la schiena dritta, il petto in fuori, il passo lento, lo sguardo vigile e la mente colma di quella frase.

È lui il mio eroe.

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L'angolo di Echo_

Parto dal sottolineare quanto sia stato difficile per me il cambio di POV. Non ero sicura di voler farlo davvero, ma alla fine ho deciso di mettermi alla prova e di vivere questo capitolo come una sfida, provando ad immergermi nella mente di un Enji ancora giovane ma ugualmente complesso. Mi auguro vivamente, ancora una volta, che il risultato non sia OOC, ma posso assicurare quanto sia stato difficile scrivere dalla sua prospettiva e mi avvalgo di ciò per giustificarmi indegnamente di eventuali pastrocchi. Le amiche di Rei sono ovviamente frutto della mia fantasia, e non escludo che possano fare nuovamente capolino nel corso di questo racconto, anche se avranno in qualsiasi caso un ruolo abbastanza marginale. Voglio approfittare di questo spazio per ringraziare quanti hanno deciso di seguire questo esperimento o inserirlo tra i preferiti, siete davvero in tanti e mi avete dato una grande motivazione. Spero di non deludervi, e vi prometto che dal prossimo capitolo vedremo aspetti più concreti di questa coppia ancora agli albori. Godiamoci questo breve stralcio di tranquillità e fluff, prima che sopraggiunga l'angst.
Perché arriverà. Oh sì che arriverà.

  
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