LA NOTTE DEI POTENTI
La notte dei potenti;
singulti, lamenti,
nel denaro
immersi;
la notte non è mai
troppo profonda,
ove l’oro abbonda.
Nelle notti dei potenti
spesso regna l’ipocrisia;
tra tormente e turbamenti,
tra congiure e finti svenimenti.
Nelle lotte per il potere
ci si attacca anche con i denti.
Si morde,
si affonda;
chi di spada ferisce,
di spada perisce.
È l’eterna lotta
per i vertici della società.
La notte dei potenti
ha qualcosa di dolce;
il fruscio delle banconote
per il sonno fa portenti,
si sognano donnacce
che si strappano i vestiti,
si sognano diavoli
e fauni
che ballano sui tavoli.
Ma la notte dei potenti
ha il suo lato più amaro;
è quello stridio dell’acciaio
prodotto dalle segrete lame,
quello soffocato subito dopo
nella soffice pelle…
sono pensieri che tolgono la fame,
che a volte danno pene.
Sono pensieri che fanno paura,
ma cosa non si farebbe
per perseguire la propria natura?
La notte dei potenti
è quella dei predestinati.
Ci si sente fatti apposta
per comandare,
per dire, ordinare
e per disfare.
Chi ha il potere poi
presto non teme più nulla,
né il buio,
né il giorno,
né il sole che brilla
sulla neve accasciata al suolo.
La notte dei perdenti,
invece, è la notte delle pecore;
si bela nei letti proletari,
si gela quando fa freddo.
C’è chi sta in strada,
c’è chi dorme sui cartoni.
C’è chi è sfogliato dalla miseria
e chi muore nella solitudine.
O la solitudine è un fattore
che accomuna?
Tanto piangono tutti,
quei miseri omoni che si credono
divinità.
Non versano lacrime, o almeno non
sempre,
ma le loro anime sono così marce,
così putride,
che lanciano strida allucinanti.
Sono tanto soli;
hanno le donne,
ma le donne cercano
gioielli luccicanti.
Hanno le mogli,
ma dormono ormai in letti distinti,
le loro vite non s’incontrano più.
Hanno i figli,
che spesso finiscono nel limbo
dei miseri perdenti;
e i perdenti ridono, quando questo
accade.
Hanno i soldi, ma il cash
non lava la sporcizia.
In tutto questo, in fondo,
perdenti e potenti
si accomunano;
sono tanto soli, piegati
dal corso degli anni e degli eventi.
Che a sessant’anni se non hai
qualcosa di ben saldo tra le mani
è come se non contassi niente.
Il futuro passa tra le dita dei
giovani,
che non conoscono ancora questa
distinzione;
loro sono solo figli di..., non hanno nome,
non hanno ancora presunzione.
Nella notte dei perdenti
io mi sento un po’ chiamato in causa;
con il mio misero inchiostro
ho lasciato segni nel cuore di chi mi
ha amato
e di chi mi ha detestato.
Ho saputo perdere,
sono stato più volte derubato
nonché terra di saccheggio;
vorrei solo lasciare che il sole
sorga all’orizzonte
anche per me,
nella mia notte che in fondo
non sa di nulla,
non di schieramenti
o di ragionamenti,
ma solo di treni persi
e di paure emergenti.
NOTA DELL’AUTORE
Ho iniziato questa poesia per svago, ed è diventata un poema
xD
Niente, è solo un miscuglio di poesia e di contorti
ragionamenti serali.
Grazie a tutti ^^