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Autore: Shade Owl    07/01/2019    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Orlaith fissò inorridita il mucchio di argilla polverizzata che, fino a pochi istanti prima, era stata Chien Nio, mentre McGrath lasciava cadere la vanga senza mostrare emozioni.
David, attonito, guardò il maggiordomo con la confusione stampata in faccia. Confusione che, dopo pochi attimi, divenne rabbia.
- Idiota!- esclamò - Cosa ti è saltato in mente? Tu, brutto...-
- David, fermo!- disse Orlaith, mettendosi tra lui e McGrath - Non urlargli contro!-
- Cosa?- sbottò - Ti rendi conto di cosa ha fatto?-
- Lo so, ma non è colpa sua!- ribatté Orlaith - Te l'ha ordinato Jayden, vero?- chiese, rivolgendosi a McGrath.
Il maggiordomo annuì lentamente.
- E non poteva proprio evitarlo, immagino!- disse seccamente David, facendo un gesto scocciato con le braccia.
- No, temo di no.- rispose McGrath - Mi spiace.-
- Non capisco.- disse Connor, passandosi una mano sulla collottola - Qualcuno vorrebbe dirmi cosa succede? Perché quella donna è... si è... polverizzata?-
- Non era una donna, era un Homunculus, un essere umano artificiale, creato con la magia.- spiegò Orlaith - E lo è anche lui, per questo non poteva disobbedire.-
Connor sgranò gli occhi.
- Cosa?-
- Papà, mi hai appena vista uccidere un mostro di fuoco suonando un violino.- osservò Orlaith - Davvero ti stupisce che esistano gli Homunculi?-
Lui esitò, indeciso, e guardò David; lui si strinse nelle spalle.
- Guarda, io ne so poco più di te.- ammise.
- Vorrei poterti spiegare, ma non posso.- disse Orlaith - Però David può ripetere quello che ho detto a lui... io ora devo andare da Jayden.-
- Glielo sconsiglio vivamente, miss Alexander.- intervenne McGrath, incrociando le braccia - Ritengo che per lei sarebbe molto più sicuro rimanere qui, almeno per il momento.-
- McGrath, devo andare per forza.- rispose lei - Devo fermarli prima che si uccidano a vicenda... o peggio.-
- Temo che lei non capisca.- insisté il maggiordomo - In origine il signor Allwood mi aveva chiesto di ucciderla. Se la vedesse potrebbe farle del male.-
Orlaith sentì un brivido correrle lungo la schiena, ma fece del proprio meglio per mascherarlo.
- Cos'ha detto?- chiese Connor, furioso - Cos'aveva ordinato questo... Allwood?-
- E perché hai ucciso solo la cinesina, allora?- chiese David.
- Perché mi sono rifiutato.- rispose McGrath - Non potevo eseguire quell'ordine.-
Orlaith non disse niente, ma dentro di sé provò un intenso moto di gratitudine verso McGrath. A quanto pare Jayden aveva visto giusto, il suo maggiordomo stava davvero cambiando: gli Homunculi potevano imparare a provare emozioni, dopotutto.
- Devo comunque andare, McGrath.-
- E io devo insistere.- ribatté lui - Miss Alexander, cerchi di capire... il signor Allwood è ossessionato. Non credo che voglia realmente nuocerle, non intenzionalmente o coscientemente, almeno... ma non è mai stato capace di accettare una perdita, io ne sono la prova, e farà di tutto per evitare che lei gli volti le spalle. Inoltre lui e il signor Vaněk sono ad armi pari, adesso. Entrambi sono maestri nei propri campi. Sono certo che lei sappia badare a se stessa, ma se restasse coinvolta mentre usano i loro poteri...-
- E cosa credi che succederà a Tresckow se nessuno li ferma?- chiese Orlaith - Finiranno per coinvolgere altre persone mentre combattono tra loro, non è così?-
Il maggiordomo esitò.
- McGrath?-
Lentamente, annuì.
- Potrebbe succedere.- concesse.
Si guardarono per un lungo istante. Un sorriso stanco le sfuggì dalle labbra.
- Ecco perché devo andare.-
Guardò per un attimo David e suo padre e, quando fu certa che non avrebbero provato a fermarla, rinsaldò la presa sul violino e s'incamminò verso il centro della città, da cui iniziava già a intravedere le prime avvisaglie del combattimento, a stento mascherate dalle fronde.

- Mi chiamo Annie Carden, ho ventitré anni, studio agraria a Yale, faccio parte della squadra di nuoto, mi piacciono i peperoni e odio gli asparagi.-
Perfetto. La memoria è intatta.
Annie Carden si rialzò aggrappandosi al bordo del lavabo, tenendosi la testa vagamente dolorante. Scongiurato il pericolo di possibili danni cerebrali, poteva escludere un problema neurologico o un trauma dovuto alla caduta.
Si stava semplicemente lavando i denti, quella mattina, quando... beh, non ricordava affatto cosa fosse successo, in tutta onestà. All'improvviso si era ritrovata sul pavimento, e il sole era sparito dietro nuvoloni di pioggia che, fino a un attimo prima, erano totalmente assenti.
Quindi, di preciso... che cosa era successo?
Rimessasi in piedi (e lavato via il dentifricio che le era rimasto sul labbro), Annie uscì dal bagno tastandosi cautamente la testa, giusto nel caso le fosse sfuggito un qualche bozzo. Aveva già fatto il controllo di rito come sempre, ma voleva essere sicura.
Quest'ansia non era una pura nevrosi nata per caso: suo padre era il dottor Carden, l'unico medico di tutta Tresckow, e da sempre l'aveva abituata a fare controlli regolari sulla propria salute. Le aveva anche inculcato una irrazionale e illogica paura dei traumi cerebrali.
- Papà?- gridò - Mamma? Bobbyscemo?-
Percorse il corridoio cercando i suoi genitori e suo fratello minore (Robert, detto Bobby, detto Bobbyscemo), anche se avrebbe già dovuto sapere che i primi due erano al lavoro, mentre lui era andato a scuola tempo prima che lei si svegliasse, visto che aveva appena quindici anni.
Scema... sono a Hazleton da ore...
Doveva capire cos'era successo da sola.
Prese il telefono, ma ancora prima di comporre il primo numero si bloccò: a chi poteva chiedere aiuto se non sapeva cosa le fosse capitato? Beh, magari a suo padre, era un dottore, se gli avesse descritto i sintomi forse avrebbe saputo darle qualche dritta.
Aveva appena preso la sua decisione quando sentì la prima di molte, moltissime esplosioni.

Nonostante avesse tentato di liberarsi di loro, Orlaith dovette cedere e lasciarsi accompagnare anche da David e da suo padre, oltre che dal solo McGrath. Appena avevano visto le prime luci baluginare in cielo e sentito il rombare di tuoni che, invece di cadere a terra, si alzavano verso le nuvole, avevano entrambi insistito per andare con lei, e si erano mostrati irremovibili.
Così era stata costretta a portare tutti con sé, troppo preoccupata per le sorti della città per potersi inventare un buon motivo per tenerli lontani. Mentre camminava lungo la Chestnut vide delle figure muoversi in fondo alla strada, e a giudicare dall'aspetto non erano Homunculi: l'incantesimo di congelamento di Vaněk si era infranto, e le persone adesso vedevano cosa stava succedendo, scappando terrorizzate di conseguenza.
Orlaith scacciò a forza il pensiero di quello che sarebbe potuto succedere se qualcuno si fosse trovato troppo vicino al combattimento, costringendosi a pensare a cosa fare nello specifico: suonare andava bene, ma voleva davvero ucciderli? Vero, erano due mostri, ma pur sempre persone... e in tutta sincerità, per quanto male le avesse fatto, non riusciva a pensare a Jayden come un nemico. Una parte di lei voleva ancora salvarlo, perlomeno da se stesso.
Tuttavia, nel profondo iniziava a temere che non fosse possibile.
- Mio Dio...- brontolò Connor, guardando davanti a loro con aria cupa - Cosa sta succedendo laggiù?-
Davanti a loro, sopra i tetti di Trescow, si stava scatenando il finimondo: c'erano folgori che scoppiavano a intervalli sempre più brevi, sparate in direzioni apparentemente casuali, e scie luminose si dipanavano ogni tanto nell'aria, guizzando veloci verso obbiettivi noti solamente a loro. Spesso comparivano lingue di fuoco che bruciavano interi tratti di cielo, e una gran massa d'acqua si levò all'improvviso da una delle piscine nei cortili vicini, inseguendo qualcosa. Un serpente di sabbia crebbe da qualche parte per le strade, unendosi alla massa fluida nell'inseguimento.
Un gigantesco Cerchio Magico comparve dal nulla, formato da linee lucenti tracciate nell'aria, ed entrambi si infransero sulla sua superficie, svanendo insieme a lui.
- Credevo che i Cerchi Magici necessitassero di superfici solide.- osservò, guardando McGrath.
Il maggiordomo scosse la testa.
- Temo di no, miss Alexander. È così solo per gli stregoni di basso e medio livello, ma uomini come il signor Allwood e il signor Vaněk non ne hanno bisogno. Così come non necessitano di inchiostro.-
- Ovviamente...- mormorò lei.
Strinse con le dita la stoffa del borsone di Jayden, che portava a tracolla: là dentro c'erano gli innumerevoli taccuini e stracci su cui aveva tracciato i suoi Cerchi Magici in preparazione allo scontro. Aveva sperato che portarglieli via lo avrebbe messo in una condizione sfavorevole, spingendolo ad aspettare. Ovviamente non era andata così.
- Ehi! Guardate!- esclamò David, indicando qualcosa.
Adesso erano sufficientemente vicini da poter vedere meglio cosa stava succedendo di preciso, ed ebbero quindi modo di distinguere, seguendo il dito teso del produttore, due figure che si inseguivano in aria.
All'inizio erano sembrati solo due incantesimi come tutti quelli che avevano scorto lungo la strada, ma adesso capivano che si trattava di figure umane... più o meno.
Una era massiccia e imponente, sicuramente più robusta della seconda, ed era fatta interamente di quella che sembrava pietra: aveva la pelle grigia, ruvida e spessa, gli arti lunghi e muscolosi, il petto enorme, e due gigantesche ali gli uscivano dalla schiena. Non riuscivano a distinguerne bene la faccia, anche se sembrava avere delle corna sulla fronte.
Era un gargoyle, un mostro di roccia granitica alto non meno di un paio di metri, che volava lanciando versi feroci nell'aria, inseguendo un'altra creatura impossibile.
Era senz'altro Jayden, anche se Orlaith lo riconobbe solo per istinto.
Il suo corpo era cambiato, ma non come quello di Vaněk: la sua pelle si era come spaccata in più punti, da cui fuoriusciva vapore luminoso che lo seguiva ad ogni movimento, spandendo in aria una sorta di lieve foschia color verde acqua.
Le parti integre, invece, si erano come schiarite, al punto tale da essere quasi trasparenti, lasciando intravedere abbastanza chiaramente le ossa al disotto: costole, vertebre, falangi, tibie... ogni singola parte era esposta alla vista, dando l'impressione che uno scheletro stesse volando sopra le loro teste.
La parte peggiore era però il viso, che riuscirono a scorgere quando scese di quota: una maschera di denti, di mascelle e di ossa piatte, con un buco che s'intravedeva proprio là dove c'era il naso. Gli occhi roteavano furiosi nelle orbite chiare, le palpebre quasi invisibili, dando così l'impressione che fossero sgranati dalla sorpresa, e non animati dalla furia.
- Porca puttana!- sbottò David - Quello sarebbe... Vaněk?-
- No. Vaněk è il gargoyle.- rispose Orlaith
Una folgore particolarmente potente di Jayden mandò in frantumi un pezzo del braccio di pietra dello stregone, il quale tuttavia non sembrò farci caso e, anzi, mutò aspetto sotto i loro occhi, rimpicciolendo lievemente. Le braccia si fusero con le ali, le gambe si accorciarono, i piedi si affusolarono e una coda gli crebbe in fondo alla schiena. Infine, prese fuoco come un drappo imbevuto d'alcool.
Un rapace infuocato era comparso davanti a Jayden, molto più rapido del mostro di pietra che era stato fino a un momento fa e quasi altrettanto grande. Sfrecciò accanto all'avversario, che si scansò appena in tempo e si voltò, facendo comparire tre Cerchi Magici dai quali scaturirono innumerevoli fasci luminosi.
Tutti i colpi mancarono il bersaglio, abbattendo tuttavia l'ufficio postale lì sotto. Le rare persone che si erano attardate per la strada gridarono e si diedero a una fuga ancor più disordinata.
Ormai erano nel mezzo della folla terrorizzata, ma pochi facevano caso a loro, troppo spaventati per badare a qualcuno che, invece di andarsene, si avvicinava al motivo di tanta paura.
Orlaith riconobbe molti visi, qualcuno incrociò anche il suo sguardo per un secondo, ma nessuno si fermò. Vedere quelle persone che conosceva in preda al panico le diede una fitta tremenda al petto.
- Va bene, fermiamoci un momento!- esclamò Connor quando, a meno di dieci metri da loro, una fiammata incenerì un palo telefonico e squagliò parte del marciapiede - Orlaith, cosa stiamo facendo? Non puoi veramente pensare di poter fare... qualsiasi cosa tu voglia fare! Guarda cosa sta succedendo! Questo posto è un campo di battaglia!-
- Lo so, papà.- rispose lei, scuotendo la testa senza guardarlo - Ma lo devo fare.-
- Ma è una pazzia!-
- Ha ragione lui, stellina.- osservò David, fissando pallido e preoccupato gli stregoni che continuavano a inseguirsi sopra di loro, mentre le persone continuavano a correre via - Insomma... guarda quei due! Cioè, ho sempre pensato che Vaněk fosse un tipo inquietante, ma... cioè, quelli sono... sono mostri!-
- Dobbiamo andarcene adesso! Tutti quanti!- insisté Connor, prendendola per un braccio e cercando di trascinarla nel flusso degli abitanti in fuga - Per Dio, sii ragionevole! Potrebbero ucciderti! Potresti...-
- Basta!- esplose Orlaith, divincolandosi e allontanandosi furiosa da loro - Credete che la finiranno presto? E che, se anche uno dei due l'avrà vinta, tutto tornerà a posto? Stanno facendo a pezzi Tresckow! E poi verranno a cercare me, e non potrò nascondermi da nessuna parte! Avete sentito McGrath, vero? Nessuno di loro mi lascerà in pace! Non finirà mai!-
Le tremavano le mani al pensiero, e sentiva un enorme groppo alla base della gola. Si stava sforzando terribilmente per non piangere.
- Credete che non lo sappia?- continuò - Lo so benissimo cosa potrebbe succedermi se resto qui... ma non ho altra scelta, devo farla finita adesso!-
Sia Connor che David si limitarono a guardarla senza dire niente, pallidi e rigidi come manici di scopa. McGrath, in disparte, si limitava ad assistere in silenzio alla scena, ostentando la più neutra delle espressioni.
Suo padre fu il primo ad abbassare lo sguardo, gli occhi spalancati e rossi come i fari dello spettacolo primaverile a cui Orlaith ricordava di aver partecipato a Maggio.
- Tesoro...- mormorò con la gola secca - ... io... ti prego... sei... sei tutto quello che ho...-
- E tu sei tutto quello che ho io.- ammise con voce tremante Orlaith - E al mio posto... se fossimo scambiati, so che... che faresti la stessa cosa.-
Connor non rispose, chiudendo gli occhi e deglutendo. Era distrutto.
David, al suo fianco, serrò i pugni, lo sguardo fisso sulla strada.
- So che non ho il diritto di parlare...- disse piano - ... e che ho inconsapevolmente contribuito a questa situazione, nel mio piccolo... però...-
- Dave, non è colpa tua.- rispose Orlaith, allungando una mano per sfiorargli la guancia - Tu sei stato... AH!-
Una ragazza in fuga la urtò, facendole perdere l'equilibrio. Cadde addosso a David, che l'afferrò al volo insieme a suo padre, mentre l'altra venne agguantata con uno scatto da McGrath.
Nell'impatto le era scivolato il borsone pieno di Cerchi Magici, ma per fortuna il violino era ancora ben stretto nel suo pugno, insieme all'archetto. Guardò la ragazza tra le braccia di McGrath e, con sua enorme sorpresa, riconobbe una riccia chioma castana che incorniciava la faccia lentigginosa di Annie Carden.

Continuo a scordarmi, non c'è niente da fare.
Ringrazio 
John Spangler, Old Fashioned, Fan of The Doors, _Alexei_, Kira16, Fiore di Girasole, Sahara_2, Queen FalseHeart, Marz97, Aelfgifu, Roiben e Beauty Queen, che mi stanno seguendo. Ormai manca poco alla fine. A presto!
 

   
 
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